“IL NUOVO CODICE DEONTOLOGICO E L’ESERCIZIO DELLA DIFESA PENALE” Reggio Emilia, 15 dicembre 2015 Avv. Celestina Tinelli Componente del Consiglio Nazionale.

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“IL NUOVO CODICE DEONTOLOGICO E L’ESERCIZIO DELLA DIFESA PENALE” Reggio Emilia, 15 dicembre 2015 Avv. Celestina Tinelli Componente del Consiglio Nazionale Forense

Regole deontologiche UCPI - CNF  Con delibera della Giunta dell’Unione delle Camere penali del 19 aprile 2001 venivano varate le «Regole di comportamento del penalista nelle investigazioni difensive», definitivamente approvate dal Consiglio dell’Unione delle Camere penali il 14 luglio 2001  Il Consiglio nazionale forense con delibera del 17 aprile 1997 ha approvato il codice deontologico forense, da ultimo interamente modificato ed entrato in vigore il 15/12/2014. Tale codice dispiega la propria efficacia nei confronti di tutti gli iscritti agli albi forensi, avvocati penalisti compresi.

Il rispetto della deontologia marchio di legittimità dell’attività difensiva  Alcune di queste norme varate dal CNF, vincolanti il difensore a pena di sanzione disciplinare, sono il risultato di un confronto costruttivo con le Camere Penali  La deontologia non si pone più come un apparato di norme dal carattere sussidiario rispetto al sistema di diritto positivo corrispondente, ma si affianca ad esso, dotata di una propria dignità e autonomia

 Varato il nuovo Codice Deontologico Forense  L'Unione delle Camere penali esprime apprezzamento per il lavoro svolto dal CNF e, segnatamente, dalla Commissione deontologica, coordinata dal Collega Borsacchi, che ha portato all'approvazione del nuovo codice deontologico forense. E' certamente positivo, al riguardo, e rappresenta motivo di soddisfazione, il fatto che nel testo definitivo siano stati accolti i suggerimenti e le proposte elaborati dall'Unione e dal suo "Osservatorio sulla Deontologia e sulla Qualità del Difensore" di cui è responsabile l’Avv. Ettore Randazzo, in relazione ad alcune norme inerenti a significativi aspetti dell'attività dell'avvocato, connessi al pieno esercizio del diritto di difesa nell'ambito del processo penale. Il che conferma, se mai ve ne fosse bisogno, la sensibilità sul tema del Consiglio Nazionale Forense e la disponibilità dello stesso al positivo confronto con l'Unione delle Camere Penali Italiane su ciò che, comunque, si riferisca alla funzione ed al ruolo dell'avvocato penalista. La Giunta

 Deontologia/Sentenza CNF: La tendenziale tipizzazione della fattispecie disciplinare  Alla luce del principio enunciato dall'articolo 3, comma 3 della legge professionale 247/2012, l'illecito disciplinare non può essere classificato esclusivamente come fatto tipico astratto, in applicazione del principio penalistico della tipicità della condotta e della sanzione, e neppure può essere limitato alle sole ipotesi previste dal Codice Deontologico.  Lo afferma la sentenza n. 137/2015 del CNF (Presidente Mascherin, relatore Picchioni), depositata il 18 settembre scorso, chiarendo importanti passaggi tra il vecchio e il nuovo codice deontologico con riguardo al principio della “tendenziale tipizzazione” degli illeciti disciplinari contenuto nella legge professionale.  "Il sistema misto, non tipico ma improntato solo tendenzialmente alla tipicità, viene quindi governato dall’insieme delle norme, primarie (artt. 3 c c.1, e 51 c.1 della L. 247/2012) e secondarie (artt. 4 c.2, 20 e 21 del C.D.), che dettano principi utili per circoscrivere il perimetro ordinamentale all’interno del quale deve essere ricostruito l’illecito disciplinare non tipizzato definendo la sua configurazione, la sua portata e le conseguenze che ne derivano pur in assenza dell’espressa previsione della condotta e dell’indicazione della relativa sanzione edittale".

 Tali “fonti normative e regolamentari sono idonee a consentire la coesistenza, nell’ambito disciplinare, della matrice tipica con quella atipica dando certezza di criteri precisi, non derogabili, non aleatori e non discrezionali che permettono di avere in ogni caso piena contezza della incolpazione e delle sue conseguenze e che, senza necessità di operare alcuna trasmigrazione di norme penali, assicurano nell’ambito disciplinare quella garanzia che altrove è data dalla tipicità penalistica. L’approccio del nuovo Codice deontologico al problema della individuazione della sanzione ha dovuto quindi essere coerente con tale impostazione riservando al garantismo un’attenzione che non avrebbe potuto, comunque, prescindere dall’ineludibile apporto della copiosa e consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito formatasi negli anni”, si legge nella decisione del CNF, nel cui contesto è anche richiamata la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 9057/2009, secondo la quale “ in tema di illeciti disciplinari, stante la stretta affinità delle situazioni, deve valere il principio in tema di norme penali incriminatrici a forma libera, per le quali la predeterminazione e il criterio dell’incolpazione viene validamente affidato a concetti diffusi e generalmente compresi nella collettività in cui il giudice disciplinare opera”.  Per il giudice disciplinare dunque i concetti diffusi evocati dalla Cassazione “fanno parte del diritto disciplinare e devono essere utilizzati per classificare – stabilizzare- sanzionare quei comportamenti illeciti non espressamente previsti dal Codice deontologico”.  La sentenza è pubblicata nella banca dati deontologica del CNF (

