Johann Gottlieb Fichte

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Transcript della presentazione:

Johann Gottlieb Fichte I tre principi. Attività conoscitiva e morale. Idealismo e dogmatismo

I tre principi Con la “dottrina della scienza” Fichte identifica i principi fondamentali di tutto il sapere.

Il primo principio Ai tempi di Kant (cf. Wolff) si considerava principio fondamentale della scienza quello di identità (A=A). Per Fichte non è originario; l’identità presuppone un io che la pensi; e l’io non può porre nulla se prima non pone se stesso: l’Io, infatti, non è posto da altro (altrimenti si andrebbe all’infinito) ma si autopone.

L’Io E’ attività; intuizione intellettuale di sé (quella che Kant attribuiva solo ad un intelletto creatore). Non è un ente attivo: l’essere non precede l’operare, ma al contrario, segue l’operare, consiste in esso. Non coincide con l’io empirico, individuale, che nasce solo in seguito, ma è un Io assoluto, originario.

Primo principio: L’Io pone se stesso.

Il secondo principio Per Fichte non c’è posizione senza opposizione; il porsi come Io implica il contrapporsi a qualcosa d’altro, infatti: Nell’Io che pone se stesso occorre distinguere tra ponente e posto; il soggetto può essere cosciente di qualcosa, (anche di se stesso) in quanto lo distingue da sé, come altro da sé: (“oggetto”, “non-Io”).

L’Io oppone a sé un non-Io. Secondo principio: L’Io oppone a sé un non-Io.

L’opposizione Non è esterna all’Io: il non-Io sussiste nell’Io (non c'è nulla al di fuori di esso), infatti: ciò di cui ho coscienza sussiste nel mio io (è una mia rappresentazione) pur essendo distinta dal mio io. Non è posteriore cronologicamente alla posizione dell’Io: i due momenti sono distinguibili solo logicamente, come due polarità.

Terzo principio L’opposizione non elimina nessuno dei due “poli”, l’uno non toglie l’altro ma lo delimita, lo determina, lo “divide”; È a questo punto che nascono le varie coscienze empiriche e i loro contenuti: l’Io infinito, infatti, non esiste accanto agli io finiti, ma in essi, mediante in essi, giacché la autoposizione dell’Io implica necessariamente l’opposizione.

L’Io oppone nell’Io all’io divisibile* un non-io divisibile*. Terzo principio: L’Io oppone nell’Io all’io divisibile* un non-io divisibile*. * = determinato, finito

Conseguenze Sulla base dei principi Fichte è in grado di fondare la filosofia kantiana: può dedurre le categorie (in senso logico) senza bisogno di rifarsi alle forme del giudizio (conosciute per via empirica). Può spiegare in modo unitario l’attività conoscitiva e quella morale superando il dualismo kantiano.

Attività conoscitiva e attività morale Grazie ai principi, ambito conoscitivo e pratico non sono più separati da un “abisso incolmabile” ma sono due aspetti complementari del rapporto tra Io e non-Io

Attività conoscitiva Non esiste realtà in sé, ciò che conosciamo non esiste al di fuori dell’Io: il non-Io deriva dall’Io e sussiste in esso. Tuttavia gli oggetti ci appaiono come esterni a noi ed agenti sul nostro io; ciò accade perché sono il prodotto di un’attività inconscia (la coscienza implica l’oggetto: l’attività che produce l’oggetto non può essere consapevole).

Autocoscienza L’attività conoscitiva ha proprio come scopo riappropriarsi dell’oggetto, ossia comprendere che tutto deriva dall’Io. L’Io infinito, attraverso gli io finiti, si avvicina per gradi alla piena autocoscienza che però non può mai raggiungere. L’ “autocoscienza pura” è infatti solo un limite ideale: raggiungerla significherebbe togliere la coscienza stessa.

Attività morale Mentre nella conoscenza il non-io (l’oggetto) determina l’io, nell’attività morale è l’io che determina il non-io. Qui, infatti, il non-io appare all’io come un ostacolo da superare: agire significa cioè vincere una opposizione, una resistenza, e superare l’ostacolo significa per l’io affermare sé, realizzare la propria libertà.

Libertà « Frei sein ist nichts; frei werden ist der Himmel. » « Essere libero è nulla; diventare libero è il paradiso. » Per Fichte la libertà non è una condizione acquisita (sein) ma un divenire (werden) che si realizza nell’azione. L’azione ha bisogno di un oggetto, perciò il non-io risulta necessario all’affermazione della libertà dell’io.

Primato della ragion pratica Sul piano morale si rivela perciò il motivo dell’opposizione: L’io si oppone un non io per potersi realizzare nella libertà; la stessa attività conoscitiva esiste in funzione di quella morale. « Noi agiamo perché conosciamo, ma conosciamo perché siamo destinati ad agire. »

Dover essere Ma per Fichte (come per Kant) l’attività morale è un compito infinito; togliere ogni ostacolo significherebbe togliere la libertà: perciò la perfezione assoluta, cioè Dio stesso, non esiste in sé, separatamente dagli io finiti, ma si realizza solo nell’agire umano come “ordine morale del mondo”, ossia come “dover essere”, come meta ideale.

L’ultimo Fichte Negli anni trascorsi a Berlino (dal 1800) sino alla fine dalla vita il pensiero di Fichte subisce una svolta: si accentua l’interesse alle tematiche metafisiche, religiose, o addirittura mistiche: Dio diviene una realtà sussistente e non solo ideale.

La scelta dell’idealismo “Il contrasto tra idealista e dogmatico consiste propriamente in ciò: se l’autonomia dell’io debba essere sacrificata a quella della cosa o viceversa”.

Idealismo e dogmatismo Secondo Fichte sono possibili solo due filosofie: L’idealismo che fa del soggetto il principio formale e materiale del conoscere, e il dogmatismo che assume l’esistenza delle cose in sé, esterne al soggetto. Nessuno dei due sistemi può confutare l’altro: i principi da cui partono sono infatti eterogenei.

L’opzione Fichte è convinto della superiorità teoretica dell’idealismo sul dogmatismo. Tuttavia afferma che si aderisce all’uno o all’altro non per convinzione razionale ma per un’opzione: la scelta tra due modi di spiegare l’esperienza. E la scelta presuppone un certo tipo d’uomo.

L’uomo e la sua filosofia Il dogmatismo, che lega il soggetto alle cose e finisce per considerarlo determinato in tutto, è adatto agli “spiriti fiacchi”. L’idealismo, invece, sceglie l’assoluta libertà dell’io che nulla di esterno può condizionare, e richiede forza e grandezza d’animo.

La scelta di una filosofia dipende da quel che si è come uomo, perché un sistema filosofico non è un’inerte suppellettile, che si può lasciare o prendere a piacere, ma è animato dallo spirito che un uomo ha. Un carattere fiacco di natura o infiacchito e piegato dalle frivolezze, dal lusso raffinato e dalla servitú spirituale, non potrà mai elevarsi all’idealismo. Prima introduzione alla Dottrina della Scienza