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Aspetti clinici delle demenze

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Presentazione sul tema: "Aspetti clinici delle demenze"— Transcript della presentazione:

1 Aspetti clinici delle demenze
Luigi Ariano Responsabile Unità di Valutazione Alzheimer S.C. Geriatria OORR Foggia

2 Prevalenza globale demenza
Rapporto Mondiale Alzheimer 2015: Nel ,8 milioni di persone nel mondo hanno manifestato una forma di demenza Nel 2030 saranno 74,7 milioni Nel 2050 saranno 131,5 milioni Italia: nel 2015 nel 2030 nel 2050

3 Incidenza delle demenze
Per il 2015 si stimano oltre 9,9 milioni di nuovi casi nel mondo,vale a dire un nuovo caso ogni 3,2 secondi L’incidenza della demenza aumenta con l’età e raddoppia ogni 6,3 anni circa 4 casi all’anno ogni 1000 persone con età tra anni, circa 104 casi all’anno ogni 1000 persone con >90 anni

4 DEMENZA: PREVALENZA In soggetti di età superiore a 65 anni: 5% in media Nella fascia d’età tra 65 e 69 anni: 1% Nella fascia d’età tra 85 e 89 anni: 40%

5 Costi globali della demenza
I costi globali della demenza sono cresciuti da 604 miliardi di dollari nel 2010 a 818 miliardi di dollari nel 2015 (+ 35,4%) Sono stati calcolati comprendendo: costi diretti per cure mediche (20%), costi diretti per l’assistenza retribuita (domiciliare e residenziale)(40%) costi per l’assistenza informale non retribuita (40%).

6 Che cos’è la demenza Il termine demenza indica una malattia del cervello che comporta la compromissione progressiva delle funzioni cognitive acquisite (quali la memoria, il ragionamento, il linguaggio, la capacità di orientarsi e di svolgere compiti motori complessi), tale da pregiudicare le funzioni abituali e la qualità di vita

7 Alterazioni della personalità e del comportamento
Ai sintomi che riguardano le funzioni cognitive si accompagnano quasi sempre alterazioni della personalità e del comportamento che possono essere comunque di entità piuttosto varia nel singolo paziente. Tra questi i più caratteristici sono sintomi psichici (quali ansia, depressione, ideazione delirante, allucinazioni), irritabilità o vera aggressività (più spesso solo verbale, raramente fisica), insonnia, apatia, tendenza a comportamenti ripetitivi e senza uno scopo apparente, riduzione dell’appetito e modificazioni del comportamento sessuale.

8 Alterazioni Funzionali
Alle alterazioni delle capacità mentali si associa una progressiva compromissione dello stato funzionale (capacità di vita autonoma). Nelle fasi iniziali si assiste al deterioramento della funzioni più complesse, le cosiddette funzioni strumentali, quali saper usare il denaro, utilizzare i mezzi di trasporto e di comunicazione, gestire la casa ed assumere correttamente i farmaci) e con la progressione della malattia vengono compromesse anche le attività quotidiane di base(igiene personale,abbigliamento, mobilità,continenza,alimentazione).

9 Demenza: fattori di rischio
ETA' STORIA FAMILIARE TRAUMI CRANICI CON PERDITA DI COSCIENZA SINDROME DI DOWN NEI FAMILIARI DEPRESSIONE LIVELLO DI ISTRUZIONE FUMO ESTROGENI FARMACI ANTINFIAMMATORI FATTORI DI RISCHIO VASCOLARE FATTORI GENETICI ESPOSIZIONI AMBIENTALI ED OCCUPAZIONALI

10 Fattori di rischio per demenza vascolare
Non modificabili Età Sesso Etnia Familiarità Genotipo Apo-E Modificabili Alcool Bassa scolarità Ipertensione arteriosa Diabete mellito Stress ossidativo Fumo Iperomocisteinemia Ipercolesterolemia Fattori di rischio cardiovascolari

11 Fattori di rischio per demenza di Alzheimer
Non modificabili Età Sesso Etnia Familiarità Mutazioni dei geni per: APP (proteina precursore amiloide(cr.21) Presenilina 1 (cr.14) Presenilina 2 (cr. 1) Genotipo Apo-E Alfa2 macroglobulina Modificabili Trauma cranico Stress cronico Depressione Alluminio Tossici Alcool Bassa scolarità Ipertensione arteriosa Diabete mellito Stress ossidativo Fumo Iperomocisteinemia Ipercolesterolemia Fattori di rischio cardiovascolari

12 Meta-analysis of modifiable risk factors for Alzheimer’s disease J Neurol Neurosurg Psychiatry Xu W et al Gli autori, da oltre lavori pubblicati dal 1968 al 2014, hanno estrapolato 323 studi che analizzavano 93 potenziali fattori di rischio associati alla m. di Alzheimer, in oltre 5000 persone, per cercare di capire se fosse possibile modificarli e quindi ridurre il rischio globale di malattia.