Nuovo codice deontologico Art. 22. Sanzioni 1. Le sanzioni disciplinari sono: a) Avvertimento: consiste nell’informare l’incolpato che la sua condotta non è stata conforme alle norme deontologiche e di legge, con invito ad astenersi dal compiere altre infrazioni; può essere deliberato quando il fatto contestato non è grave e vi è motivo di ritenere che l’incolpato non commetta altre infrazioni. b) Censura: consiste nel biasimo formale e si applica quando la gravità dell’infrazione, il grado di responsabilità, i precedenti dell’incolpato e il suo comportamento successivo al fatto inducono a ritenere che egli non incorrerà in un’altra infrazione. c) Sospensione: consiste nell’esclusione temporanea, da due mesi a cinque anni, dall’esercizio della professione o dal praticantato e si applica per infrazioni consistenti in comportamenti e in responsabilità gravi o quando non sussistono le condizioni per irrogare la sola sanzione della censura. d) Radiazione: consiste nell’esclusione definitiva dall’albo, elenco o registro e impedisce l’iscrizione a qualsiasi altro albo, elenco o registro, fatto salvo quanto previsto dalla legge; è inflitta per violazioni molto gravi che rendono incompatibile la permanenza dell’incolpato nell’albo, elenco o registro

2. Nei casi più gravi, la sanzione disciplinare può essere aumentata, nel suo massimo: a) fino alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per due mesi, nel caso sia prevista la sanzione dell’avvertimento; b) fino alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale non superiore a un anno, nel caso sia prevista la sanzione della censura; c) fino alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale non superiore a tre anni, nel caso sia prevista la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale fino a un anno; d) fino alla radiazione, nel caso sia prevista la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni. 3. Nei casi meno gravi, la sanzione disciplinare può essere diminuita: a) all’avvertimento, nel caso sia prevista la sanzione della censura; b) alla censura, nel caso sia prevista la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale fino a un anno; c) alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale fino a due mesi nel caso sia prevista la sospensione dall’esercizio della professione da uno a tre anni. 4. Nei casi di infrazioni lievi e scusabili, all’incolpato è fatto richiamo verbale, non avente carattere di sanzione disciplinare. Nuovo Codice deontologico forense (in vigore dal 15/12/2014) (Approvato dal Consiglio nazionale forense nella seduta del 31 gennaio 2014) (GU Serie Generale n. 241 del )

Sanzione attenuataSanzione edittaleSanzione aggravata (Richiamo)AvvertimentoFino alla sospensione minima (2 mesi) AvvertimentoCensuraFino alla sospensione non superiore a 1 anno Fino alla censuraSospensione da 2 a 12 mesi Fino alla sospensione non superiore a 3 anni Fino alla sospensione minima (2 mesi) Sospensione da 1 a 3 anni Fino alla radiazione

 Le norme deontologiche di interesse del/della penalista

Le norme deontologiche di interesse del/della penalista  Art. 10 –Dovere di fedeltà  L’avvocato deve adempiere fedelmente il mandato ricevuto, svolgendo la propria attività a tutela dell’interesse della parte assistita e nel rispetto del rilievo costituzionale e sociale della difesa.

 Art. 13 –Dovere di segretezza e riservatezza  L’avvocato è tenuto, nell’interesse del cliente e della parte assistita, alla rigorosa osservanza del segreto professionale e al massimo riserbo su fatti e circostanze in qualsiasi modo apprese nell’attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonché nello svolgimento dell’attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale e comunque per ragioni professionali.

 Art. 18 –Doveri nei rapporti con gli organi di informazione  1. Nei rapporti con gli organi di informazione l’avvocato deve ispirarsi a criteri di equilibrio e misura, nel rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza; con il consenso della parte assistita, e nell’esclusivo interesse di quest’ultima, può fornire agli organi di informazione notizie purché non coperte dal segreto di indagine.

