dott.a Rosaria Campanella dott. Roberto Iannucci

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Transcript della presentazione:

dott.a Rosaria Campanella dott. Roberto Iannucci Il Volontario dott.a Rosaria Campanella dott. Roberto Iannucci

Attività all’interno degli istituti La realtà in cui si trova ad operare attualmente il volontariato è complessa e difficile: in un contesto, come quello carcerario, dove la quotidianità è troppo spesso pesante da vivere e da gestire, la presenza dei volontari è, in taluni casi, mal supportata dall'istituzione carceraria, che vede nel volontario una “minaccia” all'ordine interno, sottovalutando totalmente gli apporti positivi che, invece, tale presenza potrebbe offrire nel difficile percorso della risocializzazione del detenuto.

lentezza del passaggio del tempo La inutilizzazione e la staticità dello stesso costituiscono per molti reclusi una pena aggiuntiva alla carcerazione: ecco perché assumono grande importanza, oltre agli aiuti psicologici e morali ai detenuti, anche le iniziative che affrontano il quotidiano dei detenuti offerte dai volontari, quali: l'espletamento di pratiche burocratiche, il reperimento di indumenti, sigarette e libri.

Per il volontario il carcere costituisce il contesto operativo specifico in quanto, di per sé richiama un insieme di inquietudini ed angosce, che è opportuno rimuovere perché sono fonte di turbamento, ansia e rifiuto.

l'attività di volontariato all'interno degli istituti penitenziari è una delle forme in cui si realizza l'affermazione di principio che "il carcere non è luogo di espiazione solitaria e punizione ma il luogo dove inizia il processo di risocializzazione dei condannati. Questo inizio di processo richiede necessariamente la partecipazione della comunità esterna". L'ingresso dei volontari negli istituti penitenziari garantisce che questa partecipazione avvenga in maniera diretta e che si strutturi a partire dalle concrete esigenze delle persone detenute.

Inoltre, la semplice presenza dei volontari negli istituti costituisce, soprattutto in alcune situazioni, un "argine" rispetto a possibili violazioni dei diritti fondamentali e a comportamenti arbitrari, non conformi alla legge posti talvolta in essere dalla stessa istituzione carceraria. Il volontariato, per il solo fatto di essere, almeno in parte, testimone (diretto o indiretto) di ciò che accade all'interno del carcere, esercita infatti un'azione di controllo e contenimento di eventuali soprusi e prevaricazioni compiuti dall'istituzione stessa. Per questo motivo, e perché in generale l'intervento dei volontari può arrecare disturbo alle regole spesso rigide di organizzazione interna, accade talvolta, che sorgano problemi di rapporto con gli agenti di polizia penitenziaria. Alcuni problemi possono nascere anche con il personale civile e con la direzione, i quali, in certi casi avvertono l'intervento del volontario come un'intromissione indebita nel loro lavoro.

È opportuno rilevare che la loro opera all'interno degli istituti penitenziari richiede, per essere efficace, la capacità di stabilire rapporti corretti, di collaborazione con tutto il personale. I volontari chiedono infatti di lavorare in carcere non in sostituzione agli operatori professionali, ma con gli operatori a tutti i livelli, nella chiarezza delle attribuzioni e delle competenze, per contribuire alla risocializzazione dei detenuti e al rallentamento della tensione interna. Per quanto riguarda invece la possibilità dei volontari di instaurare una relazione positiva con i detenuti, è necessario garantire una presenza costante, attenta e rispettosa, ma allo stesso tempo stabilire con chiarezza i limiti del proprio coinvolgimento e del proprio impegno, per evitare la creazione di aspettative che non possono essere soddisfatte.

dimensioni dell'istituto, tipo di detenzione, regolamento interno, Il lavoro del volontariato, all'interno del carcere, è estremamente variegato e differenziato. Questa multiformità dipende innanzitutto dalle impostazioni e dagli orientamenti dei singoli e delle diverse associazioni che lavorano negli istituti di pena. In secondo luogo, è causata, come è ovvio, dalle caratteristiche specifiche delle realtà con le quali entra in contatto. Le variabili da considerare a questo proposito sono molte: dimensioni dell'istituto, tipo di detenzione, regolamento interno, possibilità di stabilire rapporti di collaborazione con la direzione e gli operatori penitenziari.

A seconda della situazione in cui opera, il volontario si troverà ad affrontare problemi diversi e potrà adattare il proprio intervento in maniera adeguata al contesto e alle necessità che si presentano di volta in volta. Al fine di descrivere adeguatamente le diverse forme di intervento del volontariato negli istituti penitenziari, è opportuno distinguere tra: attività svolte con i singoli detenuti attività che invece coinvolgono più persone.

