Diritto Privato Comparato A.A Prof. D. BENINCASA

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Diritto Privato Comparato A.A. 2013- 2014 Prof. D. BENINCASA Precedenti ed Opera Interpretativa della Giurisprudenza nel Sistema Inglese Irene Corda Annalisa Marsano Francesca Sgro’

Premessa Nonostante siano state sempre numerose le differenze intercorrenti tra le caratteristiche del sistema di civil law e quelle di common law si può notare come recentemente si stia andando incontro ad un processo di avvicinamento tra di essi. Tuttavia il tema delle fonti del diritto continua ad essere un punto d’osservazione fondamentale per il Diritto Privato Comparato.

LE FONTI DEL DIRITTO “parlare di fonti significa non riferirsi agli strati superficiali della società bensì a quelli più riposti e fondanti, significa parlare di fondazioni di un intiero ordinamento giuridico” (Grossi, pg introduttiva, p1) Attraverso lo studio delle fonti è possibile : Cogliere il modo profondo di atteggiarsi dei sistemi giuridici Verificarne le effettive somiglianze e differenze con riferimento ai protagonisti del diritto.

LA GERARCHIA DELLE FONTI E LA NOZIONE INGLESE DI COSTITUZIONE DIRITTO COMUNITARIO LEGGE PRECEDENTI E CONSUETUDINE A prima vista sembrerebbe un’impostazione gerarchica non molto diversa da quella continentale,tuttavia a ben guardare le differenze sono profonde, a partire dall’idea stessa di Costituzione.

IL REGNO UNITO NEL COSTITUZIONALISMO MODERNO Il Regno Unito fa eccezione rispetto al Costituzionalismo moderno fondato su atti che non risalgono mai al di la’ della Rivoluzione francese e americana, sotto un duplice profilo. Da un lato fa riferimento a precedenti e leggi ordinarie di origine recente (Scotland Act, Government of Wales Act, Northern Ireland Act: 1998) ed anche ad atti normativi quali addirittura la Magna Charta del 1215. Dall’altro nel Regno Unito non è ancora presente una Costituzione intesa come documento scritto di rango superiore alla legge ordinaria del Parlamento.

“Diritto costituzionale senza una costituzione” (SEDLEY, The Sound of Silence: Constitutional Law without a Constitution) Nel Regno Unito non è presente una costituzione intesa come documento scritto di rango superiore alla legge ordinaria del Parlamento. Esiste però un <<diritto costituzionale>> ovvero, un insieme di regole che disciplinano i rapporti tra i poteri dello stato e contribuiscono a definire la forma di governo, ricavabili da atti di varia epoca e da fondamentali convenzioni. Insegnamento classico di DICEY Nel Regno Unito non esiste alcuna <<legge superiore>> e non è ammissibile alcun tipo di controllo giurisdizionale di costituzionalità, ma vige invece il principio di supremazia del Parlamento. Si coglie quanto sia stata difficoltosa l’adesione del Regno Unito alla Comunità Europea. (European Communities Act). Difficoltà tuttavia attenuata dalla giurisprudenza che ha riconosciuto la supremazia del diritto comunitario su quello inglese, come dimostra il caso Factortame.

Merchant Shipping Act 1988 R v Secretary of State for Transport Ex p Factortame (No.2) (1991) HL La vicenda che, dal nome di una delle parti coinvolte, è conosciuta come Factortame ha avuto origine dalla previsione, in sede comunitaria, di quote -pesca per ciascuno Stato membro. A seguito di tale misura, il Parlamento del Regno Unito ha approvato il Merchant Shipping Act 1988, che precisava alcune condizioni per la registrazione dei pescherecci come britannici (tali, dunque, da far rientrare il proprio pescato nelle quote -pesca del Regno Unito). Tale Act stabiliva che solamente le navi possedute da cittadini del Regno Unito, gestite e controllate all’interno del territorio del Regno Unito, potevano essere registrate come navi britanniche . In sostanza, tale criterio sarebbe stato soddisfatto esclusivamente da quelle navi i cui proprietari fossero cittadini britannici oppure residenti e domiciliati nel Regno Unito (in caso di proprietà di una nave da parte di una società, a rilevare era la cittadinanza e la residenza dei soci.) Il risultato di queste restrizioni era che novantacinque navi, precedentemente registrate come britanniche, ma gestite oppure possedute da cittadini o società spagnole, perdevano la possibilità di registrarsi come britanniche. I proprietari delle navi in questione hanno, quindi, fatto ricorso al giudice, per ottenere una dichiarazione volta ad inibire l’applicazione nei loro confronti della nuova normativa, asseritamene lesiva dei loro diritti discendenti dal diritto comunitario