 Art. 23 –Conferimento dell’incarico  1. L’incarico è conferito dalla parte assistita; qualora sia conferito da un terzo, nell’interesse proprio o della parte assistita, l’incarico deve essere accettato solo con il consenso di quest’ultima e va svolto nel suo esclusivo interesse.  2. L’avvocato, prima di assumere l’incarico, deve accertare l’identità della persona che lo conferisce e della parte assistita.  3. L’avvocato, dopo il conferimento del mandato, non deve intrattenere con il cliente e con la parte assistita rapporti economici, patrimoniali, commerciali o di qualsiasi altra natura, che in qualunque modo possano influire sul rapporto professionale, salvo quanto previsto dall’art. 25.  4. L’avvocato non deve consigliare azioni inutilmente gravose.  5. L’avvocato è libero di accettare l’incarico, ma deve rifiutare di prestare la propria attività quando, dagli elementi conosciuti, desuma che essa sia finalizzata alla realizzazione di operazione illecita.  6. L’avvocato non deve suggerire comportamenti, atti o negozi nulli, illeciti o fraudolenti.  7. La violazione dei doveri di cui ai commi 1 e 2 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei divieti di cui ai commi 3 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dei doveri di cui ai commi 5 e 6 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.

 Art. 27 –Doveri di informazione  …omissis..  8. L’avvocato deve riferire alla parte assistita, se nell’interesse di questa, il contenuto di quanto appreso legittimamente nell’esercizio del mandato.  9.La violazione dei doveri di cui ai commi da 1 a 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei doveri di cui ai commi 6, 7 e 8 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

 Art. 28 –Riserbo e segreto professionale  1. È dovere, oltre che diritto, primario e fondamentale dell’avvocato mantenere il segreto e il massimo riserbo sull’attività prestata e su tutte le informazioni che gli siano fornite dal cliente e dalla parte assistita, nonché suquelle delle quali sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato.  2. L’obbligo del segreto va osservato anche quando il mandato sia stato adempiuto, comunque concluso, rinunciato o non accettato.  3. L’avvocato deve adoperarsi affinché il rispetto del segreto professionale e del massimo riserbo sia osservato anche da dipendenti, praticanti, consulenti e collaboratori, anche occasionali, in relazione a fatti e circostanze apprese nella loro qualità o per effetto dell’attività svolta.  4. È consentito all’avvocato derogare ai doveri di cui sopra qualora la divulgazione di quanto appreso sia necessaria:  a) per lo svolgimento dell’attività di difesa;  b) per impedire la commissione di un reato di particolare gravità;  c) per allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato e cliente o parte assistita;  d) nell’ambito di una procedura disciplinare.  In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente necessario per il fine tutelato.  5. La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura e, nei casi in cui la violazione attenga al segreto professionale, l’applicazione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.

 Art. 41 –Rapporti con parte assistita da collega  1. L’avvocato non deve mettersi in contatto diretto con la controparte che sappia assistita da altro collega.  2. L’avvocato, in ogni stato del procedimento e in ogni grado del giudizio, può avere contatti con le altre parti solo in presenza del loro difensore o con il consenso di questi.  3. L’avvocato può indirizzare corrispondenza direttamente alla controparte, inviandone sempre copia per conoscenza al collega che la assiste, esclusivamente per richiedere comportamenti determinati, intimare messe in mora, evitare prescrizioni o decadenze.  4. L’avvocato non deve ricevere la controparte assistita da un collega senza informare quest’ultimo e ottenerne il consenso.  5. La violazione dei doveri e divieti di cui al presente articolo comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

 TITOLO IV  DOVERI DELL’AVVOCATO NEL PROCESSO

 Art. 46 –Dovere di difesa nel processo e rapporto di colleganza  1. Nell’attività giudiziale l’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza del dovere di difesa, salvaguardando, per quanto possibile, il rapporto di colleganza.  2. L’avvocato deve rispettare la puntualità sia in sede di udienza che in ogni altra occasione di incontro con colleghi; la ripetuta violazione del dovere costituisce illecito disciplinare.  3. L’avvocato deve opporsi alle istanze irrituali o ingiustificate che, formulate nel processo dalle controparti, comportino pregiudizio per la parte assistita.  4. Il difensore nominato di fiducia deve comunicare tempestivamente al collega, già nominato d’ufficio, l’incarico ricevuto e, senza pregiudizio per il diritto di difesa, deve sollecitare la parte a provvedere al pagamento di quanto dovuto al difensore d’ufficio per l’attività svolta.  5. L’avvocato, nell’interesse della parte assistita e nel rispetto della legge, collabora con i difensori delle altre parti, anche scambiando informazioni, atti e documenti.  6. L’avvocato, nei casi di difesa congiunta, deve consultare il codifensore su ogni scelta processuale e informarlo del contenuto dei colloqui con il comune assistito, al fine della effettiva condivisione della difesa.  7. L’avvocato deve comunicare al collega avversario l’interruzione delle trattative stragiudiziali, nella prospettiva di dare inizio ad azioni giudiziarie.  8. La violazione dei doveri di cui ai commi da 1 a 6 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione del dovere di cui al comma 7 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

