GUSTAV KLIMT.

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Transcript della presentazione:

GUSTAV KLIMT

La vicenda artistica di Gustav Klimt (1862-1918), coincide quasi per intero con la storia della Secessione viennese. Con il termine Secessione si intendono quei movimenti artistici, nati a fine ’800 tra Germania ed Austria, che avevano come obiettivo la creazione di uno stile che si distaccasse da quello accademico. Di fatto, le Secessioni introdussero in Austria e in Germania le novità stilistiche dell’Art Nouveau che in quel momento dilagavano per tutta Europa. La prima Secessione nacque a Monaco di Baviera nel 1892. Fu seguita nel 1897 da quella di Vienna e nel 1898 da quella di Berlino. La Secessione viennese fu un vasto movimento culturale ed artistico che vide coinvolti architetti (Olbrich, Hoffmann e Wagner) e pittori (Klimt, Moll, Moser, Kurzweil, Roller). La Vienna in cui questi artisti si trovarono ad operare era in quel momento una delle capitali europee più raffinate e colte. La presenza di musicisti quali Mahler e Schönberg, di intellettuali quali Freud e Wittegenstein, di scrittori quali Musil, rendevano Vienna una delle città più affascinanti d’Europa. L’aura "biedermeier" di Vienna era tuttavia l’apoteosi di un mondo che stava per scomparire, consapevole della sua prossima fine. Cosa che avvenne effettivamente con lo scoppio della prima guerra mondiale che decretò la dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico.

Questa coscienza della fine, tratto comune a molta cultura decadentista di fine secolo, pone anche la Secessione viennese nell’alveo della pittura simbolista. E tale caratteristica è riscontrabile anche nella pittura di Klimt che rimane il personaggio più vitale ed emblematico della Secessione viennese.Gustav Klimt nacque in un sobborgo di Vienna, e in questa città frequentò la Scuola di arti e mestieri. Giovanissimo, insieme al fratello ed un’amico, diede vita alla prima società artistica, procurandosi commissioni per decorare edifici pubblici. Ne ricavò una certa notorietà e ulteriori commissioni, quale l’importante incarico di decorare l’aula magna dell’Università. Nel 1897 fu tra i fondatori e primo presidente della Secessione, partecipando sempre attivamente alle attività del gruppo da cui si distaccò in polemica nel 1906 per fondare una nuova formazione: la Kunstschau.Klimt nei suoi primi lavori mostra una precisione di disegno e di esecuzione assolutamente straordinarie, ponendosi però in un filone di eclettismo storicistico tipico di una certa cultura del secolo scorso in cui gli elementi della tradizione, in particolare rinascimentale, vengono ampiamente rivisitati e riutilizzati. La sua personalità comincia ad acquisire una importante caratteristica intorno al 1890 quando la sua pittura partecipa sempre più attivamente al clima simbolista europeo. Ma la svolta che portò Klimt al suo inconfondibile stile avvenne dieci anni dopo con il quadro «Giuditta (I)» del 1901. Da questo momento il suo stile si fa decisamente bidimensionale, con l’accentuazione del linearismo e delle campiture vivacemente decorate. Due viaggi compiuti a Ravenna nel 1903 diedero a Klimt ulteriori stimoli. Da quel momento l’oro, già presente in alcune opere precedenti, acquista una valenza espressiva maggiore, fornendo la trama coloristica principale dei suoi quadri.Il periodo aureo di Klimt si concluse nel 1909 con il quadro «Giuditta (II)». Seguì un periodo di crisi esistenziale ed artistica dal quale Klimt uscì dopo qualche anno. Il suo stile conobbe una nuova fase. Scomparsi gli ori e le eleganti linee liberty, nei suoi quadri diviene protagonista il colore acceso e vivace. Questa fase viene di certo influenzata dalla pittura espressionista che già da qualche anno si era manifestata in area tedesca. E Klimt l’aveva conosciuta soprattutto attraverso all’attività di due artisti viennesi, già suoi allievi: Egon Schiele e Oscar Kokoschka. La sua attività si interruppe nel 1918, quando a cinquatasei anni morì a seguito di un ictus cerebrale.

