La storia delle teorie dell’apprendimento può essere schematizzata in A) COMPORTAMENTISMO B) COGNITIVISMO C) CONNESSIONISMO
Il primo momento è riferibile alla teoria neo-comportamentista e skinneriana, affermatasi intorno alla metà del secolo scorso, che si fonda sull’assunto che l’apprendimento è un processo di modificazione del comportamento derivante dall’influenza di fattori esterni che, sotto forma di stimoli, determinano la risposta dell’individuo. All’interno del meccanismo di risposta, i rinforzi positivi rappresentano i fattori di potenziamento dell’apprendimento, così come il feed-back è un dispositivo di autoregolazione del processo.
Skinner, che si è interessato ai problemi dell’istruzione, considera l’insegnamento “un’organizzazione di contingenze rafforzative” e con i suoi studi sul condizionamento operante ha contribuito alla definizione di un approccio tecnologico al processo di apprendimento/insegnamento. In tale prospettiva vanno inquadrate le teorie didattiche di tipo tassonomico –programmatorio che, sono fondate sulla pre-determinabilità degli obiettivi didattici, sulla fiducia del loro conseguimento attraverso la razionalizzazione – oggettivazione del processo di insegnamento e sulla valutazione formativa, intesa, appunto, come dispositivo auto – regolativo di insegnamento.
Il secondo grande momento della storia delle teorie dell’apprendimento è costituito dagli apporti della psicologia cognitiva nella quale si inseriscono quelli particolarmente significativi del costruttivismo "cognitivo" di derivazione piagetiana, e del costruttivismo "sociale", di derivazione vygotskiana.
L’epistemologia genetica di Piaget costituisce il punto di partenza della ricerca sulle teorie dell’apprendimento e nel contempo rappresenta anche il polo di convergenza, sul piano psicologico, di tutte le critiche alle concezioni della rappresentazione della conoscenza. L’assunto piagetiano, secondo il quale "la mente organizza il mondo organizzando se stessa", sposta l’attenzione epistemologica dal piano delle relazioni tra il soggetto e l’oggetto esterno, a quello dei processi interni al soggetto, e l’oggetto primario della conoscenza diventa la scoperta delle procedure e delle strutture cognitive che portano alla costruzione di un mondo.
Dalla nozione di "adattamento", centrale nella teoria piagetiana della conoscenza, Ernst von Glasersfeld ha definito il concetto di "viabilità" come il grado di efficacia di una conoscenza nella misura in cui si relaziona ai processi di organizzazione del mondo esperienziale di ciascun soggetto. Glasersfeld sostiene infatti che : "Non possiamo condividere la nostra esperienza con altri, possiamo solo raccontarla... Ciò che gli altri capiscono quando parliamo o scriviamo è necessariamente in termini di significati che la loro esperienza li ha condotti ad associare alle immagini sonore delle parole... la loro esperienza non è mai identica alla nostra".
Le teorie sull’apprendimento che fanno riferimento in particolare a Bruner e Vygotskij considerano la natura della conoscenza intrinsecamente contenuta nell’ambiente in cui si costruisce: l’apprendimento diventa un atto di appartenenza ad una comunità, con uguali diritti di tutti di partecipare pienamente alle pratiche, ai discorsi, alle risorse. Si punta in tal senso alla valorizzazione delle differenze più che dell’uniformità: nel creare situazioni di apprendimento collaborativo, è possibile utilizzare i saperi e le competenze di tutti, non solo dell’insegnante, prevedendo “impalcature di scaffolding” e d’incentivazione della vygotskijana “zona di sviluppo prossimale”.
Secondo queste teorie, il ruolo dell’insegnante si qualifica, più che in termini trasmissivi, nella funzione di facilitatore dell’interazione, della scoperta e della collaborazione fra gli allievi. In tali contesti di apprendimento, si creano le condizioni ideali per realizzare una vera partecipazione ai processi formativi e una reale comprensione del loro senso.
Il paradigma costruttivista, che ha rivelato il carattere sociale della costruzione della conoscenza, ha portato la ricerca psicopedagogica a proporre nuovi modelli di apprendimento/insegnamento nei quali l’apprendimento non è più visto come un’acquisizione individuale e decontestualizzata, ma come processo, sociale e situato, di partecipazione a specifiche comunità di pratiche.
Apprendere -diventa una pratica, inserita in un contesto significativo di attività e dipende strettamente dal partecipare direttamente a tali attività. In questa prospettiva, la relazione rappresenta il contesto vivo e vitale dell’apprendimento, la rete in cui la conoscenza di una data comunità è distribuita e in cui si intersecano il piano sociale a quello individuale; - significa accedere alla vita di tale contesto, sia diventando membro della comunità di pratiche socialmente e culturalmente definite, sia impadronendosi della sua specifica contestualità e della sua struttura relazionale.
Questa ulteriore acquisizione rappresenta l’aspetto “metacognitivo” e “meta-relazionale” dell’apprendere, cioè la comprensione dei presupposti impliciti e specifici ad una determinata situazione di apprendimento, ma anche la capacità di “riflettere su”, “passare attraverso”, “mettere in connessione” situazioni diverse. In questo senso, “apprendere il contesto” significa non solo “apprendere in contesti relazionali”, ma soprattutto “apprendere contesti relazionali”, componente che definisce il significato più proprio dell’apprendimento: “apprendere ad apprendere”.
La scuola del passato privilegiava un apprendimento meccanico, che dava luogo a prestazioni di tipo mnemonico. L'apprendimento significativo, invece, consente allo studente di relazionare gli elementi di conoscenza provenienti dall'esterno con quelli già preesistenti nella sua struttura cognitiva e di acquisire conoscenze frutto di comprensione vera. In tale prospettiva si colloca la teoria di AUSUBEL che ha operato una distinzione tra il continuum apprendimento meccanico - apprendimento significativo e il continuum apprendimento ricettivo - apprendimento per scoperta, introducendo il concetto di assimilatore che indica il collegamento dei nuovi dati specifici in fase di elaborazione, al di sopra della barriera percettiva dell'individuo, con le conoscenze generali integrate nella struttura cognitiva. Durante la fase di apprendimento significativo, oltre alla trasformazione della struttura logica cognitiva, si ha anche la trasformazione delle nuove conoscenze assimilate.
La terza fase della storia delle teorie dell’apprendimento è relativa alle teorie della cognizione elaborate nel quadro degli studi delle scienze cognitive sull’intelligenza artificiale che si fondano su due modelli teorici: il cognitivismo e il connessionismo.
Il cognitivismo postula che la cognizione è frutto dell’elaborazione dell’informazione, ovvero della manipolazione di simboli a partire da regole, mentre per il connessionismo la cognizione è data dall’emergenza di stati globali in una rete di componenti semplici.
L’approccio connessionista implica un abbandono dell’assioma cognitivista secondo il quale la spiegazione dei fenomeni cognitivi richiede un livello simbolico autonomo. Infatti, nel modello connessionista, che viene definito da alcuni studiosi paradigma sub –simbolico, il significato non è localizzato all’interno dei simboli in quanto esso è una funzione dello stato globale del sistema e rimane legato all’attività complessiva
La conoscenza viene costruita all’interno del soggetto conoscente mediante la relazione con il suo ambiente o, se si vuole, in termini piagetiani, come reazione costruttiva e ricostruttiva delle strutture cognitive di fronte alle “perturbazioni” prodotte dalla relazione con l’ambiente.