Università di Urbino Facoltà di Economia sede di Fano A.A. 2010/2011 DIRITTO DEL LAVORO Natalia Paci LEZIONI e 9 maggio 2011 Licenziamento individuale e collettivo. La tutela della disoccupazione.
IPOTESI DI CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO Recesso unilaterale del lavoratore: dimissioni Recesso del datore di lavoro: licenziamento Risoluzione consensuale (art. 1372, c. 1, c.c.) Scadenza del termine Altre particolari circostanze previste dalla legge (es. mancato rientro del lavoratore dopo la reintegrazione, dopo il comporto) Morte del lavoratore Impossibilità sopravvenuta della prestazione/forza maggiore
IL RECESSO: DISCIPLINA DEL CODICE CIVILE (artt e 2119 c.c.) Due principi fondamentali: Recesso ad nutum con obbligo di preavviso (art c.c.) Recesso in tronco per giusta causa (2119 c.c.) Ratio del recesso ad nutum –Garanzia di libertà verso vincoli contrattuali a tempo indeterminato –Garanzia di eguaglianza tra le parti, poste in posizione simmetrica e di reciprocità –Allineamento della risoluzione del rapporto di lavoro subordinato a quella di ogni altro contratto sinallagmatico a tempo indeterminato; –Logica simmetrica tra la costituzione e la cessazione del rapporto di lavoro, nel comune segno della libera determinazione ad opera delle parti –Logica mistificatoria, rispettosa dell’ >, ma non di quella >
IL PREAVVISO La funzione è di consentire alla controparte di organizzarsi per affrontare le conseguenze dell’estinzione del rapporto Viene meno in caso di giusta causa (art c.c.) La durata è generalmente prevista dal contratto collettivo in relazione all’anzianità di servizio e all’inquadramento del lavoratore In mancanza di preavviso: obbligo di indennità sostitutiva, che è dovuta con funzione assistenziale anche in caso di morte del lavoratore (artt c.c.). La corresponsione dell’indennità, comunque, non ha funzione estintiva del rapporto, che continuerà a permanere in vita, salvo diversa ed inequivoca volontà espressa dalle parti (efficacia reale del preavviso)
LE DIMISSIONI o Recesso del lavoratore Atto unilaterale recettizio privo di oneri formali o di cause giustificatrici. Disciplinato ancora da 2118 e 2119 c.c. Dimissioni annullabili se vizio del consenso o dissimulano un licenziamento: sul lavoratore l’onere della prova (più semplice se dimissioni in periodo di matrimonio o di nascita di un figlio che sono nulle se non convalidatedalla lavoratrice presso la DPL) Dimissioni per giusta causa: diritto all’indennità di preavviso.
LEGGE N. 604/1966: LA GIUSTIFICAZIONE DEL LICENZIAMENTO –Principio di giustificazione obiettiva del licenziamento: è illegittimo il licenziamento senza “giusta causa” o “giustificato motivo”, con onere della prova a carico del datore –Regime sanzionatorio moderato: riassunzione del lavoratore o, a scelta del datore, pagamento di una penale risarcitoria ragguagliata ad un certo numero di mensilità di retribuzione (regime di c.d. stabilità obbligatoria); –Conseguenze: Il potere di recesso viene limitato, ma, per la carenza del meccanismo sanzionatorio, il licenziamento ingiustificato manteneva intatta la propria efficacia risolutiva –Limiti dimensionali alquanto ampi (poi modificati: v. oltre) per l’applicazione della disciplina limitativa dei licenziamenti:datori con più di 35 dipendenti –Regime sanzionatorio più rigoroso per i soli licenziamenti di rappresaglia: regime di radicale nullità, a prescindere dai limiti dimensionali, con conseguente ininterrotta prosecuzione del rapporto di lavoro.
