LA COMPETITIVITÀ DEI PORTI ITALIANI NEL MEDITERRANEO E L’INTEGRAZIONE MODALE prof. ing. Agostino Cappelli- IUAV Venezia 2009
Lo scenario internazionale del XXI Secolo GLI ANNI OTTANTA E NOVANTA DEL SECOLO SCORSO L’evoluzione della politica comunitaria ha comportato uno spostamento del baricentro dell’Europa prima verso Est (con l’allargamento all’Europa a 27) e successivamente, con le prospettive delineate dal gruppo ad alto livello “Wider Europe”, verso Sud. Ne sono risultate profondamente modificate le Reti Transeuropee e sono comparse per la prima volta le Autostrade del Mare come strumento innovativo per il trasporto, capace anche di dare sostegno ai processi di coesione tra Paesi dell’area euromediterranea.
Gli scenari del nuovo secolo DAL 2000 ….. Lo straordinario sviluppo delle economie asiatiche (Cina e India in particolare) che ha enormemente intensificato gli scambi con l’Europa, privilegiando il transito attraverso il canale di Suez che è tornato ad essere una cerniera strategica per la mobilità a livello mondiale. Una delle principali implicazioni di questi due fenomeni è stata la rinnovata centralità del Mediterraneo, il che costituisce una straordinaria opportunità sia per l’Europa che per l’Italia, ma alla quale entrambe non sembrano aver prestato finora la dovuta attenzione
Dati istat (*) Nel il traffico container nei porti italiani è rimasto costante
L’EVOLUZIONE DELLA FLOTTA DELLE GRANDI PORTACONTAINER
CAPACITA’ DELLA FLOTTA PORTA CONTAINER (IN N° TEU) ED EVOLUZIONE DELLE DIMENSIONI DELLE NAVI TRA Dimensione navi gen-91 % gen-96 % gen-01 % > TEU00,0% ,0% ,7% 4.000/4999 TEU ,5% ,4% ,6% 3.000/3.999 TEU ,6% ,6% ,6% 2.000/2.999 TEU ,0% ,6% ,5% 1.500/1.999 TEU ,8% ,3% ,3% 1.000/1.499 TEU ,7% ,1% ,6% 500/999 TEU ,3% ,0% ,0% 100/499 TEU ,0% ,9% ,7% Totale % % % Fonte: BRS Alphaliner Fleet Report, Settembre 2004
Dopo un periodo di forte espansione ( ), che ha consentito di recuperare una parte dei traffici che transitavano dai Porti del Nord, gli scali marittimi italiani hanno dato segnali di debolezza rispetto ad altri scali Mediterranei, in particolare i porti spagnoli. La perdita di competitività dei porti italiani è particolarmente preoccupante perché si è verificata proprio nel momento in cui crescevano i traffici con il Far East lungo la rotta del Canale di Suez. Il nostro sistema portuale – per quanto riguarda i traffici containerizzati – ha adottato sempre più la tecnica del transhipment, che nel 1997 rappresentava il 32% del totale e nel 2005 ha superato il 50%. DATI ANALITICI
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Mediterraneo e mar del nord
Le statistiche più realistiche valutano in 4,78 milioni di TEU il totale dei container che entrano ed escono dai porti italiani al netto del transhipment (che viene valutato in 4,94 milioni di TEU). La crescita dei porti italiani sarebbe infatti ancora inferiore se si eliminasse la doppia contabilità derivante dalla attività di transhipment.
Le compagnie marittime che operano su rotte oceaniche concentrano i loro servizi diretti sui porti in grado di assorbire grandi quantità di merce. I porti italiani, che assorbono limitate quantità di merce, vengono sempre più esclusi dagli itinerari e debbono quindi essere serviti da navi feeder che partono dai nostri tre porti di transhipment o dagli altri porti dello stesso genere sparsi nel Mediterraneo (PortSaid, Malta, Damietta, Pireo, Algesiras)
1] I porti italiani assorbono realmente quello che è il consumo del sistema economico e demografico del Paese, cioè un volume complessivo import/ export stimato attorno ai 4,5 milioni di TEU. 2] Un’altra caratteristica del sistema portuale italiano è quella collegata allo sviluppo dello short sea shipping all’interno del quale rientrano i servizi delle cosiddette ”Autostrade del Mare”. L’Italia è uno dei leader mondiali di questa tipologia di traffico.
3] Il terzo aspetto importante della Portualità italiana, che viene trascurato è quello che riguarda i traffici di rinfuse solide e merci in colli non containerizzate, che rappresentano il 35% del totale non oil ed hanno un’importanza fondamentale sul range adriatico. Essi sono fortemente legati alla specializzazione produttiva del territorio e sottoposti di meno alla concorrenza tra porti di quanto lo siano i traffici container ed i traffici dello short sea shipping.
