La fruizione e la valorizzazione dei beni culturali Al Titolo II della parte seconda del Codice vengono normate la fruizione e la valorizzazione dei beni culturali, che sono introdotte da principi generali già codificate nel T.U. n. 490/1999.
Art. 101 – Istituti e luoghi della cultura Sono istituti e luoghi della cultura i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali che vengono di seguito definiti:
il museo è una struttura permanente che acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone i beni culturali per finalità di educazione e di studio
la biblioteca è una struttura permanente che raccoglie, cataloga e conserva un insieme organizzato di libri, materiali e informazioni, comunque editi o pubblicati su qualunque supporto, e ne assicura la consultazione al fine di promuovere la lettura e lo studio
l’archivio è una struttura permanente che raccoglie, inventaria e conserva documenti originali di interesse storico e ne assicura la consultazione per finalità di studio e di ricerca
l’area archeologica è un sito caratterizzato dalla presenza di resti di natura fossile, o di manufatti o strutture preistorici o di età antica
il parco archeologico è un ambito territoriale caratterizzato da importanti evidenze archeologiche o dalla compresenza di valori storici, paesaggistici o ambientali, attrezzato come museo all’aperto
il complesso monumentale è un insieme formato da una pluralità di fabbricati edificati anche in epoche diverse, che con il tempo hanno acquisito – come insieme – una autonoma rilevanza artistica, storica o etnoantropologica
Nel comma successivo viene determinato l’uso che deve essere attribuito agli istituti e ai luoghi di cultura. Il regime giuridico dell’uso si modifica in base alla natura del soggetto proprietario della struttura. Nel caso di appartenenza pubblica, l’uso deve comportare la fruizione pubblica e quindi il servizio espletato deve essere pubblico. Se il bene è di proprietà privata, l’apertura al pubblico si configura come un servizio privato di utilità sociale.
Art. 102 Nel rispetto dei principi fondamentali fissati nel Codice, la legislazione regionale disciplina la fruizione dei beni presenti negli istituti e nei luoghi di cultura non appartenenti allo Stato o dei quali lo Stato abbia trasferito la disponibilità sulla base della normativa vigente. Il comma 4 dell’art. 102 prevede che il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali, nell’ambito della procedura di valorizzazione, definiscano accordi al fine di coordinare e integrare la fruizione degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica.
Il comma 5 stabilisce che il Ministero possa trasferire alle regioni ed agli altri enti pubblici territoriali, in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, la disponibilità di istituti e luoghi della cultura al fine di assicurare un’adeguata fruizione e valorizzazione dei beni.
Art. 103 L’accesso agli istituti ed ai luoghi della cultura può essere gratuito o a pagamento. L’accesso a tali istituti è regolato da una serie di indicazioni contenute nell’art. 103. Ad eccezione delle biblioteche e degli archivi dove l’ingresso è gratuito, in quanto collegato alle finalità istituzionali della ricerca e dello studio, l’ingresso in altri luoghi o istituti è a pagamento.
Nei casi di accesso a pagamento il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali determinano: i casi di ingresso gratuito o di libero accesso le categorie di biglietti e i criteri per la determinazione del relativo prezzo le modalità di emissione, distribuzione e vendita del biglietto d’ingresso e di riscossione del corrispettivo, anche mediante convenzioni con soggetti pubblici e privati. Per la gestione dei biglietti d’ingresso possono essere impiegate nuove tecnologie informatiche, con possibilità di prevendita e vendita presso terzi convenzionati.
L’eventuale percentuale dei proventi dei biglietti da assegnare all’Ente nazionale di assistenza e previdenza per i pittori, scultori, musicisti, scrittori ed autori drammatici
Presso il Ministero esiste a livello regionale il Comitato per i servizi di biglietteria che opera presso la Direzione regionale, esso - che è costituito dai direttori degli uffici periferici (soprintendenze e musei) all’interno della regione - ha funzioni propositive e consultive in materia di gestione dei servizi di biglietteria.
Il Comitato è presieduto dal direttore regionale Il Comitato è presieduto dal direttore regionale. Tra i suoi compiti vi è anche quello dell’adozione del parere necessario nel caso di riduzione o di agevolazione di ingresso in occasione di particolari manifestazioni o di eventi che coinvolgono i luoghi della cultura di proprietà statale, es. Settimana della Cultura, Festa di San Valentino, Festa della donna, Festa della musica, Giornate europee del patrimonio.
Il direttore regionale stabilisce inoltre l’importo per il biglietto unico che consente l’accesso ad un solo dei luoghi indicati su proposta del capo ufficio, sentito il Comitato regionale. Decide anche il merito al biglietto cumulativo che consente l’accesso a più luoghi su proposta congiunta dei capi ufficio.
