Consumi e stili alimentari in tempo di crisi Milano, 19 maggio 2013 Centro Studi
Indice I consumi alimentari In casa Fuori casa Un confronto con l’Europa I consumi alimentari in casa I consumi alimentari fuori casa Gli italiani a tavola I nuovi stili alimentari Gli orientamenti alimentari I prodotti Gli effetti sulla salute
I consumi alimentari In cinque anni, da quando è iniziata la crisi, le famiglie italiane hanno tagliato del 9,6% il carrello della spesa per un valore di oltre 12,4 miliardi di euro. Un ridimensionamento importante che solo in parte si spiega con la maggiore attenzione agli sprechi. L’aumento delle famiglie in condizioni di povertà (+50% negli ultimi cinque anni) e la più generale contrazione del reddito pro-capite raccontano l’altro pezzo della storia fatta di rinunce ma anche della progressiva perdita di “valore” del cibo trasformato, via via in commodity, da comprare al prezzo più basso.
I consumi delle famiglie (var I consumi delle famiglie (var. % 2012/2007 - valori concatenati anno di riferimento 2005) -44,6 Mld. di euro Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
I consumi alimentari Nessuna categoria merceologica ha potuto sottrarsi alla politica di risparmio a cominciare da pasta e derivati dei cereali per finire a marmellate, miele, ecc. . Tagli importanti a frutta e verdura ma anche a pesce e carne. Le stesse bevande non alcoliche (acqua minerale, succhi di frutta e soft drink) sono incappate nei tagli. In cinque anni le famiglie hanno ridimensionato la spesa reale, ossia al netto dell’inflazione, di 727 milioni di euro.
I consumi alimentari delle famiglie (var. % 2012*/2007 - valori concatenati anno di riferimento 2005) -12,4 Mld. di euro (*)stima Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
I consumi alimentari Guardando più indietro nel tempo, oltre la crisi, si scopre che il trend del consumo alimentare ha sostanzialmente ridisegnato la composizione del paniere delle famiglie con l’aumento del peso di: pane e cereali prodotti dolciari bevande e la riduzione del peso di: carne pesce (fresco e surgelato) latte, formaggi e uova Insomma, il consumo alimentare si fa nervoso, si frammenta in tanti spuntini che riempiono il tempo tra un pasto e l’altro, anche perché i pasti principali danno sempre meno soddisfazione. Qui trovano spazio e legittimazione snack dolci e salati, bevande ipercaloriche, salvo poi rincorrere l’abbattimento delle calorie, e ogni altro prodotto che non ha bisogno della sapienza del consumatore per essere edibile.
I consumi alimentari - in casa Pensando alla struttura del pasto all’italiana possiamo dire che vincono primi piatti e contorni mentre perdono terreno i secondi piatti (carne, pesce, uova o una porzione di formaggio non fa differenza). Ecco allora che una chiave di lettura più adeguata ad interpretare i numeri del consumo alimentare deve riferirsi, più che al salutismo, a quei cambiamenti che riportano al concetto di destrutturazione del pasto e che trovano il fondamento, certamente non esclusivo, nella necessità/volontà di dedicare sempre meno tempo alla cucina (cucinare è impegnativo, richiede competenze e anche passione). Si calcola che il tempo medio giornaliero dedicato alla cucina non superi un’ora. Tutto il contrario di quello che vorrebbe descrivere una certa aneddotica sul ritorno degli italiani nelle cucine di casa.
I consumi alimentari Se fino a tutti gli anni ’90 ed anche nella prima parte degli anni 2000 la scarsa crescita del consumo alimentare domestico trovava parziale spiegazione nell’aumento di quella fuori dalle mura domestiche, con l’avvento della crisi il paradigma è cambiato. Anche i consumi fuori casa hanno bruscamente rallentato il trend di crescita fino ad invertirne il segno nel corso del 2012. Per il 2013 pur in mancanza di affidabili previsioni settoriali la dinamica della domanda complessiva non lascia ben sperare. Tenere i livelli del 2012 sarebbe già un ottimo risultato considerando che nell’anno in corso le previsioni danno un calo dei consumi delle famiglie dell’1,6 per cento.
I consumi alimentari in casa e fuori casa (N.I. 2007=100) Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
Un confronto con l’Europa Un primo elemento che merita di essere evidenziato proviene dal confronto internazionale. Sulla base dei dati più aggiornati possiamo rilevare che il nostro Paese presenta, nei riguardi dei principali paesi europei, due differenze fondamentali: contrazione dei consumi alimentari domestici; lieve aumento di quelli extra-domestici. L’ipotesi che questa dinamica rappresenti la tenuta di un modello di consumo basato sulla convivialità (opposto alla funzionalità) è suggestiva ma anche coerente. Per quanto durerà ancora?
