La Critica del Giudizio Immanuel Kant La Critica del Giudizio
Il dualismo kantiano Con le due prime critiche Kant ha istituito un dualismo tra fenomeno e noumeno, tra mondo naturale, retto dalla causalità necessaria e mondo morale, caratterizzato dalla libertà
Cittadino di due mondi L’uomo abita sia il mondo fenomenico (è un essere sensibile) sia quello noumenico (come soggetto morale). Come gli è possibile realizzare le sue finalità etiche (secondo la legge morale), nel mondo sensibile se la natura è estranea a questa finalità? Cosa garantisce che il mondo naturale non contrasti quello morale?
Oltre il dissidio L’accordo tra i due mondi non è oggetto di conoscenza, ma può essere colto attraverso una ulteriore facoltà (oltre all’intelletto conoscitivo e alla ragione pratica) che chiama “facoltà del giudizio” ma che potrebbe anche essere detta “gusto”,“sentimento”.
Critica del Giudizio L’opera del 1790 esamina proprio questa Urtheilskraft (= “facoltà del giudizio”), che i traduttori italiani rendono semplicemente con “Giudizio” (con la maiuscola)
Il giudizio determinante Il Giudizio (la facoltà) si esprime attraverso uno specifico tipo di giudizio, riflettente, che va distinto da quello conoscitivo, proprio dell’intelletto, chiamato determinante. Il giudizio determinante sussume un particolare a un universale già dato (categoria) e mediante esso determina il particolare (cf. la Critica della ragion pura)
Il giudizio riflettente… …“riflette” sugli oggetti già determinati dall’intelletto allo scopo di trovare una corrispondenza universale (armonia, accordo, finalità) tra l’oggetto e il soggetto. In esso, dice Kant, l’ “universale non è già dato”, infatti la finalità non è una categoria, non appartiene all’ambito teoretico.
Estetici e teleologici Esistono due tipi di giudizio riflettente: Il giudizio estetico, con il quale valutiamo la bellezza (finalità “soggettiva”, immediata) Il giudizio teleologico con il quale valutiamo l’ordinamento della natura (finalità “oggettiva”, mediata dal concetto di fine). La finalità resta però sempre soggettiva, in quanto esigenza del soggetto e non carattere dell’oggetto.
Il giudizio estetico
Che cos’è la bellezza? Bello è ciò che piace, senza concetto: senza interesse (non legato al guadagno, all’utile, al bene, ecc.); in modo universale e necessario (il piacere estetico, legato alla forma, non va confuso con il piacevole legato al sensibile); e che percepiamo oggetto di una finalità senza scopo (il bello appare ordinato, finalizzato, senza che possiamo concepirne lo scopo).
Estetica “copernicana” La bellezza non è un carattere universale perché oggettivo, proprio delle cose belle (come pensavano gli antichi) ma non ha però un valore soggettivo individuale (relativismo estetico) nasce dall’incontro delle caratteristiche dell’oggetto con le facoltà del soggetto (che sono le stesse per tutti gli uomini).
“Per ciò che riguarda il piacevole, ognuno riconosce che il giudizio che egli fonda su di un sentimento particolare […] non ha valore se non per la sua persona [« Mi piace »]. Per il bello, la cosa del tutto diversa […] Quando egli dà per bella una casa, prentende dagli altri lo stesso parere; non giudica solo per sé, ma per tutti [« E’ bella »]. Critica del Giudizio
Il sublime E’ un particolare sentimento estetico che nasce di fronte a ciò che è infinitamente grande (“sublime matematico”) o potente (“sublime dinamico”) . A differenza del bello: non ha forma determinata e piace in modo “negativo”: attrae e respinge (il bello è oggetto di contemplazione, il sublime suscita commozione).
William Turner, Tempesta di neve, battello a vapore al largo di Harbour's Mouth (1842)
Significato del sublime L’infinito suscita il senso della nostra piccolezza nel mondo naturale ma anche quello della nostra grandezza di soggetti razionali (in quanto concepiamo le idee) e morali (in quanto liberi). E’ indice dell’armonia tra natura e mondo etico della ragione: il primo può diventare simbolo del secondo.
Il giudizio teleologico
Il mondo è per l’uomo Per Kant la visione scientifica del natura è quella meccanicistica, tuttavia in virtù del giudizio teleologico l’avvertiamo ordinata secondo cause finali. Ad esempio: sappiamo che vediamo perché abbiamo gli occhi, però sentiamo di avere gli occhi per vedere. E lo scopo ultimo che percepiamo nella natura è l’uomo e la realizzazione della legge morale.