L’incremento del movimento import/export - anche se in misura inferiore a quello di altri paesi concorrenti - è stato determinato quasi esclusivamente dall’incremento del valore delle merci, mentre per quanto riguarda le quantità scambiate, i volumi sono diminuiti nel 2005 anche rispetto al EXPORT: indice =100 al 2000: nel 2002 era sceso a quota 96,9, nel 2005 a quota 94,6. IMPORT: nel 2002 era passato a quota 97,7, si era ripreso negli anni successivi ma nel 2005 è ricaduto a quota 97,4 In definitiva, i porti italiani hanno dato gli stessi segnali di debolezza riscontrati nell’intero sistema economico nazionale. Non sono stati né migliori,né peggiori del resto del Paese
Fonte Cnel da Ocean Shipping Consultants “The European & Mediterranean Containerport Markets to 2015”. Base case WEST MED 6,018,6411,75 CENTRAL MED 5,577,7910,86 EAST MED 9,6416,1224,48 ITALY 4,786,338,24 Forecast Non-Transhipment Handling Demand by Range to 2015
Nell’ipotesi di base, l’Italia dovrebbe rispondere tra dieci anni a una domanda di transhipment circa 110% maggiore di quella odierna ed a una domanda portuale effettiva circa 85% più elevata di quella attuale. Sono numeri che ben giustificano un potenziamento delle infrastrutture
Il problema strutturale riguarda il progressivo sbilanciamento dei traffici: La direttrice Far East-Europa ha volumi che potranno essere quattro volte superiori a quelli della direttrice inversa. L’Europa importerà sempre più di quanto sarà capace di esportare. Il rapporto tra le due direttrici passa da 2.1 alle soglie del 2000 a 2.8 nel Arriveranno in import sempre più container pieni e ripartiranno in export sempre più container vuoti.
Il potenziamento delle infrastrutture portuali non deve necessariamente basarsi sul problema del gigantismo navale. Il 19% dei nuovi ordini riguarda navi con portata superiore ai TEU. Il 50% dei nuovi ordini però è relativo a navi che stanno tra i ed i TEU – cioè la categoria che continuerà ad essere dominante sui mari. Le navi giganti pertanto saranno in definitiva meno del 10% della flotta, serviranno essenzialmente le rotte del pacifico e poche saranno interessate al Mediterraneo
I problemi infrastrutturali s’intrecciano quindi con i problemi di governance Secondo un’ottica che privilegia le politiche dell’offerta all’analisi della domanda effettiva, sono stati elaborati negli ultimi tempi dei progetti, da parte delle regioni meridionali, che prevedono il potenziamento di porti già esistenti e anche l’apertura di altri porti di transhipment, in particolare ad Augusta in Sicilia, scalo attualmente dedicato ai traffici di rinfuse liquide. La vera sfida dei prossimi anni sarà costituita dall’invenzione di nuovi sistemi organizzativi e logistici in grado di impiegare nella maniera più razionale ed efficiente le risorse di capacità sovrabbondanti
Tra le prime cinque compagnie del mondo, ben quattro sono europee. Leader assoluta è la danese Maersk/Sealand che, dopo la fusione con P&O Nedlloyd dell’anno scorso, rappresenta da sola il 24% della flotta mondiale. Al secondo posto la MSC (Mediterranean Shipping Company), fondata da un geniale imprenditore italiano, che ha sede in Svizzera. Quale modello organizzativo adotteranno dunque le compagnie? Il “round the world”, il “pendulum”, lo “hub and spoke”, il “multi string”? Come verranno rimodulati questi modelli? Ogni cambiamento ha delle conseguenze sul governo delle catene logistiche.
Sembra dunque che sia ancora l’industria della logistica del vecchio mondo a controllare i processi di valorizzazione, malgrado il trasferimento di tante attività manifatturiere E’ ancora la domanda della parte più ricca del pianeta a muovere le navi.
I porti tedeschi sono per tassi di crescita primi in Europa anche perché la Germania ha scommesso sulla specializzazione in logistica del sistema Paese, portando Deutsche Post a diventare leader mondiale e Lufthansa leader nel cargo aereo, liberalizzando il mercato ferroviario, creando un vero sistema intermodale governato da un unico soggetto, la DUSS, che tra pochi mesi aprirà il suo primo terminal in Italia non lontano dall’Interporto di Verona. I porti spagnoli sono i primi nel Mediterraneo anche perché la Spagna ha investito molte risorse nella creazione di poche scuole di eccellenza, collegate alle migliori busines school del mondo. (il Center for Transportation and Logistics del MIT di Boston ha scelto Saragozza come sede in Europa).
L’Italia piattaforma logistica al centro del Mediterraneo? Questa frase, che ha suscitato e continua a suscitare speranze ed attese, rischia di assumere i connotati del grottesco … ma che significa … ???