13 Meta-analysis of modifiable risk factors for Alzheimer’s disease J Neurol Neurosurg Psychiatry Xu W et al. I fattori di rischio per m.di Alzheimer individuati da questo studio osservazionale sono nove: obesità, fumo, stenosi carotidea, diabete tipo 2, basso grado di istruzione, elevati livelli di omocisteina, depressione, ipertensione arteriosa, fragilità. Questi nove fattori di rischio maggior grado di evidenza

14 Meta-analysis of modifiable risk factors for Alzheimer’s disease J Neurol Neurosurg Psychiatry Xu W et al. Tra i fattori protettivi sono stati identificati alcuni farmaci: gli estrogeni,le statine,gli antipertensivi ed i FANS. Altri fattori protettivi ricercati nella dieta sembrano essere l’assunzione di folati, vitamine C ed E,di caffè/caffeina.

15 Meta-analysis of modifiable risk factors for Alzheimer’s disease J Neurol Neurosurg Psychiatry Xu W et al. Alla fine del lavoro i ricercatori hanno valutato il rischio attribuibile per popolazione (PAR) rispetto ai nove fattori di rischio che presentavano la più forte associazione con la comparsa di Alzheimer. (il PAR è una formula matematica utilizzata per definire la differenza di tasso di malattia in una popolazione esposta ad un fattore di rischio rispetto ad una popolazione non esposta) Il PAR combinato ha evidenziato che questi nove fattori di rischio,tutti potenzialmente modificabili, contribuiscono alla comparsa di circa due terzi dei casi di Alzheimer nel mondo Teniamo presente che questo è solo uno studio osservazionale e che tutte queste conclusioni per ora sono solo teorie da validare con studi di intevento mirato.

16 Riconoscere la malattia
E’ difficile saper riconoscere i primi segni della malattia,anche perché è diffusa l’opinione che l’invecchiamento si accompagni inesorabilmente alla perdita di molte funzioni ed in particolare della memoria. E’ importante rivolgersi al medico di famiglia quando si manifesta uno o più di questi sintomi Diventa più ripetitivo, ha problemi a ricordare il contenuto di recenti informazioni, eventi, appuntamenti. Perde frequentemente oggetti, per esempio le chiavi di casa Manifesta difficoltà a svolgere attività che richiedono più fasi in sequenza, per esempio preparare un pasto Ha problemi a guidare l’auto ed a trovare la via di casa. Non è in grado di sapere che giorno è o che mese . Dimentica di ritirare la pensione o si reca insistentemente presso gli uffici postali per ritirarla Ha difficoltà nel trovare le parole per esprimersi. Ha difficoltà a denominare oggetti comuni e li indica in modo generico come “il coso”, “la cosa” o con giri di parole Appare più passivo, meno coinvolto nelle attività familiari. Oppure è più irritabile del solito; è diventato sospettoso; talora fa accuse infondate Il sospetto clinico di deficit cognitivo deve indurre il medico di medicina generale ad inviare al più presto il malato ad una Unità di Valutazione Alzheimer (UVA) in grado di fare una diagnosi ed una terapia corretta

17 CLASSIFICAZIONE DELLE DEMENZE
DEMENZA DI ALZHEIMER DEMENZA FRONTOTEMPORALE DEMENZA DI PICK CORTICALI PARKINSON-DEMENZA DEMENZA A CORPI DI LEVY DEGENERAZIONE CORTICO-BASALE PARALISI SOPRANUCLEARE PROGRESSIVA ATROFIA MULTISISTEMICA MALATTIA DI HUNTINGTON SOTTOCORTICALI DEMENZE PRIMARIE (Degenerative) AFASIA PROGRESSIVA PRIMARIA DEMENZA SEMANTICA DEMENZA CORTICALE POSTERIORE FOCALI (?)

