Teorie del valore – Karl Marx

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Teorie del valore – Karl Marx
Transcript della presentazione:

Teorie del valore – Karl Marx L’analisi di Marx si differenzia da quella di Ricardo e Smith, nel momento stesso in cui pone due distinzioni terminologiche cruciali: quella tra lavoro e forza-lavoro e quella tra lavoro concreto e lavoro astratto “Il capitalista compera agli stessi operai, a quanto sembra, il loro lavoro con del denaro. Per denaro essi gli vendono il loro lavoro. Ma ciò non è che l’apparenza. Ciò che essi in realtà vendono al capitalista per una somma di denaro è la loro forza lavoro. [...] La forza lavoro è dunque una merce, che il suo possessore, il salariato, vende al capitale. Perché la vende? Per vivere” (Lavoro salariato e capitale, Editori Riuniti, Roma 1957, p. 31)

Lavoro e forza lavoro Per Marx l’unica merce che ha insieme valore d’uso e capacità di valorizzazione (valore di scambio) è la forza lavoro. Valore d’uso di una merce: proprietà di essere utile, di soddisfare bisogni umani. Caratteristica immanente che si manifesta esteriormente. Valore di scambio di una merce: proprietà di poter essere scambiata, in determinate proporzioni, con altre merci, ed in particolare con la merce considerata equivalente generale di tutti gli scambi e involucro del valore: il denaro. Relazione tra più merci. Lavoro in sé e per sé, come merce, è solo valore d’uso. La forza lavoro si realizza come valore di scambio.

Lavoro concreto e lavoro astratto I La forza-lavoro produce sia lavoro astratto che lavoro concreto. Lavoro concreto, qualitativamente definito, volto a produrre questo o quel valore d’uso Lavoro astratto, pura estrinsecazione di lavoro umano, che prescinde dagli aspetti qualitativi e dalle determinazioni specifiche riferite all’utilità dei singoli lavori e la cui quantità determina il valore creato.

Lavoro concreto e lavoro astratto II Del lavoro (concreto), che costituisce l’unica proprietà del lavoratore ‘libero’, il lavoratore stesso non può fare uso poiché non possiede i mezzi di produzione, e dato che lo stadio di sviluppo delle forze produttive esclude la produzione desarmata manu. Il lavoro può soltanto essere venduto a chi, il capitalista, possiede potere d’acquisto da trasformare in capitale, lo immette e lo utilizza nel processo produttivo (lavoro astratto), e ne trae il plusvalore che con l’ulteriore trasformazione della merce prodotta in denaro si realizzerà (se si realizzerà) nella forma di profitto.

Il rapporto capitale - lavoro 1. Il capitale esiste in quanto esiste la forza-lavoro: non esiste capitale senza il suo antagonista. Il capitale quindi è un rapporto sociale, di natura dialettica. Ed è da questa dialettica sociale che si genera il processo di valorizzazione. 2. La forza-lavoro che conta è quella che genera plus-valore, scambiandosi contro capitale. In altre parole, è forza-lavoro che genera valore di scambio e non solo valore d’uso. E’ questa la prima definizione di “lavoro produttivo”. Di conseguenza è il lavoro produttivo che interviene nel rapporto sociale che il capitale è costretto a generare per generare accumulazione e valore.

La metamorfosi della merce Il processo di scambio può essere visto come composto di due mutamenti di forma: la trasformazione della merce in denaro (Merce - Denaro o M - D), la trasformazione del denaro in merce (Denaro - Merce o D - M). Il valore, rappresentato dal denaro, funziona fin qui solo come medium di uno scambio tra valori d’uso, ma il valore autonomizzato nel denaro non può limitarsi a questo ruolo Economia di scambio (anche se non di puro baratto) Critica alla legge di Say

La metamorfosi del capitale (accumulazione) Il processo di scambio può essere visto come composto di due mutamenti di forma: la trasformazione del denaro in merce (Denaro – Merce o D - M), la trasformazione della merce in denaro (Merce - Denaro o M - D). D  M (l, p)  M’  D’ Accumulazione = generazione di plusvalore (D’ > D) A sua volta generato da pluslavoro (M’ > M) Lavoro socialmente necessario

Plus-valore I Le determinazioni storiche del modo di produzione capitalistico, visto come processo di consumo della forza lavoro da parte del capitale, sono, secondo Marx, le seguenti: il lavoratore è sottoposto al controllo del capitalista; il prodotto è di proprietà del capitalista; non è il lavoratore che utilizza i fattori oggettivi della produzione, ma il lavoro morto, "cristallizzato" nel capitale, che utilizza e «sussume il lavoro vivo"; dal processo produttivo scaturisce un plusvalore. Tale processo coincide col "processo di valorizzazione del capitale".