L’ART. 18 STATUTO LAVORATORI –Introduce un regime sanzionatorio di maggior rigore: reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro e pagamento della retribuzione dal giorno del licenziamento illegittimo fino a quello della effettiva reintegrazione (regime di c.d. stabilità reale). –Conseguenze: Il licenziamento ingiustificato non ha alcuna efficacia risolutiva, ma solo sospensiva del rapporto (significativo l’uso del termine “reintegrazione”). Non c’è alcuna possibilità di monetizzare la stabilità di quest’ultimo. –Estende il medesimo regime sanzionatorio per i licenziamenti di rappresaglia ex art. 4 l. n. 604/1966 e quelli viziati nella forma –Introduce specifici limiti dimensionali per l’applicazione del regime di stabilità reale: datori, imprenditori e non, che occupino più di 15 dipendenti nell’unità produttiva e 5 dipendenti per le imprese agricole, oppure che raggiungono tali soglie occupazionali nelle unità produttive dello stesso comune, complessivamente considerate.
LA LEGGE N. 108/1990 Rivede in più punti la precedente disciplina, ma soprattutto: –Cerca di porre rimedio al problema del mancato coordinamento dei limiti dimensionali, introducendone nuovi –Restringe a casi tassativi le ipotesi di recedibilità ad nutum. –Salvo tassative eccezioni, il principio generale diventa, quindi, quello di obiettiva giustificazione (giusta causa e giustificato motivo) del licenziamento, a pena di annullabilità.
I VIZI DEL LICENZIAMENTO Licenziamento senza g.c. e g.m.Annullabilità Licenziamento discriminatorioNullità Licenziamento viziato nella formaInefficacia
LA GIUSTA CAUSA: NOZIONE Nozione (art c.c.): Causa che non consente la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro. Licenziamento per giusta causa anche detto “licenziamento in tronco”, cioè senza preavviso. Contenuto: gravissimo inadempimento degli obblighi contrattuali (licenziamento disciplinare) oppure Fatti o comportamenti attinenti alla vita privata del lavoratore se mettono in dubbio la fiducia nella puntualità dei successivi adempimenti.
IL GIUSTIFICATO MOTIVO Nozione: SOGGETTIVO: notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore. Differenze con giusta causa: quantitativa: g.c. più grave. qualitativa: la g.c. può anche non essere un inadempimento contrattuale. OGGETTIVO: ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. Sempre obbligo del preavviso.
LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO Nozione E’ il licenziamento determinato da ragioni sindacali, politiche, religiose,razziali, di lingua o di sesso, di handicap, di età obasata sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali (artt. 4 L. n. 604/1966 e 15 S.L.) Onere probatorio A carico del lavoratore, che può far uso di presunzioni SanzioneNullità Tutela Art. 18 S.L. senza limiti dimensionali (art. 3 L. n. 108/1990)
FORMA E PROCEDURA (art. 2 L. n. 604/1966) Forma del licenziamentoscritta (anche per i dirigenti) motivi Diritto del prestatore alla richiesta dei motivi entro i 15 gg. successivi Obbligo di motivazione del datore nei successivi 7 gg. (diversamente solo nel caso di licenziamento disciplinare) SanzioneInefficacia Tutela (salvo lic. disc.: v. infra) Nell’area della tutela reale: art. 18 St. lav. Nell’area della tutela obbligatoria e per i dirigenti: improduttività degli effetti dell’atto e diritto al risarcimento del danno, commisurato, di massima, alle mancate retribuzioni fino al ripristino del rapporto; permanenza dell’obbligo datoriale di versare altresì i contributi previdenziali
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE Il licenziamento può essere usato come sanzione disciplinare? I problemi posti dall’art. 7, c. 4, St. lav. Le due opposte tesi dottrinali e la tesi intermedia c.d. formale L’attuale orientamento giurisprudenziale (tesi c.d. ontologica) (C. Cost., n. 204/1982; Cass., S.U., n. 8189/1987, C. Cost., n. 427/1989; Cass., S.U., n. 4823/1987) Applicabilità dei primi tre commi dell’art. 7 St. lav. Sanzioni: In rapporto ai limiti dimensionali: Art. 18 St. lav. Art. 8 L. n. 604/1966 Inefficacia o erogazione indennità preavviso (nell’area di recesso ad nutum)
IMPUGNAZIONE DEL LICENZIAMENTO Il licenziamento deve essere impugnato, a pena di decadenza, entro 60 gg. dalla ricezione della sua comunicazione ovvero dalla comunicazione dei motivi se non è contestuale. Impugnazione extragiudiziale: ogni atto scritto con cui il lavoratore manifesta al datore inequivocabilmente la volontà di contestare il recesso. Impugnazione giudiziale: nel citato termine, non solo deposito in cancelleria del ricorso ma anche notifica al datore.
