Natura ed evoluzione della scienza politica

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POLITICA E SCIENZA POLITICA
Transcript della presentazione:

Natura ed evoluzione della scienza politica La scienza politica nella storia Gli oggetti di studio della scienza politica L’analisi sistemica della politica Il comportamentismo I difetti della scienza politica Gli approdi contemporanei della disciplina Filosofia e scienza politica L’utilità del sapere politologico

La scienza politica vanta al tempo stesso RADICI PROFONDE in un lontano passato e ORIGINI RECENTI Le sue riflessioni hanno accompagnato tutte le fasi di sviluppo dell’esperienza di organizzazione del mondo occidentale in comunità e collettività, dalle città-Stato greche ai processi di unificazione sovranazionale e di globalizzazione.

Gli oggetti di studio della scienza politica All’inizio, l’oggetto qualificante della scienza politica fu individuato nel POTERE Le modalità di acquisizione e di utilizzazione del potere, la sua concentrazione e la sua distribuzione, la sua origine e la legittimità del suo esercizio sono state al centro di ogni analisi politica da Aristotele a Machiavelli e Hobbes, da Max Weber ai politologi contemporanei (Lasswell, Kaplan, Barry)

In seguito, l’oggetto di studio nell’analisi politica è diventato lo STATO, un fenomeno meno pervasivo ed esteso rispetto al potere Gli studi politici sullo Stato si sono essenzialmente concentrati sulla creazione di uno stato pluralista (Locke), democratico (Toqueville e i Federalisti statunitensi), forte (Hegel e gli storicisti tedeschi), capace di assicurare un compromesso tra le classi sociali (Kelsen) oppure in grado di decidere in situazioni di emergenza (Schmitt)

Una volta consolidatesi le formazioni statuali, gli studiosi continentali rivolsero la loro attenzione alle ELITES In particolare, studiosi come Mosca, Pareto e Michels si sono concentrati sull’analisi delle modalità di formazione, ricambio e sostituzione delle classi dirigenti. Questi studi rappresentano gli ultimi contributi classici e prescientifici per ciò che riguarda l’analisi della politica.

Infine, nel tentativo di definire un oggetto dell’analisi politica che non fosse né eccessivamente generico (come il potere) né inopportunamente riduttivo e contingente (come lo Stato e le sue élites), la scienza politica ha individuato il proprio, principale oggetto di studio nel SISTEMA POLITICO. David Easton (1965) definisce il sistema politico come «un sistema di interazioni, astratte dalla totalità dei comportamenti sociali, attraverso le quali i valori vengono assegnati in modo imperativo per una società». La SCIENZA POLITICA diviene, perciò, LO STUDIO DELLE MODALITÀ, COMPLESSE E MUTEVOLI, CON LE QUALI I DIVERSI SISTEMI POLITICI PROCEDONO ALL’ASSEGNAZIONE IMPERATIVA DEI VALORI.

L’analisi sistemica della politica L’analisi sistemica si fonda su un modello che vede: INPUTS: domande e sostegni provenienti dalla società OUTPUTS: risposte e decisioni, che possono avere effetti sulle nuove domande attraverso un complesso processo di conversione, che avviene all’interno del sistema politico Easton afferma che ogni sistema politico ha 3 componenti: la COMUNITÀ POLITICA, composta da tutti coloro che sono esposti alle procedure, alle norme, alle regole, alle istituzioni del sistema politico; le AUTORITÀ, i detentori del potere politico, coloro che sono autorizzati dalle procedure, dalle norme, dalle regole e dalle istituzioni del regime a produrre assegnazioni imperative di valori; il REGIME, composto da: - princìpi (norme, regole, procedure, valori, la Costituzione) - rendimento (l’attività effettuata nell’ambito e nei limiti dei princìpi) - istituzioni (strutture di rappresentanza, di governo, di amministrazione)

Secondo Easton, l’analisi della politica può approssimarsi a essere “scienza”, dotandosi di metodi e tecniche scientifiche, attraverso l’introduzione nella disciplina del COMPORTAMENTISMO Il comportamentismo (behavioralism), nato e sviluppatosi in psicologia, si caratterizza per: l’accento che pone sulla necessita di osservare e analizzare i comportamenti concreti degli attori politici (individui, gruppi, movimenti, organizzazioni); l’utilizzo e l’elaborazione di tecniche specifiche di analisi (interviste, sondaggi d’opinione, analisi del contenuto, simulazioni, quantificazioni ecc.)