In caso di luoghi statali e non statali la definizione è diretta nell’ambito di accordi di fruizione o di valorizzazione, oppure in alternativa con apposito accordo tra il direttore regionale, i rappresentanti della regione e degli enti pubblici territoriali interessati, nonché i soggetti privati eventualmente coinvolti. In questo caso il direttore regionale stipula l’accordo previo parere del Comitato regionale per i servizi di biglietteria.
L’art. 2 del D.M. 222/2005 spiega le modalità di gestione dei servizi di biglietteria, i quali possono essere affidati in concessione a soggetti pubblici o privati secondo le vigenti disposizioni di appalti pubblici e servizi. L’affidamento in concessione di tali servizi deve essere definito da apposite convenzioni.
Queste dovranno stabilire il versamento da parte del concessionario di una parte degli incassi ricavati dalla vendita dei biglietti (non inferiore al 70% degli incassi), mentre il compenso spettante al concessionario non potrà essere superiore 30%.
Viene fissato anche il termine per il versamento degli incassi alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato territorialmente competente a cadenza non superiore a trenta giorni, con la previsione di una penale del 10% dell’importo da versare in caso di ritardo. Resta in capo al Ministero un generale esercizio di controllo dell’attività dei concessionari anche mediante verifiche e ispezioni.
Con altro decreto ministeriale si è provveduto ad individuare una serie di soggetti a cui è consentito l’ingresso gratuito agli istituti e luoghi di cultura. Tra i i soggetti a cui è consentito l’ingresso gratuito oltre alle guide turistiche ci sono:
- gli interpreti turistici dell’Unione europea - il personale del Mibac -i membri dell’ICOM (International Council of Museums) - i cittadini dell’Unione europea che non abbiano compiuto i 18 anni oppure che abbiano superato i 65 anni
- i docenti e gli studenti iscritti alle facoltà di architettura, di conservazione dei beni culturali, di scienze della formazione e i corsi di laurea in lettere con indirizzo archeologico o storico-artistico - i docenti e gli studenti iscritti alle accademie di belle arti
- i cittadini dell’Unione europea portatori di handicap ad un loro familiare a ad altro accompagnatore che dimostri la propria appartenenza a servizi di assistenza socio-sanitaria - gli operatori di associazioni di volontariato che svolgano – in base a convenzioni stipulate con il Mibac ai sensi dell’art 112 del Codice, attività di promozione e diffusione della conoscenza dei beni culturali.
Viene inoltre autorizzato il libero ingresso quando gli introiti derivanti dalla vendita dei biglietti siano inferiori alle spese di riscossione.
Art. 104 – Fruizione dei beni culturali di proprietà privata L’art Art. 104 – Fruizione dei beni culturali di proprietà privata L’art. 104 del Codice indica le diverse tipologie di beni di appartenenza a privati che possono essere assoggettati a visita per scopi culturali:
- i beni immobili indicati all’art - i beni immobili indicati all’art. 10 comma 3 lettere a) e d) che rivestono interesse eccezionale - le collezioni dichiarate di interesse ai sensi dell’art. 13 del Codice (cioè quelle che per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali rivestono come complesso un eccezionale interesse storico o artistico)
L’interesse eccezionale degli immobili è dichiarato con atto del Ministero, sentito il proprietario. Le modalità di visita sono concordate tra il proprietario e il soprintendente, che ne dà comunicazione al Comune e alla città metropolitana nel territorio in cui si trova il bene.
Il T.U. stabiliva che in caso di mancato accordo con il proprietario il Ministero poteva procedere unilateralmente, questa norma è stata soppressa perché ritenuta eccessivamente lesiva della proprietà privata.
Il comma 4 rende salvi gli effetti derivanti dalle convenzioni concluse in merito all’apertura al pubblico degli immobili oggetto di interventi conservativi e che configurano un obbligo di accessibilità a favore del pubblico in collegamento con la concessione dei contributi.
L’art. 105 stabilisce che il Mibac e le regioni vigilano – nell’ambito delle rispettive competenze – affinché siano rispettati i diritti di uso e godimento che il pubblico abbia acquisito sulle cose e sui beni culturali.
Sezione II - L’uso dei beni culturali La sezione II disciplina l’uso dei beni culturali, che è quello individuale e pertanto differente dal pubblico godimento. L’art. 106 stabilisce che lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono concedere l’uso dei beni culturali che abbiano in consegna per finalità compatibili con la loro destinazione culturale a singoli richiedenti.
La competenza sulla concessione d’uso è del direttore regionale che a sua volta la delega ai soprintendenti di settore. Per i beni in consegna al Ministero il soprintendente determina il canone dovuto e adotta il relativo provvedimento.
