IL PROCESSO TRIBUTARIO

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IL PROCESSO TRIBUTARIO

Premessa La tutela giurisdizionale dei diritti del contribuente rappresenta uno dei temi fondamentali del diritto tributario. Attraverso lo studio del processo tributario (tradizionalmente definito contenzioso tributario) è possibile da un lato, verificare le impostazioni teoriche poste a base del diritto sostanziale e dall’atro, concorrere alla fissazione dei canoni ermeneutici del diritto sostanziale.

L’importanza dello studio del contenzioso tributario è altresì ascrivibile alla rilevanza degli interessi pubblici e privati coinvolti nel prelievo tributario.

LE FONTI E GLI ORGANI DEL PROCESSO TRIBUTARIO

Profili storico-evolutivi del giudizio davanti alle commissioni tributarie L’evoluzione storica del contenzioso tributario è intimamente connessa agli sviluppi degli istituti di giustizia amministrativa nel nostro ordinamento ed è contrassegnata dalla disputa relativa all’appartenenza o meno delle commissioni tributarie al novero degli organi amministrativi o giurisdizionali.

Tale disputa è il riflesso delle divergenze esistenti in ordine alla natura del processo tributario, da alcuni concepito come processo di accertamento del rapporto obbligatorio di imposta, e da altri come processo di impugnazione-annullamento degli atti impositivi promananti dall’amministrazione finanziaria o da chi ne esercita le funzioni in sede di attuazione della pretesa impositiva.

Tipi e forme di tutela: la tutela di accertamento negativo Secondo la tesi sostenuta dal prof. Russo, il giudizio che si instaura davanti le commissioni tributarie è un giudizio di impugnazione-merito. Sotto il profilo formale, esso si atteggia come un giudizio di impugnazione: il giudizio deve essere introdotto con l’impugnazione di atti tassativamente elencati nell’art. 19, dlgs 546/92.

Segue... Sotto il profilo sostanziale (contenuto della tutela) va rilevato che il giudice tributario non si limita a dichiarare legittimi o ad annullare gli atti dell’ente impositore, ma emette pronunce che attengono al merito del rapporto di imposta: giudizio di accertamento negativo della pretesa avanzata con l’atto investito dal ricorso e della correlata obbligazione.

Critica a tale tesi Tale ricostruzione non sarebbe convincente in riferimento ai casi in cui il ricorso sia fondato sui vizi meramente formali dell’atto impugnato. Il giudice non emetterebbe, nel caso in parola, una pronuncia di accertamento attinente al merito della pretesa tributaria, ma si limiterebbe ad annullare o meno l’atto, a seconda che reputi sussistenti o meno i vizi dedotti dal ricorrente: giudizio di impugnazione-annullamento e non di impugnazione-merito.

La critica innanzi esposta è fondata sulla premessa, che i vizi dell’atto impugnato siano qualificabili come vizi di annullabilità e non di nullità. Ciò sulla base dei principi generali secondo i quali: l’azione di annullamento è soggetta a prescrizione e l’inutile decorso del termine prescrizionale determina la sanatoria del vizio, mentre l’azione di nullità è imprescrittibile, e non è possibile sanatoria alcuna.

Per il prof. Russo, invece, i vizi in questiono sono configurabili come cause di nullità, nonostante che essi debbano essere dedotti entro i termini perentori previsti per la proposizione del ricorso. Si deve infatti tener conto del particolarismo del diritto tributario che giustifica l’apposizione di rigidi termini di decadenza sia a carico dell’ente impositore che a carico del soggetto passivo dell’obbligazione tributaria.

Nel primo caso, invece, l’A. F Nel primo caso, invece, l’A.F. non avrà la possibilità di emettere un nuovo atto contenete la medesima pretesa, in quanto il rapporto tributario resta definito nel merito per effetto della sentenza emessa dal giudice.

L. 14 luglio 1864, n. 1830 L’istituzione delle commissioni tributarie (commissioni comunali o consorziali e provinciali) risale alla legge 14 luglio 1864, n. 1830, sull’imposta di ricchezza mobile, che non prevedeva l’ammissibilità dell’azione giudiziaria, inducendo a ritenere che questa non fosse consentita.

Le prime leggi di imposta dello Stato unitario prevedevano la separazione della disciplina del processo tributario in materia di imposte dirette da quella prevista per le imposte indirette, separazione sopravvissuta alla legge abolitrice dei tribunali del contenzioso amministrativo (l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E) e giunta sostanzialmente immutata alla riforma tributaria degli anni settanta.

Tutela giurisdizionale in materia di tributi erariali – Imposte dirette Il giudice ordinario aveva piena cognizione sulla lite dopo l’esaurimento di una fase contenziosa in sede amministrativa.

Tutela giurisdizionale in materia di tributi erariali – Imposte indirette Disciplina processuale mista: la competenza del giudice ordinario era riconosciuta, con la sola esclusione delle questioni attinenti alla estimazione semplice (questioni di mera quantificazione o misurazione della base imponibile attraverso il ricorso a regole di esperienza o tecniche, che non richiedono l’applicazione di alcuna norma giuridica), dopo l’espletamento di una fase davanti al giudice speciale.

La devoluzione delle controversie tributarie al giudice ordinario era subordinata: alla pubblicazione dei ruoli dell’imposta; al pagamento dell’imposta (regola del solve et repete), costituente un presupposto processuale necessario per la regolare instaurazione del processo.