È fondamentale instaurare con il detenuto un clima di fiducia e di stima che possa favorire l'apertura e il dialogo, rendendo possibile, a poco a poco, lo scambio reciproco, in un rapporto di “amicizia” che contenga le distanza e le differenza tra le persone, pur non annullandole. Per molti detenuti l'incontro con il volontario rappresenta la prima opportunità di vivere una relazione significativa, che consente di prendere coscienza della propria dignità.

Occorre quindi, da parte del volontario, un atteggiamento di grande rispetto, che accolga la persona detenuta nella sua globalità, ma senza suscitare attese o false speranze che non si potrebbero poi soddisfare. È necessario che il volontario abbia consapevolezza delle proprie motivazioni, delle proprie capacità, dei propri limiti e dei condizionamenti che inevitabilmente gli pone l'istituzione carceraria: per questo è opportuno che agisca con prudenza ed equilibrio, ma, allo stesso tempo, con decisione e chiarezza di obiettivi, nella fedeltà ad un impegno assunto liberamente e gratuitamente.

In una realtà conflittuale e carica di tensioni, come quella carceraria, dove le esigenze di ordine e di sicurezza rischiano di annullare quelle della persona, il colloquio con il volontario, oltre ad offrire un momento di sfogo e liberazione, deve diventare un momento propositivo e creativo: stimolare il detenuto a riscoprire le proprie risorse, sorprendendosi continuamente delle proprie potenzialità. Nello scambio reciproco, nella condivisione dei problemi e nella ricerca comune di possibili soluzioni, volontario e detenuto sperimentano insieme percorsi e progetti alternativi a quelli "segreganti" imposti dall'istituzione carceraria, che tengano conto

dell'individualità della persona, nel pieno rispetto del proprio vissuto e delle proprie attese oltre al sostegno morale, anche quello materiale, consistente soprattutto nel procurare, ai detenuti più poveri, soldi, indumenti e oggetti di prima necessità. Inoltre "il servizio di ascolto" può avvalersi talvolta di consulenti legali, il cui apporto è fondamentale il contesto in cui avviene il colloquio, e in generale l'incontro tra detenuto e volontario, è importantissimo: il luogo deve essere accogliente e deve garantire la discrezione per favorire l'apertura e il dialogo. La continuità del contatto è indispensabile per assicurare la nascita di una relazione che avvii un processo di verifica e di crescita interiore che coinvolga entrambi.

In una realtà conflittuale e carica di tensioni, come quella carceraria, dove le esigenze di ordine e di sicurezza rischiano di annullare quelle della persona, il colloquio con il volontario, oltre ad offrire un momento di sfogo e liberazione, deve diventare un momento propositivo e creativo e stimolare il detenuto a riscoprire le proprie risorse, sorprendendosi continuamente delle proprie potenzialità. Nello scambio reciproco, nella condivisione dei problemi e nella ricerca comune di possibili soluzioni, volontario e detenuto sperimentano insieme percorsi e progetti alternativi a quelli "segreganti" imposti dall'istituzione carceraria, che tengano conto dell'individualità della persona, nel pieno rispetto del proprio vissuto e delle proprie attese

oltre al sostegno morale, anche quello materiale, consistente soprattutto nel procurare, ai detenuti più poveri, soldi, indumenti e oggetti di prima necessità. Inoltre "il servizio di ascolto" può avvalersi talvolta di consulenti legali, il cui apporto è fondamentale il contesto in cui avviene il colloquio, e in generale l'incontro tra detenuto e volontario, è importantissimo: il luogo deve essere accogliente e deve garantire la discrezione per favorire l'apertura e il dialogo. La continuità del contatto è indispensabile per assicurare la nascita di una relazione che avvii un processo di verifica e di crescita interiore che coinvolga entrambi.

Attività individuali Il colloquio L'intervento dei volontari consiste in questo caso nello svolgimento di colloqui con i singoli detenuti. La funzione principale di questi momenti di scambio è quella di fornire un sostegno della volontà, spezzando, almeno in parte, quella situazione di isolamento e solitudine in cui il detenuto viene a trovarsi, favorendo il consolidamento o l’avvio di una revisione introspettiva. La capacità di ascoltare, la partecipazione e la condivisione sono le qualità fondamentali del volontario che svolge questa attività di supporto.

