Origini e sviluppo di Roma fino alle riforme dei Gracchi Sintesi rapidissima
Origini storiche IX – VIII secolo Alcune comunità si insediano sui colli che sovrastano il Tevere, più salubri rispetto alle paludi sottostanti, nei pressi dell’isola Tiberina che facilita i commerci fra il mare e l’interno (sale) e fondano la città. 753-509 Periodo monarchico 1 re + cento senatori circa con funzione consultiva. I senatori erano i membri più autorevoli delle gentes cioè gruppi di famiglie che ritenevano di discendere da un antenato comune. I discendenti di questi senatori vennero chiamati patrizi e costituirono un’aristocrazia privilegiata rispetto ai plebei, abitanti esclusi da questa èlite. Roma venne sempre governata da un ristretto numero di famiglie anche quando le istituzioni di democratizzarono. I re sono stati pù di sette; la città in questo periodo si dota di infrastrutture come le strade, il foro, i templi, la cloaca massima e successive cinte di mura.
Struttura sociale e politica Si ricordi l’importanza della clientela, che vanificò, di fatto, la democrazia a Roma o comunque la rese assai manipolabile da parte delle famiglie più abbienti. Le famiglie plebee che riuscirono ad acquistare potere furono quelle che riuscirono ad arricchirsi col commercio o con gli appalti pubblici, gli altri ebbero poche possibilità effettive di accedere alle cariche pubbliche. I cittadini romani partecipavano alle loro assemblee secondo diverse suddivisioni legate all’esercito e al censo; anche italici e stranieri che avevano ottenuto la cittadinanza ebbero il diritto di partecipazione. Le assemblee eleggevano anche alcuni tipi di magistrati.
Struttura sociale e politica Le cariche erano ELETTIVE, COLLEGIALI, TEMPORANEE, GRATUITE E IMPLICAVANO RESPONSABILITA’ DOPO LA SCADENZA DEL MANDATO. Per accedere alle magistrature, quando vennero aperte tutte anche ai plebei, bisognava aver prestato servizio militare, poi, soprattutto se si avevano i soldi per pagare la campagna elettorale e appoggi di personaggi potenti con ampie clientele si accedeva al cursus honorum. Le persone povere, anche se meritevoli, erano quasi sempre escluse perché la campagna elettorale implicava organizzazione di giochi e distribuzioni di beni al popolo, era cioè molto costosa. (riferimenti al presente, in senso lecito e illecito)
I consoli erano due, detenevano l’imperium, cioè il più alto potere civile e militare, convocavano il senato e i comizi, si occupavano della leva militare, guidavano l’esercito ed avevano anche il potere di condannare un cittadino considerato pericoloso a varie pene, compresa la morte. Per controbilanciare questo eccesso di potere, venne concesso l’appello al popolo, (provocatio ad populum) con cui un cittadino condannato dai consoli poteva chiedere al popolo la commutazione della pena.
I diritti dei plebei La plebe ha conquistato con l’andar del tempo i seguenti diritti: 494, dopo la secessione sul Monte Sacro, istituxzione dei Tribuni della plebe e del concilio della plebe le cui deliberazioni ebbero poi forza di legge (287 legge Ortensia). I tribuni, che dovevano essere plebei, proponevasno leggi, avevano il diritto di veto su leggi considerate contrarie agli interessi della plebe, erano considerati sacri e inviolabili e non condannabili da magistrati patrizi (adozioni di patrizi da parte di famiglie plebee) 451-50 Leggi delle XII Tavole severe ma scritte per arginare l’arbitrarietà dei giudici patrizi 445 La Lex Canuleia abolisce il divieto di matrimonio tra patrizi e plebei 367 le leggi Licinie Sestie consentono l’accesso dei plebei al consolato (successivamente uno dei due consoli doveva essere necessariamente plebeo) ma sono importanti anche perché - riducono i debiti - stabiliscono un limite all’agro pubblico* che un cittadino romano poteva detenere (500 iugeri)
Debiti, agro pubblico e altri problemi - I plebei poveri (ma non solo loro) contraevano spesso debiti per poter lavorare le loro terre, frequentemente non riuscivano a restituirli e potevano anche diventare schiavi dei creditori con tutta la loro famiglia, o arrivavano a vendere i figli per pagare i debiti - Gli aristocratici, oltre a possedere grandi proprietà terriere, si accaparravano la maggior parte dell’agro pubblico, cioè della parte di terra sottratta ai popoli sottomessi CON MEZZI ILLEGALI, usano cioè eserciti privati di schiavi che opprimevano i plebei poveri. QUESTO PROBLEMA E’ IMPORTANTISSIMO E AVRA’ UNA RECRUDESCENZA TRAGICA DOPO LE GUERRE PUNICHE (FRATELLI GRACCHI) La schiavitù per debiti venne abolita con la legge Petelia Papiria più o meno nel 326 a. C. Mesopotamia http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-07-15/tagliare-debito-mesopotamia-5000-anni-fa-debitori-diventano-schiavi-174728.shtml?uuid=ACGQs3R&refresh_ce=1 Grecia https://it.wikipedia.org/wiki/Solone#Estinzione_dei_debiti Collegamenti con l’attualità e col debito dei paesi del Terzo Mondo L’Italia e i debiti Piero Angela Ma questo debito viene da dove? Debiti e bolle speculative Pop economy