18 CLASSIFICAZIONE DELLE DEMENZE
INFETTIVE Sifilide, TBC, Meningite micotica, Malattia di Lyme, AIDS-Dementia complex, Encefalite erpetica, Meningite Batterica TOSSICHE Farmaci (anticolineregici, cimetidna, digossina), Etilismo cronico Metalli Pesanti (Arsenico, Piombo, Mercurio) Anticrittogamici DEMENZE SECONDARIE METABOLICHE Malattie tiroide e paratiroide, Ipopituitarismo, Malattia di Cushing, Epatopatia, Uremia, Porfiria, Carenza Vit B12, Folati, Tiamina, Alterazioni elettrolitiche TRAUMATICHE Trauma cranico , Encefalopatia post-anossica INFIAMMATORIE/ Sclerosi multipla, Sarcoidosi, Lupus, Encefalite limbica DEMIELINIZZANTI NEOPLASTICHE Neoplasie primarie del cervello , Metastasi cerebrali, Carcinomatosi cerebrale. PSICHIATRICHE Depressione, Schizofrenia ad esordio tardivo MALATTIA DI CREUTZFELD-JACOB , IDROCEFALO Atassia motoria, Incontinenza DEMENZA VASCOLARE

19 le varie forme di demenza
In oltre il 50% circa dei casi la causa della demenza è la malattia di Alzheimer. Nel 25% dei casi circa la demenza è dovuta a lesioni ischemiche cerebrali: è la demenza vascolare . Nel 10% dei casi la demenza è dovuta alla contemporanea presenza di malattia di Alzheimer e di lesioni ischemiche: in questi casi si definisce come demenza mista. Altre forme di malattie degenerative cerebrali che possono causare demenza, le demenze fronto-temporali, la malattia a corpi di Lewy, che complessivamente costituiscono circa il 15% delle demenze. Il restante dei pazienti presenta un deficit cognitivo sostenuto da malattie suscettibili di guarigione se curate in tempo e correttamente (malattie endocrine, farmaci, idrocefalo normoteso, depressione).

20 Malattia di Alzheimer probabile:
-Demenza stabilita dall'esame clinico e documentata da scale di valutazione che indagano alcuni aspetti del comportamento (come la Dementia Blessed Scale oppure da punteggi medio bassi a test atti a misurare la presenza di decadimento cognitivo, come il Mini Mental State Examination (MMSE) o da esami simili e con la conferma di tali risultati deficitari ad altri test neuropsicologici. -Deficit di 2 o più aree cognitive quali, ad esempio, il linguaggio, il ragionamento, la capacità di giudizio ecc -Peggioramento progressivo della memoria e di altre funzioni cognitive -Assenza di disturbi di coscienza -Esordio tra i 40 e i 90 anni, più spesso dopo i 65 -Assenza di patologie sistemiche o di altre malattie cerebrali responsabili di deficit cognitivi e amnesici di tipo progressivo

21 La diagnosi di AD probabile è supportata da
-Deterioramento progressivo di funzioni cognitive specifiche quali il linguaggio (afasia), la gestualità (aprassia), la percezione (agnosia) -Compromissione delle attività quotidiane ed alterate caratteristiche di comportamento. -Familiarità positiva per analoghi disturbi, soprattutto se confermati neuropatologicamente. La diagnosi di Alzheimer probabile è supportata da risultati nella norma a test strumentali ed esami di laboratorio quali, ad esempio: tracciato EEG normale e/o con aumento aspecifico dell'attività cerebrale lenta, atrofia cerebrale visibile attraverso una TAC e che peggiora visibilmente quando si effettuano ulteriori esami a distanza di tempo l'uno dall'altro, assenza di infezioni nel liquor cerebrospinale

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23 Diverse varianti cliniche della malattia di Alzheimer
28/05/12 Condizione Presentazione clinica Strutture coinvolte* Variante classica Deficit della memoria episodica con progressione nel tempo e impatto sulle attività di base della vita quotidiana. Ippocampo e lobo temporale mesiale Variante posteriore Occipitotemporale: progressivo deficit delle funzioni visuo-percettive e difficoltà nell’identificazione di oggetti, simboli o visi. Lobi occipitale e temporale Variante biparietale: progressivi deficit visuo-spaziali con discalculia, miss-riconoscimento destra-sinistra, aprassia o neglet. Lobi parietale e temporale Variante logopenica dell’afasia progressiva primaria Deficit nel reperimento di singoli vocaboli nell’eloquio spontaneo o in compiti di denominazione e deficit nella ripetizione di sintagmi o frasi. Si possono associare errori fonologici nell’eloquio spontaneo o in compiti di denominazione ma vi è conservata comprensione di singoli termini e della conoscenza degli oggetti, conservata capacità articolatoria e assenza di franco agrammatismo. Porzione posteriore del lobo temporale sinistro o parietale Variante comportamentale Iniziali disfunzioni comportamentali progressive (ad esempio apatia o disinibizione) associate a disfunzioni esecutive. Lobi frontali, temporali e parietali Mild cognitive impairment amnesico Deficit della memoria episodica con progressione nel tempo e assente o solo lieve impatto sulle attività di base della vita quotidiana. Nei nuovi criteri per malattia di Alzheimer la diagnosi di probabilità viene posta in presenza di marcatori liquorali o di imaging. *L’atrofia di tali strutture è stata definita in studi autoptici; alterazioni funzionali con FDG-PET o SPECT o strutturali (atrofia) sono presenti in queste regioni specifiche nelle diverse varianti. 24