Ratio della previsione L’azione amministrativa non doveva essere intralciata, durante il suo svolgimento, dal sindacato giurisdizionale, salvo dar luogo ad una pretesa restitutoria una volta concluso l’iter impositivo.

La regola del solve et repete e la prescritta pubblicazione dei ruoli, sono state dichiarate incostituzionali negli anni sessanta, in quanto lesive del diritto di difesa.

1936-1937 Il sistema misto di tutela giurisdizionale in materia tributaria fu esteso a tutte le imposte dirette, con esclusione delle imposte : sul reddito dominicale dei terreni sul reddito agrario sul reddito dei fabbricati.

Segue… Furono devolute alle commissioni anche le controversie relative ad alcune imposte indirette: Imposta di registro Imposta di successione ed altre.

Articolazione della giustizia tributaria Commissioni distrettuali, competenti a conoscere, in prima istanza, di tutte le controversie, con esclusione di quelle relative a questioni di diritto attinenti le imposte indirette. Commissioni provinciali, giudici di appello relativamente alle decisioni delle commissioni distrettuali e di prima istanza per le controversie di diritto in materia di imposte indirette. Commissione centrale, giudice di seconda o di terza istanza, escluse le questioni di estimazione semplice.

Segue... Esaurita la fase davanti le commissioni tributarie, si apriva la via della tutela giurisdizionale innanzi al giudice ordinario, invocabile sia dal contribuente che dall’A.F., che si svolgeva avanti al tribunale civile e, in sede di gravame, avanti la Corte d’Appello e la Corte di Cassazione. Era escluso il riesame in sede di giurisdizione ordinaria delle questioni di estimazione semplice.

A partire dal 1936 comincia un processo di giurisdizionalizzazione delle commissioni tributarie, fino ad allora considerate, in virtù della composizione e del modo in cui operavano, organi di contenzioso amministrativo piuttosto che giurisdizionali.

A seguito dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, si pose il problema della verifica della coerenza costituzionale della disciplina del processo tributario, con riferimento alle imposte diverse da quelle per le quali era prevista una generale tutela davanti al giudice ordinario - indipendentemente dall’evoluzione della fase in sede amministrativa -, che valeva ad assicurare il rispetto dei principi costituzionali sia in tema di unità della giurisdizione (art. 102 Cost.), che di garanzia dell’imparzialità del giudizio (art.108 Cost.).

Il divieto di istituzione di nuovi giudici speciali espresso nell’art Il divieto di istituzione di nuovi giudici speciali espresso nell’art. 102 Cost., integrato dalla previsione (art. 103 Cost.) circa la conservazione di alcuni giudici speciali amministrativi espressamente individuati, rendeva applicabile alla disciplina del contenzioso tributario la VI disposizione transitoria, che prevedeva l’obbligo di provvedere entro cinque anni alla revisione degli organi di giurisdizione speciale esistenti al momento dell’entrata in vigore della Costituzione, al fine di conformarli ai principi costituzionali ed in particolare a quello di indipendenza sancito dall’art. 108, comma 2.

L’inerzia del legislatore ordinario indusse la Corte costituzionale a qualificare (sentenze nn. 6 e 10 del 1969) le commissioni tributarie come organi amministrativi e non giurisdizionali. Con tali pronunce la Corte lanciava un ultimatum al legislatore, senza tuttavia dichiarare l’illegittimità costituzionale del sistema del contenzioso tributario, così evitando di creare un vuoto nell’amministrazione della giustizia e di ingolfare la giurisdizione ordinaria.

La Corte di cassazione continuò a considerare le Commissioni tributarie organi giurisdizionali.

L. n. 825 del 1971 Il contrasto interpretativo tra i massimi organi giudiziari fu sanato con l’emanazione della L. n. 825 del 1971, che attribuiva delega al governo per l’attuazione della riforma del contenzioso tributario.

Due furono i punti salienti della riforma delineata dalla legge delega (attuata con dpr n. 636/1972): Riconoscimento alle commissioni della natura di organi giurisdizionali, stante il richiamo espresso al principio di indipendenza, che la Costituzione prescrive per l’esercizio della funzione giurisdizionale;

Segue… Articolazione del processo tributario nel seguente modo: Commissioni di primo grado Commissioni di secondo grado Commissione Centrale o, alternativamente, Corte d’Appello controllo di legittimità innanzi alla Corte di Cassazione

Dubbi suscitati dal Dpr n. 636/1972 Dubbi di legittimità costituzionale con riferimento al profilo della costituzione e composizione delle commissioni. Si era imboccata la strada del giudice speciale tributario non togato (né professionale né a tempo pieno). Dubbi superati, stante il riconoscimento da parte della Corte costituzionale della adeguatezza ai precetti costituzionali (artt. 101 e 108 Cost.) del sistema tributario delineatosi a seguito della riforma. Dubbi in merito alla idoneità tecnica dei giudici tributari all’espletamento di una funzione tanto importante e delicata.

Segue… Dubbi in ordine alla previsione di quattro gradi di giudizio, che rendevano troppo lunghi i tempi di definizione delle controversie tributarie, ma che rispondevano alla opportunità di mantenere almeno un grado di tutela davanti al giudice ordinario.

Vantaggi della riforma Giudizio unitario Semplificazione del sistema Conformità ai principi generali.

La riforma conseguente alla L. n La riforma conseguente alla L. n. 413 del 1991 e i decreti legislativi nn. 545 e 546 del 1992 Il dlgs 545/1992 reca la disciplina dell’ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria. Esso ha istituito il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, organo di vertice, di autogoverno dell’ordinamento processuale tributario, che costituisce una delle maggiori novità della riforma.