Schiavitù https://it.wikipedia.org/wiki/Schiavit%C3%B9_nell%27antica_Roma
Conquiste militari Roma si impone: Prima sui popoli vicini del Lazio Poi sugli Etruschi, ex dominatori, sottomettendo varie città come Veio (396) e su popolazioni dell’Italia meridionale come i Sanniti (290 a.C., dai quali però subisce anche una sconfitta come quella delle forche caudine – gola di Caudio presso Benevento). Intanto subisce l’invasione dei Galli Senoni (390), popolazioni celtiche che diventeranno nemici stabili e pericolosi, contro le quali si estesero le conquiste nella pianura Padana e si batterono con successo Caio Mario e Giulio Cesare (2°, 1° secolo a.C.) Successivamente sconfigge Pirro, re dell’Epiro (275) che aveva invaso l’Italia meridionale a partire dalla Puglia coi suoi elefanti (i romani li vedono per la prima volta) (vittoria di Pirro) Infine su Cartagine a seguito delle tre guerre puniche (imperialismo romano) (vedi sotto), estendendo il suo dominio su Sicilia, Sardegna, Africa, Spagna e Grecia.
L’organizzazione del territorio Municipium: alcuni centri urbani sottomessi mantennero autonomia amministrativa, alcuni ebbero addirittura la cittadinanza con possibilità di votare e vennero iscritti nelle tribù extraurbane Colonie cioè insediamenti nuovi con diritto latino (i coloni non avevano la cittadinanza romana) o con diritto romano (i coloni avevano la cittadinanza romana) Città federate alla pari con Roma oppure in condizioni di subordinazione. Province (territori extraitaliani occupati più tardi) territori dominati e controllati da un governatore romano in condizioni di netta inferiorità, senza diritti e sottoposte a pesante tassazione)
L’organizzazione del territorio Il sistema funzionò e aiutò validamente Roma a difendersi da Annibale perché era vantaggioso anche per i sottomessi, garantendo loro alcuni importanti diritti o la possibilità di acquisirli. Quando però i Romani iniziarono a comportarsi in modo sleale e predatorio, violando i diritti dei popoli italici, si scatenò la GUERRA SOCIALE, al termine della quale gli alleati italici (socii)
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_sociale Benché Gaio Mario e Gneo Pompeo Strabone avessero riportato alcune vittorie sui ribelli, nel 90 a.C. il console Lucio Giulio Cesare decise di promulgare la Lex Iulia, con la quale si concedeva la cittadinanza agli italici che non si erano ribellati e a quelli che avrebbero deposto le armi. Seguì nell'89 a.C. la Lex Plautia Papiria che concedeva il diritto di cittadinanza romana a tutti gli italici a sud del Po. Il risultato fu di dividere i rivoltosi: gran parte deposero le armi, mentre altri continuarono a resistere….. Tuttavia, lo scopo che gli Italici si erano proposti era stato raggiunto: essi potevano divenire a pieno titolo cittadini romani. Con la concessione della cittadinanza, l'Italia peninsulare divenne ager romanus. Il territorio venne riorganizzato col sistema dei municipia e nelle comunità italiche venne avviato un grande processo di urbanizzazione che si sviluppò lungo tutto il I secolo a.C., poiché l'esercizio dei diritti civici richiedeva specifiche strutture urbane (foro, tempio della triade capitolina, luogo di riunione per il senato locale). Tuttavia la cittadinanza romana e il diritto a votare erano limitate, come sempre nel mondo antico, dall'obbligo della presenza fisica nel giorno di voto. E per la gente di città lontane, in particolare per le classi meno abbienti, non era certo facile recarsi a Roma per votare nelle assemblee popolari. Così talvolta i candidati pagavano parte delle spese del viaggio per permettere ai loro sostenitori di partecipare al voto. Di fatto, comunque, a beneficiare della cittadinanza furono soprattutto le "borghesie" italiche, che conquistarono anche la possibilità di accedere alle magistrature.