 Art. 47 –Obbligo di dare istruzioni e informazioni al collega  1. L’avvocato deve dare tempestive istruzioni al collega corrispondente e questi, del pari, è tenuto a dare al collega sollecite e dettagliate informazioni sull’attività svolta e da svolgere.  2. L’elezione di domicilio presso un collega deve essergli preventivamente comunicata e da questi essere consentita.  3. L’avvocato corrispondente non deve definire direttamente una controversia, in via transattiva, senza informare il collega che gli ha affidato l’incarico.  4. L’avvocato corrispondente, in difetto di istruzioni, deve adoperarsi nel modo più opportuno per la tutela degli interessi della parte, informando non appena possibile il collega che gli ha affidato l’incarico.  5. La violazione dei doveri di cui ai commi 1, 2 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione del divieto di cui al comma 3 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

 Art. 49 –Doveri del difensore  1. L’avvocato nominato difensore d’ufficio deve comunicare alla parte assistita che ha facoltà di scegliersi un difensore di fiducia e informarla che anche il difensore d’ufficio ha diritto ad essere retribuito.  2. L’avvocato non deve assumere la difesa di più indagati o imputati che abbiano reso dichiarazioni accusatorie nei confronti di altro indagato o imputato nel medesimo procedimento o in procedimento connesso o collegato.  3. L’avvocato indagato o imputato in un procedimento penale non può assumere o mantenere la difesa di altraparte nell’ambito dello stesso procedimento.  4. La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei divieti di cui aicommi 2 e 3 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno.

 Art. 51 –La testimonianza dell’avvocato  1. L’avvocato deve astenersi, salvo casi eccezionali, dal deporre, come persona informata sui fatti o come testimone, su circostanze apprese nell’esercizio della propria attività professionale e ad essa inerenti.  2. L’avvocato deve comunque astenersi dal deporre sul contenuto di quanto appreso nel corso di colloqui riservati con colleghi nonché sul contenuto della corrispondenza riservata intercorsa con questi ultimi.  3. Qualora l’avvocato intenda presentarsi come testimone o persona informata sui fatti non deve assumere il mandato e, se lo ha assunto, deve rinunciarvi e non può riassumerlo.  4. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

 Art. 52 –Divieto di uso di espressioni offensive o sconvenienti  1. L’avvocato deve evitare espressioni offensive o sconvenienti negli scritti in giudizio e nell’esercizio dell’attività professionale nei confronti di colleghi, magistrati, controparti o terzi.  2. La ritorsione o la provocazione o la reciprocità delle offese non escludono la rilevanza disciplinare della condotta.  3. La violazione del divieto di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.  Art. 53 –Rapporti con i magistrati  1. I rapporti con i magistrati devono essere improntati a dignità e a reciproco rispetto.  2. L’avvocato, salvo casi particolari, non deve interloquire con il giudice in merito al procedimento in corso senza la presenza del collega avversario.  3. L’avvocato chiamato a svolgere funzioni di magistrato onorario deve rispettare tutti gli obblighi inerenti a tali funzionie le norme sulle incompatibilità.  4. L’avvocato non deve approfittare di rapporti di amicizia, familiarità o confidenza con i magistrati per ottenere o richiedere favori e preferenze, né ostentare l’esistenza di tali rapporti.  5. L’avvocato componente delConsiglio dell’Ordine non deve accettare incarichi giudiziari da parte dei magistrati del circondario, fatta eccezione per le nomine a difensore d’ufficio.  6. La violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.  Art. 54 –Rapporti con arbitri, conciliatori, mediatori, periti e consulenti tecnici  1. I divieti e doveri di cui all’art. 53, commi 1, 2 e 4, si applicano anche ai rapporti dell’avvocato con arbitri, conciliatori, mediatori, periti, consulenti tecnici d’ufficio e della controparte.  2. La violazione dei divieti e doveri di cui al presente articolo comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

 Art. 56 –Ascolto del minore  1. L’avvocato non può procedere all’ascolto di una persona minore di età senza il consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale, sempre che non sussista conflitto di interessi con gli stessi.  2. L’avvocato del genitore, nelle controversie in materia familiare o minorile, deve astenersi da ogni forma di colloquio e contatto con i figli minori sulle circostanze oggetto delle stesse.  3. L’avvocato difensore nel procedimento penale, per conferire con persona minore, assumere informazioni dalla stessa o richiederle dichiarazioni scritte, deve invitare formalmente gli esercenti la responsabilità genitoriale, con indicazione della facoltà di intervenire all’atto, fatto salvo l’obbligo della presenza dell’esperto nei casi previsti dalla legge e in ogni caso in cui il minore sia persona offesa dal reato.  4. La violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno.

 Art. 57 –Rapporti con organi di informazione e attività di comunicazione  1. L’avvocato, fatte salve le esigenze di difesa della parte assistita, nei rapporti con gli organi di informazione e in ogni attività di comunicazione, non deve fornire notizie coperte dal segreto di indagine, spendere il nome dei propri clienti e assistiti, enfatizzare le proprie capacità professionali, sollecitare articoli o interviste e convocare conferenze stampa.  2. L’avvocato deve in ogni caso assicurare l’anonimato dei minori.  3. La violazione del divieto di cui al comma 1 e del dovere di cui al comma 2comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.

