Le foibe: un po’ di storia

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Il 10 febbraio è il giorno che l'Italia dedica alla memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle Foibe e dell'Esodo dalle loro terre.
… Per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo delle loro terre degli istriani, fiumani.
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pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 86 del 13 aprile 2004
Transcript della presentazione:

Le foibe: un po’ di storia Con la legge 30 marzo 2004 n.92, il parlamento italiano ha istituito “Il giorno del ricordo”, in memoria di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati. Perché il 10 febbraio? Perché ricorda l’anniversario del Trattato di pace di Parigi (1947) col quale l’Italia dovette cedere alla Jugoslavia Pola, Fiume, Zara e parte di Trieste e Gorizia.

L’Istria L’Istria è la penisola a forma di cuore ad est di Trieste. La parte settentrionale, per la presenza della famosa “pietra bianca d’Istria”, è detta appunto Istria bianca, quella intermedia, per la natura argillosa del terreno, “Istria gialla”, infine il tavolato sud-occidentale, “Istria rossa”, per la presenza di bauxite. In quasi tutta la penisola si trovano le doline, avvallamenti a forma di imbuto, scavati dalle acque. Queste voragini possono raggiungere i 200-300 m. di profondità: sono le cosiddette “foibe”.

La Dalmazia La Dalmazia è la lunga fascia costiera orientale dell’Adriatico: è una terra rocciosa, difficile da coltivare. Un’antica leggenda narra che, alla fine della creazione, Dio si ritrovò un cumulo di pietre inutilizzate: le rovesciò allora sulla Dalmazia, creando anche le numerose isole di cui sono costellate le sue coste.

Storia della Dalmazia La Dalmazia fu popolata fin dalla preistoria, dai Liburni a nord, dagli Illiri al centro e a sud, e poi conquistata dai Dalmati. Nel 177 a.C. fu conquistata dai Romani e nel 33 a.C. Augusto ne fece una provincia. Fu l’imperatore Claudio a chiamare questa provincia “Dalmatia”, e fu terra di ben 4 imperatori, tra cui Diocleziano, a cavallo fra III e IV sec. d.C. Sotto l’impero romano le città furono abbellite con templi, anfiteatri e fori. Vicende complesse, legate a diverse invasioni di popoli barbari, segnarono la storia della Dalmazia, fin quando, intorno all’anno 1000 cominciò a dichiararsi alleata di Venezia contro Ungheresi e Croati. Sotto il governo di Venezia la Dalmazia si arricchì di numerosi monumenti e la cultura veneziana entrò a far parte della quotidianità: si parlava veneziano ed anche la cucina si basava su piatti tipici della tradizione veneta.

La dominazione austriaca Nel 1797, col trattato di Campoformio, Napoleone cedette la Serenissima all’Austria. Questo passaggio fu un dramma per le popolazioni dell’Adriatico orientale. L’Austria, che aveva bisogno di porti, individuò subito Trieste e Pola, che diventarono città molto fiorenti in pochissimo tempo. Durante i 121 anni di dominio austriaco, le città della costa orientale dell’Adriatico, erano popolate in prevalenza da genti di origine italiana, mentre la campagna era abitata da slavi. Il governo asburgico, che temeva i sentimenti risorgimentali e irredentisti degli Italiani, favorì lo spostamento degli Slavi verso la costa e, in alcune zone, chiuse persino le scuole italiane. Anche il clero, in prevalenza slavo, fomentava l’odio verso gli Italiani, “colpevoli” di aver tolto lo stato pontificio al papa, e incoraggiava il nazionalismo.

Cos’è l’irredentismo? L’irredentismo è l’aspirazione di un popolo a completare la propria unità nazionale, attraverso la riunione di territori soggetti ad altri stati. Il fenomeno assunse un particolare rilievo nella seconda metà del XIX secolo: nel 1848 l’Europa fu travolta, infatti, da una serie di rivolte che avevano, quale motivazione principale, il risveglio delle coscienze a proposito dell’unità di una nazione. In Italia l’irredentismo fu soprattutto un movimento antiaustriaco, che voleva liberare il Trentino e la Venezia Giulia dal dominio asburgico. Questo sentimento si rafforzò alle soglie della Prima Guerra mondiale. Irredentisti famosi furono: Cesare Battisti, Fabio Filzi, Nazario Sauro e Guglielmo Oberdan.

