Parte quarta La gestione dei rischi tipici dell’attività bancaria

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Parte quarta La gestione dei rischi tipici dell’attività bancaria Corso di Tecnica Bancaria. Anno 2007-2008 Prof. Roberto Malavasi Parte quarta La gestione dei rischi tipici dell’attività bancaria

In questa parte …. Il rischio di credito Il rischio di liquidità Il rischio di mercato Il rischio di interesse Il rischio di cambio La gestione del portafoglio titoli

Il rischio di credito

Rischio di credito: prime definizioni Si riferisce alla possibilità che una variazione inattesa del merito creditizio di una controparte nei confronti della quale esiste un’esposizione generi una corrispondente variazione inattesa del valore di mercato della posizione creditoria In generale il rischio di credito …. Quindi il rischio di credito non è limitato (come spesso si crede) alla sola possibilità di insolvenza della controparte: anche il più banale deterioramento del merito creditizio della controparte stessa può essere considerata una manifestazione del rischio di credito

La banca si espone al rischio di credito nell’attività di erogazione del credito, nella sottoscrizione di attività finanziarie (acquisto e detenzione di titoli obbligazionari) e nell’assunzione di impegni futuri, come ad esempio il rilascio di garanzie alla clientela e più in generale la concessione di crediti di firma (anche l’attività di negoziazione in valori mobiliari, in particolar modo quella in strumenti derivati, origina esposizioni al rischio di credito nella forma di rischio di controparte)

Il rischio di credito può essere scomposto in due componenti Una corretta determinazione del prezzo deve tener conto del grado di rischio incorporato in ciascuna operazione. Quando questo non accade, la banca si pone nella condizione di non massimizzare il proprio profitto e, dal punto di vista patrimoniale, di ridurre il proprio valore netto. Nel momento in cui la probabilità di insolvenza si alza, il premio per il rischio aumenta e il valore di mercato dell’attività si riduce (il valore di mercato di un prestito subisce una riduzione nel momento che il valore attuale dei flussi futuri di quell’attività finanziaria va determinato utilizzando un tasso di sconto che incorpora un premio al rischio che a sua volta riflette la probabilità di insolvenza) Il rischio di credito può essere scomposto in due componenti Rischio di insolvenza Rischio di spread Rischio di perdita conseguente al deterioramento del merito creditizio del debitore al quale farebbe seguito un aumento dello spread richiesto dal mercato Rischio di perdita conseguente all’insolvenza del debitore

Il tasso di perdita atteso Volendo approfondire le componenti del rischio di credito, è possibile distinguere i seguenti elementi principali: Il tasso di perdita atteso si tratta del valore medio della distribuzione dei tassi di perdita. Proprio perché attesa, è evidente che tale perdita non rappresenta il vero rischio di un’esposizione creditizia; in quanto stimata ex ante, infatti, essa viene direttamente caricata in termini di spread sulle condizioni di prezzo applicate dal mercato al creditore (per il suo merito di credito). La perdita attesa, sua volta, dipende dalla probabilità di inadempienza e dal recupero possibile dovuto a garanzie esistenti (tasso di perdita in caso di insolvenza) Se le perdite eguagliassero sempre l’ammontare atteso, e la banca accantonasse fondi per pari ammontare, non vi sarebbe alcuna incertezza sulle condizioni di profittabilità e quindi alcuna conseguenza negativa sul reddito futuro

la variabilità della perdita attorno al suo valore medio: questa seconda componente rappresenta il vero fattore di rischio, ossia il rischio che la perdita risulti, a posteriori,di ammontare superiore a quella stimata ex ante. Mentre la prima componente – la perdita attesa – non può essere ridotta mediante un opportuno processo di diversificazione del portafoglio in termini di mercati geografici, settori merceologici, o classi dimensionali dei soggetti affidati, la seconda componente – la variabilità di tale perdita (perdita inattesa) – può essere ridotta mediante un’adeguata politica di diversificazione del portafoglio impieghi della banca Il terzo elemento consiste, pertanto, nell’effetto diversificazione, ossia nella diminuzione che il tasso di perdita inattesa subisce nel momento in cui, in uno stesso portafoglio, vengono inseriti impieghi i cui tassi di perdita attesa risultano caratterizzati da una correlazione non perfettamente positiva (inferiore all’unità). Si tratta, in altri termini, di un fattore correttivo (al ribasso) della seconda componente che si registra ogni qualvolta un singolo prestito si inserisce in un portafoglio di prestiti preesistente nei confronti del quale la nuova operazione non si muove all’unisono (si verifica cioè un effetto di riduzione della rischiosità media analogo a quello osservato per un portafoglio di attività finanziarie)