Novità introdotte dal Collegato lavoro Il D. Lgs. 183/2010 (c.d. Collegato lavoro) ha introdotto il termine perentorio di 270 gg. per l'instaurazione del giudizio dopo l'impugnazione del licenziamento (at. 32, comma 1), pena la decadenza dell'impugnazione. Il termine potrà ridursi a 60 gg in caso di tentativo di conciliazione (ora facoltativo) rifiutato dal datore di lavoro. Inoltre è stato introdotto l'obbligo per il giudice di tenere conto – in sede di valutazione della legittimità del licenziamento – delle causali giustificatrici previste dai contatti collettivi (o individuali in sede di conciliazione)
ONERE DELLA PROVA Prova della g.c. e del g.m.: ricade sul datore Prova della discriminazione: ricade sul lavoratore Prova dei limiti dimensionali dell’impresa: ricade sul lavoratore (siccome fatto costitutivo del diritto alla stabilità fatto valere in giudizio) Prova del licenziamento orale: di fronte all’impugnazione del licenziamento orale, è accaduto che il datore eccepisse le dimissioni del lavoratore, con onere della prova contraria a carico del lavoratore (la L. 188/2007 aveva risolto questo problema introducendo una procedura formale per le dimissioni, ma abrogata con L. 133/2008).
REGIME SANZIONATORIO Regime sanzionatorio doppio e alternativo Tutela reale Tutela reale (art. 18 St. lav.) Tutela obbligatoria Tutela obbligatoria (L. n. 604/1966)
TUTELA OBBLIGATORIA (art. 8 L. n. 604/1966) Il rapporto si interrompe; il licenziamento non ne impedisce la funzionalità di fatto sceltatra riassunzione indennità risarcitoria Contenuto: scelta ad opera del datore tra riassunzione e pagamento di una indennità risarcitoria che va da 2,5 a 6 mensilità di retribuzione Campo di applicazione: La tutela obbligatoria si applica ai datori con limiti dimensionali inferiori a quelli dell’art. 18 St. lav. e sempre nelle organizzazioni di tendenza (art. 4 l. n. 108/1990)
TUTELA REALE (art. 18 St. lav.) Il rapporto non si interrompe; il licenziamento ne impedisce solo la funzionalità di fatto ordine di reintegrazionerisarcimento del danno Contenuto: ordine di reintegrazione e risarcimento del danno dal giorno del licenziamento fino alla effettiva reintegrazione, con un danno minimo pari a 5 mensilità di retribuzione; in sostituzione a quest’ultima, il lavoratore può chiedere 15 mensilità di retribuzione Nel caso licenziamento del lavoratore sindacalista, la reintegrazione può essere disposta con ordinanza in via d’urgenza Campo di applicazione: La tutela reale si applica nelle unità produttive con più di 15 dipendenti e 5 nel settore agricolo o in quelle che, situate nello stesso comune, raggiungano complessivamente tali limiti, nonché al datore che occupi più di 60 dipendenti. Si applica sempre in caso di licenziamento discriminatorio
RECESSO AD NUTUM (artt e 4 L. n. 108/1990) Il recesso ad nutum è ormai relegato a casi tassativi, cioè alle seguenti categorie: –Lavoratori in prova –Lavoratori domestici –Lavoratori a termine –Lavoratori ultrasessantenni con requisiti pensionistici e che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto fino a 65 anni per raggiungere l’anzianità contributiva massima –Lavoratori dirigenti –Sportivi professionisti
