L'immaginario nel viaggio di Dante Dante è un viaggiatore, un pellegrino, un profeta Villa d'Adda, 24 marzo 2011 Enzo Noris
La realtà come simbolo La realtà come simbolo Nel Medioevo la realtà viene considerata non tanto e solo per ciò che appare ma come simbolo, come rimando ad un significato altro che ne costituisce la vera essenza (cfr. l'etimologia del termine greco symbolon: segno di riconoscimento). Simboli e tesserae hospitales sono piccoli oggetti che venivano divisi in due parti e che ciascuno dei due amici mostrava, facendolo combaciare, ad ogni nuovo incontro, riferimento all'unità e richiamo ad una realtà superiore e nascosta. Una Tessera hospitalis Un symbolon dalla Roma di Tarquinio Prisco (fine VII - inizi VI sec. a.C.).
Il Simbolismo medievale Un grande serbatoio di simboli è la natura, vera e propria “foresta di simboli”: minerali, vegetali, animali. Diffuso è anche il simbolismo numerico che troverà numerose applicazioni nella Commedia (cfr. i numeri 1, 3, 7, 9, 10 come riferimenti al divino). Altro simbolismo è quello delle parole: nominare è conoscere, è possedere le cose, la realtà (verba e res sono le une i simboli delle altre).
I Sensi della Scrittura Seguendo la tradizione delle origini cristiane e dei Padri della Chiesa, i medievali interpretarono la Sacra Scrittura distinguendo tra lettera ed allegoria. Nell'interpretazione della Scrittura occorreva quindi distinguere e riconoscere i diversi livelli di significato che vennero denominati: letterale, allegorico, morale, anagogico.
L'Epistola XIII a Cangrande "Allorché dall'Egitto uscì Israele, e la casa di Giacobbe (si partì) da un popolo barbaro; la nazione giudea venne consacrata a Dio; e dominio di Lui venne ad essere Israele". Se guardiamo alla sola lettera del testo, il significato è che i figli di Israele uscirono d'Egitto, al tempo di Mosè; se guardiamo all'allegoria, il significato è che noi siamo stati redenti da Cristo; se guardiamo al significato morale, il senso è che l'anima passa dalle tenebre e dalla infelicità del peccato allo stato di grazia; se guardiamo al significato anagogico, il senso è che l'anima santificata esce dalla schiavitù della presente corruzione terrena alla libertà dell'eterna gloria. [...]
Soggetto e Fine della Commedia [8]. Ciò premesso è chiaro che il soggetto di un'opera, sotto posto a due diversi significati, sarà duplice. E perciò si dovrà esaminare il soggetto della presente opera se esso si prende alla lettera e poi se s'interpreta allegoricamente. È dunque il soggetto di tutta l'opera, se si prende alla lettera, lo stato delle anime dopo la morte inteso in generale; su questo soggetto e intorno ad esso si svolge tutta l'opera. Ma se si considera l'opera sul piano allegorico, il soggetto è l'uomo in quanto, per i meriti e demeriti acquisiti con libero arbitrio, ha conseguito premi e punizioni da parte della giustizia divina. [15]. Il fine di tutta l'opera e della parte potrebbe essere anche molteplice, cioè vicino e lontano; ma tralasciata una ricerca così sottile, si può dire in breve che il fine di tutta l'opera e della parte consiste nell'allontanare quelli che vivono questa vita dallo stato di miseria e condurli a uno stato di felicità: removere viventes in hac vita de statu miserie et perducere ad statum felicitatis.
L'Allegoria L'Allegoria, come il Simbolo, è un “oggetto” che ne indica un altro ma chiede di attuare un procedimento mentale, analogico (dal concreto all'astratto). L'Allegoria è presente ancora oggi nei simboli giuridici, nell'araldica e nei segni di sovranità (ad es. la Legge, la Giustizia, la Libertà, gli stemmi, ecc.)
Dal simbolo all'allegoria Dall'XII al XIII secolo, ed ancor più con Dante, si realizza un graduale passaggio dal Simbolismo all'Allegorismo, in corrispondenza di un nuovo atteggiamento nei confronti della realtà (dal Romanico al Gotico). Secondo l'approccio simbolico la realtà sensibile interessava solo come tramite o strumento della rivelazione di un significato sovrasensibile o religioso implicito, che dal simbolo traspariva direttamente, in modo magico. L'allegoria richiede invece una riabilitazione della natura, dell'elemento terreno che ora riacquista tutta la sua dignità (cfr. il realismo degli affreschi di Giotto (1267- 1337).
