Cellule staminali: Applicazioni cliniche

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Transcript della presentazione:

Cellule staminali: Applicazioni cliniche Trapianto Medicina rigenerativa Terapia genica

Trapianto Autologo: il paziente stesso è ricevente e donatore. Le cellule staminali sono raccolte una volta raggiunto lo stato di remissione completa dalla malattia. Singenico: il donatore ed il ricevente sono gemelli mono-ovulari e pertanto geneticamente identici Allogenico: il donatore di cellule staminali è un fratello del paziente (donatore consanguineo) o un donatore da registro (non relato)

Trapianto autologo: razionale Basato su due dimostrazioni cliniche: Per quella data neoplasia l’aumento della dose di farmaci antiblastici o della dose di radioterapia si correla in modo significativo ad un aumento delle risposte cliniche: la neoplasia deve essere chemio-radiosensibile. Il principale fattore che limita l’impiego della chemioterapia ad alte dosi è rappresentato dalla tossicità dei farmaci impiegati.

Trapianto autologo di midollo osseo o di cellule staminali da sangue periferico  

Sorgenti di cellule staminali per il trapianto autologo Midollo osseo Sangue periferico

Midollo osseo La sospensione cellulare midollare contenente le cellule staminali viene ottenuta in anestesia generale mediante multiple aspirazioni eseguite a livello delle spine iliache postero-superiori e dello sterno. Di solito vengono prelevati 1000ml di sangue midollare. La dose “target” di cellule staminali: cellule pro kilo del paziente = 1x108 CD34 pro kilo del paziente = 3x106

Sangue periferico In condizioni fisiologiche il numero di cellule staminali presenti nel sangue periferico è irrilevante, ma aumenta in modo significativo in due situazioni: Al momento della ripresa dell’emopoiesi dopo un ciclo di chemioterapia Dopo stimolazione dell’emopoiesi con fattore di crescita

Sangue periferico (I) Dose “target” di cellule staminali CD34 positive Trapianto autologo: >3.5x106/Kg del paziente

Sangue periferico: trapianto autologo Nel paziente che sarà sottopoto a trapianto autologo le cellule staminali verranno mobilizzate nel sangue periferico utilizzando un protocollo di chemioterapia seguito dalla somministrazione di un fattore di crescita, solitamente il G-CSF.

Chemioterapia di mobilizzazione (I) DCEP: Desametazone 40mg/dì per 4gg per os Ciclofosfamide 700mg/mq/dì per 2 gg ev Etoposide 100mg/mq/dì per 2gg ev cisPlatino 25mg/mq/die per 2gg ev IPAD: Idarubicina 12mg/mq ev per un solo giorno CisPlatino 50mg/mq ev ( Inf cont) al dì nei giorni 1 e 2 Ara-c 2g/mq/12 ore ev (inf 3 ore) al dì il giorno 3 Decadron 20mg/dì ev nei giorni 1, 2, 3

Chemioterapia di mobilizzazione (II) Ara-C ad alte dosi (4g/mq/12 ore inf 3 ore) per sei somministrazioni Mini-ICE: Idarubicina 6mg/mq/dì ev per 3gg Ara-C 600mg/mq/die (inf 2 ore) per 3gg Etoposide 150mg/mq/die (inf un’ora) per 3 gg

Fattore di crescita Il fattore di crescita verrà somministrato alla dose di 10µg/kg sottocute al dì iniziando 48 ore dopo la fine della chemioterapia e proseguendo sino a che il valore dei globuli bianchi non sarà superiore a 3x109/l. La valutazione delle cellule CD34 positive verrà fatta ogni giorno. Quando queste saranno superiori a 20/µl in valore assoluto si procederà alla raccolta mediante procedura leucaferetica

Conservazione delle cellule staminali In fase liquida: le cellule staminali raccolte possono essere mantenute a +4°C e reinfuse entro 24-40 ore. Criopreservazione: le cellule staminali raccolte sono mantenute in azoto liquido a –195° C

Candidati al trapianto autologo Tutti i pazienti con una neoplasia chemio-radiosensibile. Con il trapianto autologo il paziente riceve farmaci citotossici ad una dose sovramassimale (regime di condizionamento) ed la ripresa dell’emopoiesi viene garantita solo attraverso l’infusione delle sue cellule staminali precedentemente raccolte e conservate

Trapianto autologo: indicazioni (I) Disordini onco-ematologici: LAM a basso rischio Linfomi non-Hodgkin e di Hodgkin Mielomi Tumori solidi: Carcinoma della mammella Carcinoma ovarico Neuroblastoma

Trapianto autologo: indicazioni (II) Malattie autoimmuni gravi (es.: Lupus) Disordini genici (ad es. deficit di adenosina deaminasi)

Regimi di condizionamento Deve essere ablativo, cioè deve indurre uno stato di aplasia che sarà superato solo attraverso l’infusione delle cellule staminali autologhe. Impiega farmaci tra loro non cross-resistenti e con diversa tossicità d’organo I regimi più spesso impiegati utilizzano associazioni a più farmaci

Trapianto Autologo: Vantaggi e limiti Mancanza di GvHD Mancanza del rigetto Limiti: Possibile contaminazione della raccolta da parte di cellule neoplastiche Mancanza di un effetto GvL mediato dalle cellule del donatore

Come eliminare le cellule neoplastiche? Con il “purging”

“Purging” Definizione: metodica che consente l’eliminazione di una eventuale malattia minima residua presente nella sospensione cellulare staminale raccolta. Validità clinica: minor incidenza di recidiva nei pazienti con raccolte aferetiche prive di cellule clonogeniche identificabili da marcatori molecolari specifici (es.: Bcl-2 nei linfomi follicolari, traslocazioni cromosomiche nelle LAM) Svantaggi: più lenta ripresa dell’emopoiesi

“Purging” in vitro (I) Metodi fisici: abbandonati Metodi chimici: incubazione con derivati della ciclofosfamide (Mafosfamide) Metodi immunologici: Incubazione con anticorpi monoclonali specificamente diretti verso antigeni espressi dalle cellule tumorali (ad esempio anti CD20 nel linfoma follicolare). La lisi cellulare avviene per attivazione della cascata complementare.

“Purging” in vitro (II) Incubazione con immunotossine: in questo caso l’anticorpo monoclonale specificamente diretto verso un antigene espresso dalla cellule tumorale è coniugato a sostanze che bloccano la sintesi proteica (ricina) Selezione con sfere immunomagnetiche che consentono di isolare o eliminare cellule marcate da un particolare antigene Colture cellulari a lungo termine

“Purging” in vivo Si basano sull’impiego di protocolli di immunochemioterapia che utilizzano anticorpi monoclonali diretti verso specifici antigeni tumorali. Il monoclonale viene utilizzato ad intervalli ben precisi di tempo e la malattia viene accuratamente monitorata sfruttando marcatori molecolari specifici.

Immuno-chemotherapy of non-Hodgkin’s lymphoma

Trapianto autologo: durata e fasi della degenza Isolamento in camera sterile per un periodo compreso tra 20 e 30 giorni, durante i quali viene: Posizionato in anestesia locale un catetere venoso per poter eseguire le varie manovre terapeutiche Somministrato un regime di condizionamento di durata variabile (2-7 giorni) dipendente dal tipo di neoplasia del paziente Superata la fase di citopenia della durata di 12-18 giorni