Consiglio di presidenza della giustizia tributaria Costituito con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze ed ha sede in Roma presso quest’ultimo Resta in carica per 4 anni E’ composto da 11 membri eletti dai giudici tributari e da 4 membri eletti dal Parlamento (2 dalla Camera e 2 dal Senato) a maggioranza assoluta, tra professori universitari in materie giuridiche o tra soggetti abilitati alla difesa dinanzi alle commissioni tributarie, che risultino iscritti ai rispettivi albi almeno da 12 anni.

Funzioni del Consiglio di presidenza Nomina e altri provvedimenti riguardanti i giudici tributari Pareri per la determinazione dei compensi fissi ed aggiuntivi ai componenti delle commissioni tributarie Organizzazione interna delle commissioni (poteri di vigilanza e ispezione) Coordinamento con l’attività del Ministero dell’Economia e Finanze

Organi della giurisdizione tributaria Commissioni tributarie provinciali: hanno sede nel capoluogo di ciascuna provincia. Commissioni tributarie regionali: hanno sede in ogni capoluogo di regione. Sezioni staccate possono essere istituite nei comuni sedi di Corte di appello o di sezioni staccate di Corte di Appello o di sezioni staccate di TAR; nei capoluoghi di provincia con oltre 120 mila abitanti distanti non meno di 100 Km dal comune capoluogo di regione.

Organizzazione delle Commissioni Ad ogni commissione è preposto un presidente, il quale presiede anche la prima sezione. Ogni sezione è composta da un presidente, da un vicepresidente e da altri 4 giudici. Ogni collegio giudicante deve essere presieduto dal presidente o dal vicepresidente della sezione e si pronuncia con il numero invariabile di tre votanti.

Nomina dei giudici tributari I giudici vengono nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministero dell’Economia e finanze, previa deliberazione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, secondo l’ordine risultante dagli elenchi formati per ciascuna commissione. Tali elenchi comprendono tutti i soggetti che, in possesso dei requisiti prescritti, hanno comunicato la propria disponibilità ad assumere l’incarico.

Requisiti dei presidenti I presidenti delle commissioni provinciali e regionali sono nominati tra i magistrati ordinari, amministrativi o militari, in servizio o a riposo, secondo la graduatoria redatta in base a due tabelle allegate al dlgs 545/92. Anche i presidenti di sezione sono nominati tra i magistrati predetti.

Requisiti dei vicepresidenti Si deve trattare di magistrati o di soggetti che: abbiano ricoperto almeno per 5 anni (commissioni provinciali) o 10 anni (commissioni regionali) l’incarico di giudici tributari siano in possesso della laurea in giurisprudenza o in economia nel rispetto delle graduatorie formate secondo le tabelle di cui sopra.

Requisiti degli altri giudici tributari I requisiti dei giudici tributari sono elencati negli artt. 4 (per i giudici delle commissioni provinciali) e 5 (per i giudici delle commissioni regionali) del dlgs 545/92. Risulta evidente come il legislatore nel dare attuazione alla delega per la riforma del contenzioso tributario non abbia rispettato i limiti da essa posti.

Segue… La legge delega imponeva di garantire la qualificazione professionale dei giudici tributari in modo che venga assicurata preparazione nelle discipline giuridiche ed economiche, acquisita anche con l’esercizio protrattosi per almeno dieci anni di attività professionali. La nomina a giudice tributario non poteva pertanto discendere dal mero possesso di un titolo.

Segue… L’art. 4 del dlgs 545 si accontenta, invece, per alcune delle categorie elencate, di una esperienza professionale non altamente qualificata, né decennale (ad es., coloro che hanno conseguito da almeno due anni il diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio).

Segue… Medesime riserve suscita l’art. 5 nel caso, ad esempio, in cui prevede che possano essere nominati giudici tributari coloro che sono iscritti negli albi professionali (notai, avvocati, procuratori, dottori commercialisti, ragionieri) ed hanno esercitato attività di amministratori, sindaci, dirigenti in società di capitali o di revisori di conti, senza richiedere una esperienza professionale almeno decennale. Appare così violato il criterio direttivo contenuto nella legge delega (eccesso di delega).

Dubbi di legittimità costituzionale Risulta inspiegabile e contrario al disposto dell’art. 107 Cost. (secondo il quale i giudici si distinguono solo per l’esercizio delle funzioni in concreto svolte e non per il loro diverso grado di preparazione) il divario di requisiti richiesti per assumere la carica di giudice tributario nelle commissioni regionali rispetto a quelli richiesti per la nomina a membri delle commissioni provinciali.

Incompatibilità (art. 8) Dipendenti dell’amministrazione finanziaria che prestano servizio presso gli uffici incaricati dell’accertamento dei tributi Appartenenti al corpo della G. di F. Soci, amministratori e dipendenti delle società concessionarie del servizio di riscossione o preposte alla gestione dell’anagrafe tributaria Coloro che esercitano, seppur occasionalmente, la consulenza tributaria o l’assistenza o la rappresentanza dei contribuenti nei rapporti con l’A.F. Etc.