Cosa sono le foibe? Le foibe sono cavità carsiche profonde fino a 300 metri. La parola deriva dal friulano foibe, ossia "voragine carsica", che, a sua volta, deriva dal latino fovĕa ossia "fossa”.

Dove? E’ fondamentale collocare geograficamente ogni evento storico. L’Istria, la Dalmazia, Pola, Fiume, Trieste e Gorizia sono queste le terre che fecero da scenario alla tragedia delle foibe.

Quando? Allo scoppio della II Guerra Mondiale i Serbi si opposero a Hitler, il quale, in quattro giorni, annientò l’esercito jugoslavo e conquistò la Slovenia settentrionale e la Serbia, mentre gli Italiani occuparono Lubiana e la Slovenia meridionale con tutta la costa dalmata. Ben presto si formarono nuclei di resistenza: i monarchici serbi, capeggiati da Mihajlovic, e i partigiani comunisti, guidati da Josip Broz Tito. Questi gruppi, divisi da differenze di lingua, religione, ideologia politica, diedero vita ad una violenta guerra fratricida. L’occupazione italiana della Dalmazia fu, oltre al fascismo, l’evento che alimentò il feroce odio degli Slavi contro gli Italiani, odio che esplose dopo l’8 settembre 1943, all’indomani della firma dell’armistizio dell’Italia con le forze alleate.

8 settembre 1943 La sera dell’8 settembre 1943 il maresciallo Badoglio annunciò alla radio la firma dell’armistizio e la cessazione delle ostilità dell’Italia contro le forze anglo-americane. Questo evento segnò di fatto l’inizio della fase più tragica della guerra. L’esercito italiano, infatti, piombò nel caos per diversi motivi: ribaltamento del fronte, improvviso crollo degli organi di comando, fuga del re da Roma, sbandamento delle gerarchie militari. I Tedeschi avevano già organizzato contromisure e un piano d’intervento per l’uscita dell’Italia dall’alleanza, per cui occuparono subito Trieste, Gorizia, Lubiana, Pola, Fiume, Zara e Spalato. I partigiani di Tito approfittarono di questo momento di confusione e marciarono sui presidi italiani in Istria, imponendo il loro potere. L’Istria fu così annessa alla Jugoslavia. A questo punto fu dichiarata in modo inequivocabile (e testimoniata da documenti) la necessità di “liquidare” i “nemici del popolo”: si diede così inizio alle operazioni di polizia che seminarono terrore.

Italiani = fascisti I partigiani di Tito, basandosi sull’equivalenza Italiani=fascisti, con l’appoggio della polizia jugoslava, compirono numerosi rastrellamenti prelevando istriani indifesi per rinchiuderli nel Castello di Pisino o in scuole abbandonate dove li sottoponevano a torture d’ogni genere.

Chi? Ma chi erano le vittime di questo massacro? Le vittime non furono solo Italiani, ma anche Tedeschi, gerarchi fascisti, Sloveni e Croati anticomunisti e membri del CLN (= Comitato di Liberazione Nazionale), cioè partigiani italiani che non volevano passare alle dipendenze di quelli titini. Tra tutte le vittime ne ricordiamo almeno una, Norma Cossetto, nata vicino a Pola, studentessa di Lettere all’Università di Padova e laureanda del professor Concetto Marchesi. La ragazza fu catturata con l’inganno, rinchiusa nelle carceri di Parenzo, legata ad un tavolo e ripetutamente violentata da 16 aguzzini. Condannata a morte, fu condotta con altri 26 sull’orlo della foiba di Surani, dove fu nuovamente violentata; le vennero tagliati i seni, spezzate le gambe e le braccia e infine infoibata. Quando alcuni giorni dopo i Vigili del Fuoco la riesumarono (la zona era stata occupata dai Tedeschi), il comandante del gruppo, valido speleologo, rimase sconvolto dalla visione del corpo martoriato di questa giovane. Alcuni aguzzini di Norma Cossetto furono catturati e costretti alla veglia funebre del corpo di Norma. Si dice che tre di loro siano impazziti. Anni dopo, grazie all’intervento del prof. Marchesi, a Norma venne conferita la laurea honoris causa dall’Università di Padova.