Il bacio, 1907

Il bacio è probabilmente il quadro più famoso di Gustav Klimt, ed uno di quelli che meglio sintetizza la sua arte. Come altri quadri di questo periodo ha formato quadrato. In esso le figure presenti sono due: un uomo ed una donna inginocchiati nell’atto di abbracciarsi. Un prato ricco di fiori colorati funge da indefinibile piano di giacitura, mentre l’oro di fondo annulla l’effetto di profondità spaziale. Il quadro ha quindi un aspetto decisamente bidimensionale. Delle due figure, le uniche parti realizzate in maniera neturalistica sono i volti, le mani e le gambe della donna. Per il resto l’uomo e la donna sono interamente coperte da vesti riccamente decorate. Quella dell’uomo è realizzata con forme rettangolari erette in verticale, mentre la veste della donna è decorata con forme curve concentriche. La differente geometria delle due vesti è espressione della differenza simbolica tra i due sessi. Dell’uomo è visibile solo la nuca ed un parziale profilo molto scorciato. La donna ci mostra invece l’intero viso, piegato su una giacitura orizzontale. Ha gli occhi chiusi ed un’espressione decisamente estatica. È proprio il volto della donna che dà al quadro un aspetto di grande sensualità. Nell’arte di Klimt la donna occupa un posto decisamente primario. Rinnovando il mito della «femme fatale» per Klimt la donna è l’idea stessa di eros. Di quell’eros che è a un tempo amore e morte, salvezza e perdizione. È un idea che serpeggia in tutta la mentalità del tempo, ma con connotazioni decisamente antifemministe. In Klimt la posizione tende invece a ribaltarsi, assumendo la donna ruolo di decisa superiorità rispetto all’uomo. È lei la depositaria di quel gioco amoroso che rinnova continuamente la vita e la bellezza. Ma il tutto si manifesta non tanto nelle azioni ma nelle sensazioni interiori. Ecco così che la donna del Bacio riesce a sublimare un’azione al limite del banale in qualcosa che ha afflato cosmico. Qualcosa che trascende verso la pienezza interiore più intensa. La grande armonia formale del quadro, insieme al contenuto di elegante erotismo, fanno di questo quadro il prodotto di un tempo che stava rapidamente scomparendo. La comparsa in quegli anni dell’espressionismo rese manifesta l’inattualità di questo mondo klimtiano fatto di eleganza e sensualità, che presto scomparve per tempi più drammatici e violenti segnati dagli eventi bellici della prima guerra mondiale.

L’interno del vecchio Burgtheater di Vienna, 1888

Il quadro è l’opera che rese famoso Klimt, ad appena ventisei anni, nella società viennese del tempo. Il Burgtheater era un teatro cuore della mondanità viennese, che nel 1887 fu destinato alla demolizione per essere sostituito da un altro più moderno. Prima di procedere alla distruzione, il Municipio di Vienna diede incarico a Klimt e al pittore Franz Matsch di immortalare il vecchio teatro. Klimt scelse di rappresentare non la scena, ma la platea e i palchi. In pratica, soffermò la sua attenzione sul pubblico che affollava la sala. E, dato il significato mondano-sociale di questo teatro, il suo quadro divenne una rappresentazione corale, fedelmente fotografica, del mondo viennese che allora contava.

Amore, E MUSICA 1 1895

Il quadro “amore”rappresenta, insieme all’opera «Musica I», il passaggio di Klimt da un’arte naturalistica e classicheggiante ad una di ispirazione più simbolica, che diverrà in seguito tipica del suo stile. Il soggetto allegorico dell’«amore» viene raffigurato ricorrendo al bacio intenso ed appassionato di due amanti, circondati da un buio che li estranea da qualsiasi contesto circostante, ma dal quale, quasi fatti di fumo, emergono spettrali figure a simboleggiare le età della vita, e quindi il trascorrere del tempo di contro alla sensazione di eternità che l’amore ispira, soprattutto al suo primo apparire. In questo quadro l’immagine tende ancora al tutto tondo, e si presenta con un’atmosfera vagamente tardo-romantica molto inusuale nella produzione klimtiana. Basta confrontare questo bacio con quello più famoso del 1907, per capire la profonda distanza che separa questa fase della sua pittura da quella che lo rese giustamente celebre. Ma il particolare della cornice dorata rende il quadro sicuramente esperimento, forse necessario, per quelle scelte stilistiche successive, così tipiche di Klimt, quali l’uso del formato quadrato, in cui per contrasto inserire composizioni verticali, e l’uso simbolico del colore oro