Plus-valore II IL Plus-valore è per Marx possibile perché il lavoro neces-sario alla reintegrazione del valore della forza-lavoro assorbe solo una frazione dell’intera giornata lavorativa. Così, ad esempio, mentre la giornata lavorativa è di otto ore, nell’equi-valente pagato per l’uso giornaliero della forza lavoro, nel salario, sono oggettivate solo cinque ore. Il lavoro svolto nelle rimanenti tre ore (pluslavoro) determina il plusvalore di cui si appropria il capitale e rappresenta l’entità della sua valoriz-zazione. In termini formali, se l è la quantità di lavoro impiegata per una determinata produzione e V il lavoro necessario alla riproduzione della forza-lavoro, il plusvalore S sarà dato dalla differenza: S = l - V

Plus-valore III Sfruttamento della forza lavoro (Il Capitale): 24 ore/giorno lavoro produttivo lavoro improduttivo I---------------------------- I---------------I ______________I per la riproduzione plus-lavoro otium (?) della forza-lavoro Unità temporale di misutra: approccio quantitativo basato sul lavoro produttivo come valore di scambio

Plus-valore assoluto Plusvalore assoluto. Si tratta di tutti i metodi che cercano di espandere, a parità di altre condizioni, il lavoro assoggettato al capitale. Tra questi il più classico è il prolungamento della giornata lavorativa, che consente di ampliare le ore di pluslavoro quando siano date e costanti le ore di lavoro necessarie alla riproduzione della forza-lavoro (lavoro necessario). Anche l'estensione dei soggetti sottomessi allo sfruttamento (si pensi ad esempio al lavoro minorile) possono rientrare in questa classificazione.

Plusvalore relativo Plusvalore relativo. Sono questi i metodi che consentono di ridurre le ore di lavoro necessario o, che è lo stesso, del capitale variabile. Infatti, ponendo costante la durata della giornata lavorativa, al diminuire delle ore di lavoro necessario il pluslavoro aumenta. Poiché il salario non può scendere al di sotto del livello di sussistenza, il modo tipico di ridurre il tempo di lavoro necessario è l'aumento della produttività del lavoro: se occorrono meno ore di lavoro per produrre i beni di consumo dei lavoratori, si riduce il lavoro necessario anche senza diminuire i consumi dei lavoratori, cioè i salari reali.

Saggio di sfruttamento I M = C + l M = C + V+ S • C = capitale costante o lavoro morto (lavoro indiretto contenuto nel bene). Il capitale costante è dato dall’insieme dei mezzi di produzione prodotti in un tempo precedente a quello del processo produttivo in esame. Il suo valore è quindi quello che si incorpora in tali mezzi di produzione e viene trasferito nel valore della merce prodotta. • l = V + S = lavoro diretto o lavoro vivo. Il lavoro diretto si suddivide in lavoro necessario, o capitale variabile (V), e plusvalore (S).

Saggio di sfruttamento II Il capitale variabile (V) è dato dai beni salario che remunerano la forza lavoro del lavoratore. Il suo valore è quindi quello che si incorpora nei beni che il lavoratore riceve in forma di salario. Questa parte del capitale è chiamata “variabile” perché il valore che produce supera il proprio valore: tralasciando per un momento il capitale costante, C, il capitalista anticipa il capitale variabile V, il quale produce un valore pari a V + S). Questo accade perché il lavoratore lavora per un tempo superiore a quello strettamente necessario a riprodurre i beni che formano il suo salario. • Il plusvalore (S) è definito dalla differenza tra il valore prodotto dal lavoro diretto (l) e il lavoro necessario (V). Tale differenza (S = l – V) è l’espressione in valore del pluslavoro effettuato dal lavoratore.

Saggio di sfruttamento III Il rapporto tra plusvalore (S) e capitale variabile (V) definisce il saggio di plusvalore o saggio di sfruttamento: σ = S / V • Marx definisce inoltre la composizione organica del capitale come il rapporto tra capitale costante (valore dei mezzi di produzione) e capitale variabile (valore dei salari dei lavoratori): COC = C / V • Quando i capitali costante e variabile sono esaminati nei loro aspetti materiali (invece che in termini di valore) tale rapporto prende il nome di composizione tecnica del capitale. • Il saggio di profitto è dato dal rapporto tra il plusvalore e il capitale complessivo anticipato: r = S / (C + V)

PLUSVALORE, PROFITTO E SFRUTTAMENTO Esaminiamo la relazione tra saggio di profitto e saggio di sfruttamento: r = S / (C + V) r = (S/V) / (C/V + V/V) r = σ / (COC + 1) Dal confronto tra r e σ, Marx ricava tre proposizioni: 1. r > 0 ⇔ σ > 0 2. r ≤ σ ; r = σ solo se C = 0 (ossia se non esiste capitale costante) 3. r cresce al crescere di σ.

Legge caduta tendenziale del saggio di profitto Partiamo dalla seguente relazione r = σ / (COC + 1) Il progresso tecnologico porta ad un incremento della Composizione Organica del Capitale. se COC ↑, segue che r ↓