R v Secretary of State for Transport Ex p Factortame (No.2) [1991] HL [EC Law - An Act of Parliament incompatible with any requirement of EC law can and must be declared invalid and ineffective to the extent of that incompatibility] D, the UK government enacted the Merchant Shipping Act 1988.  C, Spanish fishermen claimed this act affected UK fisheries policy and was contrary to EC Law.  They sought an order directing the Secretary of State not to enforce the Act pending a full trial of the issue. The Divisional Court referred the substantive question to the ECJ, but ordered by way of interim relief that the Regulations should not be applied as against C.  The Court of Appeal and House of Lords held that no national court had the power to suspend the operation of an Act of Parliament.  Held: The ECJ disagreed. A national court, which, in a case before it concerning EC law, considers that the sole obstacle, which precludes it from granting interim relief, is a rule of national law, must set aside that rule. The House of Lords thereupon granted an order restraining the Secretary of State from enforcing the legislation in question against C. Summary of Factortame (1-9) 1. Divisional Court refer to ECJ question of compatibility of MSA with EC law and grant interim relief (injunction) 2. Interim relief issue appealed to CofA who reverse - statute could not be disapplied 3. Appeal to HL who refer interim relief question to ECJ 4. ECJ rule on HL's reference that MSA should be suspended (disapplied) until compatibility issue determined: "The full effectiveness of Community law would be impaired if a rule of national law could prevent a court seized of a dispute governed by Community law from granting interim relief in order to ensure the full effectiveness of the judicial decision to be given on the existence of rights claimed under Community law." In response HL granted interim relief disapplying 1988 Act. Lord Bridge expressed acceptance of the supremacy of Community law. 5. R v SS for Transport, ex p Factortame (No 3) [1991]  ECJ ruled on Divisional Court's original reference - Art 52 had been infringed by nationality and residence requirements of MSA which should be disapplied. Since Factortame UK courts will not apply an Act if it conflicts with Community law.

In questo quadro si inserisce lo Human Rights Act 1998: Ha posto fine al lungo dibattito sul ruolo della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali Consente finalmente l’ingresso della Convenzione nel diritto inglese Prevede che tutte le disposizioni (passate e future) siano applicate in conformità alla Convenzione Attribuisce ai giudici, in caso di contrasto tra legge interna e Convenzione, il potere di pronunciare una <<dichiarazione di incompatibilità>>.

La rivoluzione del Sistema Istituzionale Inglese “If the constitutional reforms since 1997 comprise a revolution,it has been a quiet revolution, albeit a revolution,whose consequences are likely to prove very profound” (BOGDANOR, Our New Constitution, p. 243)

Rapporto tra legge (statute law) e giurisprudenza (case law) Nel sistema inglese ci sono fonti del diritto sia di provenienza legislativa che non legislativa. Da qui la contrapposizione tra Common law/case law e Statute law. Statute law Case law E’ il diritto di creazione legislativa. Statutes o Acts sono infatti le Leggi del Parlamento. E’ il diritto giurisprudenziale (Common Law in senso stretto ed Equity) . Sono regole create dalle Corti Superiori come frutto incindentale della soluzione di una controversia tra individui.

Rapporti statute - case law Di tali fonti va compreso il loro rapporto gerarchico e la relazione tra di esse intercorrente. Le fonti legislative sono gerarchicamente superiori,da un punto di vista formale, alla giurisprudenza. Infatti la legge del Parlamento può togliere efficacia ad un precedente giudiziario ma non vale la regola opposta. La giurisprudenza, tuttavia, prevale sulla legislazione da un punto di vista sostanziale: l’interpretazione restrittiva del giudice può limitare la portata applicativa della legge. In termini generali: in caso di incompatibilità tra norme (una di matrice legislativa, l’altra di matrice giurisprudenziale) prevale la norma di legge successiva, e non vale il contrario.