 Art. 60 –Astensione dalle udienze  1. L’avvocato ha diritto di astenersi dal partecipare alle udienze e alle altre attività giudiziarie quando l’astensione sia proclamata dagli Organi forensi, ma deve attenersi alle disposizioni del codice di autoregolamentazione e alle norme vigenti.  2. L’avvocato che eserciti il proprio diritto di non aderire alla astensione deve informare con congruo anticipo gli altri difensori costituiti.  3. L’avvocato non può aderire o dissociarsi dalla proclamata astensione a seconda delle proprie contingenti convenienze.  4. L’avvocato che aderisca all’astensione non può dissociarsene con riferimento a singole giornate o a proprie specifiche attività né può aderirvi parzialmente, in certi giorni o per particolari proprie attività professionali.  5. La violazione dei doveri di cui ai commi 1 e 2 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei doveri di cui ai commi 3 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

La deontologia forense nelle attività investigative  Le norme deontologiche svolgono, in materia di investigazioni difensive forse più che in altri settori, la importantissima funzione di costituire dei punti di riferimento imprescindibili nello svolgimento di una attività così delicata per la classe forense  Svolgere investigazioni nell’interesse del proprio assistito può ritenersi non solo legittimo, ma in alcuni casi addirittura doveroso nell’ambito di una diligente esecuzione del mandato

Art. 50 DOVERE DI VERITA’

7. La violazione dei divieti di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni. La violazione del dovere di cui al comma 6 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

1.L’avvocato non deve introdurre nel procedimento prove, elementi di prova o documenti che sappia essere falsi. Nuovo codice deontologico Art. 50 Dovere di verità

2. L’avvocato non deve utilizzare nel procedimento prove, elementi di prova o documenti prodotti o provenienti dalla parte assistita che sappia o apprenda essere falsi.

Nuovo codice deontologico Art. 50 Dovere di verità 3. L’avvocato che apprenda, anche successivamente, dell’introduzione nel procedimento di prove, elementi di prova o documenti falsi, provenienti dalla parte assistita, non può utilizzarli o deve rinunciare al mandato.

L’oggetto del dovere di verità Laddove un avvocato si trovi nella condizione di non poter seguire allo stesso tempo verità e mandato, leggi e cliente, la sua scelta deve privilegiare il più alto e pregnante dovere radicato sulla dignità professionale, ossia l’ossequio alla verità ed alle leggi spinto fino all’epilogo della rinunzia al mandato in virtù di un tale giusto motivo, astenendosi dal porre in essere attività che siano in contrasto con il prevalente dovere di rispetto della legge e della verità. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Viterbo, 29 giugno 2007). Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. VERMIGLIO, rel. MORLINO), sentenza del 22 ottobre 2010, n. 103

L’introduzione in giudizio di prove false Contravviene ai doveri di lealtà, correttezza e verità (artt. 6 e 14 cdf) l’avvocato che introduca intenzionalmente nel processo prove false (Nel caso di specie, all’incolpato veniva contestato di aver ottenuto dal Giudice di Pace un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo sulla scorta di “una falsa attestazione di debito” sottoscritta con la firma di un ex cliente moroso, che nel corso del giudizio di opposizione il CTU aveva dichiarato apocrifa. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per la durata di mesi due). Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Borsacchi), sentenza del 6 giugno 2013, n. 87

L’introduzione in giudizio di prove false Pone in essere una condotta deontologicamente rilevante l’avvocato che, pur non essendo l’autore del falso materiale avente ad oggetto un decreto di ammortamento ed un certificato di cancelleria attestante la mancata opposizione al suddetto decreto, sia consapevole della falsità di entrambi i documenti e della conseguente illecita attività di presentazione per la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Tale illecito contegno, infatti, viola i principi di probità, correttezza e lealtà che attengono al regolare e ordinato sviluppo del processo (artt. 5 e 6 c.d., ed in particolare il punto 6.I che impone all’avvocato di non assumere iniziative con mala fede o colpa grave), il dovere di verità di cui all’art. 14.I c.d. (“l’avvocato non può introdurre intenzionalmente nel processo prove false”, con riferimento al procedimento di ammortamento), nonché i principi di indipendenza (art. 10 c.d.) e autonomia (art. 36 c.d.), con riferimento al compimento di atti o negozi illeciti, fraudolenti o colpiti da nullità. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma, 25 novembre 2006). Consiglio Nazionale Forense (pres. ALPA, rel. DANOVI), sentenza del 15 dicembre 2006, n. 167

Nuovo codice deontologico Art. 50 Dovere di verità 4. L’avvocato non deve impegnare di fronte al giudice la propria parola sulla verità dei fatti esposti in giudizio.