Giuditta I, 1901 Il quadro è la prima versione del soggetto «Giuditta» che Klimt realizza, ed è considerata come la prima opera del periodo aureo. Da questo momento in poi, per circa un decennio, l'uso del colore oro diviene uno dei tratti stilistici del Klimt più noto. Il soggetto è ovviamente una rivisitazione della storia biblica di Giuditta, protagonista della vicenda che la porta a tagliare la testa del generale Oloferne per vincere l'assedio in cui era tenuta la sua città. Il soggetto è stato sempre utilizzato quale metafora del potere di seduzione delle donne, che riesce a vincere anche la forza virile più bruta. In clima simbolista la figura di Giuditta si presta ovviamente alla esaltazione della «femme fatal» quale simbolo di quella esasperazione dell'eros che giunge a confondere i confini tra amore e morte. L'immagine ha un taglio verticale molto accentuato con la figura di Giuditta, di grande valenza erotica, a dominare l'immagine quasi per intero. La testa di Oloferne appare appena di scorcio, in basso a destra, tagliata per oltre la metà dal bordo della cornice. Da notare la notevole differenza tra gli incarnati della figura, che hanno una resa tridimensionale, e le vesti, trattate con un decorativismo bidimensionale molto accentuato. Si tratta di un sistema rappresentativo già utilizzato dalla pittura gotica del Trecento, ma che in Klimt assume una nuova valenza stilistica, riuscendo a fondere mirabilmente figura e decorazione astratta, in uno schema compositivo di grande eleganza formale. I tratti di Giuditta sono probabilmente quelli di Adele Bloch-Bauer, esponente dell'alta società viennese, della quale Klimt eseguì due ritratti. La splendida cornice in rame sbalzato, anch'essa in chiaro stile «secessione viennese», fu realizzata da suo fratello Georg, scultore e cesellatore. 

Giuditta II, 1909 È il quadro che chiude il periodo aureo di Klimt. Presentato a Venezia nel 1909, fu acquistato dalla Galleria d’Arte Moderna ed è oggi esposto nella sede di Ca’ Pesaro. Il motivo del quadro è quello della «femme fatale» che prende a prestito in maniera occasionale la storia di Giuditta (anche se per alcuni è più corretto vedere nel soggetto un’immagine di Salomè). Ritorna il motivo della cornice dorata già visto nel quadro «Amore». È un’immagine di straordinaria intensità che volge il tema della sensualità da un piano di dolcezza ad uno di maggior ferocia ed inquietudine.

Faggeto, 1902

Klimt non è solo pittore simbolista di soggetti femminili ed erotici, non è solo raffinato ritrattista, ma si dedica anche al paesaggio, pur se questa sua produzione rimane spesso meno nota. In queste sue tele, anch’esse di formato quadrato, la ricerca parte da un natura vista sempre in una sorta di aristocratico silenzio. Nulla da raccontare, ma solo la presenza degli elementi naturali che compongono frammenti di visione incredibilmente decorativi. Come in questo caso, dove l’effetto diviene quasi astratto, pur riconoscendo agevolmente la fitta trama verticale dei tronchi di faggio, l’alta linea d’orizzonte che da ariosità all’immagine, e lo straordinario puzzle di foglie autunnali che ricoprono il terreno.

Danae, 1907-08

Il quadro è uno dei più noti di Klimt ed appartiene alla sua fase creativa più feconda. Il tema che egli tratta è ancora l'erotismo femminile, che egli rappresenta nella rivisitazione del mito di Danae, personaggio dell'antica mitologia greca, che, secondo la leggenda, fu fecondata nel sonno da Giove, trasformatosi in pioggia d'oro. L'espressione di estatico abbandono della donna rimanda ad una dimensione onirica dell'eros, molto frequente nelle immagini di Klimt, fatta soprattutto di percezioni interiori che non di appagamento dei sensi.