La prima guerra punica riduzione da http://doc. studenti La prima guerra punica (264-241 a.C.) Lo scontro tra Roma e Cartagine si manifestò inizialmente in Sicilia. L’isola era controllata quasi completamente dai cartaginesi, e i Romani volevano estendervi il proprio dominio. L’intervento di Roma venne richiesto da un gruppo di mercenari, i Mamertini che avevano conquistato Messina…. Così nel 264 a.C. iniziò la prima guerra punica chiamata così perché i Romani chiamavano i Cartaginesi Punici. Anche se le prime battaglie dimostrarono la superiorità di Roma sulla terraferma, i… Romani capirono che la battaglia si sarebbe svolta sul mare, così si munì subito di 100 navi da guerra con una novità, il corvo che era una nuova invenzione: un ponte mobile uncinato che veniva abbassato per agganciare la nave nemica per combattere corpo a corpo come se si fosse sulla terraferma. I Romani così sconfissero i Cartaginesi in due battaglie a Milazzo e a Capo Ecnomo. Ora bisognava battere Cartagine nel loro territorio, l’Africa, così venne inviata una spedizione con a capo il console Attilio Regolo che fu sfortunato, dato che perse la battaglia e incontrò la morte, in questo modo le flotte Romane vennero distrutte dalle tempeste. Roma però non si scoraggiò e in pochi anni allestì una grande flotta. Lo scontro decisivo avvenne nel 241 a.C. sulle Isole Egadi. Questa volta la vittoria Romana fu schiacciante e Cartagine fu costretta a pagare un’enorme somma in denaro in dieci anni. Questa sconfitta mise in gravi difficoltà economiche Cartagine, che infatti non riuscì neanche a pagare i mercenari che avevano combattuto per lei e che perciò si ribellarono. I Romani così conquistarono Sardegna e Corsica, ormai Roma era una grande potenza marittima.
La seconda guerra punica La seconda guerra punica (218-202 a.C.) L’espansione cartaginese in Spagna Mentre Roma affrontava i Galli, Cartagine affidò al generale Amilcare il compito di conquistare la Spagna per riprendersi dalla perdita della Sicilia, della Sardegna e della Corsica. Amilcale riuscì a conquistare le zone della Spagna meridionale, così Roma temendo che Cartagine potesse diventare nuovamente una grande potenza, propose il trattato dell’Ebro dal come limite oltre il quale i cartaginesi non potevano più espandersi. Successivamente Cartagine stava assediando Sagunto, che era una città al di sotto del il fiume Ebro, ma che aveva da poco stipulato con Roma un trattato di amicizia, Roma così pretese che Cartagine rinunciasse alla conquista della città. Questa però sarebbe stata un’umiliazione per Cartagine, perciò decise di conquistare la città sterminando tutti i suoi cittadini. La reazione romana non si fece attendere e nel 218 a.C. iniziava la seconda guerra punica. Annibale in Italia Il comando dell’esercito cartaginese nel frattempo era passato al figlio di Amilcale, Annibale che era una generale abile e audace. …Nella primavera 218 a.C. attraversò con il suo esercito e alcune decine di elefanti il fiume Rodano, poi sorpassò le Alpi e giunse nella Pianura Padana, nel viaggio gran parte dell’esercito morì. Tuttavia i romani erano impreparati e furono sconfitti sul Ticino e sulla Trebbia, poi si ritirarono nell’Italia centrale e vennero sconfitti vicino al lago Trasimeno. I romani come d’abitudine nei momenti difficili elessero un dittatore: Quinto Fabio Massimo che non affrontò i cartaginesi, ma si limitò a prendere tempo meritandosi il nome di “temporeggiatore”. Alla fine della dittatura di Fabio, vennero eletti i due consoli: Lucio Emilio Paolo e Marco Terenzio Varrone che nel 216 a.C. decisero di attaccare i Cartaginesi presso Canne in Puglia, questa fu la più grande sconfitta della storia romana. Nei mesi successivi Roma era in condizioni disperate, ma Annibale non decise di non attaccare subito Roma, ma rimase fermo a Capua ad attendere rinforzi dalla Spagna, questa decisione fu fatale per Annibale. Infatti combattere lontano dalla patria era dispendioso, l’esercito di Annibale era allo stremo e Cartagine non aveva energie sufficienti per poter inviare nuovi eserciti.