Un esempio dal diritto contrattuale La legislazione ha modificato o integrato il diritto dei contratti di common law. Rilevante è stato l’intervento legislativo sfociato nel Contracts (Rights of Third Parties) Act 1999)1, che ha riformato, non abrogandolo in via generale, il principio di common law della “privity of contract” (PRINCIPIO DELLA RELATIVITA' DEL CONTRATTO), per consentire al terzo di far valere clausole contrattuali aventi efficacia a lui favorevole. Ma le norme basilari del diritto dei contratti continuano a basarsi sul formante giurisprudenziale. La ragione di tale supremazia ha carattere storico: sin dal medioevo i giudici inglesi fondavano le loro decisioni non sul diritto scritto ma su regole consolidate per tradizione e consuetudine. Quanto detto si conferma anche in altri settori come quello della Law of Property (Law of Property Act). 1)La legge non abroga la doctrine della privity of contract; ma nei casi nei quali si applica prevede la possibilita’ dell’intervento diretto del terzo che la regola di common law nega.

In ogni sistema giuridico le sentenze dei tribunali assumono valore vincolante. Ciò è sempre valevole se si guarda alle parti della controversia: una sentenza è sempre vincolante per le stesse. Diverso può essere invece il valore che la singola decisione assume rispetto a terzi (che si trovino successivamente in circostanze analoghe rispetto a quelle da cui origina la singola decisione); ciò significa passare ad un altro piano di valutazioni, cioè al problema della vincolatività di un giudicato precedente per il giudice successivo che si trovi a giudicare casi simili. La prassi secondo cui casi analoghi devono essere decisi in modo analogo incarna un principio di giustizia riconosciuto e applicato nella tradizione giuridica occidentale poiché rispondente a idee condivise quali: la certezza del diritto, la prevedibilità delle decisioni, la parità di trattamento di coloro che chiedono tutela giurisdizionale, il prestigio e l’autorevolezza delle corti superiori. Nel diritto italiano la giurisprudenza non costituisce mai fonte (di produzione) del diritto, l’ordinamento inglese, in determinate ipotesi, attribuisce formalmente una forza vincolante alle sentenze (nel senso di imporre un obbligo giuridico per il giudice successivo di conformarsi ad esse)

Doctrine of binding precedent Regola secondo la quale i precedenti giudiziari sono vincolanti e devono essere seguiti per i successivi casi simili. Stare decisis: obbligo per il giudice chiamato a decidere una controversia a non discostarsi dal precedente scaturito dalla decisione di un caso analogo,anche nell’ipotesi di una decisione errata o ingiusta. Ciò è espresso con chiarezza dalle parole di Lord Devlin: “La regola stare decisis non si applica solo alle decisioni buone; se così fosse non avrebbe valore o significato. E’ solo quando una precedente decisione è dubbia che tale principio deve essere invocato”. (Jones v. DPP,1962)

Affermazione della regola stare decisis Il diritto inglese è,nelle sue stesse origini,un diritto giurisprudenziale, è case law. La teoria del precedente è antica,ma la rigida affermazione del principio stare decisis è relativamente recente. Ponendo la case law nell’ampio contesto che le è proprio,si possono meglio comprendere le cause che conducono, nella seconda metà del XIX sec., all’irrigidimento della regola stare decisis.

1) Riforma dell’amministrazione della giustizia: Judicature Acts 1873-75 Tra le varie cause, un posto di rilievo spetta alle riforme della giustizia introdotte dai Judicature Acts 1873-75, un sistema di corti organizzato in modo rigorosamente accentrato e gerarchico che costituisce terreno fertile per il buon funzionamento della regola stare decisis il cui enunciato essenziale prevede che le corti inferiori si considerino vincolate dalle decisioni di quelle superiori.

2) Sistema di repertoriazione delle sentenze Comincia nella seconda metà del XIX sec. Gli antichi Yearbooks (appunti sull’attività della Court of Common Pleas citati con la data del regno) e i Nominative Reports (resoconti delle decisioni delle corti superiori di common law citati solo con il nome dell’autore pubblicati tra il 1550 e il 1790) vengono sostituti da raccolte aggiornate e affidabili . Nasce il primo organo semi-ufficiale: Incorporated Council of Law Reporting.

3) Dato culturale: concezione scientifica delle discipline sociali, tra cui il diritto. Sistemi di Civil law Sistemi di Common law Porta all’epoca delle codificazioni. Porta all’irrigidimento della doctrine of binding precedent, consacrando formalmente il Common law come sistema nazionale inglese.