La perdita attesa di un prestito, poi, può essere a sua volta suddivisa in due elementi: La probabilità di insolvenza della controparte (probability of default = PD) Il tasso di perdita in caso di insolvenza (loss given default = LGD) Analiticamente pertanto si ha che: Pa = (PD x EAD) x LGD Pa = E(Ti) x [1-E(Tr)] Dove Pa = tasso di perdita atteso E(Ti) = tasso di insolvenza atteso (E=PD; Ti = esposizione in caso di inadempienza = EAD) E(Tr) = tasso di recupero atteso in caso di insolvenza

Mentre la probabilità di insolvenza dipende dal merito creditizio del debitore, il tasso atteso di recupero dipende principalmente dalla natura del finanziamento e dalle eventuali garanzie che lo assistono. La distinzione tra perdita attesa e perdita inattesa è particolarmente rilevante poiché è un elemento essenziale per le scelte gestionali che riguardano: L’ammontare delle svalutazioni dirette e degli accantonamento necessari per fronteggiare la componente delle perdite attese Il mantenimento di una adeguata dotazione di capitale proprio per fronteggiare la componente inattesa di tali perdite La richiesta, al prenditore, di una maggiorazione nel tasso di rendimento che tenga conto delle svalutazioni e degli accantonamenti per le perdite attese e del costo del capitale che fronteggia le perdite inattese E’ quindi evidente che le metodologie di misurazione delle componenti di perdita attesa e inattesa devono essere particolarmente accurate e capaci di rappresentare il rischio non solo della singola transazione creditizia, ma anche di un insieme di esse, come ad esempio un portafoglio di crediti riferito ad un segmento di clientela o al totale della clientela della banca. Deve cioè essere possibile evidenziare gli effetti dell’aggregazione delle singole posizioni creditizie all’interno di un portafoglio e quantificarne, se esistono, gli effetti positivi in termini di riduzione del rischio. Come è noto, infatti, l’aggregazione delle singole transazioni in un portafoglio può dar luogo a rilevanti benefici di diversificazione

Infatti, se da un lato l’ammontare complessivo delle perdite attese di un portafoglio è il risultato della somma delle perdite attese delle singole transazioni, dall’altro l’ammontare complessivo delle perdite inattese può risultare inferiore alla semplice somma delle perdite inattese delle singole transazioni. In questo caso le implicazioni gestionali sono ovviamente rilevanti: mentre l’ammontare degli accantonamenti necessari per fronteggiare le perdite attese è pari alla somma degli accantonamenti relativi alle singole transazioni, la quantità di capital complessiva per fronteggiare le perdite inattese può risultare inferiore alla somma dei capitali da detenere a fronte delle perdite inattese per le singole transazioni. Di ciò si terrà conto anche nella determinazione del tasso di interesse che la banca richiederà al prenditore

Per la stima del tasso atteso di insolvenza, si seguono, nella prassi, tre possibili approcci Il primo è costituito dai cosiddetti modelli analitico soggettivi, che consentono di tenere adeguatamente in considerazione sia le variabili di natura quantitativa, sia le variabili di natura qualitativa che, al contrario, un modello statistico non è in grado di cogliere. I modelli analitici presentano, tuttavia, lo svantaggio di essere modelli estremamente sensibili agli elementi soggettivi Un secondo possibile approccio consiste nei modelli di natura statistica che vanno generalmente sotto il nome di modello di rating o modelli di scoring. Un forte impulso allo sviluppo dei sistemi di rating interno è giunto alle banche europee, soprattutto quelle di minori dimensioni, dalla revisione dell’Accordo di Basilea sui requisiti patrimoniale del 1988, nota come Basilea 2.

Con il documento The New Basel Capital Accord (Basel Committee on Banking Supervision del 2001) sono stati definitivamente specificati i contenuti dei tre pilastri della nuova proposta, successivamente affinati nel documento definitivo (Basel Committee on Banking Supervision del 2004): Minimum capital requirements: il primo pilastro concede la possibilità di usare i rating interni per quantificare il livello minimo di capitale per la banca, in alternativa all’utilizzo del “nuovo approccio standard” (o dei rating esterni) (livello minimo di capitale commisurato ai rischi del portafoglio crediti, necessario per fronteggiare le possibili perdite) Supervisory review of capital adequacy: il secondo pilastro stabilisce che, in caso di inadeguatezza dei sistemi gestionali delle banche, le autorità di vigilanza nazionali sono titolate ad aumentare i requisiti minimi caso per caso (le banche devono dotarsi di sistemi di misurazione e controllo dei rischi e devono sviluppare politiche e procedure per la valutazione dell’adeguatezza patrimoniale sotto la supervisione degli organi di controllo nazionali: controllo prudenziale) Market discipline: il terzo pilastro intende disciplinare l’assunzione del rischio da parte delle banche attraverso l’azione del mercato finanziario, reso a sua volta un controllore efficace grazie ai maggiori obblighi di disclosure dei rischi assunti dalle banche (utilizzo dei requisiti di trasparenza delle informazioni sulle condizioni di rischio e di patrimonializzazione delle singole banche)