In consumi alimentari delle famiglie in casa (Tasso medio annuo 2007-2011) Paesi Var.% 2011/2007 UE 27 -1,1 Euro area 1,4 Germania 4,7 Spagna -0,8 Francia 2,0 Italia -6,3 Regno Unito -8,2 Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
Consumi alimentari delle famiglie fuori casa (Tasso medio annuo 2007-2011) Paesi Var.% 2011/2007 UE 27 -4,5 Euro area -2,9 Germania 3,2 Spagna -8,9 Francia -1,3 Italia +2,1 Regno Unito -6,8 Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
Gli italiani a tavola I cambiamenti degli stili alimentari vengono da lontano, sono profondi e la crisi li ha solo accelerati. Il Paese della grande tradizione a tavola, dove il mangiare assume un ruolo cruciale e al pasto è sempre stato associato il concetto di CONVIVIALITA’ al contrario di quanto avviene nei paesi del nord Europa, c’è ancora?
Ma qualcosa e cambiato? Il mangiare assume un ruolo cruciale La tradizione Grande tradizione nella cucina Il mangiare assume un ruolo cruciale Al pasto è sempre stata associata la tavola apparecchiata, la famiglia riunita …CONVIVIALITÀ…al contrario che nei paesi del nord Europa Ma qualcosa e cambiato?
Gli italiani a tavola Alcuni segnali, come abbiamo visto, vanno in direzione contraria. A cominciare dalla destrutturazione dei pasti e dalla perdita di importanza del pranzo come pasto principale della giornata. In soli cinque anni la percentuale è scesa dal 69,1% al 68% mentre la cena è salita dal 21,4% al 23,4%. Aumenta il peso della colazione sia tra gli uomini che tra le donne. Non è così, purtroppo, tra gli adolescenti. Qui la quota di chi ogni mattina fa una colazione adeguata scende lentamente ma inesorabilmente. Sono gli stessi per i quali aumenta il peso della cena come pasto principale della giornata confermando che si fa strada un modello di consumo simile a quello dei genitori. Il modello tiene, invece, dove i giovani possono contare sulla presenza di un servizio mensa.
Gli stili alimentari sono cambiati (per 100 Persone di 3 anni e più) 2007 2012 Colazione adeguata* 78,6% 80,1% pranzo pasto principale 69,1% 68,0% pranzo a casa 73,9% 74,3% pranzo in mensa, ristorante, bar 13,5% 13,0% pranzo sul posto di lavoro 6,6% 7,2% cena pasto principale 21,4% 23,4% (*)Per adeguata, si intende una colazione in cui non si assumono soltanto tè o caffè, ma si beve latte e/o si mangia qualcosa. Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
La Colazione* (per 100 persone di 3 anni e più con le stesse caratteristiche ) (*)Si fa riferimento ad una colazione in cui non si assumono soltanto tè o caffè, ma si beve latte e/o si mangia qualcosa. Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
La Colazione* (per 100 persone di 3 anni e più con le stesse caratteristiche ) (*) Si fa riferimento ad una colazione in cui non si assumono soltanto tè o caffè, ma si beve latte e/o si mangia qualcosa Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
Il pasto principale della giornata (per 100 persone di 3 anni e più con le stesse caratteristiche ) Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
La cena come pasto principale (per 100 persone di 3 anni e più con le stesse caratteristiche - anno 2012) Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
Gli italiani a tavola La crisi non ha modificato l’equilibrio tra il pranzo in casa e quello fuori casa. Le quote restano invariate. Due italiani su dieci che abitualmente pranzano fuori casa non è uno scherzo. Si tratta di 12 milioni di persone che si rivolgono quotidianamente a mense, bar, ristoranti o che, più semplicemente, consumano il pranzo sul posto di lavoro portandoselo da casa o comprandolo nei negozi in prossimità ai luoghi di lavoro. E’ un comportamento diffuso che la crisi ha sensibilmente rafforzato. Se nel 2007 erano 3,7 milioni i lavoratori che ricorrevano a questa modalità di consumo, cinque anni dopo, pur in concomitanza di una progressiva perdita di posti di lavoro, sono diventati 4,3 milioni. Una spinta che proprio nella necessità di fare economie di scala trova la spiegazione più convincente anche se non si può pensare che siano del tutto assenti argomentazioni sulle virtù salutistiche degli alimenti casalinghi.
Il Pranzo (valori %) Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
Il “mio” pranzo fuori casa (ultimi 30 giorni) Dove PRANZO di solito quando mangio fuori casa nei giorni feriali? Tot. Pop. (%) Mensa 16,2 Trattoria/ristorante 13,5 Pizzeria 5,7 Self service 6,1 Tavola calda 6,6 Bar, tavola fredda, paninoteca 18,2 Fast food 3,2 Mi porto qualcosa da casa 15,0 Altre risposte 15,5 Fonte: indagine Fipe/Eurisko
Il pranzo +16,3% Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
Il Pranzo fuori casa (valori %) Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
Gli italiani a tavola I driver delle scelte alimentari degli italiani si caratterizzano principalmente per attenzione al gusto e equilibrio nutrizionale. Almeno nelle intenzioni. Nei fatti il “mondo” alimentare dei consumatori italiani ha un’altra faccia. Ci spingiamo sempre più dentro un percorso di dissociazione tra quello che vorremmo e quello che facciamo, tra quello che eravamo e quello che siamo. Otto italiani su dieci si definiscono buongustai ed uno su due dichiara che in casa propria si spende molto per il cibo. Eppure abbiamo visto come stanno andando i consumi alimentari delle famiglie. Così come vediamo che almeno un italiano su due non mangia quotidianamente verdure ed uno su quattro, valore in aumento, non consuma quotidianamente frutta.