La riscossa dei Romani Roma si riorganizzava e provvisoriamente vennero arruolate nell’esercito anche le classi sociali a cui ciò non era mai stato permesso, come i nullatenenti e gli schiavi: ai nullatenenti vennero offerte terre da coltivare e agli schiavi la libertà. Roma inoltre per riprendersi economicamente dalla guerra, riassestò le finanze con raccolte di oro, preziosi e altri valori, i grandi proprietari terrieri non si opposero al raddoppio delle tasse da pagare sui loro terreni. I Romani perciò iniziarono con il contrattacco, nel 212 a.C. Siracusa fu conquistata nonostante le invenzioni di Archimede, l’anno seguente anche Capua venne sconfitta e punita severamente per aver ospitato Annibale. Nel 210 a.C. Roma inviò Publio Cornelio Scipione a conquistare i territori cartaginesi in Spagna, i Cartaginesi furono costretti a ritirarsi dalla penisola iberica. Isolato in Italia Annibale chiese aiuto a suo fratello Asdrubale che arrivò in Italia con un esercito, ma venne ucciso dai Romani sul fiume Metauro. Intanto Scipione venne eletto console e decise di cogliere di sorpresa i Cartaginesi, sbarcando in Africa con un grandioso esercito, Annibale così ritornò precipitosamente in patria, ma ormai aveva perso il suo prestigio, la battaglia decisiva si svolse a Zama, non lontano da Cartagine. I Punici vennero sconfitti e dovettero accettare durissime condizioni di pace: Consegna delle navi da guerra a Roma e limitazione della flotta a 10 triremi; Pagamento di un’enorme indennità di guerra; Divieto di fare guerra senza il consenso romano. Ormai Cartagine era completamente sottomessa a Roma.
La riscossa dei Romani Annibale, cercò così di farsi amici i popoli italici presentandosi come un liberatore dall’oppressione Romana, ma solo i Galli, Capua, Siracusa e qualche altro popolo accettarono, gli altri popoli italici rimasero fedeli a Roma, considerando i Cartaginesi più tirannici dei Romani. La riscossa dei Romani Roma si riorganizzava e provvisoriamente vennero arruolate nell’esercito anche le classi sociali a cui ciò non era mai stato permesso, come i nullatenenti e gli schiavi: ai nullatenenti vennero offerte terre da coltivare e agli schiavi la libertà. Roma inoltre per riprendersi economicamente dalla guerra, riassestò le finanze con raccolte di oro, preziosi e altri valori, i grandi proprietari terrieri non si opposero al raddoppio delle tasse da pagare sui loro terreni. I Romani perciò iniziarono con il contrattacco, nel 212 a.C. Siracusa fu conquistata nonostante le invenzioni di Archimede, l’anno seguente anche Capua venne sconfitta e punita severamente per aver ospitato Annibale. Nel 210 a.C. Roma inviò Publio Cornelio Scipione a conquistare i territori cartaginesi in Spagna, i Cartaginesi furono costretti a ritirarsi dalla penisola iberica.
La riscossa dei Romani Isolato in Italia Annibale chiese aiuto a suo fratello Asdrubale che arrivò in Italia con un esercito, ma venne ucciso dai Romani sul fiume Metauro. Intanto Scipione venne eletto console e decise di cogliere di sorpresa i Cartaginesi, sbarcando in Africa con un grandioso esercito, Annibale così ritornò precipitosamente in patria, ma ormai aveva perso il suo prestigio, la battaglia decisiva si svolse a Zama, non lontano da Cartagine. I Punici vennero sconfitti e dovettero accettare durissime condizioni di pace: Consegna delle navi da guerra a Roma e limitazione della flotta a 10 triremi; Pagamento di un’enorme indennità di guerra; Divieto di fare guerra senza il consenso romano. Annibale fuggì meditando vendetta, chiedendo segretamente rifugio a Prusia re di Bitinia, ma i Romani lo scoprirono e costrinsero con le minacce Prusia a consegnarlo. Prusia rispose al senato che fossero i soldati romani ad andarlo a prenderlo, lui non voleva farlo. Quando Annibale vide i soldati romani arrivare, constatata la mancanza di ogni via di scampo, si uccise assumendo il veleno che teneva sempre nel castone del suo anello.