Infine, nel XIX secolo si consolida in Inghilterra la teoria secondo cui il precedente giudiziale è giuridicamente vincolante in modo assoluto, in quanto ciò che viene enunciato nella decisione precedente non è l’opinione di un giudice più antico, ma la verbalizzazione di una regola di diritto consuetudinario positivo. Si afferma così la teoria dichiarativa del precedente giudiziario che annovera, tra i suoi primi e più influenti sostenitori, BLACKSTONE, il quale scrive nel 1765, nei suoi Commentaries: “I giudici sono i depositari delle norme giuridiche, gli oracoli viventi del diritto, i quali sono tenuti per giuramento a sentenziare secondo il diritto della terra inglese. Le sentenze, coerentemente, sono la prova principale e più impegnativa della sentenza della common law quale speciale diritto consuetudinario”.

E’ possibile rendersi conto di ciò analizzando alcuni casi pratici: La regola stare decisis non trova origine in un atto legislativo ma nella SCELTA DEGLI STESSI GIUDICI. E’ possibile rendersi conto di ciò analizzando alcuni casi pratici:

Dunque Lord Halsbury conclude la sua riflessione chiedendosi quale importanza possa avere l’occasionale possibilità di trovarsi dinanzi ad un caso straordinario, di fronte invece alla certezza del diritto che deriva proprio dal rispetto del precedente? La risposta risiede in quanto detto finora.

TEORIA E PRASSI DELLA REGOLA STARE DECISIS Ciò che caratterizza la teoria inglese del precedente è il fatto di non essere una mera pratica consolidata, ma una regola formale e coercitiva su cui si fonda l’amministrazione e lo sviluppo della common law. Le definizioni classiche della regola sono apparentemente semplici. Cross e Harris, autori della più nota opera monografica sul tema, offrono la seguente definizione: “Secondo… la regola inglese del precedente…, una Corte è tenuta a seguire tutti i casi decisi da una Corte ad essa superiore nella gerarchia, e le corti in grado di impugnazione ( tranne la House of Lords) sono vincolate al rispetto delle proprie decisioni precedenti. Questa definizione è, però, troppo concisa perché non indica che la sola parte del precedente che vincola è la ratio decidendi…” (Cross, Harris, Precedent in English Law, p.6). La definizione appena riportata è solo superficialmente semplice, vuoi per il motivo sottolineato dagli stessi autori, ossia l’importanza della determinazione della ratio decidendi, vuoi perché non rivela che il giudice inglese (e ancora di più quello americano) dispone di numerose tecniche volte a mitigare la portata della regola astratta. Per comprendere dunque il concreto significato della regola stare decisis e il suo effettivo funzionamento e quindi i vari strumenti a disposizione del giudice per eluderla, è utile da un lato avere presente l’organizzazione giudiziaria inglese cui si collega la distinzione tra operatività verticale ed orizzontale della regola, e dall’altro la distinzione tra ratio decidendi e obiter dictum.

La House of Lords deve ormai rispettare le decisioni della Corte di Giustizia europea, ma vincola tutte le corti inferiori, a meno che la sua pronuncia non sia “abrogata” da una legge successiva o sia stata emessa per incuriam, cioè omettendo di osservare una contraria norma di legge o un diverso precedente. Inoltre, fino al 1966, era sottoposta anche all’osservanza di propri precedenti. In quell’anno, tuttavia, la House of Lords ha annunciato, in una dichiarazione stragiudiziale, nota come “Practice Statement”, che per il futuro non si sarebbe più sentita vincolata ai propri precedenti quando ciò fosse apparso conveniente ai fini di giustizia. Anche se la House of Lords si è servita molto cautamente del potere attribuitasi con il Practice Statement, questo riveste una considerevole importanza in quanto legittima formalmente la concezione secondo la quale i giudici svolgono un ruolo notevole nella creazione de diritto, con ciò superando in maniera aperta la teoria dichiarativa della common law.

Cosa può vincolare un tribunale successivo è la ratio decidendi della sentenza, cioè, sostanzialmente, gli istituti giuridici/gli elementi di diritto applicati dal giudice quale parte necessaria del suo ragionamento nel raggiungere la decisione relativa alla fattispecie sottopostagli. Ratio decidendi è la regola giuridica che ha determinato la soluzione del caso (judgment), e che è suscettibile di essere espressa in termini impersonali (quindi resa astratta) per venire applicata a fattispecie successive. La legal rule del case law così estratta non assume mai però i caratteri di astrattezza e generalità della disposizione normativa cui è familiare il giurista continentale, poiché resta strettamente collegata alla situazione di fatto.

