Distretti e Sviluppo Locale

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Transcript della presentazione:

Distretti e Sviluppo Locale di Paolo Calza Bini e Francesca Zanier

Concetti e storia della loro definizione S V I L U P P O L O C A L E S v i l u p p o l o c a l e Apprendimenti e innovazioni scientifici

Sviluppo Economico Sociale Sviluppo e modernizzazione: crescita armoniosa e progressiva (anni 50/60) Sviluppo e Sottosviluppo: 1)modernità e arretratezza; 2) Sviluppo causa ed artefice del sottosviluppo. (2 interp. a partire a.‘60) Sviluppo tra positività e negatività: progresso economico/tecnologico e degenerazione Ambientale e Sociale (’70..

Territorio come luogo socio-economico Il Locale, La Nazione, I Continenti, il Globale territori dell’Economia e della Società I cambiamenti del territorio come luogo principe di Economia e Società Le Diversità socio-econ dei territori La “Produzione della Società” (Econ e Soc) I Sistemi Locali e le interazioni territoriali (intra ed inter territoriali) Il rescaling Locale/Globale

Del Binomio Sviluppo Locale a partire dagli anni ‘70 Crisi del Fordismo Decentramento Produttivo Sviluppo PMI I Distretti Industriali I Sistemi Produttivi Locali dell’area NEC Risultati di ricerca e innovazione scientifica “La Nuova Sociologia Economica in Italia”

SISTEMA PRODUTTIVO LOCALE Il sistema produttivo locale (SPL) rappresenta la dimensione territoriale del modello di sviluppo locale o endogeno Caratteristiche: INTEGRAZIONE PRODUTTIVA ESISTENZA DI RISORSE SPECIFICHE (SPECIFIC ASSETS) ESISTENZA DI CONOSCENZE TACITE INTRODUZIONE DI FORME DI REGOLAZIONE SOCIALE (cfr. AZIONI COLLETTIVE) PRESENZA DI ECONOMIE ESTERNE IL TERRITORIO GIOCA UN RUOLO ATTIVO STRETTA INTERDIPENDENZA DELLE DIMENSIONI ECONOMICA, TERRITORIALE E SOCIALE

1° forma di sviluppo locale: i distretti industriali modello di sviluppo che si basa sulla piccola e media impresa, concentrata su territori definiti e circoscritti e caratterizzata da “ispessimento delle relazioni interindustriali, sociali e istituzionali” (Becattini) Strumenti di definizione quantitativa del fenomeno: i sistemi locali del lavoro (SLL)

Sistemi Locali del lavoro: definizione e finalità Una definizione: rappresentano dei luoghi dove la popolazione risiede e lavora e dove quindi indirettamente tende a esercitare la maggior parte delle proprie relazioni sociali ed economiche Finalità: individuare aree territoriali che esulino dalle tradizionali suddivisioni amministrative del territorio. L’obiettivo identificare e analizzare caratteristiche economiche e sociali di aree specifiche che dipendono dai processi di auto organizzazione della popolazione attiva (misurati mediante i movimenti giornalieri che i singoli individui operano per conciliare l’attività lavorativa con quella sociale).

Come si costruiscono i SLL? Da un punto di vista tecnico e metodologico: i SLL sono costruiti come aggregazione di due o più comuni cercando di massimizzare il livello d’interazione tra comuni appartenenti allo stesso SLL, espressa dai flussi di pendolarismo giornaliero tra luogo di residenza (località h) e luogo di lavoro (località k). L’individuazione di SLL dipende anche dal rispetto di vincoli imposti sulla dimensione minima delle aree, espressa tramite il numero di occupati residenti e sul livello minimo accettabile di auto-contenimento dei flussi di pendolarismo distinto tra auto-contenimento dal lato dell’offerta di posti di lavoro e auto-contenimento dal lato della domanda di posti di lavoro. Per approfondimenti si veda Nota Metodologica sui SLL , Istat – sezione STRUMENTI – Territorio e cartografia (www.istat.it) che riassume i passi effettuati al fine di individuare i nuovi SLL basati sui flussi di pendolarismo rilevati con il Censimento generale della popolazione e delle abitazioni del 2011