Le tre età della donna, 1905

Quadro conservato nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, è una delle poche opere di Klimt presenti in Italia. Nel 1911, nell’ambito delle celebrazioni per il cinquantenario dell’Unità d’Italia, fu tenuto un vasto programma di manifestazioni artistiche, tra cui una mostra internazionale svolta a Valle Giulia. In quest’occasione fu allestito anche il padiglione austriaco, su progetto di Hoffmann, e tra le opere esposte vi fu «Le tre età della donna» di Klimt, che si aggiudicò il primo premio e fu acquistato dallo Stato Italiano, che la destinò appunto alla Galleria d’Arte Moderna romana, da poco istituita. Il quadro ha le raffinate eleganze tipiche del periodo aureo. Si noti in particolare l’espressione estatica e con il capo reclinato della donna, che anticipa analoghe soluzioni posteriori. Ma non mancano particolari espressionistici, riscontrabili soprattutto nella resa della donna anziana, che ci mostrano come Klimt fosse, pur nelle sue scelte stilistiche, un pittore molto aggiornato sui tempi, e meno anacronistico di quanto siamo, oggi, indotti a credere.

Fregio Stoclet (L’attesa), 1905-09 La Secessione viennese fu un sodalizio artistico che coinvolse anche gli architetti, e tra essi uno dei più rappresentativi fu Joseph Hoffmann, che fu incaricato dal ricco industriale Stoclet di erigere un imponente e sontuoso palazzo a Bruxelles, quale villa di famiglia. Nell’impresa Hoffmann coinvolse molti artisti e artigiani viennesi, con l’obiettivo di realizzare l’opera «totale», un’opera in cui si fondessero tutte le arti (plastiche, architettoniche e figurative) con la vita stessa da vivere in quel luogo. L’esperienza è rimasta unica, anche per l’eccezionalità del committente, che non pose alcun limite di spesa per la realizzazione dell’opera. Per questo edificio Klimt progettò dei fregi decorativi da realizzarsi a mosaico per la sala da pranzo. Questo raffigurato è uno dei suoi cartoni, servito agli artigiani viennesi per il mosaico definitivo. Il motivo fondamentale è un grande albero stilizzato con ramificazioni a spirale. In esso compare la donna che rappresenta l’Attesa. In quello opposto Klimt inserì invece le figure dell’Abbraccio. Oltre ai motivi tipici dello stile klimtiano è da notare la chiara impostazione "alla egiziana" della donna, evidente soprattutto nella disposizione delle braccia e delle mani, e nel volto quasi di profilo con il busto visto in posizione frontale.