Durata del mandato (art. 11) Cessano dall’incarico al compimento dei 75 anni La nomina a componente delle commissioni tributarie non costituisce rapporto di pubblico impiego Meccanismo di rotazione quinquennale da una sezione all’altra della stessa commissione (è venuto meno il limite decennale del mandato presso una medesima commissione)

Procedimento disciplinare Promosso dal Ministro delle finanze o dal presidente della commissione regionale nella cui circoscrizione presta servizio il giudice sottoposto a procedimento disciplinare. Il giudice ha facoltà di difendersi dinanzi al Consiglio di presidenza.

Trattamento economico Ai giudici spetta un compenso fisso mensile ed un compenso per ogni ricorso definito (giudici a “cottimo”).

Novità della riforma operata con dlgs 546/92 Articolazione del processo in tre gradi (due di merito e uno di legittimità). Adeguamento del contenzioso ai principi del processo civile. L’art. 1 opera un rinvio generalizzato alle disposizioni del codice di procedura civile, a differenza di quanto avveniva sotto il vigore del dpr 636/1972), purché le norme in esso contenute siano compatibili con le specificità del contenzioso tributario. La verifica di compatibilità non è sempre agevole.

Altre novità Obbligo delle parti (diverse dagli uffici dell’A.F. e dell’ente locale) di farsi assistere in giudizio da un difensore abilitato, tranne che per le controversie di importo contenuto. Principio victus victori: condanna delle parte soccombente al rimborso delle spese, salvo il potere della commissione di dichiarare la compensazione delle stesse. Tutela cautelare.

Segue… Conciliazione giudiziale (strumento deflattivo del contenzioso). Giudizio di ottemperanza.

I principi costituzionali in tema di esercizio della giurisdizione La riforma del 1992 ha rappresentato una tappa fondamentale per rendere il processo tributario conforme ai principi costituzionali in tema di esercizio della funzione giurisdizionale.

Art. 111 Cost. La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità,davanti a giudice terzo e imparziale. Questo articolo delinea il modello al quale deve uniformarsi qualsiasi processo, quale che sia il giudice, ordinario o speciale.

Il principio di imparzialità dei giudici L’imparzialità giurisdizionale non va confusa con quella amministrativa di cui all’art. 97 Cost. L’amministrazione agisce per la cura dei propri interessi (interessi pubblici generali pur sempre di parte). Il giudice agisce per fini esclusivi di giustizia. La sua imparzialità attiene ai criteri di giudizio, che non devono essere criteri di parte, ma quelli desumibili dalle norme dell’ordinamento.

Terzietà e indipendenza Due sono le garanzie poste a tutela della imparzialità del giudice e della sua obiettività di giudizio: Terzietà, intesa come estraneità del giudice rispetto alle parti e agli interessi della causa. Indipendenza, che attiene alla struttura organizzativa dell’organo giurisdizionale e si risolve nell’assenza di vincoli di soggezione sia interni che esterni.

Gli istituti della astensione e della ricusazione possono considerarsi strumenti posti a tutela della terzietà del giudice tributario.

Rilievi critici Se si considera che la terzietà, l’indipendenza e l’imparzialità del giudice ordinario (che può assumersi come modello di riferimento per le commissioni tributarie) sono garantiti dal reclutamento mediante concorso, dallo status professionale dei giudici e dalla istituzione di un organo di autogoverno, è possibile evidenziare come, in riferimento ai giudici tributari, sussista qualche elemento di perplessità.

I limiti dell’imparzialità dei giudici tributari Il dlgs 545/92 ha istituito un organo di autogoverno (Consiglio di presidenza), senza tuttavia prevedere il concorso come strumento di reclutamento dei giudici tributari e continuando a configurarli come giudici onorari (non togati), non sempre dotati di adeguata preparazione.

Altri problemi di legittimità costituzionale Limitazioni della tutela cautelare (esperibile solo in primo grado) Esclusione della prova testimoniale Non esecutività delle sentenze di condanna a favore del contribuente fino a quando non siano passate in giudicato

LA GIURISDIZIONE E LA COMPETENZA

La giurisdizione L’art. 2 del dlgs 546/92 disciplina l’oggetto della giurisdizione delle commissioni tributarie. Fino al 31 dicembre del 2001, la giurisdizione delle commissioni tributarie aveva per oggetto solamente le liti relative ad un elenco di tributi (imposte sui redditi, Iva, imposte sui trasferimenti, tributi locali, etc.). Le liti relative ai tributi diversi da quelli elencati appartenevano alla giurisdizione del giudice ordinario.

Art. 12 legge finanziaria 2002 Dal 1° gennaio 2002 la giurisdizione delle commissioni tributarie comprende: tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie tra cui quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio.

La giurisdizione delle commissioni riguarda tutte le liti tributarie (aventi ad oggetto i tributi e i rapporti consequenziali come sovrimposte, addizionali, interessi, sanzioni amministrative), con esclusione delle liti relative all’esecuzione forzata che appartengono al giudice ordinario e delle liti che appartengono al giudice amministrativo.

Liti tributarie Le liti tributarie sono quelle che hanno ad oggetto prestazioni tributarie. Le prestazioni tributarie non vanno confuse con quelle coattive. Le prime rappresentano solo una parte, anche se la più rilevante delle seconde, che formano oggetto della riserva di cui all’art. 23 Cost.

Natura generale della giurisdizione La modifica introdotta dal 1° gennaio 2002 non ha solamente valore quantitativo, non essendosi limitata ad estendere l’elenco dei tributi oggetto della giurisdizione delle commissioni, ma è una modifica qualitativa che segna il passaggio da una definizione della giurisdizione basata sulla enumerazione tassativa di tributi ad una previsione generale (tributi di ogni genere e specie).

