Economia e Gestione delle Imprese

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Transcript della presentazione:

Economia e Gestione delle Imprese IL RISCHIO D’IMPRESA ED IL RISCHIO FINANZIARIO. LA RELAZIONE RISCHIO-RENDIMENTO ED IL COSTO DEL CAPITALE. Lezione 5 Castellanza, 6 Ottobre 2010

Summary Il costo del capitale La relazione rischio/rendimento di una attività finanziaria

I fattori che influenzano le decisioni finanziarie Rischio Possibilità che il rendimento effettivo diverga da quello previsto. DECISIONI FINANZIARIE Rendimento Entità dei flussi finanziari generati. Tempo Momento in cui si verificano i flussi finanziari.

Il concetto di rischio Il futuro di un’impresa dipende dalle decisioni prese, che vengono influenzate dal fattore tempo, dal rischio e dal rendimento. Proprio questi due ultimi elementi sono tra loro strettamente connessi. Infatti, nella valutazione ex ante di alternative di investimento, è necessario effettuare delle previsioni sull’andamento futuro di alcune variabili; tali previsioni possono, poi, rivelarsi più o meno errate e i risultati conseguiti discostarsi da quelli preventivati. La variabilità tra risultati attesi e risultati conseguiti effettivamente costituisce il rischio insito in ogni progetto. Ad esso è strettamente legato il rendimento del progetto stesso.

Il concetto di rendimento Per rendimento di un progetto si intende l’entità dei flussi di cassa che l’investimento genererà in futuro. Tali flussi sono da considerare in funzione del tipo di investimento a cui si riferiscono: flussi di cassa operativi, ad esempio, se si tratta di capitale impegnato in una iniziativa (acquisto di una impresa o di un impianto) oppure, ad esempio, flussi di dividendi se si tratta di titoli rappresentativi di mezzi propri. E’ fin da subito evidente come, nella maggior parte dei casi, ad un più elevato rischio sia spesso associabile un più elevato rendimento.

Il concetto di tempo Come si avrà modo di verificare, al tempo viene riconosciuto un determinato valore finanziario, e questo in considerazione del fatto che i trasferimenti di risorse nel tempo comportano dei costi/ricavi per chi li effettua, a seconda che si raccolga o si impieghi denaro. Il valore finanziario del tempo assumerà, dunque, la dimensione di costo in caso di attualizzazione (possedere in futuro una somma di denaro, invece di averla a disposizione nel presente, ha un costo pari al denaro che si sarebbe potuto guadagnare investendo tale somma nel periodo) e di rendimento nel caso di capitalizzazione. Il tempo e il rischio vengono dunque espressi dal tasso di attualizzazione.

Rischio e rendimento RENDIMENTO RISCHIO Il rendimento è quantificabile come: r = rf + premio dove “rf” = rendimento di una attività free risk e “premio” = excess return richiesto dagli investitori avversi al rischio. RISCHIO E’ la possibilità che il rendimento effettivo diverga da quello previsto.

Il costo del capitale: le ipotesi di base La valutazione del costo del capitale per l’impresa è una operazione non sempre semplice ed immediata. Le ipotesi di base, sono però, ben precise: ogni forma di finanziamento per l’impresa ha un costo per la medesima, sia esso reale o figurativo; poiché il costo del capitale per l’impresa è indirettamente un rendimento per i soggetti terzi, è applicabile la relazione rischio-rendimento, secondo cui ad una maggiore rischiosità dell’impresa corrisponde un maggiore costo del capitale.

Il costo del capitale proprio (Ke) In linea generale, per determinare il costo di Ke è necessario ragionare in via indiretta, ovvero in termini di costo opportunità, poiché un azionista investe nel capitale dell’impresa unicamente se lo stesso offre un rendimento almeno pari a quello di altre attività con lo stesso grado di rischio. In base a ciò, si avrà: Ke = rf + P

Il costo del capitale proprio (Ke) (continua) Nel caso, invece, in cui sia possibile stimare il valore di mercato di una azienda è possibile stimare anche in via diretta il costo di Ke. In questo senso, un corretto indice di riferimento può essere offerto dal rapporto tra utile per azione e valore di mercato delle azioni: Ke = Ua / Va dove Ua = utile per azione e Va = valore di mercato di una singola azione.

Il costo del capitale di debito (Kd) Il costo del capitale di debito è rappresentato dal costo vero e proprio del debito, vale a dire dal tasso di interesse a cui i soggetti terzi prestano denaro all’impresa: Kd = i (1-t) dove Kd = costo del capitale di debito, i = tasso di interesse sul debito mentre t = aliquota fiscale, da tenere presente se si tratta di costo deducibile.

Il costo medio ponderato del capitale (Kmp) Dopo aver considerato il costo del capitale proprio e del capitale di debito singolarmente, si può procedere a stimare il costo del capitale di una impresa che decide di finanziarsi sia attraverso il ricorso al capitale proprio che a quello di debito. Il costo medio ponderato del capitale di una impresa è funzione di Ke e Kd, o meglio, sarà uguale alla media ponderata di Ke e Kd in base al peso di Ke e Kd stessi sul totale del capitale investito: Kmp = [Ke E / (E + D)] + [Kd D / (E + D)] dove E = capitale proprio, D = capitale di debito, con Ke > Kmp > Kd.