La terza guerra punica La terza guerra punica (149-146 a.C.) Dopo la sconfitta subita nella seconda guerra punica, Cartagine si riprese economicamente, riuscendo a pagare regolarmente Roma secondo le condizioni di pace. La nuova prosperità di Cartagine però spaventava molti Romani, si temeva che l’antica potenza africana potesse tornare a minacciare Roma, così si cercò un pretesto per dichiarare una nuova guerra (Catone il Censore, Delenda est Carthago) . L’occasione venne dalle iniziative espansionistiche di un alleato di Roma che confinava con Cartagine: il regno di Numidia. Il sovrano di questo regno, Massinissa, si era impadronito di alcuni possedimenti punici e i Cartaginesi per difendersi gli dichiararono guerra di propria iniziativa, perché avevano chiesto più volte il permesso al Senato ma i Romani, molto slealmente, non concessero tale autorizzazione e anzi, probabilmente sobillarono nascostamente Massinissa. Così Roma diede un ultimatum ai Cartaginesi: dovevano abbandonare quel territorio, distruggere la loro città e ricostruirla altrove lontano dal mare. I Cartaginesi non accolsero l’ultimatum e così iniziò la terza guerra punica (149-146 a.C.). Cartagine fu assediata per due anni e alla fine venne distrutta da Scipione Emiliano. Cartagine così passò sotto il dominio di Roma e i Cartaginesi superstiti vennero venduti come schiavi. Si dice che sulle rovine venne sparso sale, per indicare che Cartagine non avrebbe mai più potuto essere ricostruita.
Le riforme di Tiberio e Caio Gracco riduzione da http://2hgiarre Le numerose guerre che Roma aveva combattuto senza interruzione avevano causato un grande afflusso di ricchezze dai bottini delle conquiste, ricchezze che però tendevano a concentrarsi nelle mani dei personaggi e delle famiglie che comandavano le operazioni militari e dirigevano la politica estera di Roma. Così questi iniziarono ad acquistare i terreni delle famiglie dei contadini-soldati che, andando in guerra, erano costrette a vendere il proprio campo ai più ricchi anche perché spesso contraevano con loro debiti per ristruttuare i loro fondi che poi non erano in grado di pagare. Molti proprietari terrieri poi ampliarono ulteriormente i loro possessi occupando, oltre i limiti previsti dalle leggi, vaste estensioni di ager publicus, il “terreno di proprietà pubblica”, cioè quello sottratto dai Romani ai popoli vinti, poiché potevano offrire affitti più elevati. A questo punto fu semplice per i più ricchi creare tenute agricole tanto grandi da estendersi su diverse centinaia di ettari, i latifondi, che spesso diventavano vere e proprie aziende agricole in cui erano curate tutte le fasi della produzione e che costituivano una notevole concorrenza per i piccoli proprietari terrieri, tanto da mandarli in crisi. Un’altra mossa attuata dai latifondisti fu l’impiego sui propri immensi appezzamenti di schiavi, disponibili in grande abbondanza dopo le numerose vittorie riportate in guerra, piuttosto che assumere le famiglie contadine come lavoratori. Questo perché, rispetto ai braccianti liberi, gli schiavi non dovevano essere pagati, potevano essere mantenuti in vita con il minimo indispensabile, non dovevano partire per il servizio militare e si accoppiavano tra loro generando altri schiavi. L’impiego crescente degli schiavi non era però esente da rischi: infatti questi potevano giungere a sfogare l’odio lentamente accumulato in rabbiose e temibili rivolte, come quella del 139 a.C. in Sicilia, che si trasformò presto in una vera e propria guerra di schiavi contro Roma (prima guerra servile). I rivoltosi erano riusciti a darsi un’efficace organizzazione eleggendo come proprio capo uno schiavo siriano di nome Euno, che si era proclamato re creando un vero e proprio Stato., ma nel 132 Roma riconquistò la Sicilia ponendo fine a questo “regno degli schiavi”.