Sono state attratte nella giurisdizione delle commissioni: I dazi doganali Le accise L’Iva sull’importazione I prelievi agricoli Le tasse automobilistiche L’imposta di bollo Le tasse sulle concessioni governative Le sovrimposte e le addizionali Tributi regionali

Non esclusività della giurisdizione La giurisdizione sulle controversie tributarie viene attribuita quasi completamente alle commissioni tributarie. La giurisdizione delle commissioni è allo stato una giurisdizione generale, anche se non esclusiva (vi sono ancora controversie devolute al giudice ordinario e al giudice amministrativo).

Sono pertanto venuti meno i limiti esterni ed orizzontali della giurisdizione delle commissioni (attinenti all’oggetto delle liti, rappresentato dai tributi espressamente enumerati). Permangono i limiti interni: limiti individuabili in funzione del disposto dell’art. 19 dlgs 546/92.

Si ritiene che l’ampliamento della giurisdizione delle commissioni tributarie sia stata rispettosa dei limiti imposti dalla Costituzione, che vieta l’istituzione di nuovi giudici speciali (art. 102).

La Corte costituzionale ha riconosciuto che il legislatore tributario è pienamente legittimato ad ampliare i confini della giurisdizione tributaria, salvo il limite rappresentato dal non snaturamento delle materie ad essa attribuite quale elemento essenziale e caratterizzante della medesima.

L. 248/2005 E’ stato precisato che spettano alla cognizione del giudice tributario le controversie sui tributi di ogni genere e specie comunque denominati, aggiungendo che appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative al: Canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche Canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani Imposta e canone comunale sulla pubblicità e al diritto sulle pubbliche affissioni.

La Costituzione non consente, però, che siano attribuite alle commissioni tributarie controversie non tributarie. Sicché, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 2, comma 2, secondo periodo, dlgs 546/92, nella parte in cui attribuisce alle commissioni tributarie le liti relative al canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (sent. 14 marzo 2008, n. 64), e nella parte concernente le sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, se non tributarie (sent. 14 maggio 2008, n. 130).

Controversie tributarie Alla luce di quanto detto, sono devolute alla cognizione delle commissioni tributarie le controversie instaurate nei confronti dell’ente impositore (elemento soggettivo)…

Segue… E concernenti (elemento oggettivo) l’an e il quantum delle: obbligazioni facenti capo ai soggetti passivi del tributo, della sovrimposta e dell’addizionale obbligazioni tributarie facenti capo ai sostituti e ai responsabili di imposta obbligazioni accessorie alle precedenti (interessi moratori e sanzioni amministrative) obbligazioni a carico dell’A.F. aventi ad oggetto il rimborso di somme indebitamente corrisposte a titolo di tributo dai soggetti passivi

Controversie escluse dalla giurisdizione tributaria per difetto dell’elemento soggettivo Non rientrano nella giurisdizione delle commissioni, per difetto dell’elemento soggettivo, le controversie oggettivamente tributarie le cui parti sono soggetti privati. Esempio: liti tra contribuente di diritto (che ha un diritto di rivalsa) e contribuente di fatto.

Discutibilmente e contrariamente a quanto detto, la giurisprudenza fa rientrare nella giurisdizione tributaria le controversie in tema di rivalsa tra sostituto e sostituito, ritenendo che a queste liti debba partecipare in veste di litisconsorte anche l’A.F. (il che non farebbe venir meno l’elemento soggettivo).

La dottrina non è concorde, ritenendo che: non sussista un rapporto plurisoggettivo unico intercorrente tra sostituto, sostituito e A.F., tale da giustificare una situazione di litisconsorzio necessario manchi uno degli atti impugnabili, ex art. 19 dlgs 546/92

Controversie relative al risarcimento dei danni (assenza elemento oggettivo) Non rientrano nella giurisdizione tributaria, ma in quella del giudice ordinario, le liti promosse dai privati nei confronti dell’A.F. aventi ad oggetto il risarcimento dei danni cagionati da comportamenti illeciti commessi da funzionari dell’A.F., che risultano fondate sull’art. 2043 c.c. (che restano escluse dalla nozione di controversia tributaria).

Segue… Rientra nella giurisdizione delle commissioni tributarie la domanda di risarcimento danni derivanti da responsabilità aggravata ex art. 96, comma 1 c.p.c., in quanto essa va proposta davanti al giudice al quale spetta la cognizione e la decisione della lite temeraria che ne costituisce il presupposto.

Controversie in tema di legittimità degli atti amministrativi generali e individuali (assenza elemento oggettivo) Non appartengono alla giurisdizione tributaria, ma a quella del giudice amministrativo, in quanto: incidono su situazioni di interesse legittimo non attengono all’an e al quantum di uno specifico rapporto di imposta. Il giudice tributario, può tuttavia conoscere in via incidentale della legittimità degli atti in parola ai fini della disapplicazione degli stessi (art. 2, dlgs 546/92).

Controversie relative agli accessori del tributo (interessi anatocistici) Le liti relative ad interessi, anche quelli anatocistici, sono devolute al giudice tributario.

Controversie relative agli accessori del tributo (sanzioni) Prima che l’art. 12, comma 1, della legge finanziaria 2002 lo riformulasse, l’art. 2 dlgs 546/92 limitava la giurisdizione delle commissioni alle sanzioni tributarie non penali. Il testo riformato comprende invece le sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari.