Sistemi Produttivi Locali: altre caratteristiche Riproduzione di saperi Potenzialità di relazioni dinamiche tra le imprese e con altre organizzazioni (via interazione e complementarietà) Produzione di nuove conoscenze e nuove competenze professionali Circolazione di informazioni Bassi costi di transazione

I distretti industriali A partire dai Sistemi Locali del Lavoro (SLL), sulla base dell’analisi della loro specializzazione produttiva, l’Istat ha identificato 141 distretti industriali. (Rispetto al 2001, il numero di distretti industriali diminuisce di 40 unità ) La metodologia di individuazione dei distretti industriali : Vengono selezionati i SLL caratterizzati dalla presenza di micro, piccola e media impresa, con una elevata concentrazione territoriale di occupazione manifatturiera focalizzata in un’industria principale, essendo le altre industrie secondarie complementari (dal lato dell’occupazione) o ausiliarie (dal lato della produzione). Ciascuna impresa è specializzata in prodotti, parti del prodotto o fasi del processo produttivo tipico del distretto. Le imprese del distretto si caratterizzano per essere numerose e di modesta dimensione. (Ciò non implica che non vi possano essere anche imprese abbastanza grandi ma la loro crescita “fuori scala” può causare una modifica nella struttura “classica” di distretto). Per la definizione di piccola e media impresa, in accordo con la disciplina comunitaria, si è fatto riferimento alle unità produttive con meno di 250 addetti.

Distretti industriali: le caratteristiche strutturali Elevata specializzazione produttiva Elevata divisione del lavoro tra le imprese locali (interdipendenze produttive) Elevata specializzazione a livello di impresa e di impianto produttivo (che permette elevate economie di scala per la singola lavorazione) Efficiente sistema di circolazione delle informazioni (le conoscenze sono “patrimonio comune” delle imprese) Elevata qualificazione professionale dei lavoratori

Distretti industriali: i concetti fondamentali Bilanciamento di competizione (che spinge all’efficienza) e collaborazione tra imprese (che favorisce la soluzione dei problemi delle imprese e l’accumulazione di nuove competenze tecnico-professionali) Economie esterne (all’impresa) Efficienza collettiva (il miglioramento dell’efficienza delle imprese aumenta l’efficienza del sistema, via le relazioni di complementarietà) Innovazione sociale (dinamica economica e sociale basata su relazioni sociali e su meccanismi di apprendimento)

Distretti industriali: alcuni dati I distretti industriali costituiscono circa un quarto del sistema produttivo del Paese, sia in termini di numero di SLL (il 23,1% del totale), sia di addetti (il 24,5% del totale), sia di unità locali produttive (il 24,4% del totale). L’occupazione manifatturiera distrettuale rappresenta oltre un terzo di quella complessiva italiana. All’interno dei distretti industriali risiede circa il 22% della popolazione italiana. Ogni distretto, in media, è costituito da 15 comuni

Distretti industriali: alcuni dati il settore manifatturiero italiano si conferma caratterizzato dal modello distrettuale. I distretti industriali costituiscono infatti il 64,1% dei SLL prevalentemente manifatturieri. e assorbono il 65,8% degli addetti dell’industria manifatturiera. Il maggior numero di distretti (45) è localizzato al Nord-est, Il Nord-ovest presenta 37 distretti (il 58,7% dei propri SLL) e il Centro 38 (il 71,7%). Nel Sud sono presenti 17 distretti, concentrati in Puglia (7), Campania (6) e Abruzzo (4), mentre nelle Isole sono concentrati unicamente in Sardegna

Distretti industriali: alcuni dati I distretti del Made in Italy sono 130, ben il 92,2% dei distretti industriali del Paese; sono maggiormente presenti nei settori della meccanica (il 27,0%), tessile-abbigliamento (22,7%), beni per la casa (17,0%) e pelli, cuoio e calzature (12,1%). Lombardia e Veneto insieme assorbono il 60,4% dell’occupazione manifatturiera distrettuale (rispettivamente il 33,7% e il 26,7%); seguono Toscana (9,9%), Emilia-Romagna (9,4%) e Marche (8,7%).

