Lezione 2 La concentrazione e la distribuzione dimensionale delle imprese Corso Analisi dei settori produttivi Sandrine Labory.

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Lezione 2 La concentrazione e la distribuzione dimensionale delle imprese Corso Analisi dei settori produttivi Sandrine Labory

Due elementi sono importanti nell’analisi dei settori produttivi: concentrazione e distribuzione dimensionale Abbiamo visto l’importanza delle considerazioni sulla concentrazione nella spiegazione del paradigma SCP: in gioco sono conclusioni di politica sulla desiderabilità o meno della concentrazione nelle industrie; per le imprese, poter concentrarsi significa aumentare il profitto Quindi un aspetto importante dell’analisi dei settori produttivi è la misura della concentrazione, dei suoi determinanti ed effetti.

1. Misura della concentrazione Alcuni studiosi hanno definito le proprietà che un buon indicatore dovrebbe soddisfare: l’indice dovrebbe: essere funzione del numero di imprese nell’industria (N) e della distribuzione delle quota di mercato (s) delle imprese; essere invariante rispetto a permutazioni nelle quote di mercato fra le imprese; Aumentare se la quota di mercato di un’impresa aumenta a scapito di un’altra imprese più piccola; Diminuire quando il numero di imprese totale nell’industria aumenta.

Numerosi indici sono stati proposti nella letteratura Numerosi indici sono stati proposti nella letteratura. I criteri sopra esposti permettono di limitare il numero di indici buoni ma in nessun caso è possibile prescindere da giudizi di valore nella scelta di un particolare indice. Quindi vediamo ora gli indici principali: Coefficiente di Gini Rapporto di concentrazione Indice di Herfindahl Indice di entropia

Coefficiente di Gini E’ una misura che non rispetto i criteri che abbiamo definito. Esempio: 4 imprese A: quota mercato 5% B: 10% C: 15% D: 70% Si può disegnare la curva di Lorenz Asse orizzontale: numero cumulato di imprese Asse verticale: quote di mercato cumulate

La diagonale è la linea dell’uguaglianza perfetta: se tutte le imprese avessero la stessa quota di mercato, la curva di Lorenz coinciderebbe con la diagonale. + la distribuzione è ineguale, + la distanza tra diagonale e curva di Lorenz è grande. Area tra diagonale e curva di Lorenz = area di concentrazione Coefficiente di Gini: misura il rapporto tra area di concentrazione e area compresa sotto la diagonale

Se uguaglianza perfetta: coeff. Gini = 0 Se disuguaglianza perfetta: coeff. Gini = 1 Quindi 0  coeff. Gini  1 Se concentrazione  allora coeff. Gini  Calcolo: Area sotto diagonale: (100*100)/2 = 5000 Area di concentrazione: serve area sotto curva di lorenz: è (5*25)/2 + 5*25 + (25*10)/2+(15*25)/2+15*25+30*25+(70*25)/2 = 2500 Area di concentrazione: 5000 – 2500 = 2500 Coeff. Gini: 2500 / 5000 = 0.5

Utilità coeff. Gini nella misura della concentrazione? Questo indice misura la disuguaglianza nella repartizione delle quote di mercato, non la concentrazione Non tiene conto del numero assoluto di imprese nell’industria: il coefficiente è basso se le imprese si ripartiscono ugualmente il mercato, che siano 2 (ciascuna 50% del mercato allora coeff. Gini = 0) o 1000 (ciascuna 0.1% del mercato allora coeff. = 0) Se il numero di imprese , il coeff. Gini , mentre la concentrazione 

Rapporto di Concentrazione CR = somma delle quote di mercato delle prima n imprese operanti nel mercato =

Vantaggi: Facile da calcolare Va bene per paragonare la concentrazione di varie industrie, utilizzando lo stesso n Svantaggi: Arbitrarietà di n le conclusioni sulla concentrazione dell’industria cambiano a seconda del n scelto => Gli altri 2 indici soddisfano i criteri prima esposti

Indice di Herfindahl H = somma del quadrato delle quote di mercato di tutte le imprese dell’industria =

Vantaggi: Tiene conto sia della numerosità delle imprese dell’industria che delle differenze di quota di mercato È compreso tra 0 e 1, con valori maggiori quando la concentrazione aumenta (H=0 se concorrenza perfetta; H=1 se monopolio) Nell’indice ciascuna impresa è ponderata con un peso uguale a se stessa Si può calcolare il numero equivalente: numero di imprese di uguale dimensione che genererebbe lo stesso valore dell’indice Esempio: se nell’industria ci sono N imprese di uguale dimensione, allora H = 1 / N e numero equivalente = 1 / H

Indice di Entropia H = usato in fisica per misurare il grado di disordine di un sistema =

Se i=1, E = 0 Quindi l’indice ha valore minimo per la concentrazione massima Non è molto usato in letteratura, anche se per il resto ha buone proprietà L’indice più usato negli studi empirici è l’indice di Herfindahl

2. Tendenze del processo di concentrazione Gli studi sulle tendenze della concentrazione riguardano sia il complesso dell’economia che i singoli settori produttivi I primi studi sono stati realizzati negli USA, quindi la letteratura di riferimento riguarda spesso casi americani Come sempre in economia non è tutto bianco o tutto nero: alcuni studiosi sostengono che la concentrazione è aumentata nel tempo, altri no.