PROPOSTE DI RIFORMA DELL’ART. 18 St. lav. Ha ingenerato un forte clima di tensione e conflitto sociale la questione della riforma dell’art. 18 St. lav., oggetto altresì di due referendum, per i quali non è stato raggiunto il quorum. In prima battuta, si è prevista la deroga temporanea e sperimentale dell’art. 18 nelle ipotesi di: 1)Riemersione; 2) Conversione a tempo indeterminato di contratti a termine; 3) Nuovi occupati nel biennio Più tardi il ddl n. 848-bis su incentivi ed ammortizzatori sociali, riprendendo le previsioni del Patto per l’Italia firmato da Governo e parti sociali (esclusa la CGIL) del , ha stabilito una deroga temporanea per un triennio dell’art. 18 St. lav. solo in caso di nuove assunzioni in imprese minori anche al fine di rafforzare il lavoro regolare (chi già non rientra nel campo di applicazione dell’art. 18 St. lav., se effettuerà nuove assunzioni e supererà quella soglia continuerà a non essere soggetta all’art. 18 per un triennio). AD OGGI, TUTTAVIA, NESSUNA RIFORMA E’ ANDATA A BUON FINE Un accenno alla materia è ora contenuto nel Libro Bianco sul Welfare dell’attuale Governo.
LICENZIAMENTI COLLETTIVI (L. n. 223 del 1991) E’ sempre licenziamento economico, come quello individuale per g.m.o., ma coinvolge una pluralità di lavoratori ed è riconducibile ad una causa unitaria Il tradizionale astensionismo legislativo: il ricorso alla CIGS come alternativa al licenziamento collettivo. L’espansione aselettiva della CIGS e la permanenza solo fittizia dei rapporti di lavoro La riforma della L. n. 223 del 1991: riconduzione della CIGS alla sua originaria finalità e disciplina dei licenziamenti collettivi con previsione di una disciplina di sostegno al reddito e all’occupazione del lavoratore in mobilità
DEFINIZIONI DI LICENZIAMENTO COLLETTIVO I licenziamenti collettivi si distinguono in: licenziamenti per riduzione di personale licenziamenti per messa in mobilità.
IL LICENZIAMENTO PER RIDUZIONE DI PERSONALE (art. 24 L. n. 223 del 1991) –Campo di applicazione: datori di lavoro con più di 15 dipendenti –Nozione: effettuazione di più di 5 licenziamenti nell’arco di 120 gg. nell’ambito della medesima provincia, riconducibili ad una riduzione, trasformazione o cessazione di attività –Il sindacato giudiziale esteso a verificare: a) la sussistenza del presupposto causale; b) il nesso eziologico con i singoli atti di recesso; c) la correttezza procedurale dell’operazione (v. oltre)
LICENZIAMENTO PER MESSA IN MOBILITA’ (art. 4 L. n. 223 del 1991) –Campo di applicazione: imprese con più di 15 dipendenti rientranti nel campo di applicazione della CIGS. –Nozione: effettuazione di licenziamenti dopo la CIGS, se l’imprenditore non è in grado di garantire il reimpiego dei lavoratori –Non ci sono limiti quantitativi, geografici e temporali; è sempre presupposta la CIGS; è discussa l’esistenza di un obbligo di repêchage
LA PROCEDURA DI MOBILITA’ (artt. 4 e 5 L. n. 223 del 1991) L’intera procedura non può avere una durata superiore ai 75 gg.: si apre con una comunicazione al sindacato e può procedere fino ad una fase amministrativa –Obbligo di informazione alle RSA o RSU e alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative –La fase sindacale: è eventuale, perché subordinata alla richiesta sindacale di esame congiunto –La fase amministrativa: è subordinata all’esito negativo della precedente fase sindacale e avviene su impulso del direttore della DPL –Criteri di scelta: devoluti alla contrattazione collettiva; in mancanza si fa riferimento a quelli dell’art. 5 e cioè anzianità anagrafica del lavoratore, carichi di famiglia, interesse dell’impresa.