Per i beni in consegna ad altri enti la concessione in uso è subordinata all’autorizzazione del Ministero, che viene rilasciata a condizione che il conferimento garantisca la conservazione e la fruizione pubblica del bene e che sia assicurata la compatibilità della destinazione d’uso con il carattere storico-artistico del bene medesimo. Con l’autorizzazione possono essere dettate prescrizioni per la migliore conservazione del bene.
Art. 107 – Uso strumentale e precario e riproduzione di beni culturali Il Mibac, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono consentire la riproduzione e l’uso strumentale e precario dei beni culturali che hanno in consegna, a condizione che ci sia l’autorizzazione del Mibac e che siano garantite le norme sul diritto d’autore.
E’ vietata la riproduzione di beni culturali che consista nel trarre calchi per contatto dagli originali di sculture e di opere a rilievo di qualunque materiale tali beni siano fatti. Tale riproduzione è consentita solo in via eccezionale e nel rispetto delle modalità stabilite con apposito decreto ministeriale.
Sono invece consentiti previa autorizzazione del soprintendente i calchi da copie degli originali già esistenti, nonché quelli ottenuti con tecniche che escludano il contatto diretto con l’originale.
Art. 108 – Canoni di concessione, corrispettivi di riproduzione, cauzione I canoni di concessione e i corrispettivi connessi alle riproduzioni di beni culturali sono determinati dall’autorità che ha in consegna i beni tenendo anche conto: - del carattere delle attività cui si riferiscono le concessioni d’uso
- dei mezzi e delle modalità di esecuzione delle riproduzioni - del tipo e del tempo di utilizzazione degli spazi e dei beni - dell’uso e della destinazione delle riproduzioni nonché dei benefici economici che ne derivano al richiedente
I canoni e i corrispettivi sono corrisposti di regola in via anticipata. Nessun canone è dovuto per le riproduzioni richieste da privati per uso personale o per motivi di studio, ovvero da soggetti pubblici per finalità di valorizzazione. I richiedenti sono comunque tenuti al rimborso delle spese sostenute dall’amministrazione concedente.
Nel caso che dall’attività di concessione possa derivare un pregiudizio ai beni culturali, l’autorità che ha in consegna i beni determina l’importo della cauzione costituita anche mediante fideiussione bancaria e assicurativa. Per gli stessi motivi la cauzione è dovuta anche nei casi di esenzione dal pagamento dei canoni e corrispettivi.
La cauzione viene restituita quando sia accertato che i beni in concessione non hanno subito danni e le spese sono state rimborsate.
L’art. 109 riguarda la riproduzione di beni culturali per fini di raccolta e catalogo di immagini fotografiche e di riprese in genere. In questo caso nel provvedimento di concessione deve essere prescritto il deposito del doppio originale di ogni ripresa e/o fotografia e la restituzione dopo l’uso del fotocolor originale.
Nel caso che la gestione del bene culturale sia direttamente svolta dalle amministrazioni, l’art. 110 del Codice individua e disciplina l’incasso e il riparto dei proventi (da biglietti di ingresso e canoni di concessione). Il comma 4 pone un interessante vincolo di destinazione degli incassi percepiti da soggetti pubblici diversi dallo Stato verso forme di incremento e valorizzazione del patrimonio culturale.
Per i beni di proprietà dello Stato o in consegna allo Stato il vincolo è per i proventi della biglietteria: le somme devono essere utilizzate per la sicurezza di istituti e luoghi di cultura, ma anche per l’espropriazione e per la prelazione.
La valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica Il capo II del titolo II riguarda i principi della valorizzazione dei beni culturali e si apre con una norma fondamentale che circoscrive i contenuti dell’attività di valorizzazione. Ai sensi dell’art. 111 secondo comma la valorizzazione potrà essere ad iniziativa pubblica o privata.
Ciò significa che non è un compito esclusivamente riservato ai soggetti pubblici. Il comma successivo il terzo indica quali siano le caratteristiche che debba possedere l’attività di valorizzazione ad iniziativa pubblica che dovrà conformarsi ai principi di derivazione comunitaria di libertà di partecipazione, pluralità di soggetti, continuità di esercizio, parità di trattamento, economicità e trasparenza della gestione.
Nel caso in cui la valorizzazione sia ad iniziativa privata costituisce attività socialmente utile e presenta finalità di solidarietà sociale. L’articolo 112 è frutto dell’integrazione del 2006 con D.Lgs. n. 156. In esso si riserva allo Stato la normazione sulla valorizzazione dei beni presenti nei luoghi di cultura e negli istituti appartenenti ad esso, mentre per quelli non appartenenti allo Stato la disposizione attribuisce espressamente alla legislazione regionale la disciplina delle funzioni e dell’attività di valorizzazione di tali beni.