Problema: la concentrazione aggregata (di tutte le industrie) non ha molto senso, visto che le industrie hanno caratteristiche molto diverse (tecnologia, prodotti, grado di innovazione, ecc.) Inoltre nel tempo alcuni settori spariscono e ne nascono altri: generalmente nei nuovi settori all’inizio prevalgono imprese più piccole Esempio di studi: Mueller e Rogers (1984) Misurano gli indici di concentrazione nel settore manifatturiero americano nella prima metà del XX secolo: mostrano che la concentrazione aumenta nei settori dei beni di consumo, e diminuisce in quelli dei beni di produzione

Europa? Come negli Stati Uniti, dagli anni ’70 si assiste as una diminuzione della concentrazione: quota delle imprese con più di 500 addetti nella produzione industriale  (F, GB, I) Quota occupati in imprese di più di 500 addetti negli anni ’90: UK  50%; USA  50%; Germania  50% Italia  20%; Francia  40% La specificità della concentrazione a livello aggregato fra paesi è fortemente influenzata dalla diversa distribuzione del valore aggiunto a livello settoriale (Italia: maggiore incidenza % sul prodotto lordo dei settori a basso livello di concentrazione, e quota molto bassa della produzione totale attribuibile ai settori più concentrati)

Altri fattori della concentrazione? Gli studi empirici hanno messo in evidenza che la concentrazione è causata: essenzialmente dalle fusioni a livello aggregato; A livello di singola industria, è causata Dalle spese di pubblicità Dalle economie di scala La concentrazione determina un elevato potere di mercato (prezzi alti ed inefficienze) Generalmente nei vari paesi gli stessi settori risultano i più concentrati, anche se il livello (grado) di concentrazione varia tra paesi.

3. Fattori determinanti la concentrazione nell’industria manifatturiera Gli studi empirici mostrano che la concentrazione: È inversamente legata alla dimensione del mercato: se dim , concentrazione  Dipende direttamente e positivamente dal MOS (scala minima efficiente o ottimale): più MOS elevato, più concentrazione elevata Esempio: mercato auto Impianto che ha MOS  Q = 2 milioni di vetture Se mercato è 10 milioni: spazio per 5 imprese Se mercato è 4 milioni: spazio per 2 imprese

La concentrazione misurata nelle industrie è generalmente superiore alla concentrazione teorica (i.e. valore dell’indice calcolato se tutte le imprese hanno la MOS): in altre parole, le imprese sono generalmente più grandi di quello che la struttura dei costi implica? Quindi le economie di scala determinano la concentrazione ma esistono altri fattori che aumentano la concentrazione: ad esempio Spese di pubblicità Spese di R&S Comportamento (condotta), non struttura Queste spese aumentano il costo di entrata sul mercato e quindi proteggono le imprese presenti sul mercato da un aumento del numero di rivali Costituiscono quindi cosidette “barriere all’entrata”

Fattori determinanti la concentrazione: Segno della relazione Caratteristiche del fattore Dimensione del mercato Negativo Esogeno (S) MOS Positivo Spese di pubblicità Endogeno (C) Spese R&S Intensità concorrenza

4. Determinanti stocastiche della struttura di mercato (Struttura di mercato = grado di concentrazione) Finora abbiamo assunto che la concentrazione si può spiegare da un certo numero di fattori ben definiti. Però nella realtà esistono anche dei fattori casuali che spiegano la struttura di mercato e la concentrazione: la fortuna di un imprenditore; la coincidenza dell’idea di prodotto con i gusti del consumatore, ecc.

Processo casuale: Si rappresenta nella maniera seguente. Assumiamo che tutte le imprese hanno la stessa dimensione all’inizio e hanno la stessa probabilità di crescita Assumiamo che la distribuzione di probabilità sia normale e che il tempo è diviso in “periodi” Allora: Dopo il primo periodo, 50% delle imprese hanno una crescita > media, e 50% < alla media Dopo il secondo periodo 50% delle imprese che avevano una crescita superiore alla media dopo il primo periodo hanno ancora una crescita superiore alla media Ecc.