L’abbraccio

Fregio di Beethoven 1902

In occasione della XIV mostra della Secessione (1902) ventuno artisti tra cui Klimt e Klinger lavorano al servizio di un'unica idea: la celebrazione dell'artista, realizzando un’"opera d'arte totale". L'allestimento, curato da Hoffmann, era concepito in modo che ogni singolo elemento si rapportasse al tutto, mentre lo spettatore era "guidato" nelle varie sale in una sorta di percorso iniziatico e ipnotico fino alla statua di Beethoven, realizzata da Klinger in preziosi marmi policromi, avorio, alabastro e bronzo. Centro focale della mostra, il monumento era posto al centro della sala principale; a fargli da cornice, sulle pareti vi erano i pannelli realizzati da Alfred Roller e Adolf Böhm. Il compositore appare seduto al centro di un elaborato trono in atteggiamento solenne e pensoso, un'aquila al suo fianco ricorda Zeus, ma forse ancor più Prometeo, metafora dell'artista creatore. Per la prima apparizione del gruppo scultoreo Gustav Mahler, musicista geniale quanto sensibile e riservato, traspose alcune parti del coro finale della Nona Sinfonia: ricorda Alma Mahler che "Klinger varcò la soglia della sala, rimase come impietrito quando dall'alto risuonarono questi suoni. Non potè trattenere la commozione, e sul viso cominciarono a scorrergli lentamente le lacrime". Per la mostra Klimt realizzò nella navata laterale un fregio che ha per tema la lotta dell'uomo contro la propria condizione di sofferenza, dando un'interpretazione simbolica della Nona Sinfonia di Beethoven. Trattandosi di pannelli momentanei utilizzò colori alla caseina su intonaco applicato a un incannucciato e per raggiungere certi effetti inserì nella materia pittorica frammenti di specchio, vetri colorati e persino chiodi da tappezziere; ciò rese molto precaria la conservazione dell'opera e particolarmente difficoltoso il restauro. Nel fregio stilizzazione e decorazione trovano forma compiuta e si realizzano secondo le migliori declinazioni dello "stile aureo"; il colore assume un'intensità e una luminescenza totale; un eclettico estro inventivo porta Klimt a raccogliere suggerimenti nell'ambito delle culture più disparate: echi della pittura vascolare greca e di quella egizia si mescolano nella scelta di una fascia narrativa continua; le stampe di Utamaro e Hokusai influenzano la dura incidenza del segno; l'amore per la sua nascente collezione di scultura africana s'avverte nelle orribili e maligne maschere; un po' ovunque nelle figure serpeggia sotterranea la cultura Art Nouveau di Beardsley e Minne, Mackintosh, Toorop e Hodler.

Nella scena iniziale del fregio è raffigurato l'Anelito alla felicità: un'umanità emaciata e dolente rivolge la sua disperata richiesta d'aiuto al cavaliere. Questi, simile a Pallade Atena o a Teseo che combatte con il Minotauro, è l'eroe simbolo di virtù, chiara metafora del ruolo dell'artista. Klimt lo "cesella" nei minimi dettagli: studia la corazza sugli esempi antichi e dà al volto, significativamente, i tratti di Gustav Mahler, che fu suo buon amico e che forse gli trasmise l'interpretazione wagneriana del testo, nonché la teoria di Nietzsche circa il genio e le sue sofferenze. Compassione e Orgoglio, appiattite nelle tuniche geometriche e vibranti di bagliori dorati, accompagnano il cavaliere insieme a una corrente fluttuante e benevola: sono le forze interiori che spingono l'eroe a intraprendere la lotta per la felicità. Ad attenderlo una serie di prove pericolose rappresentate dalle forze ostili: il gigante Tifeo e le sue figlie, le terribili Gorgoni prototipo della "femme fatale"; al di sopra Malattia, Follia e Morte, che riappaiono in La Speranza I e nelle opere di Schiele. Dall'altra parte, il gruppo di Lussuria e Impudicizia (quest’ultima ha il volto sensuale di Maria Janaich, una ballerina dell'Opera di Vienna) e Incontinenza, simile a un'illustrazione di Beardsley per la copertina di Alì Babà e i quaranta ladroni. Le segue Dolore struggente, figura femminile simile a un lemure spettrale. Infine, L'anelito alla felicità si placa nella poesia: altre figure fluttuanti simili alle creature di Toorop lo accompagnano verso la Poesia che suona la lira: è il culmine della composizione. Qui l'uomo potrà far riposare il suo animo stanco e trovare infine la verità che si risolve in un abbraccio fraterno e liberatore (anche se inquietanti spire avviluppano le gambe dei due personaggi); purificato rispetto alle passioni degli amanti di Amore, più spirituale rispetto a Il bacio e all'Abbraccio di Palazzo Stoclet. La narrazione è conclusa da un coro di moderni angeli bizantini che intona lo schilleriano Inno alla gioia; morbidamente serrate nello spazio, le divine creature citano nella posizione dei corpi e delle mani, nonché nella sospensione dei piedi, L'eletto di Hodler e rappresentano un sottinteso omaggio al grande artista. Qui l'eroe ha terminato il suo viaggio e ha placato il suo animo; Klimt invece tornerà sul tema in Il cavaliere d'oro (ovvero La vita è un combattimento) opera esposta nel 1904 a Dresda con Pesci d'oro, due ulteriori chiare risposte alle critiche del pubblico: l'artista-eroe continua dunque a lottare.