Le riforme di Tiberio e Caio Gracco Quando, dopo il 146, l’afflusso di bottino a Roma si ridusse con la conclusione della fase delle conquiste, apparve sempre più evidente che la situazione si faceva insostenibile: diminuiva il numero di cittadini arruolabili, poiché i cittadini che vendevano i loro terreni diventavano nullatenenti ed erano quindi esclusi dall’esercito; aumentava nelle campagne, con il numero degli schiavi, il pericolo di furiose rivolte; le campagne si spopolavano; Roma si riempiva di proletari, cittadini che non avevano altra ricchezza se non la propria prole. Nel 133 a.C. un gruppo di nobili tentò di avviare una riforma agraria per risolvere il problema sei contadini nullatenenti: a guidare la loro azione politica fu il tribuno Tiberio Sempronio Gracco, il cui progetto si basava sul recupero dell’ager publicus occupato illegalmente oltre i limiti consentiti, sperando così di ricostituire la piccola proprietà agricola e quindi favorire l’arruolamento nelle legioni. La legge di Tiberio (lex Sempronia agraria) fu approvata e fu nominata la commissione di tre persone (triumviri per l’assegnazione delle terre) incaricata di procedere al recupero dell’ager publicus illegalmente occupato e alla sua ridistribuzione. Pochi mesi dopo, l’ultimo re di Pergamo, Attalo III, morì e lasciò in eredità il suo regno al popolo romano. Tiberio fece allora approvare una legge con cui si destinava il tesoro del re a finanziare i contadini per aiutarli ad avviare le loro nuove aziende agricole. Questa mossa accrebbe l’ostilità delle classi dirigenti verso il tribuno della plebe, soprattutto quando si candidò al tribunato anche per l’anno successivo. Infatti molti lo accusarono del tentativo di instaurare una tirannide. Quando l’assemblea della plebe si riunì per l’elezione dei tribuni, molti senatori lasciarono la seduta del Senato e dispersero con la violenza la folla legalmente radunata: negli scontri Tiberio e altri trecento suoi sostenitori persero la vita. Da quel momento vennero definendosi i due schieramenti politici che si sarebbero sempre contrastati: da un lato gli optimates, gli “ottimati”, coloro che appartenevano alle classi più elevate; dall’altro i populares, i “popolari”, coloro che difendevano la libertà del popolo contro l’arroganza del Senato ed erano favorevoli alle richieste dei cittadini più poveri, pur appartenendo spesso anch’essi alle classi più elevate. (chiarire il significato di democratico, popolare, populista, demagogo)
Le riforme di Tiberio e Caio Gracco Dieci anni dopo, i propositi di Tiberio furono ripresi dal fratello minore Caio Sempronio Gracco, eletto tribuno della plebe nel 123 e nel 122 a.C. Caio iniziò il suo tribunato con tre leggi fondamentali: • la legge militare, con la quale il prezzo delle vesti fornite ai soldati non sarebbe più stato detratto dalla loro paga, per favorire gli strati più poveri tra i contadini nelle spese dovute al servizio militare; • la legge frumentaria, con la quale furono decise regolari distribuzioni di grano a presso ridotto al fine di assicurarsi l’appoggio della plebe urbana, la quale era meno interessata alle distribuzione di terre ma era fondamentale perché, risiedendo a Roma, poteva partecipare in massa alle votazioni; • la legge giudiziaria, con la quale modificò la composizione dei tribunali permanenti istituiti per giudicare i governatori di provincia accusati di concussione, cioè di obbligare chi è soggetto alla sua autorità a dare o promettere denaro, a danno dei sudditi nell’amministrazione delle province, in modo da guadagnare anche il sostegno dell’ordine equestre. Infatti da quel momento i giudici sarebbero stai reclutati tra i cavalieri, mentre prima erano solo senatori, che tendevano a giudicare gli accusati del loro stesso ordine con scandalosa indulgenza. Il Senato però seppe reagire all’offensiva di Caio Gracco servendosi di un altro tribuno della plebe, Livio Druso, che tentò di sottrarre popolarità a Caio con altre iniziative di legge in apparenza più favorevoli al popolo. Quando poi Caio propose di estendere la cittadinanza di Roma, i poveri e i cavalieri gli voltarono le spalle, ben aizzati dal Senato, perché vedevano come una minaccia l’estensione ad altri di una condizione che a loro appariva comunque privilegiata. Così la proposta fu respinta e Caio Gracco non riuscì a farsi eleggere tribuno per la terza volta alle elezioni del 121 a.C. In seguito ad una rivolta durante un’assemblea, poi, l’ex tribuno si fece uccidere da uno dei suoi schiavi. Nel corso dei dieci anni successivi, passo dopo passo, una serie di leggi smantellò e vanificò del tutto la riforma agraria.