24 Demenza Vascolare Sottotipi clinici:
quadro di ischemia cronica secondaria alla presenza di infarti multipli a livello dei piccoli e dei grossi vasi dell’encefalo (demenza da patologia dei piccoli vasi e demenza multinfartuale) singoli infarti posti in aree strategiche.

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26 Caratteristiche cliniche comparative delle più comuni demenze (I)
28/05/12 Tipo di demenza Caratteri clinici salienti Neuroimaging Frequenza Malattia di Alzheimer Esordio con deficit mnesico (più raramente con deficit neuropsicologici focali) e precoce coinvolgimento globale delle funzioni cognitive. Possibile coesistenza di alterazioni comportamentali all'esordio; più frequenti nelle fasi intermedie e avanzate. Progressione graduale. Esame obiettivo neurologico negativo all'esordio. Atrofia temporo-parietale, talora asimmetrica, alla TC e RM. Ipoperfusione nelle stesse aree alla PET. 50‒60% Demenza vascolare ischemica Esordio acuto (subdolo nella forma sottocorticale) spesso con sintomi "focali" e progressione "a gradini". Compromissione irregolare delle varie funzioni cognitive. Esame obiettivo neurologico con segni focali. Infarti singoli in aree strategiche (ad esempio infarti talamici, lobo temporale infero-mediale), multipli in aree di confine, lacune dei gangli della base, lesioni estese della sostanza bianca periventricolare alla TC o RM. Alla PET ipoperfusione irregolare. 15‒20% 27

27 Altre forme di demenza Demenza fronto-temporale (prevalenti i disturbi della personalità e del comportamento sociale) Demenza a corpi di Lewy ( disturbi extrapiramidali,allucinazioni,episodi confusionali Idrocefalo normoteso (disturbi della marcia,incontinenza urinaria,deficit cognitivi)

28 PDD, DLB e AD: caratteristiche anatomo-funzionali a confronto
Coinvolgimento delle strutture corticali e sottocorticali nelle demenze PDD, DLB e AD: caratteristiche anatomo-funzionali a confronto Emre M et al. N Engl J Med. 2004;351: McKeith I et al. Lancet Neurol. 2004;3(1): Burn DJ, McKeith IG. Mov Disord. 2003;18(6):S7, 2-9. 29

29 Caratteristiche cliniche comparative delle più comuni demenze (II)
28/05/12 Tipo di demenza Caratteri clinici salienti Neuroimaging Frequenza Demenza frontotemporale Precoci disturbi comportamentali (disinibizione, perdita del controllo sociale, iperoralità, stereotipia), alterazioni dell'affettività (apatia, disinteresse, ipocondria, somatizzazioni) e precoci disturbi del linguaggio (monotonia, ecolalia, perseverazioni). Atrofia lobare (frontale o frontotemporale) alla TC o RM. Ipoperfusione frontale alla PET. 2‒9% Demenza a corpi di Lewy Fluttuazione dei disturbi (sia cognitivi sia dello stato di veglia), presenza di allucinazioni visive ben strutturate, segni extrapiramidali e frequenti cadute. Atrofia corticale aspecifica alla TC o RM. Ipoperfusione occipitale alla PET. 7‒25% Degenerazione cortico-basale Aprassia ideomotoria asimmetrica, afasia precoce, disinibizione e segni frontali, distonia di un arto, micolono focale e parkinsonismo. Atrofia corticale frontotemporale e sottocorticale striatale alla RM. Rara Paralisi sopranucleare progressiva Paralisi sopranucleare dello sguardo, instabilità posturale con cadute, disartria, deficit di attenzione e deficit cognitivo di tipo sottocorticale. Atrofia della porzione anteriore del corpo calloso alla RM. Ipoperfusione corteccia frontale alla PET. 30