Altre affermazioni di diritto espresse dai giudici che non costituiscono parte essenziale del ragionamento della corte e non influiscono sulla decisione della controversia (gli obiter dicta) possono essere utilizzate da un giudice successivo o possono avere una valenza persuasiva ma non possono essere vincolanti formalmente. Rintracciare la ratio decidendi di una sentenza di una corte inglese può essere tuttavia un procedimento relativamente complicato: ciò dipende anche dalla struttura della sentenza inglese, nella quale, in caso di decisioni collegiali, ciascun giudice esprime una propria opinion, un’autonoma soluzione al caso (judgment) e una propria motivazione (reasoning). Infatti, quando il tribunale è composto da un solo giudice, bisogna analizzare una sola opinion per individuarne la ratio. Ma nel caso di una sentenza emessa da un tribunale collegiale – come la Court of Appeal, la House of Lords, ovvero oggi la Supreme Court – la ratio della sentenza va rintracciata nella motivazione della maggioranza dei giudici che hanno concordato nella soluzione finale, anche se altri giudici, pur giungendo al medesimo risultato, lo hanno supportato con differenti motivazioni.

Le decisioni della Court of Appeal vincolano tutte le corti inferiori e dunque la regola stare decisis opera efficacemente in senso verticale, mentre l’operatività della regola in senso orizzontale è stata oggetto di discussioni. La Court of Appeal ha infine affrontato il problema con la nota sentenza Young v. Bristol Aeroplane Co. del 1944, ove afferma che essa vincola anche se stessa, con tre eccezioni, che si sono rivelate di portata piuttosto ampia: “(1) la corte ha facoltà di decidere a quale di due sentenze in conflitto, da essa stessa emesse, si atterrà; (2) la corte ha l’obbligo di rifiutare di attenersi ad una sentenza da essa stessa emessa, la quale non sia, a suo parere, compatibile con una sentenza della House of Lords; (3) la corte non ha l’obbligo di attenersi ad una sentenza da essa stessa emessa se si accerta che detta sentenza era stata pronunciata per incuriam”.

La High Court vincola solo le corti inferiori, mentre le decisioni di queste ultime non vincolano alcuno e non hanno nemmeno efficacia persuasiva considerando anche che, non essendo incluse nei Reports, non sono facilmente reperibili.

Le fonti legislative e il loro stile di redazione Con l’emanazione del European Communities Act, il Parlamento inglese ha accettato le limitazioni alla sua sovranità. In base a quanto prescrive il diritto comunitario infatti, i regolamenti e le disposizioni direttamente applicabili delle direttive CE possono essere invocati dai privati nei tribunali nazionali anche quando ciò comporti non applicare una legge nazionale.

Al di sotto della disciplina UE recepita o direttamente applicabile, vi sono le leggi del Parlamento (Statutes) e la legislazione secondaria, o “delegata” (Statutory instruments). Tra gli statutory instruments si colloca la legislazione delegata, che viene adottata dal Governo su delega di specifiche disposizioni legislative, ma che deve essere emanata in stretto ossequio alle procedure previste dalla legge di delega. In quest’ultimo caso – diversamente da una legge del Parlamento – le regulations possono essere oggetto di revisione da parte dei giudici e non applicate se le sue clausole contravvengono con le disposizioni della legge delega, o con un'altra legge del Parlamento. Infine, come abbiamo già provveduto ad illustrare , nella gerarchia delle fonti la legislazione si colloca al di sopra del common law (inteso come case law). Nell’elencazione appena fatta non compare il riferimento ad un testo costituzionale; infatti, in Inghilterra manca una costituzione scritta e correlativamente manca un potere di judicial review.

Questo dato sembrerebbe parzialmente messo in discussione dall’emanazione dello Human Rights Act 1998, che stabilisce i rapporti tra il diritto nazionale e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, ratificata dall’Inghilterra nel 1951. In base a tale statute, tutte le leggi e la legislazione secondaria devono essere interpretate dai tribunali nazionali in conformità alla Convenzione (art. 3); le corti hanno il potere di segnalare il contrasto fra norme legislative e i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione, anche se la decisione finale circa la validità delle norme spetta al Parlamento. Infatti, i giudici superiori (ma non le county courts) hanno il potere discrezionale di emettere una dichiarazione di incompatibilità delle norme di legge nazionale con un diritto garantito della convenzione (art. 4); ma tale dichiarazione non influisce né sulla validità, né sulla applicazione al caso della norma, ha soltanto la funzione di segnalare un’anomalia che può essere sanata con una modifica legislativa (art 10). Alla luce di quanto brevemente illustrato, possiamo affermare che lo Human Rights Act non pone la Convenzione gerarchicamente al di sopra delle leggi nazionali né introduce un vero e proprio controllo di costituzionalità delle stesse, dato che al Parlamento resta il potere di decidere se mantenere o approvare leggi che siano in contrasto con i diritti della Convenzione; ma esso modifica il ruolo delle Corti, le quali possono svolgere ora un ruolo di sindacato di conformità sulle leggi in riferimento a principi generali.

