“Maestro, che devo fare...?” (Mt 19,16)

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Transcript della presentazione:

“Maestro, che devo fare...?” (Mt 19,16) L’Amore di Dio sopra ogni cosa I primi tre comandamenti e la virtù della prudenza L’amore della vita propria e altrui Il quarto, il quinto e il settimo comandamento L’amore del bene e della verità L’ottavo comandamento e la virtù della fortezza L’amore di se stesso Il sesto, il nono e il decimo comandamento, e la virtù della temperanza

LA FORTEZZA Definizioni: - In senso lato, si può definire come la qualità necessaria ad ogni virtù perché sia effettivamente una virtù. - In senso stretto, è una virtù cardinale che irrobustisce l’appetito irascibile (e la volontà), affinché non rinunci alla ricerca di un bene arduo, anche di fronte a un grandissimo pericolo per la vita corporale.

Come la prudenza e come le altre virtù morali, la fortezza può essere: - naturale: si acquisisce con le proprie forze e permette di attingere un bene naturale - soprannaturale: viene concessa con la grazia santificante e permette di attingere un bene soprannaturale.

La fortezza e l’umiltà non sono in contraddizione: - l’umiltà nasce dal senso della grandezza di Dio e del nulla dell’uomo; ben compresa, è conoscenza esatta di un Dio che ci ama e ci aiuta a richiedere sempre la sua grazia. - la fortezza nasce dal senso della grandezza dell’uomo in quanto è amato da Dio e sospinto alla gloria dall’impulso della grazia divina. Così intesa, dà vigore all’anima per compiere il proprio dovere.

L’oggetto materiale della fortezza sono i pericoli e le prove della vita, specialmente estremi (princi-palmente la morte), ma anche i timori causati da questi pericoli, per esempio durante una guerra giusta o nella lotta per acquisire una virtù. I ladri, i duellanti, i mercenari, anche se non temono la morte, non possiedono la virtù della fortezza perché non agiscono secondo la retta ragione.

Il compito della fortezza è di contenere il timore e di moderare l’audacia. Contenere il timore è più arduo poiché il pericolo, in se stesso, fa diminuire l’audacia e aumentare il timore.

I vizi opposti alla fortezza: Per difetto: Il timore (o timidezza), ossia una disordinata ed eccessiva trepidazione nel temere ciò che non si deve ragionevolmente temere, oppure un timore non secondo il quando, il dove, il come. Per eccesso: La spericolatezza, che non teme i pericoli e neppure la morte quando si dovrebbe temere, e la temerarietà, che si getta ciecamente ad ardue imprese, per superbia, vanagloria, presunzione o stoltezza.

Le parti soggettive (suddivisioni) della virtù della fortezza: Non ce ne sono, nella misura in cui il pericolo di morte non ha suddivisioni…

Le parti integrali (costitutive) e potenziali (virtù connesse) della virtù della fortezza: San Agostino ne elenca quattro: - la magnanimità - la magnificenza - la pazienza - la perseveranza

La magnanimità: Detta anche grandezza d’animo o nobiltà di carattere, incita ad eseguire cose grandi e veramente degne di onore, in ogni genere di virtù. - Alla magnanimità si oppone per difetto la pusillanimità, vizio per cui non si tenta ciò che è proporzionato alle proprie forze naturali, per eccessivo timore di cattiva riuscita. - Per eccesso invece si oppone la presunzione, la quale inclina ad affrontare pericoli superiori alle proprie forze, l’ambizione e la vanagloria, che fanno ricercare l’onore e la gloria disordinatamente.

La magnificenza: Incita l’uomo a fare grandi opere e quindi grandi ma giuste spese, richieste da tali opere, soprattutto in quanto riguarda l’onore di Dio. - Alla magnificenza si oppone per difetto la parvificenza o spilorceria, che non sa proporzionare le spese all’importanza dell’opera da intraprendere, e non che cose piccole e meschine. - Per eccesso invece si oppone la sontuosità o prodigalità o dissipazione, per cui si spreca e si spende più del ragionevole.

La pazienza: Virtù che sostiene l’uomo contro la tristezza nella lotta contro i pericoli. (Tristezza: affetto causato nella sensibilità dall’apprensione di un male presente) - Alla pazienza si oppone per difetto l’impazienza, per la quale si rifugge dal pericolo a causa della tristezza falsamente esagerata. - Per eccesso invece si oppone l’insensibilità, per la quale non si dà il giusto valore ai pericoli e non si prendono le dovute precauzioni che la retta ragione suggerisce.

La perseveranza: Inclina l’uomo a lottare sino alla fine, senza cedere alla stanchezza, allo scoraggiamento o alla sensualità. - Alla perseveranza si oppone per difetto la incostanza o debolezza, la quale determina l’interruzione irragionevole dell’opera intrapresa per il perdurare della fatica. - Per eccesso invece si oppone la pertinacia o ostinazione, per la quale, irragionevolmente, si perdura in un proposito più del conveniente, malgrado la tristezza e la fatica.

Il martirio: L’atto supremo della fortezza è il martirio, per cui si accetta volontariamente la morte stessa in testimonianza della fede o di una virtù cristiana. Perché si possa parlare di vero martirio, si richiede: - che si subisca veramente la morte corporale; - che la morte sia inflitta in odio alla verità cristiana (fede o virtù); - che la morte sia volontariamente accettata.