METODOLOGIE DIDATTICHE E COMUNICATIVE PER LA DIFFUSIONE DELLA CULTURA SCIENTIFICA ARTE E CIBO Maurizia Della Valle II SANU
LA FRUTTA Con l’evoluzione della civiltà l’uomo imparò a coltivare la frutta. Nell’antichità la frutta, fresca o secca, veniva consumata dai greci e dai romani a colazione e per concludere la cena. In epoca cristiana la frutta divenne alimento comune sia cotto che crudo, e nel Medioevo i banchetti si terminavano con questi prodotti del bosco. Nel Rinascimento, con l’evoluzione dell’apparecchiatura della tavola, la frutta divenne protagonista di raffinate composizioni: i trionfi. La saggezza medica del Medioevo e del Rinascimento considerava la frutta un cibo freddo pericoloso, ma al contempo la riteneva un utile stimolo all’appetito che, spezzando la sequenza delle portate elaborate, aveva la funzione di rinnovare la freschezza del palato. Con il Seicento la frutta divenne oggetto d’interesse da parte dei naturalisti, e gli alberi che la producevano trovarono collocazione in giardini e orti botanici. Durante il Settecento per lo sviluppo delle tecniche agricole e il miglioramento dei criteri igienici se ne incentivò coltivazione, conservazione e consumo, conferendo ai dolci vegetali un ruolo alimentare sempre maggiore. Dal punto di vista simbolico l’esegesi biblica la considera emblema talora del Redentore, talora dell’Anticristo, in quanto il frutto rappresenterebbe sia il corpo del primo che la seduzione della materia. Talvolta i frutti rappresentano anche le virtù spirituali, i buoni esempi e il premio finale della vita eterna. Significato Piacere del corpo, cibo dello spirito. Iconografia La frutta è rappresentata nelle immagini di cene e banchetti, e nelle scene di genere oltre che come soggetto di nature morte, dal XVI al XIX sec.
Quella che i primi caravaggeschi chiamavano “la pittura del naturale”, nasce nella seconda metà del XVI secolo. L’odierna definizione di “natura morta” appartiene alle seconda metà del ‘700 ed è il termine con il quale viene chiamata la rappresentazione di oggetti inanimati. In queste pitture si cerca di affermare la presenza di una vita interiore alle cose, e per questo i frutti vengono spesso sezionati per poterne mostrare l’interno. Illustrare l’aspetto visivo di oggetti privi di vita spinge l’artista ad approfondire l’indagine della loro essenza interiore: il pittore scopre così una vitalità immobile ma pregnante che ne giustifica, anzi ne esige, la presenza nel mondo degli uomini. Dal punto di vista tecnico, la possibilità di osservare con attenzione l’effetto della luce su oggetti composti ed immobili permette un approfondimento sulle qualità luministiche della materia e sulle valenze cromatiche delle composizioni. L’opera che viene considerata capostipite del genere è il “Canestro di frutta” di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio: per la prima volta diviene protagonista dell’opera una cesta ricolma di frutti comuni e appena colti, come dimostra la presenza delle foglie. Quest’opera presenta qualcosa di irrequieto: lo sfondo è infatti luminoso e solare, ma il cesto è posto in bilico sull’orlo del tavolo. Gli acini appassiti e la mela bacata ci danno prova dell’esistenza della dimensione temporale, del mistero e quindi dell’ineluttabilità della condizione umana: il naturale, così vero e reale, ci porta quindi a riflettere sul suo opposto, il sovrannaturale.
Osservando questo quadro possiamo notare la grande naturalezza, c'è un effetto di cose che sembrano messe là così come sono: la mela buona, quella bacata, le foglie secche, il cesto di vimini. La completa assenza dello sfondo ci fa capire che Caravaggio non ha esattamente ritratto dal vero la scena, ma ha operato una sintesi, per concentrare tutta la nostra attenzione sul primo piano. L'inquadratura della canestra è decentrata, come se il pittore volesse farci capire che anche le foglie secche sono importanti. La mela buona è quasi nascosta da quella bacata, messa davanti, ben in vista. Inoltre, la cesta è posata sull'orlo del tavolo, in bilico e non al centro, come avviene normalmente, ciò suggerisce un senso di precarietà, transitorietà. Caravaggio. Canestra di frutta. 1596 ca. Olio sui tela. cm.46X64. Milano, Pinacoteca Ambrosiana.