LE SANZIONI PER IL LICENZIAMENTO COLLETTIVO ILLEGITTIMO –Il licenziamento, che va irrogato in forma scritta con preavviso, se viziato legittima il lavoratore a ricorrere entro il termine di decadenza della L. n. 604 del –Il giudice che accerti l’illegittimità del licenziamento nel dichiara l’inefficacia (per vizi di forma o di procedura) o l’annullabilità (per violazione dei criteri di scelta). –La sanzione è quella dell’art. 18 St. lav. –Quando tuttavia vi è stata violazione dei criteri di scelta, il datore può individuare correttamente i lavoratori senza ripetere tutta la procedura, ma solo previa comunicazione preventiva alle RSA/RSU.
L'INTERVENTO PUBBLICO (E PRIVATO) NEL MERCATO DEL LAVORO Poiché la tutela dell’occupazione è uno degli obiettivi fondamentali del diritto del lavoro, questo ha tradizionalmente affrontato il problema di come prevenire, evitare o ridurre i danni della disoccupazione, intervenendo nel mercato del lavoro, attraverso: 1) una certa ed imparziale distribuzione delle occasioni di lavoro esistenti (a monte); 2) appositi di strumenti indennitari di sostegno al reddito dei lavoratori, in modo da impedire la disoccupazione ovvero gestirne i relativi rischi (a valle).
I FILONI Sostegno alla ricerca di un’occupazione, tramite distribuzione equa di occasioni di lavoro (la logica tradizionale del collocamento) e più di recente, attraverso assistenza nella ricerca di un lavoro allo scopo di creare nuove occasioni di impiego e prevenire la disoccupazione (politiche attive insieme ad una visione più ampia e moderna dell’attività di intermediazione). Sostegno al reddito dei lavoratori per evitare o ridurre i danni della disoccupazione (i c.d. ammortizzatori sociali). Entrambi i filoni di intervento hanno cominciato ad apparire anacronistici nella loro tradizionale concezione a partire dagli anni ottanta del secolo scorso, per il declino di quel modello di mercato del lavoro, fondato sul pieno impiego nella forma subordinata classica all’interno della grande fabbrica fordista. In Italia, però, solo il primo filone è stato oggetto di rilevanti riforme, non, invece, il secondo.
GLI "AMMORTIZZATORI SOCIALI" CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI: Strumento volto a salvaguardare, durante fasi di contrazione dell’attività aziendale, la sopravvivenza dell’impresa e l’occupazione dei lavoratori tramite sospensione dei rapporti di lavoro assistita dall’intervento di una prestazione indennitaria (è circoscritto al lavoro subordinato e copre solo una parte di questo) INDENNITA’ DI MOBILITA’: Strumento volto a ridurre gli effetti della disoccupazione del lavoratore – in vista di un suo ricollocamento – disoccupazione causata da un licenziamento collettivo tramite l’intervento di una prestazione indennitaria (è circoscritto al lavoro subordinato a tempo indeterminato e copre solo una parte di questo) INDENNITA’ DI DISOCCUPAZIONE: Strumento volto a ridurre gli effetti della disoccupazione involontaria tramite l’intervento di una prestazione indennitaria (è circoscritto al lavoro subordinato e copre solo una parte di questo) INDENNITA’ UNA TANTUM PER CO.CO.PRO.: (L. n. 2/2009, art. 19, come modif. dalla L. n. 33/2009) in via sperimentale, per lavoratori a progetto con una serie di requisiti, tra cui la monocommittenza e il reddito da 5000 a euro, con erogazione di una prestazione indennitaria pari al 30% del reddito dell’anno precedente (con un max di 4000 euro).