Politiche sociali Lavinia Bifulco
Diseguaglianze in Italia In Italia disaguaglianza (di reddito) alta e persistente Altra trasmissione intergenerazionale della diseguaglianza E’ aumentata la diseguaglianza dei redditi di lavoro (lavoro atipico, working poor e top incomes) Ruolo ridimensionato del capitale culturale rispetto alle diseguaglianze
Povertà Istat (2011): le famiglie italiane in condizioni di povertà relativa sono il 10,8% delle famiglie, il 13,1% della popolazione residente La povertà risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2009 La soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a 992,46 euro, circa 9 euro in più rispetto alla soglia del 2009 (+1%). La povertà relativa aumenta tra le famiglie di 5 o più componenti (dal 24,9% al 29,9%), tra quelle di monogenitori (dall'11,8% al 14,1) Nel Mezzogiorno l'incidenza di povertà relativa cresce dal 36,7% del 2009 al 47,3% del 2010 tra le famiglie con tre o più figli minori. Peggiora la condizione delle famiglie di ritirati dal lavoro in cui almeno un componente non ha mai lavorato e non cerca lavoro, si tratta essenzialmente di coppie di anziani con un solo reddito da pensione, la cui quota aumenta dal 13,7% al 17,1% per la povertà relativa e dal 3,7% al 6,2% per quella assoluta.
Povertà Italia Reddito e condizioni di vita Nel 2010, il 18,2% delle persone residenti in Italia è, secondo la definizione Eurostat, a "rischio di povertà", il 6,9% si trova in condizioni di "grave deprivazione materiale" e il 10,2% vive in famiglie caratterizzate da una bassa intensità di lavoro. Nel biennio risultano sostanzialmente stabili in Italia sia il "rischio di povertà" (dal 18,4% al 18,2 %), sia quello di "grave deprivazione materiale" (dal 7% al 6,9 %) Germania e Francia mostrano valori inferiori a quello italiano sia del "rischio di povertà", sia dell'indicatore di "grave deprivazione materiale". In Italia e in Francia è più marcato il rischio di povertà per i giovani fra i 18 e i 24 anni, rispetto alle generazioni più anziane. In Italia, inoltre, è più alto il rischio di povertà per i minori di 18 anni. Nel 2010, il 16% delle famiglie residenti in Italia ha dichiarato di arrivare con molta difficoltà alla fine del mese. L'8,9% si è trovato in arretrato con il pagamento delle bollette; l'11,2% con l'affitto o il mutuo; l'11,5% non ha potuto riscaldare adeguatamente l'abitazione.
Attivazione –Partecipazione al lavoro –Consumatore, libertà di scelta –Partecipazione alle scelte, cittadinanza attiva, voice
Welfare-to-work (UK) e workfare USA) Partecipazione al lavoro od obbligo al lavoro? “Una paga da fame” e i poveri (povere) che lavorano
Un ricerca sugli interventi contro la povertà C. Saraceno (a cura di), Le dinamiche assistenziali in Europa. il Mulino, 2004 Una ricerca su 13 città europee: misure locali di sostegno del reddito per situazioni di povertà paesi: Italia, Spagna, Portogallo, Francia, Germania, Svezia quesito: il sostegno al reddito causa dipendenza dal welfare?
Un ricerca sugli interventi contro la povertà Italia Italia: no reddito minimo, variabilità territoriale delle misure, discrezionali e con importi limitati. In molti Comuni Minimo Vitale. Impianto categoriale e selettivo: principio della meritevolezza e logica del bisogno qualificato Familismo
Un ricerca sugli interventi contro la povertà Il sistema di protezione sociale in generale: copertura universalistica Svezia - Categoriale/occupazionale altri paesi Assistenza: Svezia: importi generosi, copertura universalistica, programma nazionale di reddito minimo con enfasi inserimento lavorativo Assistenza come diritti, anche aspetti individualizzati. Bisogna dar prova di cercare attivamente un lavoro, ma non c’è un controllo stringente (comunque etica del lavoro e pieno impiego) Scarso peso delle obbligazioni familiari. Ruolo predominante dei servizi pubblici (scarso del terzo settore).
Una ricerca sugli interventi contro la povertà Viene smentita la tesi che più universale e generosa è la misura, più è probabile che le persone restino assistite per un lungo periodo, diventando dipendenti. Il breve periodo è un indicatore ambiguo, non necessariamente di efficacia ma può dipendere dalle regole di accesso. Una lunga dipendenza a Barcellona e Lisbona: quando la misura è limitata e selettiva, gli utenti sono compressi dalla necessità di integrare il sostegno economico con altre risorse, spesso informali. In generale close targeting e ammontare limitato del beneficio creano una popolazione di beneficiari che ha difficoltà a diventare autonoma dall’assistenza sociale. Svezia: La maggioranza dei beneficiari si concentra nella quota della durata di permanenza più breve. Milano: durata breve, ma per limiti temporali
Il Piano di zona Lo strumento principale della governance locale è il Piano di zona. Attraverso questo strumento le municipalità (associate) programmano il sistema locale dei servizi e degli interventi, sulla base degli obiettivi stabiliti dallo Stato e dei finanziamenti (stabiliti dallo Stato e distribuiti dalle Regioni), coinvolgendo le comunità locali.
Piani di zona: implementazione ISFOL 2006: in più del 70% dei casi sono impegnate nella fase progettuale vera e propria le organizzazioni di terzo settore strutturate (come le cooperative sociali), seguite dalle organizzazioni del volontariato, dalle associazioni religiose, dalle organizzazioni sindacali, dalle fondazioni, dai patronati, dalle imprese private,dai cittadini singoli (il 20,5% dei casi).
LINEE DI INDIRIZZO PER LA PROGRAMMAZIONE LOCALE Regione Lombardia Principi: persona e famiglia Sostenibilità, potenziare la domanda, pubblico-privato Strategie: integrazione, imprenditori di rete