L’UVA Anche l’uva, e quindi il vino, ricopre una notevole importanza nell’arte. Nella Bibbia il vino è citato numerose volte, ma la sua prima menzione è nella Genesi, a proposito di Noè che si ubriacò, scoprendone così il sapore e gli effetti. I greci dedicarono a Dionisio riti e costumi della vendemmia, poiché il dio aveva insegnato agli uomini la coltivazione della vite. Sin dall’età omerica, nel simposio, il vino seguiva l’ultima pietanza e aveva un ruolo fondamentale per il carattere magico dell’ebbrezza generata modificando lo stato delle coscienze. Il vino era considerato soprattutto da Platone e dalla sua scuola un mezzo per il superamento del sé verso un contatto più stretto con il divino, in grado di aprire la mente a una superiore conoscenza. Successivamente il culto greco del dio Dionisio si diffuse a Roma assumendo nel nome di Bacco modalità più festaiole che religiose. Nell’antico Testamento il vino ha un valore ambivalente come espressione di ospitalità o strumento di collera divina, mentre nei Vangeli suggella il primo e l’ultimo atto dell’incarnazione di Cristo: le nozze di Cana e l’Ultima Cena. Con l’affermarsi del cristianesimo l’uso liturgico della bevanda si estese, sacralizzandosi compiutamente nell’eucarestia. Secondo l’esegesi medievale il vino rappresentava il sangue di Cristo, il mistero della sua divinità e della retta dottrina. Per l’uomo pio simboleggiava la conoscenza della legge, l’intelligenza spirituale e la vita contemplativa. Il vino puro chiamato “merum” dai latini, rappresentava per la sua schiettezza e limpidezza la sincerità e la verità. In senso negativo, il nettare di Bacco simboleggiava il piacere del peccato, la lussuria e l’amore dei piaceri terreni. Significato Unione con il divino, Passione di Cristo, conoscenza spirituale, amore dei piaceri terreni. Iconografia Nella sua accezione simbolica è legato ai contesti critici come l’ultima Cena, le nozze di Cana, la cena di Emmaus, o scene dell’antico Testamento come l’ebbrezza di Noè.
Michelangelo Merisi da Caravaggio 1596-1597 Olio su tela 95 cm x 85 cm Galleria degli Uffizi, Firenze
GIUSEPPE ARCIMBOLDO Giuseppe Arcimboldo o Arcimboldi, come è nominato in diversi documenti d'archivio (Milano.1527– Milano, 11 luglio 1593), nacque a Milano nel 1527. Fu un pittore italiano noto soprattutto per le sue grottesche "Teste Composte", ritratti burleschi eseguiti combinando tra loro, in una sorta di Trompe-l'œil, oggetti o cose dello stesso genere (prodotti ortofrutticoli, pesci, uccelli, libri, ecc) collegati metaforicamente al soggetto rappresentato, in modo da desublimare il ritratto stesso. Ortaggi in una ciotola o L'ortolano, Museo Civico Ala Ponzone, Cremona (rovesciato)
Ritratto di Rodolfo II in veste di Vertunno 1591 Ritratto di Rodolfo II in veste di Vertunno 1591. Olio su tavola; 70,5 x 57,5 Stoccolma, Skoklosters Slott, Styrelsen Il culmine dell’immaginazione nella rappresentazione delle Stagioni e degli Elementi si trova nel ritratto di Rodolfo II in veste di Vertunno, dio delle stagioni. Il dipinto compendia dunque l’allegoria delle prime metamorfosi di Arcimboldo in un’unica immagine, in cui si scorgono i frutti e i fiori di ogni stagione. La fioritura e maturazione simultanea dei frutti della terra alludono all’Età dell’Oro del regno di Rodolfo, allusione a un’eterna primavera, sogno di una propaganda imperiale.
Primavera Madrid - Real Academia de Bellas Artes de San Fernando Estate - 1573 Parigi - Louvre
Autunno - 1573 Parigi - Louvre Inverno - 1563 Vienna - Kunsthistorisches Museum
SITOGRAFIA http://www.taccuinistorici.it/ita/news/moderna/barte-e-cibo/La-Frutta-secca.html http://www.summagallicana.it/lessico/a/Arcimboldi%20Giuseppe.htm http://www.taccuinistorici.it/ita/news/moderna/barte-e-cibo/ http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Arcimboldo http://www.ilpalo.com/arte-caravaggio/pages/caravaggio-cesto-frutta_jpg.htm Tutti siti sono stati visitati il 05/05/2010