La relazione rischio/rendimento Poiché le decisioni vengono quasi sempre prese dopo la valutazione di più alternative, è necessario, per poter confrontare i rendimenti dei due progetti, poter paragonare anche i gradi di rischio. A questo fine, la relazione di base di tutte le teorie sul rischio stabilisce che il rendimento di un impiego rischioso si può vedere come formato da due elementi: un primo elemento rappresentato dal rendimento di attività prive di rischio (rf), un secondo costituito dal premio per il rischio (P), che tiene per l’appunto conto del grado di rischio. r = rf + P

La determinazione dei due fattori La teoria assume che il fattore rf sia facilmente determinabile, prendendo come valore di riferimento il rendimento offerto dai titoli di stato, considerati per loro natura “free risk”. Molta maggiore complessità presenta invece la determinazione del premio per il rischio, cioè di quel “rendimento in più” necessario per convincere l’investitore a scegliere quella piuttosto che un’altra alternativa. Premesso che non esistono regole valide in senso assoluto, è necessario tenere presenti tutte le variabili associate alla tipologia di investimento considerata.

Un obiettivo: diminuire il fattore rischio E’ evidente come l’obiettivo di ogni decisore sia quello di mantenere elevati livelli di rendimento diminuendo il più possibile il grado di rischio. La risposta più valida fornita sino ad ora dalla teoria è quella relativa alle decisioni di portafoglio di Markowitz. La teoria sostiene che, combinando opportunamente due o più investimenti, è possibile ottenere un risultato totale di uguale valore medio, ma caratterizzato da maggiore stabilità e un grado di rischio inferiore. Il rendimento delle singole attività finanziarie ha una variabilità superiore a quella del mercato finanziario nella sua totalità, superiore a quello che viene definito portafoglio di mercato.

Un obiettivo: diminuire il fattore rischio (continua) Il modo più efficace, quindi, per diminuire il grado di rischio è attuare una politica di diversificazione delle attività finanziarie in portafoglio, per non vincolarsi unicamente alla tendenza di una unica attività presente sul mercato finanziario.

La teoria della diversificazione RISCHIO possibilità che il rendimento effettivo diverga da quello previsto DIVERSIFICAZIONE combinazione di titoli che permette di ridurre il rischio globale di un portafoglio (teoria di Markovitz)

La correlazione tra titoli

Rischio specifico e rischio sistematico La politica di diversificazione consente di ridurre il grado di rischio associato ad un portafoglio di titoli. Ma non è mai possibile annullare totalmente il rischio, in quanto questo implicherebbe la presenza di titoli perfettamente correlati tra loro. Le prime diversificazioni attuate in un portafoglio hanno un impatto molto positivo sulla diminuzione del rischio. Procedendo, ogni ulteriore diversificazione diminuisce, quindi, il rischio sino ad un certo punto, oltre il quale l’effetto è praticamente nullo. Quindi…

Rischio specifico e rischio sistematico (continua) Esiste una componente ineliminabile di rischio, che si definisce rischio sistematico (o di mercato, non diversificabile), ed una ulteriore componente di rischio specifico, che si può gradualmente eliminare con una attenta diversificazione.

Rischio specifico e rischio sistematico connesso a ciò che caratterizza l’impresa (eliminabile con la diversificazione) connesso a mutamenti della situazione economica complessiva (non eliminabile con la diversificazione)

Il rischio sistematico Il rischio sistematico è costituito dalla sensibilità dei titoli rispetto alla situazione economica generale del mercato. Esso può essere quantificato misurando come varia il rendimento del titolo in esame al variare dei rendimenti di un portafoglio appositamente diversificato, nel quale è presente, come detto in precedenza, la sola variabilità del contesto macroeconomico. La variazione dei rendimenti di un titolo, rapportata alla variazione del rendimento di un portafoglio ben diversificato, fornisce una buona indicazione circa la sensibilità di un titolo alle variazioni del contesto economico di riferimento. Si può individuare, così, una misura corretta del rischio sistematico.

Rischio specifico e rischio sistematico (continua)

Il “” La misura del rischio sistematico è denominata ß, ed è così calcolabile: ß = % rt / % rm dove rt è il rendimento atteso del titolo e rm è il rendimento atteso del mercato. Ad un ß elevato corrisponde, dunque, una elevata sensibilità del titolo rispetto al mercato e quindi un rischio elevato. Ad un ß > 1 è associabile un titolo sensibile alle dinamiche di mercato, ad un ß < 1 corrisponde un titolo scarsamente sensibile al mercato.

Il “”: un esempio Il rendimento atteso del titolo varia del 2% per ogni variazione percentuale unitaria del rendimento del mercato. Il suo beta è, di conseguenza, pari a 2.

La relazione tra rischio e rendimento Il contributo fondamentale alla determinazione della relazione tra rischio e rendimento è fornito dalla teoria del Capital Asset Pricing Model (CAPM). Il modello sostiene che il premio atteso per un investimento, vale a dire il surplus di rendimento richiesto dall’investitore per acquistare un titolo rischioso, è proporzionale al suo beta.

La relazione tra rischio e rendimento (continua) Risulta la seguente relazione: Premio = ß (rm – rf) dove rf è il rendimento offerto dai titoli di stato (“free risk”), mentre rm è il rendimento offerto dal mercato, che è superiore rispetto ai titoli di stato, in quanto comprende il rischio assunto dagli investitori che hanno scelto di investire nel portafoglio di mercato, che è rm – rf.

Capital Asset Pricing Model (CAPM) In un mercato perfettamente concorrenziale il premio atteso per il rischio varia in modo direttamente proporzionale al beta

Capital Asset Pricing Model (CAPM) (continua) Rendimento Atteso = rf + ß (rm – rf)

Limiti del CAPM Ipotesi di mercati perfetti Rendimento atteso Inadeguatezza del portafoglio di mercato