Segue… La giurisprudenza aveva, erroneamente, ritenuto che tale disposizione attribuisse alla giurisdizione tributaria anche le controversie concernenti le sanzioni irrogate per la violazione di norme non tributarie. La disposizione, così interpretata, è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale (contraria al divieto di istituire nuovi giudici tributari, sancito dall’art. 112 Cost.).

Segue… La giurisdizione non comprende pertanto qualsiasi sanzione irrogata da un ufficio finanziario, ma solo le sanzioni per la violazione di norme tributarie.

Le liti di rimborso Nel caso di domande, proposte dai contribuenti, di rimborso di tributi pagati ma non dovuti, la giurisdizione delle commissioni tributarie si estende agli interessi e al maggior danno da svalutazione monetaria.

Le controversie in tema di riscossione e di esecuzione Si tratta di controversie aventi ad oggetto il diritto del soggetto creditore di agire per la realizzazione della propria pretesa, anche attraverso l’esecuzione forzata. Esse rientrano nella giurisdizione delle commissioni tributarie.

Restano escluse dalla giurisdizione delle commissioni, per espressa disposizione dell’art. 2, le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’art. 50 del dpr 602/1973, per le quali continuano ad applicarsi le medesime disposizioni del dpr medesimo.

Perciò bisogna distinguere tra cause che attengono al debito di imposta e cause relative all’esecuzione. Le prime ricadono sempre nella giurisdizione del giudice tributario.

Pertanto… Le questioni riguardanti il titolo esecutivo (ossia il ruolo) vanno sollevate mediante ricorso contro il ruolo, da proporre innanzi alle commissioni tributarie L’opposizione all’esecuzione, disciplinata dall’art. 615 c.p.c., è proponibile dinanzi al giudice ordinario solo quando concerne la pignorabilità dei beni (art. 57, dpr 602/1973)

Segue… L’opposizione agli atti esecutivi si propone al giudice ordinario, ma non è ammessa quando concerne la regolarità formale o la notificazione del titolo esecutivo (posto che tali questioni attengono al ruolo e quindi sono da proporre, con ricorso contro il ruolo, alle commissioni tributarie) Le cause di opposizione di terzo all’esecuzione appartengono alla competenza del Tribunale, quali cause di imposta, ai sensi dell’art. 9 c.p.c. i terzi che assumono di avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati possono proporre ricorso al giudice dell’esecuzione, entro la data fissata per il primo incanto Rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le cause di danni contro l’agente di riscossione.

Cause di impugnazione del fermo e dell’ipoteca Come si è detto, la giurisdizione del giudice tributario sussiste per i ricorsi contro il ruolo, ma non per le cause di opposizione agli atti esecutivi. Peraltro, per espressa previsione dell’art. 19 (così come modificato dalla legge 248/2006), il fermo amministrativo dei beni mobili registrati e l’iscrizione di ipoteca sono impugnabili dinanzi alle commissioni.

Questioni incidentali non tributarie (art. 2, comma 3, dlgs 546/92) Il giudice tributario ha il potere di risolvere in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella sua giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato e la capacità delle persone, diverse dalla capacità di stare in giudizio.

Come il giudice ordinario, nelle cause non tributarie appartenenti alla sua giurisdizione, risolve in via incidentale le questioni tributarie, così il giudice tributario risolve in via incidentale le questioni non tributarie, su cui non è richiesta la pronuncia con efficacia di giudicato.

Vale a dire che, la norma in esame legittima il giudice tributario a conoscere incidentalmente della questione pregiudiziale, decidendola senza efficacia di giudicato, ossia ai soli e limitati fini della decisione della questione dipendente formante oggetto della controversia radicata davanti a lui e rientrante nella sua giurisdizione.

(ad esempio) Pertanto: In una causa in materia di Tosap, il giudice accerta incidentalmente se un terreno ha natura demaniale (Cass. Sez. Un., 23 maggio 2003, n. 8130) Spetta alle commissioni il potere di accertare in via incidentale lo status di coltivatore diretto del ricorrente, nel giudizio di impugnazione del diniego delle agevolazioni previste a favore della piccola proprietà contadina (Cass. 28 luglio 2003, n. 11610)

Il difetto di giurisdizione e il regolamento preventivo di cui all’art Il difetto di giurisdizione e il regolamento preventivo di cui all’art. 41, comma 1 del c.p.c. L’art. 3 dlgs 546/1992 prevede: Il difetto di giurisdizione delle commissioni è rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo È ammesso il regolamento preventivo di giurisdizione ai sensi dell’art. 41, comma 1 del c.p.c.:

Regolamento preventivo di giurisdizione Nel corso del giudizio di primo grado, può essere chiesto alla Corte di cassazione di stabilire a quale giudice spetta la giurisdizione. Si applica anche l’art. 367 c.p.c.: qualsiasi decisione emessa dal giudice di primo grado preclude il regolamento di giurisdizione.

Segue... La proposizione del ricorso per regolamento di giurisdizione non produce automaticamente la sospensione del processo tributario (ai sensi dell’art. 367 c.p.c.). La sospensione è disposta con ordinanza del giudice a quo se la richiesta di regolamento non è ritenuta inammissibile e non è manifestamente infondata (ciò al fine di evitare che il regolamento di giurisdizione venga chiesto solo per prolungare la durata del processo).

Tale disputa è il riflesso delle divergenze esistenti in ordine alla natura del processo tributario, da alcuni concepito come processo di accertamento del rapporto obbligatorio di imposta, e da altri come processo di impugnazione-annullamento degli atti impositivi promananti dall’amministrazione finanziaria o da chi ne esercita le funzioni in sede di attuazione della pretesa impositiva.