Il comma 4 dell’art. 112 prevede che lo Stato, le regioni e gli altri enti territoriali possano stipulare accordi – anche su base subregionale – per stabilire le strategie e gli obiettivi comuni della valorizzazione. Gli accordi possono riguardare anche beni di proprietà privata previo consenso degli interessati.
Lo Stato conclude gli accordi per il tramite del Mibac che può operare direttamente o di intesa con le altre amministrazioni statali eventualmente competenti. Lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono costituire appositi soggetti giuridici cui affidare l’elaborazione e lo sviluppo dei piani strategici di sviluppo culturale.
Con decreto del Mibac saranno definiti le modalità e i criteri in base ai quali saranno costituiti i soggetti giuridici a cui possono partecipare sia privati proprietari di beni culturali suscettibili di essere oggetto di valorizzazione, sia persone giuridiche private senza fini di lucro, anche quando non dispongano di beni culturali che siano oggetto di valorizzazione, purché l’intervento in tali attività sia per esse previsto dallo statuto.
Infine il comma 9 dell’art Infine il comma 9 dell’art. 112 prevede la possibilità di dar luogo a specifiche forme di accordo tra Stato, tramite il Mibac, e altre amministrazioni statali eventualmente competenti, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali e i privati interessati. Con tali accordi possono anche essere costituite forme consortili non imprenditoriali per la gestione di uffici comuni.
La valorizzazione dei beni culturali di proprietà privata L’art La valorizzazione dei beni culturali di proprietà privata L’art. 113 del Codice affronta il tema della valorizzazione dei beni culturali di proprietà privata. Il primo comma prevede che le attività e le strutture di valorizzazione ad iniziativa privata dei beni culturali di proprietà privata possano beneficiare del sostegno pubblico da parte dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali.
Il criterio che verrà adottato per stabilire la misura del sostegno pubblico nei confronti dell’attività di valorizzazione privata sarà offerto dalla rilevanza del bene culturale. La determinazione della misura di sostegno costituisce momento di incontro e di accordo tra soggetto pubblico e proprietario del bene.
L’art. 114 precisa che il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali anche con il concorso delle università fissano i livelli minimi uniformi di qualità delle attività di valorizzazione su beni di pertinenza pubblica e ne curano l’aggiornamento periodico
Forme di gestione Il primo comma dell’art Forme di gestione Il primo comma dell’art. 115 individua con chiarezza le due possibili forme di gestione dell’attività di valorizzazione dei beni di appartenenza pubblica, che potrà essere diretta o indiretta. La gestione diretta è svolta per mezzo di strutture organizzative interne alle amministrazioni, dotate di adeguata autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile e provviste di idoneo personale tecnico.
La gestione indiretta è attuata tramite concessione a terzi delle attività di valorizzazione da parte delle amministrazioni a cui i beni appartengono. Lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali ricorrono alla gestione indiretta al fine di assicurare un miglior livello di valorizzazione dei beni culturali.
La scelta tra le due forme viene attuata mediante valutazione comparativa della sostenibilità economico-finanziaria e dell’efficacia sulla base degli obiettivi. Le amministrazioni o i soggetti giuridici costituiti regolano i rapporti con i concessionari delle attività di valorizzazione mediante contratto di servizio, nel quale devono essere definiti i contenuti del progetto e i relativi tempi di attuazione, nonché i livelli qualitativi delle attività e dei servizi e le professionalità degli addetti.
Nel contratto di servizio devono essere anche indicati i servizi essenziali che devono comunque essere garantiti per la pubblica fruizione del bene. L’eventuale grave inadempimento da parte del concessionario degli obblighi derivanti dal contratto di servizio determina la risoluzione del rapporto, con la cessazione – senza indennizzo – degli effetti del conferimento in uso dei beni.
I servizi aggiuntivi L’art. 117 trova la propria origine nella legge n I servizi aggiuntivi L’art. 117 trova la propria origine nella legge n. 4/1993 la cosiddetta legge Ronchey. Il principio che ne era alla base prevedeva l’affidamento ai privati dei servizi aggiuntivi offerti al pubblico a pagamento. L’articolo precisa che presso gli istituti e i luoghi di cultura possono essere istituiti servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico.
Nel secondo comma sono elencati i seguenti servizi: - il servizio editoriale e di vendita (cataloghi, audiovisivi e informatici e riproduzioni di beni culturali - i servizi riguardanti i beni librari e archivistici per la fornitura di riproduzioni e il recapito del prestito bibliotecario - la gestione di raccolte discografiche e biblioteche museali - la gestione dei punti vendita - i servizi di accoglienza - i servizi di caffetteria e guardaroba - l’organizzazione di mostre e manifestazioni culturali