PALLAS ATHENE 1898

L'opera iniziata probabilmente nel 1908, subisce un mutamento significativo tra il 1911 e il 1915: l'originario fondo oro viene sostituito con uno verde-blu, inoltre nuove figure dall'andamento più sinuoso vengono inserite nella composizione. Non è da escludersi che questo ripensamento sia da mettere in relazione, oltre che con un periodo di profonda crisi interiore, anche con l’impressione suscitata dalle opere di Matisse, esposte nel 1909 insieme ad altre di Gauguin, Toorop, van Gogh, ma anche di Bonnard, Vuillard, Vallotton alla Internationale Kunstschau Wien, presieduta dallo stesso Klimt. Vita e morte segna il trapasso dallo "stile dorato" e dall'ornamentismo di opere quali il Ritratto di Adele Bloch Bauer I a forme che si realizzano in una riconquistata spazialità, resa dalla carica fisica ed emotiva del colore. La riflessione sul tema della vita, che si realizza nel perpetuo mutamento delle cose, nel legame inscindibile tra la nascita, l'amore e la morte torna in quest’opera con rinnovato vigore dopo essere stato affrontato in opere come Medicina. La composizione si svolge in entrambi i dipinti in modo molto simile: una figura isolata si contrappone a un groviglio di corpi, secondo uno schema costruttivo riproposto in La vergine e La sposa. In Vita e morte tale groviglio si risolve in un insieme di figure che sembrano schiudersi l'una sull'altra all'interno di un involucro protettivo, quasi "uterino", intarsiato di frammenti cristallizzati colorati; mentre l'immagine isolata di Igea, la sacerdotessa del pannello Medicina, è ora sostituita da un'altra ben più inquietante: la morte. Anche in Medicina appariva la lugubre effigie, indistinta però all'interno del gruppo, "relativizzata" come qualsiasi altro elemento dell'esperienza umana; ora, invece, diviene la vera e propria antagonista dell'uomo. Klimt la rappresenta in modo alquanto originale: se infatti da una parte conserva la tradizionale immagine della testa umana trasformata in teschio (secondo un'iconografia che affonda le sue radici nel tardo medioevo), dall'altra il corpo scheletrico "indossa" una veste dalla bizzarra decorazione: una sorta di "patchwork" di croci, che a ben vedere annulla ogni effetto di possibile drammaticità. E infatti non c'è dramma, né tensione: Klimt, attraverso una commistione di simboli di vita e di morte, segue il trascorrere delle stagioni dell'uomo nella loro circolarità: ciò che è evidente è la forza primigenia della natura che irrompe nell'abbraccio collettivo in cui si risolvono tutte le figure, còlte in una sorta di languida sospensione; la stessa rappresentata, con un carattere più spiccatamente onirico, in La vergine. La tensione dinamica del gruppo contrapposto alla figura della morte è poi improvvisamente bilanciata dalla figura femminile a sinistra, che non appariva nella prima versione: ella si volge, spalanca gli occhi e fissa il suo sguardo, quasi amoroso, nei bulbi vuoti e dilatati della morte; ella porta le mani verso il volto, non sembra ritrarsi né appare spaventata: forse si sta chiedendo se è proprio a lei che l'orribile creatura si sta rivolgendo. A livello iconografico sembrerebbe una moderna meditazione sul tema "la morte e la fanciulla", affrontato in alcune straordinarie opere da Hans Baldung Grien agli inizi del Cinquecento, secondo una tradizione che sopravvive e verrà ripresa con drammatica icasticità da altri artisti viennesi, in particolare da Schiele in un'opera del 1915-1916 dal titolo La morte e la ragazza.