Tipi e forme di tutela: la tutela di condanna Avanti alle commissioni tributarie è esperibile la tutela di condanna dell’ente impositore al rimborso delle somme indebitamente corrisposte dal contribuente (art. 69, dlgs 546/92).

Molto spesso è espressamente previsto un onere di presentazione (entro un termine perentorio) di un’apposita domanda in via amministrativa quale presupposto processuale per l’esperimento dell’azione di rimborso (artt. 37 e 38, dpr 602/1973).

Istanza di rimborso È prevista in generale la necessità della previa presentazione della domanda di rimborso. Si ritiene, tuttavia, che sia possibile prescindere dalla proposizione dell’istanza di rimborso quando non solo la norma contempli l’obbligo per l’A.F. di provvedere d’ufficio al rimborso, ma ne imponga l’adempimento entro un termine ben preciso.

Esempio Ai sensi dell’art. 68, comma 2, dlgs 546/92, se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale con i relativi interessi deve essere rimborsato d’ufficio entro 90 giorni dalla notificazione della sentenza. Il che comporta che il contribuente , ove abbia ottenuto una sentenza passata in giudicato, non possa agire in via esecutiva se non dopo che siano decorsi i 90 giorni dalla notificazione della sentenza. Egli non è tenuto a formulare una preventiva domanda di rimborso in sede amministrativa, nel caso che l’A.F. non abbia provveduto ad adempiere nel termine stabilito, e potrà promuovere un’autonoma azione di rimborso ex art. 21, dlgs 546/92, avverso il comportamento inerte dell’A.F. (inadempimento) qualificabile come silenzio-rifiuto.

Tipi e forme di tutela: la tutela cautelare Una delle novità della riforma del processo tributario attuata con i dlgs. 545 e 546 del 1992 consiste della ammissibilità della tutela cautelare, precedentemente esclusa dall’ambito del contenzioso tributario.

E’ infatti previsto che il ricorrente, se dall’atto impugnato può derivargli un danno grave ed irreparabile, può chiedere alla commissione provinciale competente la sospensione dell’atto stesso con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato notificato alle altre parti e depositato in segreteria (art.47).

Misure cautelari a favore dell’ente impositore Art. 22 del dlgs 472/1997: in base all’atto di contestazione, al provvedimento di irrogazione della sanzione o al processo verbale di constatazione, e dopo la loro notifica, l’ufficio o l’ente, quando hanno fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può chiedere, con istanza motivata, al Presidente della commissione tributaria provinciale l’iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido e l’autorizzazione a procedere, a mezzo ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei loro beni, compresa l’azienda.

La competenza territoriale delle commissioni tributarie Nel processo tributario la distribuzione della competenza è operata esclusivamente sulla base del criterio territoriale; non vi è distribuzione di competenza per materia o per valore.

Commissioni tributarie provinciali La competenza territoriale delle commissioni tributarie provinciali è determinata dalla sede dell’ufficio o ente che ha emesso l’atto oggetto di impugnazione e contro cui si propone il ricorso.

I ricorsi contro le società concessionarie del servizio di accertamento e riscossione dei tributi locali appartengono alla competenza della commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede il concessionario, e non a quella della Provincia in cui è ubicato il Comune concedente (Cass., 13 agosto 2004, n. 15864).

Commissione tributaria regionale Anche per l’individuazione della commissione regionale competente si segue il criterio territoriale: è competente la commissione nella cui Regione ha sede la commissione provinciale che ha pronunciato la sentenza appellata.

La presentazione di un ricorso ad un giudice territorialmente non competente è un errore cui si pone rimedio riassumendo la causa dinanzi al giudice competente, dopo che la commissione adita si è dichiarata incompetente. Se la riassunzione non è eseguita nei termini, il processo si estingue e l’atto impugnato diviene definitivo: non è più possibile riproporre il ricorso, essendo decorso il termine per impugnare.

La competenza delle commissioni tributarie è inderogabile. L’incompetenza è rilevabile anche d’ufficio, ma solo nel grado al quale il vizio si riferisce. Contro la sentenza della commissione tributaria provinciale che dichiara la propria incompetenza non è proponibile il regolamento di competenza, ma l’appello.

Se una commissione si dichiara incompetente ed il processo è riassunto dinanzi alla commissione dichiarata competente, non può essere più messa in discussione la competenza della commissione adita.

La commissione indicata come competente da altra commissione, dinanzi alla quale il processo sia tempestivamente riassunto, non può a sua volta dichiararsi incompetente, né promuovere d’ufficio il regolamento di competenza dinanzi alla Corte di cassazione.

Il ricorrente ha l’onere di riassumere il processo nel termine fissato nella sentenza o, in mancanza, nel termine di sei mesi dalla comunicazione, a cura della segreteria, della sentenza stessa, diversamente il processo si estingue.

Se la sentenza di primo grado è appellata, la commissione tributaria regionale, quando dichiara la competenza negata dal primo giudice, deve rimettere la causa alla commissione provinciale che ha emesso la sentenza impugnata.

Se la sentenza della regionale non è impugnata per cassazione, il processo prosegue in primo grado, senza necessità di riassunzione ad istanza di parte.