In merito all’aspetto più critico delle metodologie di assegnazione dei rating, Basilea 2 si è limitata ad elencare alcuni requisiti di massima, lasciando alle banche l’onere della scelta dell’approccio di valutazione Tra queste, particolare attenzione è stata riversata dalle banche sulle tecniche automatiche, tra cui lo scoring, ossia una specifica tecnica di determinazione di una misura di affidabilità del prenditore sulla base di variabili di input e relazioni individuate e stimate su predefiniti campioni di debitori/creditori utilizzando apposite metodologie statistiche nella fase di costruzione del modello predittivo Tornando alla natura dei modelli, preme sottolineare che si tratta prevalentemente di modelli multivariati che, analizzando diversi indici contabili e attribuendo ad ognuno di essi, mediante opportune tecniche statistiche, una ponderazione, giungono ad una valutazione del merito creditizio che viene sintetizzata in un unico valore. Un terzo ed ultimo approccio per la stima dei tassi di insolvenza si fonda sui dati storici prodotti dalle agenzie di rating

Evoluzione del sistema di valutazione dei credit Applicazione Studio Misurazione della esposizione Data base interni (data warehouse) Rating con probabilità di insolvenza Perdita attesa e inattesa del portafoglio crediti 1. Approccio bionomiale (insolvenza vs non-insolvenza) Controllo delle situazioni anomale 2. Introduzione di un sistema di scoring Sistemi Esperti, Reti Neurali, Data Mining ecc 3. Introduzione di un sistema di classi di merito creditizio (stima tassi di default) Sistemi di rating 4. Modello di valutazione del portafoglio crediti e stima del capitale a rischio VAR (Value at risk)

Calcolo dei requisiti patrimoniali minimi per il rischio di credito secondo Basilea 2 Le banche possono scegliere tra i seguenti metodi per il calcolo dei requisiti patrimoniali minimi Complessità crescente il metodo standard il metodo rating interni di base il metodo rating interni avanzato Requisito patrimoniale decrescente

Crediti verso imprese: nuovo accordo (Basilea 2) Portafoglio Imprese Da AAA a AA Da A+ a A- Da BBB a BB- Inferiore a BB- Senza rating Ponderazioni impieghi Nuovo Accordo 20% 50% 100% 150% Capitale necessario (per 100 euro di prestito) 1,6 ………. ……….. ………… 8

Più cresce il requisito patrimoniale Calcolo dei requisiti patrimoniali secondo il metodo dei rating interni Requisito patrimoniale funzione di (PD; LGD; EAD; M) (da 1,18% a 28,20%) Impiego 1.000 euro ad una impresa Regole Basilea 2 Assorbimento Patrimonio di vigilanza = % Requisito patrimoniale (PD;LGD;EAD:M) x Impiego + copertura rischio operativo Più cresce il requisito patrimoniale Più aumenta il rischio

Metodo del rating interno (base avanzato) Il calcolo del requisito patrimoniale secondo Basilea 2: metodo standard e metodo IRB Metodo Standard Coefficiente di ponderazione fornito dalle agenzie di rating Requisito patrimoniale Esposizione x x 8% = Requisito patrimoniale x 8% = EAD x PD x LGD x M +/- Granularity Valori calcolati dalle banche Metodo del rating interno (base avanzato)

Per la stima del tasso di recupero, invece, va sottolineato come i fattori che determinano tale variabile siano essenzialmente quattro. La gravità dello stato di insolvenza, ossia l’entità del divario tra il valore delle attività e il valore delle passività del soggetto affidato Il grado di liquidità delle attività dell’impresa e, quindi, la relativa facilità con cui le attività a disposizione possono essere convertite in liquidità al fine di rimborsare i creditori La presenza di eventuali garanzie, sia reali sia personali, con il connesso grado di liquidità. Il Comitato di Basilea ha previsto, nel nuovo schema di regolamentazione del capitale, il riconoscimento di “sconti” sui requisiti patrimoniali da applicare alle esposizioni caratterizzate dalla presenza di strumenti di mitigazione del rischio di credito, quali le garanzie di natura personale o reale. La disciplina proposta ha una struttura flessibile che consente di variare lo sconto in funzione del tipo di garanzia presentata e della sua capacità di copertura del debito. Le tecniche di mitigazione del rischio, a seconda della loro tipologia, riducono il requisito di capitale agendo su variabili diverse, le garanzie personali sono modificative della probabilità di insolvenza (PD), mentre le garanzie reali (finanziarie o immobiliari) impattano sulla perdita al momento dell’insolvenza (LGD) Il grado di esposizione, ossia l’eventuale presenza di forme di seniority o di subordinazione nei confronti di altri creditori.