Il processo continua in modo che in ciascun periodo di tempo un gruppo sempre più ridotto di imprese cresce più rapidamente delle altre imprese Arriviamo ad un’ipotesi molto famosa in economia industriale: Se la probabilità di una variazione % nella dimensione di un’impresa è la stessa per tutte le imprese in una data industria, senza riguardo alle dimensioni iniziali, abbiamo La legge di Gibrat (ε è variabile casuale) St / St-1 = εt

Allora se il numero di imprese nell’industria è costante nel tempo, la concentrazione aumenta nel tempo. Infatti, la legge di Gibrat si può riscrivere Log St – log S t-1 = log εt Log St = log S t-1 + log εt Log St = log εt + log (log S t-2 + log εt-1) Ecc. (sostituzioni successive) => (equazione a destra

Quindi la dimensione al tempo t dipende dalla dimensione iniziale e da una somma di fattori casuali Evidenza empirica È vero che la crescita delle imprese dipende da fattori stocastici Però la crescita dipende anche dalla dimensione: le imprese più piccole crescono di più delle più grandi e crescono in maniera più variabile La legge di Gibrat non è generalmente verificata nella realtà (dipende da ipotesi restrittive come popolazione costante, ecc.) La variazione della concentrazione di un industria nel tempo dipende anche dal processo di mortalità e natalità delle imprese

Applicazione interessante della legge di Gibrat: Geroski e Gugler (2001) Obiettivo del lavoro: verificare se, dopo il 1992, allorché è stato attuato il programma del mercato unico europeo, si è assistito ad una convergenza delle industrie dei vari paesi membri verso dimensioni simili. Legame con legge di Gibrat? Se la legge è verificata, non ci sarà convergenza perché la variazione della dimensione è casuale. Risultato: la legge di Gibrat non è verificata I determinanti della crescita delle imprese sono firm-specific e molto variabili nel tempo Le industrie dei vari paesi hanno delle strutture simili

5. Struttura di mercato, flessibilità e incertezza Anni ’70 e ’80: ampio dibattito sul ruolo crescente delle imprese di piccole dimensioni nelle economie moderne. Questo dibattito è stato alimentato dall’osservazione che le grandi imprese, dalla fine degli anni ’60 in poi, incorrono in difficoltà (crisi del fordismo) Esempio: acciaio US 1979: Prime 8 imprese = 78% mercato US 1991: Prime 8 imprese = 50% mercato US

Piore e Sabel (1984): Sostengono che questi sono segni della fine del fordismo e del modello della grande impresa Si diffonde invece il modello di “specializzazione flessibile” dove la competitività di un’impresa dipende prima di tutto dalla sua capacità di soddisfare i frequenti cambiamenti nei gusti dei consumatori (flessibilità), capacità che le PMI dominano meglio. Questo modello è vincente in un contesto caratterizzato da incertezza e turbolenza

Turbolenza e incertezza? Turbolenza = instabilità della domanda  variazione frequente dei prodotti  meglio impianti flessibili  riduzione concentrazione Incertezza dell’ambiente competitivo: fattori composizione della domanda per tipo di prodotto: se incertezza relativa a questa composizione , le imprese devono produrre una gamma di prodotti più ampia => necessità di sistemi di automazione flessibili che permettono di modificare la composizione della produzione senza necessità di nuovi investimenti

2. Lunghezza dei cicli di vita dei prodotti: se incertezza relativa a questa lunghezza , allora necessità di organizzazione in grado di non solo individuare nuovi prodotti, ma anche di produrli in tempi rapidi Incertezza nelle caratteristiche dei prodotti implica necessità di organizzazioni in gradi di cambiare velocemente le caratteristiche dei prodotti Incertezza nel livello della domanda totale di mercato: scorte o JIT permettono di far fronte Del Monte aggiunge altri due fattori che secondo me non sono rilevanti: Incertezza nella fornitura delle materie prime Incertezza nella tecnologia produttiva (dipende da 1-4 e dalle strategie e capacità dell’impresa)

6. Conclusioni Evidenza storica è che la grande impresa non è sparita del tutto ma che effettivamente le PMI hanno potuto costruirsi una competitività duratura in questo contesto. Inoltre, le grandi imprese si sono riorganizzate: non più integrazione verticale ma forme a rete La realtà è eterogeneità: in alcuni industrie, la concentrazione è diminuita a seguito dell’aumento della turbolenza e incertezza; in altri, è rimasta stabile

Comunque l’evoluzione della concentrazione delle industrie dipende non solo dall’ambiente competitivo ma anche ad esempio dal progresso tecnico che può permettere nuove tecnologie di produzione Non si può definire una relazione certa, una “legge”, tra concentrazione o dimensione d’impresa e incertezza e altra caratteristiche dell’ambiente competitivo e delle strategie d’impresa.