L’interpretazione L’approccio alla regola giuridica da parte del giudice che la applica segue percorsi differenziati a seconda che si tratti di una disposizione di legge ovvero di regola formatasi nel case law. In quest’ultimo caso, il ragionamento giuridico si trova a dover fare i conti e comprendere al suo interno la doctrine del precedente vincolante (binding precedent).

Le regole del precedente, da un lato, e le tecniche di argomentazione che consentono di discostarsi dal precedente, dall’altro, possono essere assunte come momenti logicamente distinti: il primo infatti vale a definire i limiti entro i quali i giudici devono ritenersi vincolati al rispetto del case law, non potendolo modificare; le seconde consentono di comprendere come il ragionamento che sottende l’applicazione del case law non sia di mera interpretazione ma possa determinare modifiche nelle regole di diritto. E’ bene quindi chiarire che quando si parla di attività di interpretazione con riguardo al case law, il termine deve essere inteso in un senso più ampio di quello cui siamo solitamente abituati, poiché l’atteggiamento del giudice rispetto alla giurisprudenza precedente non è di mera ricerca del significato (in termini più o meno estensivi) e applicazione, ma può portare anche a risultati “creativi”. Non a caso, nel contesto anglosassone si tende a parlare in proposito, anche per la stretta afferenza a questo tema delle regole del precedente, in termini molto più generali, di legal reasoning. Di contro, il ragionamento giuridico relativo ai testi legislativi esclude qualsiasi possibilità di intervento modificativo del significato del linguaggio legislativo, ancorando il ruolo del giudice ad un’interpretazione letterale e restrittiva del testo giuridico.

L’interpretazione del case law Quando una controversia riguarda un tema disciplinato da regole di common law, il giudice può modificare il diritto rispetto ai precedenti vincolanti esistenti al momento della sua pronuncia. Ciò differenzia il ragionamento del giudice in questi casi da quello che viene adottato in relazione alla legislazione. E’ importante notare che oggi i tribunali stessi riconoscono il proprio ruolo nell’evoluzione del common law e guardano come ad una finzione l’atteggiamento, dominante nel XIX sec., secondo il quale il ruolo del giudice era solo quello di dichiarare il common law, non di farlo evolvere (jus dicere, non jus dare).

Pertanto, quando un tribunale abroga (overrules) un precedente è indifferente che si ritenga che la precedente corte abbia sbagliato quando ha interpretato o applicato quella regola del common law; o che, la precedente sentenza non esprima più il diritto vivente – cioè che la nuova sentenza stessa modifichi la regola giuridica. Questa rinnovata consapevolezza da parte dei giudici del proprio ruolo, ovviamente non incide sul principio di supremazia parlamentare, in quanto solo il legislatore ha il potere di statuire nuovi principi di diritto. Il giudice, nel decidere il caso specifico pendente innanzi a lui, ha facoltà di far evolvere il diritto, relativamente agli istituti e agli aspetti giuridici che vengono sollevati in esso e in base al valore vincolante della sua sentenza, può creare una nuova regola giuridica.

Nel sistema giuridico inglese il giudice non guarda la propria funzione interpretativa dei testi legislativi nello stesso modo; poiché non ha bisogno di rintracciare il diritto nel testo di legge. Se nessun testo di legge ha per oggetto l’aspetto per il quale deve rintracciare la regola giuridica relativa, il giudice può rivolgersi al diritto giurisprudenziale del common law. Il common law, a differenza della legislazione, è il luogo dove rintracciare le regole generali, suppletive. Ed infatti l’approccio del giudice inglese alla interpretazione delle fonti del common law – le sentenze precedenti dei tribunali – è simile all’approccio del giudice nell’interpretazione del codice in un sistema giuridico interamente codificato. Ma c’è una differenza fondamentale tra il ragionamento del giudice inglese nel common law, e l’interpretazione giurisprudenziale di un codice. Il codice fornisce al giudice un’affermazione generale di principio quale punto di partenza. Nel caso del common law, invece, il giudice parte non da un’affermazione generale di principio, ma individua il principio rilevante considerando le fattispecie concrete contenute in casi precedenti.

