Concilio di Tours: introd. 1

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Concilio di Tours: introd. 1 Il primo dei documenti che scandiscono in qualche modo con sicurezza le tappe dell’evoluzione è una deliberazione del Concilio di Tours dell’anno 813, prima manifestazione esplicita, da parte della gerarchia ecclesiastica della presa di coscienza dell’irriducibilità dei sistemi linguistici correnti e quindi dell’esistenza accanto al latino di una vera e propria lingua parlata dal volgo, che possiamo a questo punto definire con sicurezza come ‘lingua romanza’.

Concilio di Tours: introd. 2 Nel Concilio di Tours si riunirono vescovi provenienti da varie regioni dell’Impero Carolingio, sia da quelle occidentali, linguisticamente latine e ormai romanze, sia da quelle orientali, germaniche. E’ possibile che anche questa composizione del Concilio, con rappresentanti le cui attenzioni e interessi si rivolgevano a entrambi i versanti, germanico e romanzo, abbia facilitato o stimolato l’esplicitazione di una coscienza ormai affermatasi nella gerarchia ecclesiastica.

Concilio di Tours: testo 1 Visum est unanimitati nostrae, ut quilibet episcopus habeat omilias continentes necessarias ammonitiones, quibus subiecti erudiantur, id est de fide catholica, prout capere possint, de perpetua retributione bonorum et aeterna damnatione malorum, de resurrectione quoque futura et ultimo iudicio et quibus operibus possit promereri beata uita quibusque excludit. E’ parso opportuno a tutti noi che ogni vescovo pronunci omelie che contengano gli insegnamenti necessari all’educazione degli inferiori, cioè della fede cattolica, perché se ne possano impadronire, della perpetua ricompensa dei buoni e dell’eterna dannazione dei malvagi, della resurrezione e del giudizio finale e di quali azioni e opere possano garantire la vita eterna e quali invece causarne la perdita.

Concilio di Tours: testo 2 Et ut easdem omelias quisque aperte transferre studeat in rusticam Romanam linguam aut Thiotiscam, quo facilius cuncti possint intelligere quae dicuntur. Ed anche [è parso opportuno a tutti noi] che quelle stesse omelie ciascuno di essi [i vescovi] si applichi a tradurle apertamente nella lingua latina parlata dai ‘rustici’ ovvero in [lingua] tedesca, affinché tutti senza eccezione possano comprendere senza difficoltà ciò che viene detto loro.

Concilio di Tours: commento 1 Le prescrizioni del Concilio sono dettate pensando sia alla massa dei fedeli sia al basso clero: tutti coloro che entro una gerarchia culturale carolingia potevano essere globalmente considerati come illetterati; - il verbo transferre (nell’espressione: aperte transferre studeat) è impiegato nel suo significato proprio di “tradurre” ed implica il riconoscimento della diversità delle lingue, tra le quali non è possibile una forma di mediazione; l’avverbio aperte aggiunge una connotazione specifica, quella della limpidezza dell’espressione;

Concilio di Tours: commento 2 - rusticam Romanam linguam = lingua romana parlata dai rustici; la traduzione come “lingua volgare” o direttamente come “lingua romanza” o “volgare romanzo” sarebbe stata non inesatta quanto alla sostanza, ma anacronistica a fronte del livello di coscienza che di essi si doveva avere, per quanto la divaricazione dal latino sia evidente proprio nella distinzione terminologica (latina / Romana);   - è possibile che l’aggettivo rusticam si riferisca anche a Thiotiscam; affermarlo impone l’ipotesi della coscienza di una modalità espressiva germanica separabile dall’oralità ‘quotidiana’ e abbastanza significativa da generare la distinzione.