30 Criteri per la diagnosi di demenza da qualsiasi causa
La demenza viene diagnosticata quando vi sono sintomi cognitivi o comportamentali che: interferiscono con l’abilità di svolgere il lavoro o le usuali attività; rappresentano un declino rispetto ai precedenti livelli di funzionamento e prestazione; non sono spiegati da delirium o disturbi psichiatrici maggiori; il deficit cognitivo è dimostrato e diagnosticato attraverso la combinazione di :(1) informazioni raccolte dal paziente e da persone che lo conoscono e (2) una valutazione oggettiva delle prestazioni cognitive, sia attraverso una valutazione clinica dello stato mentale che attraverso una valutazione neuropsicologica testistica standardizzata. Il deficit cognitivo o le alterazioni comportamentali coinvolgono un minimo di due dei seguenti domini: compromessa abilità di acquisire e ricordare nuove informazioni deficit nel ragionamento o nello svolgimento di compiti complessi, ridotta capacità di giudizio compromissione delle abilità visuospaziali alterazione del linguaggio (parlare, leggere, scrivere) modificazioni nella personalità, nel comportamento e nella condotta

31 Demenza: diagnosi Anamnesi Esame generale Esame neurologico
Valutazione neuropsicologica Esami di laboratorio Esami neuroradiologici Esami neurofisiologici Analisi del liquido cerebrospinale per la ricerca di beta-amiloide o di proteine tau

32 Valutazione neuropsicologica delle demenze
Batterie standardizzate (ADAS,MODA ecc) Serie di tests (MMSE ecc)

33 Impiego routinario della TC e/o RM
NEUROIMAGING MORFOLOGICA (STRUTTURALE) Impiego routinario della TC e/o RM Bassa specificità e sensibilità nel differenziare i quadri di invecchiamento fisiologico dalle demenze ATROFIA (corticale) Segni fondamentali comuni: ALTERAZIONI DELLA SOSTANZA BIANCA - maggiore accuratezza nel rilevare la atrofia RM vs TC - migliore identificazione delle alterazioni della sostanza bianca - non utilizzo di radiazioni ionizzanti -maggiore contrasto

34 METODICHE DI INDAGINE IN VIVO
TC NEUROIMAGING MORFOLOGICA RM SPECT (Tomografia ad emissione di fotone singolo): misura il flusso ematico regionale) PET (tomografia ad emissione di positroni): misura il consumo locale di un metabolita e la perfusione) NEUROIMAGING FUNZIONALE RM FUNZIONALE RM SPECTROSCOPIA RM PESATA IN DIFFUSIONE RM PESATA IN PERFUSIONE

35 NEUROIMAGING E DEMENZE
La diagnosi di demenza è clinica e neuropsicologica Malattia di Alzheimer: diagnosi definitiva solo istologica (post mortem); in vivo “ AD PROBABILE” o ”AD POSSIBILE” Neuroimaging: ruolo di supporto alla diagnosi Diagnosi di esclusione(demenze secondarie) NEUROIMAGING MORFOLOGICA Diagnosi differenziale tra invecchiamento fisiologico e demenza Identificazione delle alterazioni strutturali precoci in pazienti a rischio o con decadimento cognitivo lieve(MCI) Diagnosi differenziale tra demenze(AD,DFT,Lewy etc.) NEUROIMAGING FUNZIONALE Maggiore potere di individuazione delle alterazioni strutturali in fase iniziale.

36 VALORE AGGIUNTO DIAGNOSTICO DELLE INDAGINI DI NEUROIMAGING
Le indagini morfologiche( CT e RM) cambiano l'orientamento diagnostico solo nel 5% dei casi. Linee guida dell' AMERICAN ACADEMY NEUROLOGY: TAC e RM sono esami opzionali da eseguire solo in determinate condizioni. Rapporto costo/beneficio:in pazienti con sospetto di demenza,l'uso di routine di queste indagini produce un beneficio incerto rispetto a costi più elevati. Dopo l'anamnesi e l'esame neurologico,la valutazione Neuropsicologica rimane l'indagine clinica basilare nel percorso diagnostico delle demenze. Le indagini di neuroimaging morfologica hanno valori di specificità e sensibilità ancora oggi inferiori al test nel separare i pazienti con demenza dai controlli.

37 La cura Il trattamento della demenza comprende interventi di tipo farmacologico e non. Attualmente non esiste una terapia in grado di guarire la demenza. Alcuni farmaci però possono rallentarne il decorso e migliorare i disturbi del comportamento. Per la m.di Alzheimer nelle forme lievi-moderate sono indicati farmaci quali donezepil, rivastigmina, galantamina e nelle forme moderato-gravi la memantina. Nelle forme vascolari devono essere controllati i fattori di rischio (ipertensione,diabete mellito,colesterolo ecc). Insieme alla terapia farmacologica è molto importante un trattamento riabilitativo e comportamentale.

