Il «nodo» del dolce stil novo

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Guido Guinizzelli Classe III B Prof. Giovanni Godio.
La scuola siciliana Classe III B Prof. Giovanni Godio.
IL DOLCE STIL NOVO.
Transcript della presentazione:

Il «nodo» del dolce stil novo «Risale a Dante la designazione di ‘stil novo’e ‘dolce stil novo’ per definire la scuola poetica che si era sviluppata negli anni della giovinezza e alla quale risaliva la sua prima educazione artistica. In una celebre terzina del XXIV canto del Purgatorio egli formulava il principio artistico che doveva distinguere nettamente la propria ispirazione da

Stil novo quella dei vecchi poeti (Giacomo da Lentini, Bonagiunta Orbicciani da Lucca, Guittone d’Arezzo): I’ mi son un che quando Amor mi spira, noto e a quel modo Ch’e ditta dentro, vo significando. Tanto i «Siciliani»…quanto i «Toscani» che si erano attenuti alla loro traccia,

Stil novo avevano ignorato, a giudizio di Dante, questa essenziale verità, secondo cui la poesia è un’interiore ispirazione dell’anima che si traduce in parole e ritmi con assoluta e immediata trasparenza, nelle forme di una rivelazione spirituale». [S. Battaglia, La letteratura italiana]. Nel XXVI canto del Purgatorio, invece, D. chiamerà Guinizzelli «padre mio e /de li

Dante su Guinizzelli altri miei miglior / che mai rime d’amor/ usar dolci e leggiadre». È dunque Guinizzelli, poeta laico, esponente di un’intellettualità cittadina, borghese, impegnata, ad aver dato l’incipit di una nuova stagione artistica. G., infatti, aveva inseguito un concetto di poesia capace di riformare e illuminare la vita dello spirito e i costumi sociali.

La nuova poesia lirica: Bologna, Firenze Coetano di Guittone, che per qualche tempo soggiorna a Bologna, è Guido Guinizzelli (1235-1276), di parte ghibellina, costretto all’esilio in Veneto nel 1274. Agli inizi vicino ai modelli guittoniani (O caro padre meo, de vostra laude), successivamente G., nel suo canzoniere, si confronta con le strutture mutuate dai provenzali e siciliani.

Guinizzelli In Io voglio del ver la mia donna laudare G. afferma implicitamente di aver pienamente recuperato la lezione siciliana, innescando aspre polemiche con gli altri letterati.

Guinizzelli Infatti, Guittone, Bonagiunta gli contestano l densità filosofica, la chiusura. Certo è che G. decide di ripercorre i modelli già sperimentati da Iacopo da Lentini e di celebrare la lode della donna attraverso similitudini (con la rosa, il giglio, Venere, con la natura…). Ma il nodo è questo: in conclusione della lirica, v’è l’immagine della donna che saluta. In termini provenzali, in questo gesto c’è il dono della salvezza. Rispetto a quanto elaborato da Guittone e Bonagiunta, c’è l’affermazione di un altro modello.

Guinizzelli-Al cor gentile Il tema del saluto viene ulteriormente approfondito nel sonetto Lo vostro bel saluto e ‘l gentil sguardo. G. però si spinge fino ad elaborare il manifesto di una nuova forma poetica: Al cor gentile rempaira sempre amore, una sintesi straordinaria e insieme una catalogazione mirabile di tutti gli stilemi stilnovistici.

Al cor… È la canzone dottrinaria dello «stil novo»: il tema d’amore è svolto su due piani, in quanto elemento-strumento di beatificazione e come motivo d’angoscia. Si muoveranno su questo doppio binario Dante, per il quale il sentimento per Beatrice diviene viatico per giungere a Dio, e Guido Cavalcanti, che analizzerà e descriverà gli sconvolgenti effetti dell’amore.

Guinizzelli-Al Cor… G. è percepito dallo stesso Dante come inventore dello «stil novo»: sue le innovazioni dottrinarie e melodiche, sua l’affermazione dell’identità di amore e cuore, posta in relazione analogica col mondo della natura (secondo un formulario di elementi astrali, minerali, fisici). Sua l’affermazione di amore come rapporto tra potenza e atto.

Guinizzelli-Al cor gentile… Sin dall’inizio della canzone si afferma l’indissolubile vincolo tra amore e cuore nobile. Tuttavia, il tema amoroso è stemperato, liberato da ogni riferimento contingente, inclinato verso il simbolo. La donna è angelo, messaggero di Dio, strumento di redenzione per il suo amante. Le similitudini con il mondo naturale restituiscono la consistenza di un fitto bagaglio di riferimenti filosofici, teologici.