I vettori nelle scelte alimentari Tot. Pop. (%) Trascuratezza 8,5 Limitazione della carne 9,3 Prodotti dietetici 3,3 Controllo 10,7 Leggerezza 26,1 Cucina mediterranea 31,7 Trasgressivita' 12,1 Esplorazione 20,6 Convivialita' 9,8 Gastronomia 47,2 totale maggiore di 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Fipe/Eurisko 28
Gli orientamenti alimentari Tot. Pop. (%) Mangio spesso in un buon ristorante 17,5 Invito spesso amici a mangiare a casa mia 33,0 Provo volentieri i nuovi prodotti alimentari 43,1 Mi piace la cucina dei paesi stranieri 28,8 Salto spesso i pasti per controllarmi 9,1 Sono un buongustaio 77,8 Tendo ad eliminare la carne dall'alimentazione 15,5 Mangio spesso formaggi freschi 68,9 Mangio spesso formaggi stagionati (no grana) 60,9 Mangio molti dolci 30,6 In casa mia si spende molto per il cibo 53,3 Preferisco le specialità gastronomiche della mia regione 69,1 Faccio molto uso di alimenti integrali 10,3 Consulto/leggo spesso libri/riviste di cucina 20,3 Raramente faccio un pasto completo 23,8 Frequento ristoranti che offrono cucina ricercata 16,4 totale maggiore di 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Fipe/Eurisko 29
Il consumo di alcuni cibi (per 100 persone di 3 anni e più con le stesse caratteristiche ) Almeno qualche volta alla settimana Almeno una volta al giorno Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
Gli italiani a tavola La cartina di tornasole di un modello alimentare che invece di migliorare peggiora sta nel tasso di popolazione in sovrappeso o addirittura obesa. Oggi la popolazione affetta da obesità è del 10%, pari in valore assoluto a sei milioni di persone. Ma a preoccupare di più è che si tratta di un fenomeno in crescita. In dieci anni c’è stato un aumento di oltre il 26%. E neppure i bambini sono estranei al problema. I comportamenti si stanno polarizzando: da una parte aumenta l’attenzione a stili alimentari improntati al salutismo, dall’altra crescono modelli di consumo che vanno esattamente nella direzione opposta. E la crisi è un potente acceleratore di questo fenomeno.
Gli italiani a tavola Tante le variabili che entrano in gioco. Chi ha stili alimentari meno salutari sono: gli uomini; gli occupati; nei grandi centri; nel Centro – Nord. Le lavoratrici, al contrario, mantengono stili alimentari più salutari per almeno tre ragioni: maggiore carico familiare; diverse caratteristiche dei lavori femminili; maggiore attenzione e sensibilità ad aspetti relativi alla salute.
L’obesità (per 100 persone di 18 anni e più) +26,2% 5.939.421 4.706.973 Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Istat
Gli italiani a tavola Gli occupati delle grandi aree metropolitane sono i segmenti più a rischio perché in maggioranza hanno la cena come pasto principale e soltanto uno su tre mangia a casa a pranzo. E certamente non è di aiuto ad una corretta alimentazione di chi lavora la progressiva eliminazione delle mense dai luoghi di lavoro ed il mantenimento del valore defiscalizzato e decontribuito del buono pasto sui livelli di svariati anni fa. I bambini continuano ad essere un segmento particolarmente esposto. Per un milione di bimbi delle materne e 980mila bimbi delle elementari è cruciale l’alimentazione delle mense scolastiche perché il pranzo come pasto principale (74%) avviene proprio nelle mense. Particolare attenzione al 14,5% (un dato in costante crescita) di bimbi che hanno la cena come pasto principale e risentono degli stili di vita dei loro genitori.
Alcune evidenze Il 31,5% delle persone di 18 anni e più dichiara di non pesarsi mai; Il 27,1% controlla il peso almeno una volta all’anno; Il 22,3% controlla il peso almeno una volta al mese; Donne vs. Uomini Sono più le donne degli uomini a controllare il loro peso Il 25,7% delle donne controlla il peso almeno una volta al mese contro il 18,7% degli uomini Titolo di studio Al crescere del titolo di studio aumentano i controlli Il tasso di obesità sale al 16,9% tra chi ha un titolo di studio basso e scende al 4,8% tra i laureati Occupati Gli operai sono i meno attenti al controllo del peso Il tasso di obesità maggiore si riscontra tra i lavoratori autonomi Territorio Il controllo del peso è maggiore tra i residenti del Nord Il tasso di obesità più basso si riscontra tra i residenti del nord ovest (8,9%), quello più alto tra chi vive al Sud (11,4%)