Il varietà televisivo italiano: un profilo storico Università degli Studi di Pavia Corso di laurea interfacoltà in Comunicazione Interculturale e Multimediale Il varietà televisivo italiano: un profilo storico Relatore: Prof. Vincenzo BUCCHERI Correlatore: Prof.ssa Maria INGLISA Tesi di laurea di: Alberto Rizzardi Anno Accademico 2004-05
“Il varietà televisivo è morto… Premessa “Il varietà televisivo è morto… o esiste ancora?”
Obiettivi Analizzare il concetto di varietà, cercando di darne una definizione plausibile e di collocarlo all’interno del genere “intrattenimento” Ricostruirne una cronologia essenziale, mettendo in evidenza le tappe principali del percorso evolutivo-involutivo e le origini storiche Confrontare il modello classico degli anni ’60-’70 e quello moderno, sottolineando analogie e differenze
Definizione “La definizione dei generi televisivi è l’esercizio più inutile e frustrante che ci sia” (Maurizio Costanzo) Il varietà può essere inteso come una sequenza di generi e numeri diversi, apparentemente autonomi ma tenuti insieme da una profonda drammaturgia che li rende un tutto coeso ed organico Non è semplice intrattenimento Non è l’espressione “varietà” utilizzata per comodità giornalistico-tipografiche
Elementi essenziali del varietà: Composizione Elementi essenziali del varietà: Disarticolazione dell’unità testuale in vari numeri (sketch, balletto e numero musicale) Grande ritmicità dell’insieme Presenza di figure attanziali determinate Regolare collocazione nel palinsesto
Il conduttore La soubrette Il corpo di ballo L’ospite
Dalla rivista al varietà L’origine del termine variètè è da ricercarsi nel XVIII sec.: cafè chantant, cabaret e rivista (→ varietà) In Italia, la rivista teatrale conosce tre fasi essenziali: 1) Dal 1886 al 1923 2) Dal 1923 al 1940 3) Dal 1945 al 1955 La televisione, nei suoi primi anni di vita, trae linfa da tutte queste esperienze e dalle molte professionalità ad esse legate
Il varietà televisivo La fisionomia del varietà televisivo italiano è il risultato di un’efficace sintesi tra la tradizione teatrale, l’esperienza radiofonica e l’influenza operata dai grandi show americani degli anni Cinquanta Il teatro ha rappresentato per anni un modello linguistico-culturale per la televisione, con cui esiste un rapporto di debiti reciproci Pur condividendo con il varietà teatrale espedienti, figure e forme, il varietà televisivo si colloca su una linea genetica differente; e questo per: le differenti funzioni sociali assolte dal teatro e dalla televisione la riproducibilità del mezzo televisivo
“Varietà classico di attrazioni internazionali” (1954) Un, due, tre… “Varietà classico di attrazioni internazionali” (1954) Il primo significativo esempio di varietà televisivo, caratterizzato dalla doppia coppia Tognazzi-Vianello e Scarnicci-Tarabusi Il miglior esempio della rivista televisiva italiana degli anni Cinquanta (e l’ultimo della rivista teatrale) Un mix di vivacità, genuinità e ritmo, che derivava dalla consuetudine di un contatto diretto con il pubblico teatrale degli attori Il linguaggio produttivo era ancora rozzo ed essenziale, con poche telecamere e la sostanziale assenza di movimenti di macchina e di un impianto scenografico, ma eccellente dal punto di vista contenutistico
G & G L’altro modello fondamentale è quello di Garinei e Giovannini, che offrono programmi prettamente televisivi, costituiti da intrattenimenti a base di gioco e canzoni, “ispirati alla lezione americana, ma filtrati dalla loro creatività e prodotti con la loro esperienza (radiofonica soprattutto)” Ai loro nomi sono legati programmi storici come Canzonissima (1958-’59 e 1959-’60) ed Il musichiere (1955)
Gli anni Sessanta Il decennio del varietà classico per eccellenza, seguito da un pubblico sempre più elevato, che richiede una maggiore attenzione dal punto di vista stilistico-formale ed una “volontà di educare il buon gusto degli spettatori” Antonello Falqui incarna perfettamente la figura del regista di questo tipo di varietà e rappresenta uno dei migliori esempi dell’eccellenza raggiunta dal genere in questo decennio
Anni Sessanta Classicismo Modelli teatrali e prodotti televisivi Estrema cura formale Sfarzo ed essenzialità Preregistrazione Grande ritmicità e marcata serialità Durata: 60-70 min. Anni Settanta Classicismo e sperimentalismo Modelli prettamente televisivi Estrema cura formale con apertura a nuovi linguaggi Sfarzo e sobrietà Preregistrazione e diretta Eccezioni alla rigida alternanza tra i numeri e prime forme di innovazione-destrutturazione Durata: 65-75 min.
Evoluzione ed involuzione del genere Gli anni Ottanta Evoluzione ed involuzione del genere Periodo estremamente complesso e denso dal punto di vista televisivo, che riflette un più ampio processo di trasformazione della società Si caratterizza per: La fine del monopolio RAI per l’ascesa delle tv private Introduzione del telecomando, “il più potente fattore di trasformazione dei linguaggi televisivi” L’abbandono dei “muretti divisori” tra un programma e l’altro (e tra un genere e l’altro) “vampirizzazione” Con lo zapping tutta la televisione diventa varietà. Ma se tutto è varietà, non c’è più il “varietà-propriamente-detto”: il polimorfismo diventa uno dei problemi più grandi del genere
Anni Ottanta Sperimentalismo (con punte di classicismo) Destrutturazione del varietà con introduzione di nuove forme (es. il “varietà sociale”) Nuovi linguaggi e marcata aggressività Diretta vs. preregistrazione Approccio stilistico-formale meno rigoroso Incremento dei costi e dell’importanza dell’Auditel Durata: 90-120 min.
Il varietà moderno Alla fine degli anni Novanta, il varietà rinasce, nonostante la concorrenza del reality show Costi contenuti ed ascolti elevati La rinascita avviene grazie a molteplici fattori e sotto varie forme: One man show ed appalto esterno Sontuosità e monumentalità Approccio formale nuovamente rigoroso Ripresa della tradizione del genere senza finalità parodiche Rinnovati identità ed appeal presso il pubblico Durata: 120-180 min.
Conclusioni Il varietà non è morto, ma può conoscere una nuova e fortunata stagione (già, in parte, iniziata), se rispetta alcune condizioni: Non travestirsi da reality show, ma mantenere una propria identità Affidarsi ad un rinnovato professionismo Non essere completamente assoggettato alle logiche pubblicitarie e dell’Auditel Avere coraggio di innovare e sperimentare