Un buon esempio del metodo nel ragionamento giuridico relativo al case law, e della possibilità della sua evoluzione, può essere rintracciato nella serie di casi che ha inizio con la nota sentenza della House of Lords in Donoghue v Stevenson nel 1932, che viene oggi considerato come l’origine del tort di neglicence nel diritto moderno . Il tort di negligence, nella sua attuale configurazione, può coprire differenti tipi di condotte (comportamenti, affermazioni e anche omissioni) e differenti tipi di danno (lesione personale, danni al patrimonio e perdita economica). Il danneggiante (il convenuto) è tenuto a “risarcire” (si tratta di un tipo di responsabilità extracontrattuale) quanto necessario per compensare la perdita o il danno subito dal soggetto leso (l’attore). Ciò che viene in considerazione è la violazione, da parte del convenuto, del dovere di tenere un comportamento (attivo/omissivo) diligente, da valutarsi secondo il criterio della ragionevolezza (reasonable care).

L’interpretazione degli statutes Nei sistemi codificati come quello italiano, la totalità delle regole giuridiche è contenuta all’interno dei testi legislativi; in questi sistemi, pur a fronte di recenti tendenze – anche di matrice comunitaria – che conducono verso una legislazione speciale copiosa, disarmonica ed estremamente dettagliata, i codici continuano (o dovrebbero continuare) a rivestire il ruolo di struttura sistematica fondamentale dell’ordinamento giuridico In Inghilterra, invece, - rammentando quando esaminato circa il rapporto tra statutory law e common law (nel senso del diritto che ha origine e si sviluppa per mezzo della giurisprudenza – il case law), quest’ultimo è considerato l’ossatura fondamentale del sistema giuridico e quindi tale da fornire norme di diritto più generali, cui il giudice deve far ricorso nei casi in cui la fattispecie concreta in esame non risulti immediatamente sussumibile nella norma di legge.

L’approccio generale del giudice che interpreta una legge è quello di guardare al significato oggettivo delle parole utilizzate nel testo; infatti, i documenti che si collocano sullo sfondo dell’atto – i lavori preparatori – e i vari passaggi del processo legislativo sono utilizzati molto di rado. Fino al 1992 i tribunali escludevano del tutto i materiali parlamentari (come i dibattiti parlamentari sul disegno di legge) come ausilio nell’interpretazione delle leggi. Tuttavia, nel caso Pepper v Hart , la House of Lords ha rivisto questo approccio assolutamente selettivo e di esclusione, rigettando le argomentazioni secondo cui consentire la valutazione dei materiali parlamentari sarebbe stato contrario a principi costituzionali (cioè che avrebbe violato l’art. 9 del Bill of Rights del 1689 il quale prevede che ‘la libertà di parola, e i dibattiti e i procedimenti parlamentari, non dovrebbero essere messi in dubbio o in questione in nessun Tribunale o Luogo al di là del Parlamento), o avrebbe determinato della confusione sui rispettivi ruoli del Parlamento come fonte di produzione del diritto e i tribunali quali interpreti. Inoltre si riteneva che consentire la valutazione del materiale parlamentare avrebbe in qualche modo fatto aumentare i tempi e le spese delle controversie.

Criteri dell’interpretazione oggettiva adottata dai giudici inglesi La literal rule La golden rule La mischief rule Regole secondarie dell’interpretazione

Le Regole secondarie dell’interpretazione Criteri tratti da elaborazione giurisprudenziale: il testo di legge vada letto nell’insieme. Ne discende che: l’interpretazione corretta può essere rintracciata in disposizioni collocate lontano nel testo; a parole identiche o simili deve essere data la stessa o simile interpretazione in tutta la legge; l’esplicito riferimento ad una o più cose implica che vadano escluse quelle non espressamente indicate (la regola dell’expressio unius, exclusio alterius); si presume che le leggi non abbiano efficacia retroattiva e che non si applichino al di fuori del territorio del Regno; l’ignorantia legis non excusat. Altri criteri dell’interpretazione dei testi normativi sono contenuti anche in testi di legge