Prof. Bertolami Salvatore Joseph Stiglitz Joseph Stiglitz (Gary, 9 febbraio 1943) è un economista e scrittore statunitense Dal 1960 al 1963, studia all'Amherst College, poi si trasferisce al MIT per il suo quarto anno e in seguito per consegue la laurea. Dal 1965 al 1966 riceve una borsa di studio (la "Fulbright Fellowship") che gli permette di frequentare l'università di Cambridge. Negli anni successivi, insegna al MIT e alla Yale. Attualmente insegna alla "Graduate School of Business" presso la "Columbia University". Dal 3 ottobre 2003 è membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Dal 2005 presiede il "Brooks World Poverty Institute", nella School of Environment and Development, University of Manchester.
Prof. Bertolami Salvatore Joseph Stiglitz Oltre a produrre influenti contributi nel campo della microeconomia, Stiglitz ha rivestito ruoli rilevanti nella politica economica. Ha lavorato nell'amministrazione Clinton come Presidente dei consiglieri economici (1995 – 1997). Alla Banca Mondiale, è stato Senior Vice President e Chief Economist (1997 – 2000), prima di essere costretto alle dimissioni dal Segretario del Tesoro Lawrence Summers. Il contributo più famoso di Stiglitz alla teoria economica riguarda lo screening, una tecnica usata da un agente economico che voglia acquisire informazioni - altrimenti private - da un altro. È per questo contributo alla teoria delle "asimmetrie informative" che ha condiviso il premio Nobel con George A. Akerlof e A. Michael Spence.
Prof. Bertolami Salvatore Joseph Stiglitz Nel 2002 pubblica "Globalization and Its Discontents" ("La globalizzazione e i suoi oppositori", Einaudi), dove analizza gli errori delle istituzioni economiche internazionali – e in particolare del Fondo Monetario Internazionale – nella gestione delle crisi finanziarie che si sono susseguite negli anni novanta, dalla Russia ai paesi del sud est asiatico all'Argentina. Stiglitz illustra come la risposta del FMI a queste situazioni di crisi sia stata sempre la stessa, basandosi sulla riduzione delle spese dello Stato, una politica monetaria deflazionista e l'apertura dei mercati locali agli investimenti esteri. Tali scelte politiche venivano di fatto imposte ai paesi in crisi ma non rispondevano alle esigenze delle singole economie, e si rivelavano inefficaci o addirittura di ostacolo per il superamento delle crisi.
Prof. Bertolami Salvatore Joseph Stiglitz Sitglitz afferma che il Fondo Monetario Internazionale, perseguendo il cosiddetto "Washington consensus", non protegge le economie più deboli né garantisce la stabilità del sistema economico globale, ma fa in realtà gli interessi del suo "maggiore azionista", gli Stati Uniti, a discapito di quelli delle nazioni più povere. Le argomentazioni di Stiglitz sono particolarmente degne di attenzione perché provengono da un economista inserito nelle istituzioni finanziarie internazionali, e contribuiscono a spiegare perché la globalizzazione ha generato l'opposizione dei movimenti sociali che hanno organizzato le proteste di Seattle e Genova (luglio 2001).Washington consensus
Prof. Bertolami Salvatore Joseph Stiglitz I ruggenti anni Novanta Il testo di Stiglitz sembra semplicemente analizzare gli avvenimenti economici degli anni '90, il boom and bust del mercato legato alle nuove tecnologie (in particolar modo le tecnologie per le telecomunicazioni). In realtà è un lavoro molto più ampio, che intende affrontare criticamente alcuni rilevanti temi economici. Stiglitz, infatti, si sofferma su quelli che definisce "i miti" dell'economia: la deregulation, la riduzione del deficit, la fiducia eccessiva nei mercati finanziari, l'attenzione primaria posta ai problemi dell'inflazione (e non dell'occupazione). In definitiva, l'opera dell'economista critica le politiche neoliberiste, partendo dall'attacco all'idea di politica economica di stile reaganiano e thatcheriano, al comportamento della Federal Reserve (e al suo presidente dell'epoca, Alan Greenspan), a una deregolamentazione considerata senza scrupoli, alla teoria della mano invisibile, al comportamento poco limpido di banche, analisti e dirigenti di imprese quotate in borsa, alle scelte politiche che avrebbero favorito la crisi, fino a mettere sotto accusa l'attuale assetto del capitalismo mondiale e le politiche macroeconomiche dei paesi maggiormente sviluppati (in primo luogo degli Stati Uniti). Per Stiglitz, bisognerebbe cominciare a mettere in atto politiche più attente all'equità (sia su scala nazionale, che su scala internazionale), allo sviluppo, alla giustizia. Attenzione particolare merita il capitolo sul crack della Enron e di altre società. Stiglitz mette in luce soprattutto quelle asimmetrie informative il cui studio gli è valso il prestigioso riconoscimento del Nobel, insieme a George Akerlof e A. Michael Spence, e il ruolo che esse hanno avuto e continuano ad avere nel rapporto tra gli amministratori delle società quotate e i piccoli azionisti.neoliberisteEnronGeorge Akerlof A. Michael Spence