38 Storia naturale della Malattia di Alzheimer
Inizio della malattia Comparsa dei sintomi Diagnosi Grave Pre-DA Lieve-Moderata Intermedia 25 Sintomi cognitivi Perdita dell’autosufficienza 17 Decadi Disturbi del comportamento MMSE 10 Ricovero in strutture sanitarie 5 Morte 2 4 6 8 10 Anni Adattata da Gauthier S. ed. Clinical Diagnosis and Management of Alzheimer’s Disease

39 Fasi avanzate La demenza ha una durata variabile, generalmente intorno a anni, nel corso dei quali, in modo spesso graduale, o invece con bruschi peggioramenti alternati a lunghe fasi di stabilità, si assiste alla progressione dei sintomi. Nelle fasi avanzate compaiono complicanze, quali cadute, malnutrizione, infezioni, che compromettono ulteriormente lo stato funzionale e che possono portare a morte il paziente.

40 Alois Alzheimer (1864-1915) Placche senili Grovigli neurofibrillari
Angiopatia amiloide

41 M. di Alzheimer-Perusini
Augustine Deter

42 Alterazioni macroscopiche

43 TAC

44 PET deficit di up-take in sede temporo-parietale

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46 PRENDERSI CURA DI UNA PERSONA DEMENTE
L'anziano malato tende a ricordare le cose successe tanti anni fa, mentre si dimentica le cose che sono successe da pochi giorni o da poche ore, ad esempio può dimenticare che ha mangiato, può irritarsi se non ricorda il nome di chi lo assiste, può essere preoccupato perché non ricorda più dove sono le chiavi di casa, non ricorda il giorno, mese o l’anno. In questi casi chi lo assiste deve: Innanzitutto rispettarlo e ricordarsi che è la sua malattia che lo fa comportare in quel modo Essere tranquillo e rassicurante, non perdere la pazienza Se non si riesce più a gestire il malato da soli, rivolgersi ad un ambulatorio per le demenze (UVA) L'assistenza deve essere pratica, ovvero chi assiste deve intervenire per aiutare l'anziano nelle attività quotidiane senza sostituirsi completamente a lui quando è ancora in grado di fare qualcosa da solo.

47 come comunicare con l’anziano demente
Le persone malate perdono progressivamente la capacità di capire la lingua parlata e scritta, fanno fatica a trovare le parole giuste, si sbagliano, fanno confusione con i termini. Queste difficoltà rendono difficile comunicare. Chi assiste deve cercare di capire quali sono i bisogni e i desideri del malato e deve: Mantenersi tranquillo, sereno e sorridente Sedersi di fronte all’anziano e cercare di capire cosa vuol dire Non criticare o deridere se fa degli errori Guardarlo negli occhi Controllare che non abbia qualche problema fisico , per es. bisogno di andare in bagno,dolore o altro Non urlare o usare un tono di voce troppo alto, perché potrebbe spaventarsi o agitarsi Cercare di capire l'anziano dai gesti che fa, dall'espressione del viso: È’ triste? Arrabbiato? Preoccupato? Ha dolore? L'anziano che ha questa malattia ha bisogno di un approccio ed attenzioni rassicuranti. Alcuni potrebbero gradire il contatto fisico, per cui prendergli la mano o fargli una carezza potrebbe facilitare l'assistenza. Altri possono anche non gradire tale contatto, perciò occorre un'attenta conoscenza , che spesso è fornita dal familiare a lui più vicino.

48 Che cosa fare insieme Si può invogliare ed aiutare l’anziano a compiere delle piccole attività per tenerlo impegnato e non farlo annoiare,in base alle sue preferenze : Fare delle passeggiate Piegare la biancheria , rifare il letto, spolverare ì mobili Curare le piante Ascoltare la musica Fare dei gomitoli con la lana Guardare delle fotografie familiari Se l’anziano ha un animale domestico continuare a tenerlo in casa.

