Le politiche socio assistenziali

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Transcript della presentazione:

Le politiche socio assistenziali

L’assistenza sociale Insieme di interventi volti a contrastare situazioni di indigenza, per mezzo di servizi sociali e di trasferimenti monetari, finanziati attraverso la fiscalità generale. Fruizione: aperta a tutti (salvo priorità di accesso e quote differenziate di compartecipazione) Eleggibilità: individuazione di uno stato di bisogno e dell’insufficienza di risorse per farvi fronte (prova dei mezzi)

Interventi di assistenza sociale sono: SELETTIVI e RESIDUALI; seguono il principio di CATEGORIALITÀ Problemi: Trappola della povertà Stigma Problemi di informazione

Le principali FUNZIONI: Risposta alle situazioni di povertà e di indigenza economiche: trasferimenti monetari (attributi attraverso la prova dei mezzi), per garantire un minimo di risorse per soddisfare i bisogni fondamentali. Può prevedere una condizione di ATTIVAZIONE

Funzione preventiva di promozione dell’inclusione sociale: offerta di servizi sociali, gratuiti o sottocosto, in genere aperti a tutti i cittadini. Possono essere previste priorità di accesso a favore di categorie deboli e/o diversi gradi di compartecipazione dei cittadini, in base alla situazione economica.

Modelli di produzione Modello pubblico Modello misto 2 forme: distinzione tra funzione di acquisto e produzione (contracting out; mercato amministrato); modello misto concorrenziale Modello privato

L’assistenza sociale nei modelli di welfare Sistemi familisti: la famiglia costituisce un ammortizzatore sociale; lo Stato ha un ruolo sussidiario; le rete dei servizi sociali si sviluppa poco o in modo frammentario Sistemi de-familisti: maggiore responsabilità dello Stato; si sviluppa un ampio sistema di servizi sociali territoriali e di prestazioni monetarie

L’assistenza sociale nei modelli di welfare Ruolo del TERZO SETTORE: cambia a seconda del grado di partecipazione ai processi di policy making Accreditamento Negoziazione

L’assistenza sociale in Italia Tipi di intervento: Assegno sociale (e vecchie pensioni sociali): prestazione assistenziale di natura categoriale Pensione d’invalidità civile: prestazione assistenziale di natura categoriale Assegno per il nucleo familiare: prestazione selettiva di sostegno al reddito per carichi di famiglia; di natura categoriale

Tipi di intervento: integrazione al trattamento minimo: prestazione selettiva e categoriale Maggiorazioni sociali: prestazione selettiva e categoriale Assegno per nuclei familiari con almeno 3 figli minori Assegno di maternità Fondo per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione

Interventi a livello locale (Comuni) Informazione e segretariato sociale a cittadini e utenti dei servizi Assistenza economica a persone in difficoltà attraverso trasferimenti monetari continuativi o straordinari (minimo vitale), esoneri da tariffe, ecc. Assistenza domiciliare di tipo sociale Assistenza abitativa tramite alloggi protetti Assistenza ai minori tramite affidamento familiare

Interventi a livello locale (Comuni) Asili nido Centri diurni di tipo socio-educativo per portatori di handicap Inserimento sociale e lavorativo delle persone in situazione di svantaggio e bisogno Centri di accoglienza per situazioni di emergenza assistenziale e sviluppo di servizi residenziali Pagamento delle rette nelle residenze sanitarie per anziani con difficoltà economiche

La povertà in Italia

Deprivazione materiale

Il divario Nord-Sud Il differenziale nei tassi di povertà relativa del Sud e quelli del resto del Paese costituisce l’aspetto più evidente del “modello di povertà italiano”. L’incidenza della povertà, misurata secondo l’indicatore nazionale, nel Meridione e nelle Isole (22%) è doppia rispetto alla media e di quasi cinque volte superiore a quella registrata nelle regioni del Nord (4,7% in Lombardia, 5,0% in Veneto, 3,9% in Emilia Romagna, contro il 23,0% della Basilicata, il 27,8% della Calabria, il 28,9% della Sicilia).

Le famiglie numerose Il rischio di povertà cresce rapidamente al crescere delle dimensioni della famiglia, facendo registrare tra le “famiglie numerose” i livelli d’incidenza della povertà relativa in assoluto più elevati. Nel 2006, a fronte di un’incidenza della povertà relativa al di sotto della media nazionale per famiglie con uno (8,1% secondo l’indicatore nazionale) o due membri (9,9%), si è registrato un tasso di povertà del 14,8% per le famiglie con 4 componenti e del 24,3% (dunque più del doppio rispetto alla media nazionale) per le famiglie con 5 o più componenti, percentuali che nel Mezzogiorno salgono rispettivamente al 26,1% e al 37,5%.