Essere PIATTAFORMA LOGISTICA vuol dire: attirare sul proprio territorio, sulle proprie infrastrutture, sui servizi logistici del proprio Paese, merci in sovrappiù rispetto a quelle necessarie a soddisfare i consumi e la produzione del mercato domestico Trattare le merci, metterle a deposito, arricchirle, confezionarle, controllarne la qualità e rispedirle infine al Paese di destinazione finale, per nave, per ferrovia, per aereo, allestire un perfetto consumer service, consentendo al cliente di seguire il processo, di “rintracciare” la sua merce dovunque essa si trovi, offrendogli tutte le migliori garanzie assicurative a costi competitivi: in import e in export. Diventare cioè una piattaforma di distribuzione che allarga il suo raggio d’azione all’Europa centro-orientale, ai Balcani, alla penisola iberica, al Maghreb.
Per mettersi al passo con i porti del Nord: non basta dunque un terminal portuale efficiente e poco costoso, non bastano magazzini e distripark occorrono servizi di collegamento e trasporto retroportuali di eguale efficienza e capillarità
la crescita più impetuosa prevista per i prossimi anni nel Mediterraneo riguarda la parte est, in particolare la Turchia e l’area del Mar Nero. Le previsioni di sviluppo per il futuro sono impressionanti, con ritmi di crescita quattro volte superiori a quelli previsti per l’Italia
La fitta rete di servizi feeder e la folta presenza di scali lungo le nostre coste rappresenta un elemento fortemente competitivo rispetto al treno. La quota ferroviaria nei porti non è un dato significativo, così come la quantità di merce sbarcata e imbarcata nel porto, se si tratta di traffici di linea. Sia nel ferroviario che nel marittimo importanti sono la frequenza e la destinazione dei servizi. Sta qui il vero gap con i porti del Nord, sia nel settore delle navi che in quello dei treni. Dai nostri porti vengono servite poche destinazioni nazionali con treni diretti (area di Milano, Verona, Padova, distretto delle piastrelle di Sassuolo, rappresentano da sole il 70% del traffico).
Le strategie di sviluppo degli operatori per l’espansione il mercato La società Hannibal (joint venture fra Trenitalia cargo e Gruppo Contship), ha come obiettivo lo sviluppo dei traffici container che passano dai porti italiani verso destinazioni oltre le Alpi (in particolare da La Spezia, Livorno e Gioia Tauro); Nuovi operatori ferroviari (Ferrovie Nord Cargo, SBB Cargo e Railion) sono intenzionati ad entrare nel mercato dei traffici da e per i porti italiani; La questione delle manovre ferroviarie in porto è già oggetto di nuove soluzioni organizzative nei principali porti (Genova, Gioia Tauro, Trieste, Savona) per ridurre le evidenti inefficienze già nel medio periodo.
Servizi ferroviari e logistica avanzata Le integrazioni orizzontali e verticali dei principali operatori del settore spingono il livello della competizione non solo fra porti, ma fra catene logistiche complete che richiedono forme complesse di intermodalità (mare + terminal + ferro + strada) e dirette relazioni con i centri intermodali terrestri è il caso dell’interporto di Padova, unico inland terminal in Italia ed in genere del sistema degli interporti del nord (Bologna, Padova, Verona, Venezia) Le economie di scala nell’intera filiera del trasporto e il gigantismo navale spingono verso nuove gerarchie fra i porti, con fenomeni di polarizzazione (porti di transhipment) e di esclusione o marginalizzazione (porti con bassi fondali e/o fuori dalle grandi rotte)
Le destinazioni terrestri dei porti italiani evidenziano un sistema sostanzialmente al servizio delle aree economiche italiane con un modestissimo ruolo europeo. La frammentazione dei traffici e i bacini di riferimento limitati geograficamente di quasi tutti i porti italiani comportano un basso utilizzo della ferrovie per le merci.
Lo scenario che consegue evidenzia la necessità di uno sviluppo competitivo dei porti italiani basato su una forte integrazione con i servizi ferroviari, che sia capace di garantire: l’integrazione e lo sviluppo di catene logistiche complete che richiedono forme complesse di intermodalità (mare + terminal + ferro + strada) e dirette relazioni con i centri intermodali terrestri; uno sviluppo competitivo dei porti italiani che si basi su precise gerarchie di funzioni e di ruoli, con concentrazioni sui porti in grado di garantire alti livelli di efficienza sia lato mare sia nell’integrazione terrestre, per le destinazioni nazionali e per quelle strategiche europee;
Si tratta di reintegrare l’infrastruttura ferroviaria dei porti nel patrimonio di Rete Ferroviaria Italiana, primo passo perché dentro e fuori la cinta portuale (l’esperienza di Gioia Tauro insegna) si possano mettere in atto quelle misure di carattere tecnico e normativo in grado di assicurare un servizio ferroviario efficiente ed a costi tali da attrarre l’operatore privato.