Nuovo codice deontologico Art. 50 Dovere di verità 5. L’avvocato, nel procedimento, non deve rendere false dichiarazioni sull’esistenza o inesistenza di fatti di cui abbia diretta conoscenza e suscettibili di essere assunti come presupposto di un provvedimento del magistrato.

Nuovo codice deontologico Art. 50 Dovere di verità 6. L’avvocato, nella presentazione di istanze o richieste riguardanti lo stesso fatto, deve indicare i provvedimenti già ottenuti, compresi quelli di rigetto

Nuovo codice deontologico Art. 50 Dovere di verità 7. La violazione dei divieti di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni. La violazione del dovere di cui al comma 6 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che utilizzi in una procedura esecutiva un documento falso ai fini di ottenere la sospensione della procedura stessa e richiesto non dia chiarimenti al C.d.O. sul suo comportamento. (Nella specie è stata confermata la sanzione della cancellazione). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma, 1 giugno 2006). Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. CRICRI’, rel. PETIZIOL), sentenza del 16 luglio 2007, n. 88

Art. 55 – Rapporti con i testimoni e persone informate

Nuovo codice deontologico: Art. 55 – Rapporti con i testimoni e persone informate 1. L’avvocato non deve intrattenersi con testimoni o persone informate sui fatti oggetto della causa o del procedimento con forzature o suggestioni dirette a conseguire deposizioni compiacenti. 2. Il difensore, nell’ambito del procedimento penale, ha facoltà di procedere ad investigazioni difensive nei modi e termini previsti dalla legge e nel rispetto delle disposizioni che seguono e di quelle emanate dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.

Nuovo codice deontologico: Art. 55 – Rapporti con i testimoni e persone informate 3. Il difensore deve mantenere il segreto sugli atti delle investigazioni difensive e sul loro contenuto, finché non ne faccia uso nel procedimento, salva la rivelazione per giusta causa nell’interesse della parte assistita. 4. Nel caso in cui il difensore si avvalga di sostituti, collaboratori, investigatori privati autorizzati e consulenti tecnici, può fornire agli stessi tutte le informazioni e i documenti necessari per l’espletamento dell’incarico, anche nella ipotesi di segretazione degli atti, imponendo il vincolo del segreto e l’obbligo di comunicare esclusivamente a lui i risultati dell’attività

Nuovo codice deontologico: Art. 55 – Rapporti con i testimoni e persone informate 5. Il difensore deve conservare scrupolosamente e riservatamente la documentazione delle investigazioni difensive per tutto il tempo necessario o utile all’esercizio della difesa. 6. Gli avvisi, che il difensore e gli altri soggetti eventualmente da lui delegati sono tenuti a dare per legge alle persone interpellate ai fini delle investigazioni, devono essere documentati per iscritto.

Nuovo codice deontologico: Art. 55 – Rapporti con i testimoni e persone informate 7. Il difensore e gli altri soggetti da lui eventualmente delegati non devono corrispondere alle persone, interpellate ai fini delle investigazioni, compensi o indennità sotto qualsiasi forma, salva la facoltà di provvedere al rimborso delle sole spese documentate 8. Per conferire con la persona offesa dal reato, assumere informazioni dalla stessa o richiedere dichiarazioni scritte, il difensore deve procedere con invito scritto, previo avviso all’eventuale difensore della stessa persona offesa, se conosciuto; in ogni caso nell’invito è indicata l’opportunità che la persona provveda a consultare un difensore perchè intervenga all’atto.

Nuovo codice deontologico: Art. 55 – Rapporti con i testimoni e persone informate 9. Il difensore deve informare i prossimi congiunti della persona imputata o sottoposta ad indagini della facoltà di astenersi dal rispondere, specificando che, qualora non intendano avvalersene, sono obbligati a riferire la verità. 10. Il difensore deve documentare in forma integrale le informazioni assunte; quando è disposta la riproduzione, anche fonografica, le informazioni possono essere documentate in forma riassuntiva

Nuovo codice deontologico: Art. 55 – Rapporti con i testimoni e persone informate 11. Il difensore non deve consegnare copia o estratto del verbale alla persona che ha reso informazioni, nè al suo difensore. 12. La violazione del divieto di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi. La violazione dei doveri, dei divieti, degli obblighi di legge e delle prescrizioni di cui ai commi 3, 4 e 7 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno. La violazione dei doveri, dei divieti, degli obblighi di legge e delle prescrizioni di cui ai commi 5, 6, 8, 9, 10 e 11 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Il rapporto dell’avvocato con chi deve testimoniare o lo ha già fatto Il precetto deontologico di cui all’art. 52 I° canone CDF riguarda ogni ipotesi di rapporto con i testimoni – segnatamente di controparte – indipendentemente dalla circostanza che gli stessi debbano rendere la testimonianza o l’abbiano già resa; ciò soprattutto quando l’intervento dell’avvocato si attua nella richiesta di una ritrattazione della quale addirittura si anticipano i contenuti, con evidenti coartazione, non rileva se preventiva o postuma, della libera determinazione del teste al quale si chiede, non già una deposizione compiacente atteso l’espletamento ormai avvenuto dell’esame, bensì, minacciando conseguenze di natura penale e risarcitoria, una ritrattazione utile alle ragioni del proprio assistito. Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Pisano, Rel. Tacchini), sentenza del 28 dicembre 2012, n. 200