I minori I minori in condizione di povertà relativa, utilizzando la metodologia nazionale, sono in Italia 1.728.000, all’incirca il 23% della popolazione povera, con una forte prevalenza delle età infantili (il 61,2% ha meno di 11 anni) e una sproporzionata concentrazione nel Meridione dove risiede il 72% dei minori poveri italiani. Nella comparazione internazionale, inoltre, l’Italia si colloca, con un’incidenza del 25% della povertà relativa in questo comparto di popolazione, in una posizione particolarmente critica, assai distante dalle medie UE-15 e UE-25 (rispettivamente di 7 e 6 punti percentuali), e peggiore (di due punti) persino della media dei Nuovi Paesi Membri. Prevale il modello del male breadwinner: la povertà più che concentrarsi nelle famiglie senza lavoro (meno del 6%) si diffonde tra famiglie monoreddito.

Gli anziani Sono 1.601.000 gli italiani in età superiore ai 64 anni in condizione di povertà nel 2006, con un’incidenza (in base all’indicatore nazionale) vicina al 14%, in miglioramento (di 2-3 punti) rispetto ai tassi fatti registrare nel decennio precedente. Anche in termini comparativi la posizione dell’ Italia si presenta come migliore: il tasso italiano di povertà relativa si colloca di due punti al di sotto della media UE-15 per quanto riguarda gli ultra-settantacinquenni. Il rischio di cadere in povertà sale in presenza di alcuni fattori: coppie di anziani con figli privi di autonomia economica (16,7%); anziani monogenitori (16,8%); famiglie di altra tipologia con almeno un anziano (18%).

Povertà e istruzione Abbandoni scolastici: gli early schhol leavers costituiscono ancora il 20,9%, con una minima diminuzione nell’ultimo triennio di appena un punto percentuale. Si tratta di 900 mila ragazzi tra i 16 e i 24 anni (un quinto della popolazione di riferimento) presente in Italia in proporzione nettamente superiore alla media europea (EU-15: 14,9%; EU-27: 17,6%). Studenti immigrati:La mancanza di regolarità scolastica tra gli studenti con cittadinanza non italiana rappresenta un dato preoccupante, dovuto sia a difficoltà legate alla conoscenza della lingua italiana, sia a problemi di integrazione sociale. In media, il 42,5% di alunni stranieri non è in regola con gli studi e il crescere dell’età aumenta il loro disagio scolastico. Per tutti gli ordini di scuola e per tutti gli anni di corso la percentuale di ripetenti stranieri è superiore a quella degli italiani.

La povertà relativa in Italia (Istat, 2007)

La povertà relativa in Italia (Istat, 2007)

La spesa sociale Difficoltà nel calcolo: manca sistema informativo su assistenza sociale e servizi sociali 1,8% sul Pil; 7% sul totale della spesa sociale pubblica 70% per vecchiaia e invalidità; 15% per la famiglia

La spesa sociale in Italia

La spesa sociale nella media UE15

L’assistenza sociale prima delle riforme Problemi: Frammentazione e sovrapposizione istituzionale Inclinazione verso trasferimenti monetari, invece di servizi Marcata disomogeneità territoriale Mancanza di una rete di sicurezza sociale di ultima istanza

I servizi sociali D.lgs. 112 del 1998, (art. 128) Definizione dei servizi sociali “tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia”.

Azioni negli anni novanta e duemila Sperimentazione del Reddito minimo d’inserimento Introduzione dell’Indicatore di situazione economica (ISE) Approvazione L. 328/2000: legge-quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali

Stato: funzioni di programmazione nazionale, definizione dei livelli essenziali ed uniformi delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP), fissazione di requisiti nazionali per l’offerta/partecipazione al sistema (in materia di accreditamento come in materia di professioni sociali), ripartizione del Fondo nazionale per le politiche sociali

Legge 328/2000 Governance fondata su una logica istituzionale multi-livello (forte compenetrazione tra livello statale, regionale, locale) programmazione integrata decentramento degli interventi, anche con ricorso a partnership pubblico/privato nella loro gestione circolazione delle informazioni all’interno d’un sistema informativo dei servizi sociali da definire

Regioni: compiti di definizione (con modalità concertate con il sistema degli enti locali) degli ambiti territoriali di offerta e delle principali caratteristiche organizzative e gestionali dei servizi adozione dei Piani sociali regionali Province: funzioni di raccolta di informazioni sui bisogni, sulla domanda e l’offerta dei servizi Comuni: funzioni di presidio diretto delle funzioni gestionali e amministrative dei servizi programmazione degli interventi a livello locale all’interno del Piano di zona

I LEP Alla base dell’individuazione dei LEP, occorre: una affidabile catalogazione delle prestazioni sociali la definizione di target di offerta; il finanziamento delle prestazioni corrispondenti ai LEP non in base al costo effettivamente sostenuto in ciascuna singola area, bensì in base ad un costo unitario standard.

Spesa per asili nido

LEP – ipotesi “al ribasso” (livello minimo di copertura 6%)

LEP – ipotesi “al rialzo” (livello minimo di copertura al 9%)

Sfide per il futuro Definizione dei LEP (diritti, tipologie di prestazioni, standard di qualità e livelli minimi di spesa, reddito minimo garantito) Risorse finanziarie (riequilibrio fra comparti di spesa, trasferimento di risorse fra previdenza e assistenza; nuovo mix fra finanziamento pubblico e compartecipazioni private per introdurre principio di “universalismo selettivo”) Capacità istituzionali (di programmazione, monitoraggio, valutazione) per ridurre le disparità territoriali