Una prima modalità per stimare quanto più puntualmente possibile il tasso di recupero, consiste nella valutazione soggettiva, svolta dalla singola banca, sulla base dell’esperienza storica registrata sul proprio portafoglio prestiti; in presenza di una classificazione per tipologia di prestiti e per tipologia di soggetti affidati si può essere in grado di calcolare i tassi medi di recupero registrati in passato ed utilizzarli a scopo previsionale. Una seconda modalità, utilizzata soprattutto dalle banche anglosassoni, si basa sui dati di recovery desumibili dal mercato dei corporate bonds e/o dei prestiti sindacati a loro volta suddivisi per grado di seniority e di garanzia del finanziamento. Da ultimo, per la stima della perdita inattesa, è opportuno riflettere sul fatto che la perdita effettivamente registrata ex post da un portafoglio di impieghi può risultare diversa da quella stimata ex ante fondamentalmente per due ordini di motivi: per il fatto che il tasso di insolvenza risulti a posteriori superiore a quello stimato in origine e/o per il fatto che il tasso di recupero in caso di insolvenza risulti ex post inferiore a quello stimato ex ante. Seguendo una logica di tipo probabilistico, quale quella tipica dei modelli del valore a rischio (VAR), si deve valutare fino a quale punto il deterioramento di queste due variabili può manifestarsi con un certo livello di confidenza.

Nel contesto specifico del rischio di credito, questo equivale a stimare il livello al quale potrebbe giungere il tasso di perdita del portafoglio prestiti se si verificassero eventi sfavorevoli – quali una recessione o un pesante peggioramento delle condizioni economiche – nei settori o nei mercati geografici che sono stati destinatari delle operazioni di affidamento. Gli approcci che possono essere utilizzati per la misurazione della perdita inattesa possono differire tra loro in funzione di: La variabile di cui viene stimata la distribuzione di volatilità: è possibile infatti distinguere tra modelli che si fondano su una distribuzione dei tassi di perdita da quelli basati su una distribuzione dei valori di mercato. Le ipotesi relative alla distribuzione di probabilità, in quanto è possibile distinguere tra gli approcci basati su una distribuzione discreta e gli approcci basati su una distribuzione continua. Le modalità con cui vengono ottenute le misure di VAR con un determinato livello di confidenza desiderato: si distinguono, a tale riguardo, approcci che, una volta ipotizzata una particolare distribuzione, ottengono una misura del VAR corrispondente al livello di confidenza desiderato moltiplicando per un opportuno fattore la volatilità del tasso di perdita o del valore di mercato dell’attività finanziaria dagli approcci che, facendo ricorso a metodi di simulazione, generano una distribuzione di probabilità e tagliano quest’ultima in corrispondenza del percentile desiderato senza dover effettuare alcuna ipotesi circa la forma della distribuzione stessa.

Dopo aver quantificato la perdita attesa e la perdita inattesa relative alle singole posizione creditizie, non resta che stimare il grado di rischio relativo ad un portafoglio di più attività finanziarie. Mentre infatti il tasso di perdita attesa di portafoglio è dato dalla media ponderata dei tassi relativi alle singole esposizioni presenti nello stesso portafoglio, il tasso di perdita inattesa può risultare inferiore alla media ponderata dei tassi di perdita inattesa delle singole esposizioni ogni qualvolta si registri un grado di correlazione non perfettamente positiva tra le diverse attività finanziarie. In termini generali possiamo dire che i modelli di misurazione del rischio di credito, fornendo una stima del grado di rischio di un portafoglio di esposizioni creditizie – siano esse prestiti, titoli obbligazionari, linee di credito o strumenti derivati over the counter – e giungendo, quindi, a quantificare il conseguente assorbimento di capitale economico di una banca, consentono a quest’ultima anche di: Realizzare un pricing più esatto dei propri prodotti determinando, ad esempio, il tasso attivo di un finanziamento coerente con il grado di rischio della controparte affidata: il tasso attivo applicato, infatti, dovrà tener conto del costo marginale del funding della banca, del tasso di perdita attesa e del premio al rischio a sua volta stimato mediante la quantità a rischio (VAR) e il prezzo del rischio, ossia il rendimento che gli azionisti della banca si attendono sul loro capitale Stimare in modo più puntuale la redditività corretta per il rischio della singola operazione o dell’unità organizzativa che l’ha originata; Sfruttare al massimo le opportunità di diversificazione offerte dal mercato per ottimizzare la composizione geografica o settoriale del portafoglio impieghi; Allocare, in ultima istanza, in modo efficace il capitale a disposizione