La distruzione di Zara Dal 2 novembre 1943 al 30 ottobre 1944 la città fu sottoposta a ben 54 bombardamenti alleati. Il primo novembre 1944, quando ormai i Tedeschi avevano abbandonato la Dalmazia, i partigiani di Tito entrarono nella città e iniziarono subito le esecuzioni: gli Italiani vennero portati via su barche, con pietre legate al collo, e affogati, poiché nel territorio di Zara non ci sono foibe.

I 40 giorni di Trieste Il 25 aprile 1945 è la data della liberazione nazionale, cioè della fine della guerra, ma, mentre il resto dell’Italia si preparava a voltar pagina, la Venezia Giulia e l’Istria, vivevano la parte più brutale della guerra. L’armata jugoslava entrò a Trieste il 1 maggio del 1945: è l’inizio dei quaranta giorni. Furono arrestati e fatti sparire nelle foibe migliaia di triestini e goriziani, mentre in Istria riprendeva la brutale pratica di cui si è già parlato. La strage si concluse solo nel giugno dello stesso anno: essendo, infatti, la Jugoslavia nella sfera di controllo dell’URSS, gli alleati decisero di porre il territorio sotto il controllo angloamericano, per evitare l’espansionismo russo. Così il 2 giugno 1945 le truppe di Tito dovettero abbandonare Trieste, Gorizia e Pola.

Quanti? Quanti furono gli infoibati? Una domanda che non si troverà mai una risposta definitiva, poiché gran parte delle foibe istriane non sono ancora state esplorate. Si suppone che la cifra complessiva oscilli tra i 10000 e 12000 morti, ma va tenuto conto dei “desaparecidos” delle città italiane istriane. Nella sola foiba di Basovizza, alle porte di Trieste, è stato evidenziato uno strato di 500 m. cubi di ossa, corrispondenti a circa 2500 corpi!

L’esodo Già con gli infoibamenti del settembre ’43 e dell’aprile ’45 in Istria vi fu chi tento la fuga, soprattutto via mare con mezzi di fortuna, ma spesso venne fermato da fili spinati e raffiche di mitra. Gli abitanti di Zara furono spinti alla fuga dai bombardamenti alleati (novembre ’43/ottobre ’44). Gli abitanti di Pola fuggirono in 32.000 su 34.000, sapendo che la città sarebbe passata sotto l’amministrazione jugoslava. Quando i titini entrarono in queste zone, non fu più possibile fuggire e raggiungere l’Italia.

Perché? Perché è accaduto tutto questo? Le cause sono diverse e difficilmente riassumibili. In ogni caso vediamo di enucleare almeno le motivazioni più importanti: antico scontro fra mondo slavo e italiano nei territori dell’Adriatico, inaspritosi a causa del regime fascista prima e dell’occupazione italiana del 1941 poi; progetto espansionistico di Tito, che, spalleggiato dall’URSS, mirava all’annessione di quelle terre fino al Tagliamento, inglobando tutta la Venezia Giulia; inadeguatezza del governo italiano nell’immediato dopoguerra e politici condiscendenti col progetto di Tito, in quanto la Jugoslavia poteva fungere da stato-cuscinetto con l’URSS.

Un silenzio lungo sessant’anni Perché questo silenzio? Difficile dare una risposta. Possiamo solo avanzare alcune ipotesi. Di certo sappiamo che, a partire dal 1948, anno in cui Tito attuò lo strappo con l’URSS e fu espulso dal Cominform, i governi occidentali cominciarono a guardare al maresciallo come ad un interlocutore che avrebbe fatto della Jugoslavia uno stato-cuscinetto tra i due blocchi, orientale e occidentale: fu ritenuto “politicamente corretto” non inasprire i rapporti con lui, rivangando la questione italiana. Del resto anche l’opinione pubblica italiana guardava con sospetto l’arrivo dei profughi, in un Paese distrutto e povero. Diventò facile dimenticare quella tragedia e rimuoverla anche dai libri di storia.