Crescita e specializzazione dell’economia italiana

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Crescita e specializzazione dell’economia italiana Un modello obsoleto? Crescita e specializzazione dell’economia italiana di Riccardo Faini e André Sapir

Fu vero declino? L’andamento del reddito pro capite La dinamica delle quote di mercato L’evoluzione della produttività

La rincorsa dell’Italia Tra il 1950 e il 1988 il reddito pro capite dell’Italia aumenta: dal 35% al 69% del reddito statunitense dal 75% al 100,1% del reddito europeo E dopo il 1988?

La perdita di quote di mercato: un effetto contabile? La quota di mercato dei paesi europei è funzione del tasso di cambio dell’euro In Francia e Germania,l’apprezza-mento dell’euro coincide con una ripresa delle quote In Italia, la quota continua scendere

E’ colpa dell’Euro?

O di una congiuntura sfortunata? Il rallentamento dell’economia mondiale? L’aumento del prezzo del petrolio? L’andamento dei salari reali? Politiche macroeconomiche indebitamente restrittive?

La crescita dell’economia mondiale

Uno shock salariale? salari contrattatuali salari di fatto 1997-1999 0,9 0,7 2000 -0,6 -0,6 -0,4 0,2 2002 -0,4 -0,2 2003 -0,5 -0,6

E le politiche macroeconomiche? Il tasso di interesse reale a breve diminuisce nella media del 2001-2003 di più di 200 punti base rispetto agli anni novanta Il disavanzo di bilancio corretto per il ciclo aumenta sia nell’area euro sia in Italia (l’avanzo primario corretto per il ciclo scende dal 3,9% del PIL nel 2000 al 2,6% nel 2004)

In estrema sintesi,le difficoltà dell’economia italiana… Non hanno natura congiunturale Non possono essere attribuite a shock di offerta, da salari o da materie prime Non sono causate dal rallentamento dell’economia mondiale

Una diagnosi strutturale: Il modello di specializzazione dell’Italia Specializzazione delle esportazioni nei settori tradizionali, a bassa intensità di manopera qualificata (Bugamelli, Onida) Analoga specializzazione della produzione (ISAE) Nanismo delle imprese, anche a parità di settore Scarsità di investimenti in ricerca e sviluppo

Il modello di specializzazione dell’Italia Le ragioni della sua esistenza Le ragioni della sua persistenza Le ragioni della sua obsolescenza

La specializzazione riflette la dotazione di fattori produttivi Correlazione fra vantaggio comparato e intensità di manopera qualificata Stati Uniti: + 0,55 Francia: + 0,19 Germania: + 0,05 Spagna: -0,21 Italia: -0,62 Anni medi di istruzione superiore della popolazione (USA=100, 1990) Stati Uniti: 100 Francia: 23.7 Germania: 22.5 Spagna: 18.1 Italia: 19.4

L’evoluzione della specializzazione: l’Italia accresce il suo vantaggio nei settori tradizionali

mentre in Francia si riduce il vantaggio comparato di questi settori:

L’Italia perde invece posizioni nei settori ’avanzati’

mentre la Francia ne guadagna …

E anche rispetto alla Spagna…

Le ragioni della persistenza: il divario di istruzione

Le ragioni della persistenza: i fattori di domanda Il rendimento dell’istruzione universitaria è più basso in Italia (6,5%,contro 9,1% in Germania, 14,3% in Francia, 18,5% nel Regno Unito) In Italia, si investe relativamente poco in capitale umano (solo il 12% della popolazione 25-34 anni ha un titolo universitario contro il 19% in Francia, il 25% in Spagna, e il 31% negli USA) Solo il 12% degli immigrati è laureato (22% nella UE, 44% negli USA) La percentuale di emigrati con titolo di studio superiore è più elevata in Italia (il 7%, contro il 3,9% in Francia e il 2,6% in Spagna)

Un circolo vizioso? La bassa offerta di manodopera qualificata (LQ) alimenta un modello di specializzazione (S) obsoleto: ΔS = f(S, LQ) Una struttura dimensionale e settoriale sbilanciata deprime la domanda di istruzione: ΔLQ = g(S, LQ)

L’anatomia del circolo vizioso L’offerta di LQ agevola il cambiamento strutturale Una struttura più bilanciata alimenta l’investimento in istruzione Gli equilibri sono multipli

Un modello obsoleto: Italia

Le ragioni della obsolescenza Gli anni 90 sono stati caratterizzati da due shocks: L’integrazione dei PVS nell’economia mondiale Le nuove tecnologie La struttura settoriale e dimensionale dell’economia italiana ha reso più difficile l’aggiustamento a tali shocks: Si è erosa la posizione di vantaggio comparato dell’Italia rispetto agli altri paesi industrializzati L’offerta relativamente scarsa di manodopera qualificata e le piccole dimensioni delle nostre imprese qualificata hanno reso molto più arduo lo sfruttamento delle opportunità offerte dalla tecnologia e dalla globalizzazione dei mercati

Oltre il declino? Il ruolo della politica economica L’azione sull’offerta La carenza di manodopera qualificata favorisce lo sviluppo dei settori tradizionali, contribuisce al nanismo delle imprese, e scoraggia la R&S L’azione sulla domanda Le insufficienze dell’offerta di manodopera istruita non si traducono in un alto rendimento dell’istruzione. L’investimento in capitale umano è più basso che negli altri paesi Agevolare la mobilità delle risorse L’Italia più di ogni altro paese non ha mutato il proprio modello di specializzazione, anche a causa delle resistenze diffuse al cambiamento

Il ruolo della politica economica: l’azione sull’offerta Accrescere le risorse per l’istruzione universitaria Introdurre un sistema di distribuzione di tali risorse sempre più incentrato sull’efficienza Introdurre un sistema di prestiti d’onore per gli studenti universitari. Introdurre un sistema di visti per l’ingresso di manodopera straniera altamente qualificata

Il ruolo della politica economica: l’azione sulla domanda Introdurre un sistema di credito d’imposta permanente a favore delle spese in R&S, con un trattamento privilegiato degli start up ad alta tecnologia Sostenere le proposte della Commissione europea per un nuovo bilancio dell’Unione che favorisca investimenti in capitale umano e tecnologia Creare un nuovo ente a livello europeo con il compito di finanziare la ricerca di base Promuovere lo sviluppo dei fondi di venture capital, agevolando la partecipazione da parte di assicurazioni e fondi pensione. In generale, privilegiare politiche orizzontali che favoriscono attività con sicure esternalità piuttosto che politiche settoriali, più esposte alle pressioni delle lobbies e, di riflesso, più incerte per le imprese

Il ruolo della politica economica: agevolare la mobilità delle risorse Favorire la mobilità dei lavoratori fra settori creando un moderno sistema di ammortizzatori sociali e promuovendo la formazione continua Agevolare fiscalmente la creazione di consorzi di servizi volte a favorire il processo di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese Riformare il diritto fallimentare in senso meno punitivo per l’imprenditore

La priorità: un paese istruito Un modello di specializzazione meno vulnerabile Minore disoccupazione Durata della vita lavorativa più lunga Maggior mobilità geografica, settoriale e professionale Maggior adattabilità ai mutamenti economici e tecnologici