Pesci d’oro 1901 Pesci d’argento 1899

Ai miei denigratori": così Klimt avrebbe voluto intitolare l'opera che suscitò scandalo e persino il ritiro alla mostra di Dresda del 1904 per l'arrivo del principe di Sassonia. Dopo i violenti attacchi dei moralisti per i pannelli dell'Università, Klimt, indispettito, aveva rilanciato la sfida, estrapolando dal contesto della Medicina proprio le immagini che più avevano destato scalpore: la conturbante e sensuale figura femminile nuda e il gruppo della madre col bambino quasi in primo piano dietro la sacerdotessa, rendendoli oggetto di due opere autonome: Pesci d'oro, appunto, e La Speranza I. Morbida e sensuale è la linea che disegna mollemente il corpo della maliziosa sirena in primo piano, la quale volgendo le spalle si mostra in tutta la sua fulgida bellezza, decisamente provocante come appare anche negli schizzi1 e in un divertente disegno di Löffler. La chioma rossa la accarezza, creando un meraviglioso contrasto cromatico col pesce dalle scaglie d'oro luccicanti; esso, simile a quello di Acqua Mossa e del disegno di "Ver Sacrum", sembra muovere le pinne giocando nell'acqua. Nel fondo variegato di pagliuzze d'oro e filamenti scuri si muovono altre sirene, una sembra scomparire, l'altra volge lo sguardo inquietante verso lo spettatore fluttuando con movenze molto simili a quelle di Pesci d'argento, ma anche della Nuda Veritas; un modello affascinante per Klimt che lo riprende, in maniera più stilizzata, nel fregio di Beethoven, ma anche in Ragazza col velo blu. Ogni cosa sembra partecipare a questa atmosfera quasi ipnotizzante, pervasa dal soffio dei colori e dai barbagli iridescenti dell'oro, in un clima di dolci assonanze che tornano a proporsi in Bisce d'acqua I e Bisce d'acqua II. Il critico Gesche esprimerà così tutto il suo stupore per questo clima da meraviglioso incanto: "Con queste sirene dai capelli di fiamma i pesci d'oro danno l'impressione di guardare nell'acquario di Eros; questo dipinto di Klimt ha la sontuosità di un racconto da "Mille e una notte"

LA SPERANZA

Secondo quanto attesta una storia apocrifa, Klimt tra le sue modelle amava particolarmente Herma, per un suo "vezzoso attributo": uno splendido fondoschiena. Un giorno, la ragazza non si presentò più nell'atelier, provocando nell'artista un notevole turbamento. Così la mandò a cercare e venne a sapere che Herma era incinta. Klimt non volle comunque rinunciare a lei e vincendone le reticenze riuscì infine a ritrarla. Una splendida modella per una altrettanto splendida opera: La Speranza I. Il tema della donna nuda incinta, che ritroviamo in vari studi destò chiaramente grande scalpore e lo stesso Fritz Wärndorfer, il collezionista che lo acquistò prima di fare bancarotta, lo teneva celato dietro a due paraventi. Fu in seguito Koloman Moser a realizzare una speciale "stanzetta" per il quadro, che veniva mostrato solo agli amici più intimi. Klimt, attingendo consapevolmente all'iconografia classica, rappresenta una donna nuda incinta, simile a un'audace Primavera dai capelli rossi; dietro di lei compaiono inquietanti volti ischeletriti secondo un'iconografia che si trova già in Amore e persino una maschera crudele come quelle che il pittore stesso collezionava. L'intensa suggestione delle opere di Edvard Munch - che sicuramente Klimt conosceva già prima della mostra alla Secessione di Vienna nel 1904 - si cela nelle fattezze di questi personaggi illividiti simili a lemuri spettrali. Essi rappresentano le minacce del mondo che attendono il bambino ancora al sicuro nel grembo materno. Accanto alla donna appare un mostro molto simile a Tifeo, la mitica scimmia alata e oscura chimera dell'Ostilità delle forze avverse. La fanciulla ha sul capo una coroncina di fiori dal gusto chiaramente preraffaellita che prosegue però sulla testa dell'orrida creatura, creando un legame con la donna e una sorta di ambiguità nei rapporti tra la futura madre e il nascituro; ben diverso dal clima di totale fusione esistente in Le tre età della donna. Klimt aveva realizzato questo quadro chiaramente provocatorio dopo le polemiche per i pannelli dell'Università, riprendendo da questi il gruppo della madre col bambino e portando la figurazione alle estreme conseguenze. In seguito affronta lo stesso tema con animo più disteso e intenti meno provocatori.