I sistemi locali del lavoro: alcuni dati Sono 611 i SLL ( rispetto al 2001 si registra una diminuzione di 72 unità) sono indipendenti dai confini amministrativi: 56 (9,2%) sono quelli che si collocano a cavallo di più regioni e 185 (30,3%) quelli che coinvolgono due o più province È la Sicilia la regione che presenta il maggior numero di sistemi locali (71), seguita da Lombardia (51) e Toscana (48). Molise e Valle d’Aosta, ambedue con cinque sistemi, sono le regioni con il minor numero di partizioni. Il sistema locale più esteso come superficie è quello di Roma - si sviluppa per 3.892 km2 - il più piccolo è Capri con 10,5 km2.

I SLL: alcuni dati Quasi la metà dei sistemi locali (279, pari al 45,7%) si colloca nella classe 10mila-50mila abitanti, mentre la maggior parte della popolazione (35,0%) risiede in sistemi di dimensione compresa tra i 100mila e i 500mila abitanti. I sistemi locali di grandi dimensioni, con oltre 20 milioni di abitanti, rappresentano oltre un terzo della popolazione nazionale (33,8%) e degli occupati residenti (35,0%). Quelli di Torino, Milano, Roma e Napoli rappresentano da soli poco meno di un quinto della popolazione residente. In 332 sistemi (oltre il 70% della popolazione) più di tre quarti degli occupati vivono e lavorano nello stesso sistema locale (indici di auto-contenimento al di sopra di 0,75). Ulteriori informazioni sui Sistemi locali del lavoro sono disponibili sul sito web dell’Istat all’indirizzo http://www.istat.it/it/strumenti/territorio-e-cartografia/sistemi-locali-del-lavoro

Altre forme di Sistemi Produttivi Locali Cluster di PMI Definizione di cluster : «un’agglomerazione geografica di imprese interconnesse, fornitori specializzati, imprese di servizi, imprese in settori collegati e organizzazioni associate che operano tutti in un particolare campo, e caratterizzata dalla contemporanea presenza di competizione e cooperazione tra imprese». (Porter) Caratteristiche: Struttura orizzontale del sistema locale Competizione sui costi di produzione (salari) Elevato flusso di informazioni Formazione di specifiche professionalità sul mercato del lavoro locale Nascita di nuove imprese con strategie imitative

Il cluster di PMI (2) Spesso si formano attraverso un processo di decentramento produttivo Strategie imitative, prevalentemente basate sul taglio dei costi di produzione (salari) È difficile la cooperazione tra le imprese Raramente esiste la percezione dell’identità locale È molto difficile organizzare azioni collettive e politiche economiche locali

le PMI nella crisi la classe delle imprese “vincenti” la classe delle imprese “crescenti all’estero la classe delle imprese “crescenti in Italia” la classe delle imprese “in ripiegamento”

le imprese “vincenti” le imprese che, anche negli anni di crisi 2011-2013, hanno visto aumentare il proprio fatturato sia in Italia sia all’estero. Si tratta di oltre 4.600 unità (18,1% del T), che spiegano il 20 % del valore aggiunto complessivo;

le imprese “crescenti all’estero” Le imprese, che nel periodo 2011/13 hanno aumentato il fatturato estero ma ridotto quello interno. L’insieme comprende circa 8.500 imprese (il 33 % del totale), che spiegano circa il 38 % del valore aggiunto complessivo;

le imprese “crescenti in Italia” Le imprese, che nel periodo 2011/13 Hanno una buona performance all’interno, e un fatturato estero in diminuzione. Si tratta di poco più di 3.400 unità (il 13,3 % del totale), che spiegano l’11 % del valore aggiunto complessivo;

Le imprese “in ripiegamento” Le imprese “in ripiegamento”,nel 2011/13 fatturato diminuito sia in ambito nazionale sia sui mercati internazionali. Oltre 9.100 unità produttive (35,6 % del T), 30,6 % del valore aggiunto complessivo.