Il rapporto dell’avvocato con i testimoni: i requisiti dell’illecito Affinché la condotta sia deontologicamente rilevante ai sensi dell’art. 52 c.d.f., è necessaria la concorrenza di tre condizioni: che l’avvocato (i) si intrattenga con i testimoni, (ii) facendo uso di argomenti ontologicamente idonei a provocare forzature o suggestioni del teste ovvero a creare una situazione psicologica della persona tale da alterare una non spontanea e/o falsa rappresentazione della realtà, (iii) funzionale ad ottenere dal teste delle deposizioni a favore della parte (Nel caso di specie, l’avvocato aveva impugnato la decisione con cui il COA locale lo aveva sanzionato per aver ricevuto la teste nel proprio studio. Il CNF, rilevato che l’avvocato non aveva in realtà forzato psicologicamente la teste per ottenerne una dichiarazione compiacente, in applicazione del principio di cui in massima, ha accolto il ricorso). Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Vermiglio, Rel. Damascelli), sentenza del 17 settembre 2012, n. 112

La richiesta (minacciosa) di ritrattare una testimonianza Costituisce violazione dell’art. 52 I° canone CDF nonché del generico dovere di probità e decoro, lealtà e correttezza di cui all’art. 5 CDF il comportamento dell’avvocato che intrattenga rapporti sostanzialmente minacciosi con i testi di controparte al dichiarato fine di ottenere la ritrattazione di una deposizione sfavorevole alle ragioni dei propri assistiti e anticipando una richiesta risarcitoria tale da suscitare preoccupata reazione e giustificato timore nei destinatari (Nel caso di specie, l’avvocato aveva scritto a due persone di aver ricevuto l’incarico di procedere nei loro confronti per via giudiziale ai fini di “far accertare la falsità delle testimonianze rese in una causa civile ed avere quantificato in 80 mila euro i danni derivanti al suo assistito”, ed invitando gli stessi a ritrattare. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha confermato la sanzione disciplinare inflittagli dal COA di appartenenza). Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Pisano, Rel. Tacchini), sentenza del 28 dicembre 2012, n. 200

Il quesito (del COA di Firenze) riguarda una serie di problematiche collegate al tema delle indagini difensive In particolare si chiede: a) se sia consentito al difensore consegnare al proprio cliente il verbale delle indagini difensive prima che esso venga utilizzato nel procedimento penale; b) se la consegna sia possibile dopo l’utilizzo nel procedimento penale; c) se per “uso nel procedimento”, alla luce anche dell’art. 52 cod. deont., possa considerarsi anche il deposito agli atti del Pubblico Ministero; d) se il dovere di mantenere il segreto professionale possa estendersi alla non rivelazione del contenuto delle indagini difensive al cliente; e) se possa considerarsi “rivelazione per giusta causa nell’interesse del proprio assistito” quella finalizzata all’utilizzo in giudizio civile connesso, ove il cliente sia parte.

La Commissione, dopo ampia discussione, fa propria la proposta del relatore e rende il seguente parere: “Si deve premettere che la materia trattata presenta ancora profili di incertezza, come palesato dalla proposta di legge, tuttora pendente in Parlamento con il numero AC-5458, che si propone di dare un’interpretazione autentica alle norme sulle indagini difensive, nel senso di escludere in ogni caso la qualità di pubblico ufficiale in capo all’avvocato che realizzi tali indagini. Ciò premesso, si esprimono i seguenti indirizzi generali. Quanto ai quesiti sub a) e b) deve ritenersi, data la normativa vigente, che sia senz’altro possibile la consegna del verbale d’indagine al cliente successivamente all’utilizzo processuale; viceversa deve considerarsi non espressamente vietata ma poco opportuna la rivelazione allo stesso in fase anteriore. Rispetto all’atto che sia idoneo a determinare l’avvenuto utilizzo nel procedimento penale del verbale di indagini (punto c)), si ritiene che il deposito agli atti del P.M. possa essere sufficiente a configurare tale evento. Rispetto, da ultimo, ai problemi prospettati sub d) ed e), si evidenzia che il segreto deve valere in ogni caso nei confronti di terzi e che ne è esclusa, di per sé, la figura del cliente. Analogamente deve ritenersi che l’utilizzo in procedimenti giudiziari collegati nell’interesse dell’assistito configuri una giusta causa di rivelazione.” Consiglio Nazionale Forense (rel. Perfetti), parere del 25 maggio 2005 n. 60