Nell’ottica comportamentista, secondo Easton, la scienza politica deve tenere presente e cercare di conseguire i seguenti obiettivi: rilevare regolarità nei comportamenti politici che si prestino a essere espresse in generalizzazioni o teorie esplicative e predittive; sottoporre queste teorie a verifica; elaborare rigorose tecniche di osservazione, raccolta, registrazione e interpretazione dei dati; procedere alla quantificazione, cioè alla “misurazione” dei fenomeni politici, per ottenere una maggiore precisione analitica; tenere distinti i valori dai fatti; procedere a una sistematizzazione delle conoscenze acquisite e a una maggiore interconnessione fra teoria e ricerca; mirare alla scienza pura, poiché la comprensione e l’interpretazione del comportamento politico precedono l’applicazione; integrarsi maggiormente con le altre scienze sociali.

I DIFETTI DELLA SCIENZA POLITICA In una sintetica ricostruzione degli studi politologici alla fine degli anni ’50, Almond e Powell (1978) rimproverano alla scienza politica, in particolare a quella statunitense, 3 difetti fondamentali: il PROVINCIALISMO: la tendenza a concentrarsi essenzialmente su pochi sistemi dell’area europea e occidentale, sulle grandi democrazie e sull’Unione Sovietica; il DESCRITTIVISMO: la tendenza a limitarsi a descrivere le caratteristiche dei sistemi politici analizzati, senza nessuna preoccupazione teorica e senza nessuna ambizione di elaborare ipotesi e generalizzazioni; il FORMALISMO: indica una eccessiva attenzione alle variabili formali, alle istituzioni, alle norme e alla procedure, e una parallela disattenzione per il funzionamento reale dei sistemi politici.

Gli approdi contemporanei della disciplina Nel corso degli ultimi anni, si è instaurato una sorta di duello fra 2 prospettive che, se non esclusive, appaiono dominanti: il NEO-ISTITUZIONALISMO, nelle sue due varianti (storica e sociologica) ha “riscoperto” il ruolo delle istituzioni, non soltanto formali, ma come comportamenti ritualizzati, come costrizioni e come aspettative di ruolo; la TEORIA DELLA SCELTA RAZIONALE, pone l’accento sui comportamenti, sui calcoli e sulle aspettative degli attori politici individuali.

Rapporto tra FILOSOFIA POLITICA e SCIENZA POLITICA (Bobbio, 1971) La tradizione di pensiero della filosofia politica contiene almeno 4 componenti significative: ricerca della miglior forma di governo; ricerca del fondamento dello Stato; ricerca della natura della politica; analisi del linguaggio politico e metodologia della scienza politica. Solamente quest’ultima componente soddisfa le 3 CONDIZIONI che Bobbio ritiene fondamentali per fondare una scienza politica empirica: l’AVALUTATIVITÀ dello scienziato e delle sue ricerche; il PRINCIPIO DELLA VERIFICA EMPIRICA come criterio di validità; la SPIEGAZIONE come scopo principale della ricerca scientifica.

L’utilità della scienza politica La scienza politica contemporanea ha saputo documentare convincentemente l’importanza cruciale delle variabili politiche nelle collettività organizzate. Anche per questa ragione, è possibile affermare che la scienza politica è OPERATIVA: chi si impadronisce delle sue competenze e del suo sapere è in grado di applicarle efficacemente ovvero, quantomeno, di segnalare a ragion veduta le conseguenze di determinati interventi. In conclusione, il sapere politologico va considerato come un sapere effettivamente, concretamente, efficacemente APPLICABILE.