Fondamenti e didattica dei linguaggi dell’immagine

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Transcript della presentazione:

Fondamenti e didattica dei linguaggi dell’immagine Quarta lezione

Francesco Caggio, Rosanna Abbatinali, Quasi arte, Bergamo, Edizioni Junior, 2004 I documenti raccolti nel testo sono stati redatti poco prima e poco dopo due esposizioni che si sono tenute presso la Scuola dell’infanzia comunale di via Giacosa n. 44/46. Le esposizioni dal titolo “Quasi arte…” – manufatti di bambini impegnati sono state realizzate tra il 1998 e il 1999.

Per non perdere la memoria di un lavoro dei bambini e delle educatrici Per non perdere la memoria di un lavoro dei bambini e delle educatrici. Importanza della documentazione Prima una tradizione di attenzione all’espressività infantile più centrata a dare ai bambini la possibilità di conoscere strumenti e tecniche Poi una nuova impostazione del laboratorio, una via per “dire di sé”, per mettersi alla prova in termini inventivi con materiali e tecniche, per cominciare ad intuire cosa vuol dire “arte”.

…”ho bisogno di un punto di partenza, fosse anche un granello di polvere o uno sprazzo di luce. Questa forma genera una serie di cose, in cui ogni cosa ne produce un’altra. Così un pezzetto di filo può far nascere un mondo. Arrivo a un mondo partendo da una cosa che generalmente si reputa morta. E poiché gli do un titolo tutto ciò diventa ancora più vivo …” Joan Mirò

L’emersione, la conquista e la pratica di una tensione costruttiva che ha assunto la possibilità di piegare e trasformare i materiali in nuove configurazioni e strutture. Ricerca condivisa perché esito dinamico di una continua contrattazione e mediazione fra bambini e adulti e infine ricerca impegnativa.

Quindi una ricerca, meglio un lavoro condotto dai bambini o da soli o con i compagni o con le educatrici attraverso un continuo colloquio e scambio di opinioni e suggerimenti; opinioni e suggerimenti riportati e ricollocati, costantemente e parallelamente.

Il visibile e il concreto, nel caso dei laboratori d’arte e non solo, si riferiscono alla possibilità dei bambini di produrre dei manufatti che siano carichi dei loro stessi mondi interni.

I laboratori sono stati un grande e lungo itinerario di scoperta, di incastri, di correlazioni, di collegamenti, di abbinamenti, di ricollocazioni e viceversa di rotture, di lacerazioni, di separazioni e di distruzioni di materiali fra loro diversi e/o affini trattati con strumenti vari per vedere come rispondevano e che cosa potevano divenire.

Le domande dei bambini: Ma che cos’è questo? Cosa posso fare? Ci provo? Da dove comincio?

Gli insegnanti non cercavano di ottenere qualcosa di carino, conformando il bambino a produrre il lavoretto, o lasciandolo a una fantomatica libertà di espressione.

L’ascolto dell’adulto è lì pronto anche a far transitare il piacere del bambino verso … il portar fuori. Si tratta di uno stare accanto che permette un andar oltre.

Il provare e il riprovare. Non si è cercata la perfezione e la levigatezza del prodotto, ma si è chiesta ai bambini la compiutezza e la determinazione a portar fuori.

All’interno di questa cornice assume rilevanza educativa non solo e non tanto quello che si è prodotto e costruito quanto il percorso, il processo per il quale si avviene all’opera, attraverso cui si costruisce una struttura di senso e di significato, per il gusto di entrare in contatto con qualcosa, per il puro gusto di darsi e dare piacere per aver portato qualcosa fuori.

Argilla e anche altro Conoscenza dell’argille, osservazione delle sue qualità, giochi di trasformazione dell’argilla, invenzione di storie. Sperimentazioni di impronte: con le dita, le mani, con strumenti e oggetti vari. Esplorazione, confronto e mescolanza fra le diverse polveri (argille, farina, gesso…).

Argilla e anche altro Produzione di calchi di gesso. Creazioni di superfici lisce e ruvide di diversa tessitura. Osservazione e “studio” del Parco Trotter per ricostruire un angolo.