L’audizione di un futuro teste presso il proprio studio legale Costituisce violazione deontologica di rilevanza disciplinare ai sensi dell’art. 52 del codice deontologico forense, l’audizione di un futuro teste, da parte di un legale presso il suo studio, alla presenza di collaboratori del professionista, trattandosi di una condotta non rivolta allo svolgimento della legittima attività di valutazione della rilevanza defensionale delle informazioni in possesso del teste, da svolgersi con adeguate garanzie di riservatezza, ma di un’audizione svolta esclusivamente al fine di precostituirsi prove testimoniali sull’oggetto del colloquio, condotto deliberatamente alla presenza di terzi, in modo da potersene avvalere per contestare la non veridicità della successiva deposizione resa davanti al giudice. (Rigetta, Cons. Naz. Forense Roma, 25/10/2010) Cassazione Civile, sez. Unite, 27 ottobre 2011, n Pres. VITTORIA Paolo- Est. MACIOCE Luigi- P.M. CENICCOLA Raffaele

Nuovo Codice deontologico:  Art. 63 – Rapporti con i terzi 1. L’avvocato, anche al di fuori dell’esercizio del suo ministero, deve comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere la dignità della professione e l’affidamento dei terzi. 2. L’avvocato deve tenere un comportamento corretto e rispettoso nei confronti dei propri dipendenti, del personale giudiziario e di tutte le persone con le quali venga in contatto nell’esercizio della professione. 3. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. Nuovo Codice deontologico forense (in vigore dal 15/12/2014) (Approvato dal Consiglio nazionale forense nella seduta del 31 gennaio 2014) (GU Serie Generale n. 241 del )

Vecchio codice deontologico: Art. 56 – Rapporti con i terzi L’avvocato ha il dovere di rivolgersi con correttezza e con rispetto nei confronti del personale ausiliario di giustizia, del proprio personale dipendente e di tutte le persone in genere con cui venga in contatto nell’esercizio della professione. I. Anche al di fuori dell’esercizio della professione l’avvocato ha il dovere di comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere la fiducia che i terzi debbono avere nella sua capacità di adempiere i doveri professionali e nella dignità della professione.

Nuovo Codice deontologico: Art. 63 – Rapporti con i terzi 1. L’avvocato, anche al di fuori dell’esercizio del suo ministero, deve comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere la dignità della professione e l’affidamento dei terzi.

Nuovo Codice deontologico: Art. 63 – Rapporti con i terzi 2. L’avvocato deve tenere un comportamento corretto e rispettoso nei confronti dei propri dipendenti, del personale giudiziario e di tutte le persone con le quali venga in contatto nell’esercizio della professione.

Nuovo Codice deontologico: Art. 63 – Rapporti con i terzi 3. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

La rilevanza disciplinare dell’inadempimento alle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi Anche al di fuori dell’esercizio del suo ministero, l’avvocato deve comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere la dignità della professione e l’affidamento dei terzi, adempiendo alle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi (Nel caso di specie, il professionista aveva omesso il versamento del canone di locazione, rendendosi difficilmente reperibile pur dopo aver raggiunto un accordo transattivo poi disatteso. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attivita ̀ professionale per la durata di mesi due). Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Mariani Marini, rel. Allorio), sentenza del 21 febbraio 2014, n. 11

La rilevanza deontologica dell’inadempimento alle obbligazioni assunte Il comportamento dell’avvocato che non adempia le obbligazioni titolate, subendo la notifica di atti di precetto in vista dell’esecuzione forzata di sentenze di condanna, costituisce illecito disciplinare, a prescindere dalla notorieta ̀ pubblica dei fatti, poiche la sua immagine risulta compromessa agli occhi dei creditori e degli operatori del diritto (giudici, ufficiali giudiziari, colleghi). Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Ferina), sentenza del 24 luglio 2014, n. 102

La (potenziale) rilevanza deontologica della vita privata del professionista Deve ritenersi disciplinarmente responsabile l’avvocato per le condotte che, pur non riguardando strictu sensu l’esercizio della professione, ledano comunque gli elementari doveri di probita ̀, dignita ̀ e decoro e, riflettendosi negativamente sull’attivita ̀ professionale, compromettono l’immagine dell’avvocatura quale entita ̀ astratta con contestuale perdita di credibilita ̀ della categoria. Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Ferina), sentenza del 24 luglio 2014, n. 102

Sospeso dalla professione l’avvocato che non rimborsi un prestito personale L’avvocato è tenuto a provvedere puntualmente all’adempimento delle obbligazioni da lui assunte nei confronti dei terzi e ciò indipendentemente dalla natura privata del debito; tale obbligo di natura deontologica oltre che giuridica mira a tutelare l’affidamento dei terzi nella capacità dell’avvocato di rispettare i propri doveri professionali e la negativa pubblicità che deriva dall’inadempimento si riflette sulla reputazione del professionista ma ancor più sull’immagine della classe forense (Nel caso di specie, in applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per mesi due). Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Broccardo), sentenza del 23 luglio 2013, n. 141