L'Allegoria in Dante Alcuni esempi di Allegoria in Dante: la selva, il colle, il sole, le tre fiere, il veglio di Creta per l'Inferno; le quattro stelle, il giunco, la montagna, la femmina balba, la porta a tre gradini, il carro, l'albero per il Purgatorio; La barca, l'alloro, la croce, l'aquila, la scala d'oro, il fiume di luce, la candida rosa per il Paradiso.
La Figura A differenza dell'Allegoria, la Figura contiene l'interpretazione di un “processo terreno” per mezzo di un altro: il primo significa il secondo e questo adempie il primo. Entrambi questi “processi” appartengono alla storia ma entrambi contengono qualche cosa di provvisorio e di incompiuto (cfr. il già e non ancora) perché rimandano ad un futuro ancora da venire e che sarà l'accadimento pieno, reale e definitivo.
La profezia figurale L'Antico Testamento annuncia l'Incarnazione e la proclamazione del Nuovo che a loro volta sono la promessa della fine dei tempi e del Regno di Dio. Il Nuovo Testamento L'incarnazione L'Antico Testamento La profezia L'adempimento Finale Il Regno di Dio La Pasqua ebraica L'Eucarestia Il banchetto celeste L'Israele terreno / L'ecclesia terrena La Gerusalemme celeste La Gerusalemme terrestre La Chiesa militante La Chiesa trionfante
Biblia pauperum Codice Palatino Latino 871 La discesa agli inferi Davide e Golia, Sansone e il leone sono “figure” di Cristo vittorioso su Satana e sulla morte.
Esempi di “Figure” in Dante Virgilio pertanto non è solo Allegoria della ragione umana ma è Virgilio stesso, personaggio storico e “Figura” in quanto il Virgilio della storia anticipa nei tratti di poeta e di guida il Virgilio “adempiuto” dall'abitante del Limbo che, per desiderio di Beatrice, si assume il compito di guidare Dante nell'aldilà. Lo stesso vale per Beatrice, per Catone Uticense, per gli altri personaggi ma anche per tutta la Commedia, fondata sulla concezione figurale.
La Divina Commedia Per Dante la realtà, il mondo terreno, sono “umbra futurorum”, cioè prefigurazioni della realtà ultraterrena che è la “vera realtà”. All'opposto dei poeti moderni in Dante il personaggio è tanto più reale quanto più è inserito nel piano della salvezza eterna. All'opposto degli antichi poeti dell'oltretomba, i quali consideravano reale la vita terrena ed umbratile quella sotterranea (cfr. l'Ade virgiliano)
Dal meno reale al più reale Pertanto il viaggio di Dante va dal meno reale, la vita terrena, al più reale, l'aldilà, e culmina con l'esperienza della “resurrezione della carne e della vita eterna che verrà”. Il viaggio di Dante è quindi un viaggio reale, non immaginario; non si tratta di un sogno né di un rapimento estatico ma di un'esperienza reale, vissuta in corpo e anima: dal tempo all'eterno, dalla Firenze storica alla comunità dei santi nella gioia del Paradiso (cfr. PD XXXI,37); dalla Roma terrestre alla Roma celeste (cfr. PG XXXII, 102).
Viaggiatore, pellegrino, profeta Quello che Dante vede ed impara (cfr. vidi e conobbi) nei tre regni è la realtà vera, concreta perché vi è contenuta la “figura” terrena. Vedendo, da vivo, la verità adempiuta, egli è personalmente salvato e nello stesso tempo “abilitato” per Grazia ad annunciare agli uomini la sua “Visio Dei” e ad indicare loro la via per la felicità senza fine: “et perducere ad statum felicitatis”.
Inferno, Purgatorio, Paradiso: caduta, riscatto, salvezza L'Inferno rappresenta la degenerazione della società comunale e della Firenze del tempo, fondata sul profitto, sull'avidità di ricchezze, sull'ambizione del potere. Il Purgatorio rappresenta l'indicazione del percorso da seguire per uscire dalla condizione dell'errore, del peccato individuale e sociale. Il Paradiso descrive-prefigura la società perfetta dove regnano concordia ed armonia, dove l'uno e il molteplice si integrano reciprocamente.
del cielo qualche uccello di mare se ne va; […] sotto l'azzurro fitto del cielo qualche uccello di mare se ne va; né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto: « più in là » ! E. Montale, Maestrale, in L'agave sullo scoglio, Ossi di seppia (1920-1927)