IL GIUDICE ED I SUOI AUSILIARI

La ricusazione e l’astensione in generale Si tratta di due istituti, intimamente connessi, attraverso i quali si tenta di realizzare il valore costituzionale dell’imparzialità del giudice sotto il profilo della terzietà, ossia della sua estraneità rispetto alla controversia che è chiamato a conoscere e risolvere.

La disciplina della astensione e della ricusazione è dettata dall’art La disciplina della astensione e della ricusazione è dettata dall’art. 6 del dlgs 546/1992, che rinvia alle norme del codice di procedura civile; ciò vale a sottolineare la omogeneità della disciplina in esame con quella processualcivilistica.

Sembra non potersi accogliere la tesi di quella parte della dottrina secondo la quale il rinvio espresso dell’art. 6 al c.p.c. valga a limitare l’applicabilità della disciplina della astensione e della ricusazione ai soli membri delle commissioni tributarie, escludendone l’operatività in riferimento ai consulenti tecnici, secondo quanto previsto dall’art. 63 c.p.c.

Del resto, proprio per effetto della mancanza di una specifica disciplina per le ipotesi in cui il consulente tecnico non si trovi in una condizione di imparzialità, si determina una lacuna colmabile facendo leva sul rinvio generale al c.p.c. contenuto nell’art. 1, comma 2.

L’astensione Astensione obbligatoria: ipotesi tassative indicate dall’art. 51, comma 1, c.p.c. e dall’art. 6, comma 2, dlgs 546/1992 Astensione facoltativa: esistenza di gravi ragioni di convenienza la cui verifica è rimessa all’insindacabile giudizio del giudice interessato e del giudice chiamato ad autorizzare l’astensione.

Astensione obbligatoria La compromissione della terzietà del giudice può derivare: dal rapporto tra il giudice e l’oggetto della causa dal rapporto tra il giudice e le parti

Rapporto tra il giudice e l’oggetto della controversia Interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto: il giudice può risentire degli effetti della sentenza che è destinato ad emanare Precedente consiglio o patrocinio in causa e precedente cognizione in veste di giudice o consulente tecnico

Segue… Il consiglio è un qualsiasi parere dato alla parte o al suo difensore riguardo al caso concreto, non un parere proferito in astratto su questioni generiche di diritto.

Segue… Il precedente patrocinio opera quale causa di astensione solo con riguardo all’attività svolta dal giudice prima che fosse nominato membro della commissione tributaria, in quanto l’art. 8, dlgs 545/92 annovera tra le cause di incompatibilità del giudice proprio l’esercizio delle professioni che abilitano al patrocinio dinanzi le commissioni tributarie.

Segue… L’obbligo di astensione derivante dalla precedente cognizione ricorre nel caso in cui il giudice abbia conosciuto la stessa causa in un precedente grado di giudizio.

Segue… Il riferimento è alla identità di causa e non alla identità dei fatti (ad es., medesimi fatti conosciuti in un processo penale, comunanza di fatti in rapporto a diverse annualità della medesima imposta). Questa interpretazione restrittiva si giustifica con l’intento di circoscrivere al massimo le cause di astensione.

Rapporto tra il giudice e le parti Il giudice o la moglie è parente fino al quarto grado o è convivente o commensale abituale di una delle parti o del difensore. Si ritiene che la convivenza o la commensualità debbano avere il carattere della consuetudine di vita comune, tale che il giudice senta la causa dell’amico come propria.

Il giudice o la moglie hanno una causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o il difensore. Si vuole evitare che il giudice della controversia sia parte in causa in un altro procedimento la cui controparte sia il ricorrente o l’Ufficio.

Segue… La grave inimicizia (rapporto particolarmente conflittuale) ricorre secondo Russo anche quando la parte sia un ente, non necessariamente tra il giudice e le persone fisiche titolari di specifici uffici all’interno dell’ente (come invece sostiene altra parte della dottrina).

Il giudice ha o ha avuto rapporti di lavoro autonomo ovvero di collaborazione con una delle parti (ipotesi introdotta dall’art. 6, dlgs 546/1992).

Astensione facoltativa L’astensione è facoltativa in presenza di gravi ragioni di convenienza. Si tratta di ipotesi in cui la scelta del giudice è del tutto discrezionale. La mancata astensione facoltativa non può essere oggetto di ricusazione.

Dalla mancata astensione non derivano conseguenze né in ordine alla validità o efficacia degli atti processuali né sotto il profilo disciplinare.

L’astensione facoltativa non è rimessa all’esclusivo apprezzamento del giudice interessato, il quale semplicemente assume l’iniziativa.

L’astensione del giudice non determina la sospensione del processo, che prosegue regolarmente innanzi al collegio integrato con un altro membro.

La ricusazione Si tratta di uno strumento messo a disposizione delle parti per rendere effettivo e concreto l’obbligo di astensione del giudice. Esso è l’unico rimedio per le ipotesi in cui il giudice, pur essendo obbligato, non si sia astenuto.

Si tratta di un rimedio esclusivo, in quanto la sentenza emessa da un collegio composto da membri per i quali sussisteva l’obbligo di astensione non può essere impugnata per questo motivo se non è stata proposta istanza di ricusazione.

Duplice presupposto della ricusazione Esistenza di una causa di astensione obbligatoria Violazione del relativo obbligo

Il procedimento La ricusazione è richiesta con ricorso presentato alla commissione almeno due giorni prima dell’udienza di discussione, ovvero immediatamente prima dell’udienza di trattazione nell’ipotesi che la conoscenza della composizione della commissione sopravvenga in una data successiva.