Ugo Foscolo su Guido Cavalcanti Paragonando Cino da Pistoia a Guido Cavalcanti, Foscolo osservava: “ Guido è meno grazioso, e men ardito fors’anche nei modi; ma sorge assai più nelle idee; ha nondimeno più sillogismi che immagini…[…] L’amore cantato dai nostri antichi era una passione lambiccata dalla castità del Cristianesimo, dalla domestica severità de’ costumi…[…]Da questi elementi derivava quell’amore poetico dissimile in tutto dal nostro.”

Guido Cavalcanti A Firenze, Guido Cavalcanti (1255-1300), studia e rielabora l’importante lezione di Guinizzelli. Tuttavia, C. cerca di tentare un’altra strada: lavora su piano fortemente sperimentale, per approdare ad una pratica letteraria nuova, raffinata, elitaria, lontana da quella realizzata dalla generazione

Cavalcanti Realizzata dalla generazione precedente. Cavalcanti era nobile, guelfo di parte bianca e aveva sposato (per una scelta politica), Bice di Farinata degli Uberti (un legame dettato dalla politica

che era stato capo dello sconfitto partito ghibellino che era stato capo dello sconfitto partito ghibellino. Nel 1297 partecipò all’assalto contro le case dei Donati, famiglia di parte nera.

Cavalcanti Cavalcanti non poteva partecipare formalmente alla vita politica di Firenze: nel 1293 gli Ordinamenti di giustizia di Giano della Bella avevano di fatto escluso tutti i nobili.

Cavalcanti Eppure, in lui la passione civile era così accesa, che fu presente ugualmente nella vita politica; arrivò a scontrarsi con Corso Donati, capo dei Neri. Per questo fu condannato all’esilio, con decreto approvato anche da Dante (priore), il 24 giugno del 1300. A Sarzana contrasse la malaria; tornato a Firenze, morì. Lo storico Giovanni Villani racconta l’episodio in questi termini: « tornonne malato Guido Cavalcanti, onde morio; e di lui fu grande dammaggio, perrocchè era, come filosofo, virtudioso uomo in più cose, se non che

Cavalcanti era troppo tenero e stizzoso». Filippo Villani lo definì « filosofo d’autorità, non di poca stima, e onorato di dignità, di costumi memorabili, e degno d’ogni laude e onore2. Boccaccio lo definì « uomo costumatissimo e ricco d’alto ingegno», «ottimo loico e buon filosofo».

Dante e Cavalcanti Negli anni della militanza poetica, Guido era insieme ad un gruppo di giovani dediti alla letteratura, che guardava con ammirazione alle conquiste di Guinizzelli, ai modelli siciliani e a quelli provenzali. Con Dante il rapporto era intenso. Tuttavia, tra i due nel tempo si creò un profondo contrasto ideologico: Guido era fedele ai principi di un razionalismo

Dante e Cavalcanti eterodosso mentre Dante si rivolgeva agli studi teologici. Eppure D. stesso gli riconobbe, nella Commedia, altezza d’ingegno e «gloria della lingua».

Cavalcanti Con l’esercizio, Guido si distaccò dai parametri precedenti e approdò ad un approfondimento assoluto del tema d’amore, intorno al quale costruì il suo canzoniere. Qui il sentimento è esplorato in ogni aspetto di estasi, trascendenza, negatività. L’amore, estraneo al dominio della ragione, introduce nella sfera dell’irrazionalità; domina l’anima come un’ossessione, una malattia.

Cavalcanti L’anima viene rappresentata come un’architettura complessa, che viene investita e travolta dalla potenza d’amore. La psicologia dell’uomo è descritta con la personificazione delle facoltà vitali e spirituali, definite spiriti e spiritelli; ognuno di questi elementi è sconvolto da amore. Anche gli organi sensoriali e gli oggetti vengono coinvolti in questa tenzone.

Cavalcanti Rovescia entro l’alveo dello «stil novo», le posizioni guinizzelliane, giungendo ad una rappresentazione crudele e tragica dell’esperienza sentimentale: dilaniato, all’interno di un mondo astratto, arriva a raffigurare mente. Questo scontro porta alla morte.

visionariamente lo scontro che produce amore nei sensi –personificati in occhi, cuore e mente. Questo scontro porta alla morte.