49 I DISTURBI COMPORTAMENTALI PIÙ FREQUENTI
AGGRESSIVITA’ (50%) ALLUCINAZIONI (32%) DELIRI (32%) IRRITABILITA’, RIPETITIVITA’, ECCESSIVO ATTACCAMENTO (64%) DISTURBI DELL’UMORE DISINIBIZIONE (21%) DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE (16%) DISTURBI DEL COMPORTAMENTO MOTORIO (24%) ALTERAZIONE DEL CICLO SONNO-VEGLIA (39%)

50 CAUSE AMBIENTALI CAUSE IATROGENE CAUSE SOMATICHE
Farmaci (anticolinergici benzodiazepine) ambienti persone CAUSE AMBIENTALI CAUSE IATROGENE Disturbi del comportamento CAUSE SOMATICHE flogosi dolore

51 Trattamento dei disturbi comportamentali
Le cure per i disturbi del comportamento dell’anziano demente oggi utilizzate sono prevalentemente di tipo farmacologico. Ma l’approccio piu’ corretto ed efficace deve essere prevalentemente di tipo comportamentale e ambientale.

52 IL TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO
Questo tipo di intervento richiede il coinvolgimento attivo dei caregiver o comunque di coloro che si avvicinano all’anziano demente. Si fonda essenzialmente su due tipi di approccio che ovviamente sono complementari tra loro: - approccio ambientale - approccio comportamentale

53 L’ambiente ideale…. Ambienti ben illuminati, colori tenui alle pareti , mobili e oggetti di colore contrastante, spazi organizzati in modo semplice Cartelli ed effetti personali che facilitino l’orientamento, togliere gli specchi, evitare televisore e radio Usare un tono di voce basso, un eloquio lento e calmo, ripetere, programmare attivita quotidiane, dare messaggi semplici, essere empatici e gratificare Evitare luoghi affollati e rumorosi

54 Approccio comportamentale
L’approccio comportamentale prevede l’identificazione degli antecedenti di un comportamento o di un disturbo comportamentale e cerca di modificarli, al fine di prevenire ed ottenere una reazione positiva o un comportamento corretto.

55 ALTERAZIONE DEL CICLO SONNO-VEGLIA
Nelle demenze (soprattutto nella malattia di Alzheimer) vi una disorganizzazione dei normali ritmi circadiani, cioè quei normali ritmi fisiologici che nel corso della giornata, indicano all’individuo se è ora di mangiare, di dormire, di essere attivi, ecc. La disorganizzazione di questi ritmi ha le sue più gravi conseguenze proprio sul sonno che risulta irregolare e difficile da avviare e mantenere negli orari appropriati. Il fatto di non dormire di notte provoca poi particolare stanchezza di giorno, e il soggetto può dormire per larga parte della giornata.

56 Alterazione del sonno: cosa fare?
Tenere il soggetto molto impegnato di giorno, affinchè si stanchi Mantenere di giorno alti livelli di illuminazione ambientale, possibilmente con luce naturale Svolgere attività all’aria aperta Evitare cibi o bevande eccitanti nelle ore pomeridiane Somministrare possibilmente in orario serale farmaci che possono causare sonnolenza Andare a letto il più tardi possibile

57 DISTURBI DEL COMPORTAMENTO MOTORIO
Affaccendamento: il malato continua a manipolare oggetti, parti del corpo, lembi del proprio abbigliamento. E’ un comportamento afinalistico e compulsivo, in genere osservabile in fase avanzata di malattia. Tipicamente il malato allaccia e slaccia ripetutamente lo stesso bottone,piega e ripiega gli stessi indumenti,apre e chiude i cassetti. In genere non è pericoloso, ma bisogna ricordarsi di non lasciare a disposizione del malato oggetti potenzialmente nocivi o pericolosi

58 Vagabondaggio (wandering)
è il continuo girovagare senza meta, tipico di molti soggetti affetti da demenza. Queste persone camminano per moltissime ore, a qualsiasi ora del giorno e della notte, incredibilmente senza mai mostrare segni di stanchezza.

59 Disturbi del comportamento motorio: cosa fare?
Nel caso dell’affaccendamento: evitare di lasciare nell’ambiente oggetti potenzialmente pericolosi nella manipolazione Nel caso del wandering: l’intervento migliore è quello di liberare spazi sufficientemente ampi per permettere al soggetto di camminare in un luogo privo di ostacoli potenzialmente pericolosi (sedie,mobili, tappeti, ecc.) senza reprimere il comportamento evitare di contenere il soggetto finchè ciò sia possibile invitare il soggetto a rimanere eventualmente seduto con qualche scusa (invitandolo per esempio a consumare insieme una bibita,giocare a carte ..)

60 DELIRI Sono idee non corrispondenti alla realtà, ma fermamente ritenute vere dal malato. Non è possibile convincere il paziente della loro falsità. I deliri sono tra i problemi comportamentali più disturbanti sia per il malato che per il caregiver. È possibile intervenire sui deliri, ma per ottenere risultati discreti bisogna cercare di capire quale sia la loro origine. Le distinzioni che seguono possono aiutare a chiarire come considerare i deliri man mano che si presentano.