Innanzitutto il volontario è dotato di una costante disponibilità all'ascolto e all'accettazione incondizionata dell'altro, attenta al vissuto di ciascuno e ai cambiamenti che si creano continuamente nella persona detenuta. La capacità di riuscire a comprendere ogni persona nella sua diversità e originalità, lo predispone ad "adattarsi" in modo costruttivo all'altro per favorire, nel modo più proficuo possibile, la comunicazione: la capacità di ascoltare anche quello che l'altro non dice, o che non è in grado di dire, lo mette in condizione di conoscere i bisogni più profondi della persona in difficoltà, priva di mezzi

I problemi sollevati dalle persone detenute all'interno del carcere richiedono spesso un impegno all'esterno dell'istituto. L'impegno del volontario, in questo settore, è quindi duplice: da una parte, infatti, il volontario cerca di farsi carico, grazie al lavoro svolto all'interno, delle esigenze e dei bisogni dei detenuti, dall'altra si fa portavoce all'esterno di tali bisogni ed esigenze, stimolando in tal modo la partecipazione attiva della comunità di cui intende essere espressione nel suo impegno accanto al detenuto; sprona infatti le istituzioni, a vari livelli, a superare la logica di interventi meramente assistenziali, affinché vengano realizzate autentiche politiche sociali. Incrementando il dialogo tra carcere e società sarà possibile creare, nell'opinione pubblica, un clima di riconciliazione, superando L'attuale clima di sfiducia e di diffidenza che ostacola, e spesso vanifica, tanti tentativi di rieducazione e reinserimento dei detenuti.

L’ascolto modalità ed orientamenti I detenuti mostrano, per lo più, di gradire l’incontro con le figure esterne, solo raramente rifiutano il colloquio. Alcuni colgono nel colloquio, l’occasione di “ ridefinire “ l’immagine di sé, migliorandone le caratteristiche rispetto a quelle del passato, nell’intento di ripresentarsi al mondo “fuori “ con nuove potenzialità, nuova purezza di vita e di ideali. I colloqui sono centrati soprattutto sull’ascolto, orientamenti di fondo sono: La tensione ad un contatto empatico la non direttiva per quanto riguarda le scelte personali Il rispetto per la diversità e” le tappe evolutive” di ciascuno La considerazione dell’”unicità” di ogni persona La fede nelle personali capacità di recupero e di redenzione di ciascuno

Il disagio: i segnali più evidenti I più immediati segni di disagio possono essere: l’incultura, talvolta l’analfabetismo, diffusi nonostante la possibilità, presente negli istituti di frequentare le scuole elementari e medie. la tossicodipendenza, con le note problematiche, che hanno reso anche difficile, talvolta, la comunicazione: labilità psichica, ambiguità nei comportamenti, tendenza alla menzogna, mancanza di autostima, scarsa volontà, difficoltà di concentrazione, tendenza al vittimismo, fuga di responsabilità, sieropositività. la tendenza alla depressione: scarsa cura di sé, senso di inadeguatezza e di abbandono, pessimismo, rimpianto.

obiettivi:ristrutturare il passato e progettare il futuro puntando sul presente Nei colloqui si deve sempre tenere presente l’obiettivo di persuadere a utilizzare gli errori per meglio comprenderli, per diventare consapevoli e responsabili, cosi da poter progettare un futuro libero e sereno, vissuto nella legalità, nel rispetto di sé e degli altri La detenzione, giusta situazione di pena e di espiazione, è stata progettata anche come occasione di profondo rinnovamento, che può avvenire attraverso la interiorizzazione e la costante riflessione su se stessi, sul proprio vissuto e sui motivi del proprio agire, nella sempre più sicura convinzione che “ cambiare è possibile “. Il periodo di reclusione può diventare, se accettato e rielaborato, occasione per ristrutturare e armonizzare la personalità,al fine di conseguire una maggiore felicità personale, ma utile integrazione sociale e una più gioiosa creatività.

Aspetti e qualità del volontario Ha una visione ampia e tollerante dell’umanità, di cui fa parte; non teme la diversità ( follia,omosessualità, ecc. ). Mostra sensibilità ai problemi sociali, morali, psicologici; crede nella centralità dell’uomo. Ha disponibilità all’ascolto, al confronto, all’autoanalisi; crede nella unicità e nella dignità di ogni persona. Ha raggiunto una certa maturità umana, avendo risolto, per lo più, i propri problemi e le proprie tensioni interiori, evita perciò protagonismi, competitività, aggressività e passività. Ricerca l’autenticità dei rapporti umani,nei quali promuove l’evoluzione e la crescita di se stesso e dell’altro.

Ricerca tenacemente la verità, anche contro le opinioni comuni ed i propri interessi, rigettando utilitarismi, conformismi, gretti o farisaici moralismi,pregiudizi, meschinità, gregarismi. Considera la solidarietà giusta e naturale, non un ” opitional”o un atteggiamento “ eroico “o “ nobilitante “. Rigetta i concetti di beneficenza e di assistenzialismo, spesso lesivi della dignità della persona. Crede nel valore dell’umiltà non intesa di certo come servilismo, ma come accettazione di sé e dei propri limiti e come capacità di mettersi in discussione.