61 Delirio di ladrocinio Il malato non ritrova gli oggetti di uso quotidiano a causa dei suoi disturbi di memoria. Ma non ricordando di soffrire di questo problema,non imputa il mancato ritrovamento alla sua malattia ma al fatto che qualcuno possa aver rubato le sue cose. Quindi va a nascondere le cose a cui tiene di più e di conseguenza gli oggetti saranno sempre più introvabili.

62 Deliri a contenuto specifico:
la misidentificazione: sono reazioni in cui il malato tratta stimoli non viventi (figure, fotografie, immagini televisive, immagini riflesse allo specchio, bambole,ecc.) come se fossero reali , viventi e corrispondenti a persone significative della sua esistenza. I malati trattano questi oggetti come fossero i propri cari. l’anosognosia: la mancata consapevolezza della propria malattia.

63 Deliri: cosa fare? - Cercare di capire la natura del deliri
Fornire al malato gli elementi mancanti che gli permettono di formarsi una migliore interpretazione della realtà Utilizzare i medesimi elementi del delirio del malato per aiutarlo ad elaborare il problema che egli cerca di esprimere Rispettare le convinzioni erronee, sapendo che queste rispondono ad esigenze emotive altrimenti non gestibili in presenza dei gravi deficit cognitivi

64 ALLUCINAZIONI Sono percezioni sensoriali non corrispondenti alla reale presenza di un oggetto esterno. Sono più frequenti in alcuni tipi di demenza (demenza a corpi di Lewy). Il malato ritiene questi fenomeni corrispondenti alla realtà. Si dispone emotivamente in sintonia con il contenuto di queste esperienze, e non della realtà circostante.

65 Allucinazioni: cosa fare?
Se non vi è consapevolezza dell’illusorieta’ della esperienza allucinatoria: comportarsi come nei deliri Se vi e’ consapevolezza dell’illusorieta’ dell’esperienza allucinatoria: a. aiutare il malato a superare l’angoscia; b. aiutare il malato a valorizzare le aree di funzionamento più integre, riconoscendosi in queste

66 IRRITABILITA’, RIPETITIVITA’, ECCESSIVO ATTACCAMENTO
Spesso i soggetti affetti da demenza presentano disturbi comportamentali che vanno dalla ripetizione continua della stessa domanda, ad un attaccamento eccessivo al caregiver, alla frequente irritabilità.

67 Irritabilita’, ripetitivita’, eccessivo attaccamento: cosa fare?
Non rispondere in modo complementare, ma prendere emotivamente distanza dal comportamento del soggetto Attribuire il comportamento disturbante alla malattia e non credere che il soggetto cerchi volontariamente di rendersi fastidioso Utilizzare il senso dell’umorismo per indurre il soggetto a vedere in modo oggettivo il proprio comportamento Non rinforzare gli atteggiamenti problematici e dipendenti

68 DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Un’ alterazione del comportamento alimentare è generalmente riscontrata nei dementi. Le cause possono essere: l’amnesia le ridotte capacità cognitive l’aprassia che rendono conto dell’incapacità del soggetto di prepararsi un pasto adeguato Spesso è presente un disturbo noto come iperoralità, che consiste nel portare qualsiasi cosa (quindi non solo il cibo) alla bocca.

69 Disturbi del comportamento alimentare: cosa fare?
Evitare di lasciare nell’ambiente materiali non alimentari che il malato possa inghiottire Pasti ad orari fissi preparare alimenti graditi all'anziano,cercando di rispettare i suoi gusti farlo sedere in modo corretto ma comodo lasciare che mangi anche con le mani se vuole non sgridarlo se si sporca o se lascia cadere cibo a terra fargli bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno (7-8 bicchieri),the (poco), e camomilla, perché l'anziano si dimentica di farlo tagliare il cibo se non ci riesce da solo

70 LINEE GUIDA PER IL COMPORTAMENTO DELLE NUOVE FIGURE DOMESTICO-ASSISTENZIALI (“BADANTI”)
1. Rispettare l’anziano come persona, valorizzandone la dignità, ascoltandolo con attenzione, senza mai banalizzare i suoi problemi e le sue richieste. 2. Favorire il mantenimento dell’autonomia nell’anziano, aiutandolo a scoprire nuove strategie per conservare la sua autosufficienza sul piano fisico e mentale, per quanto possibile. 3. Prestare particolare attenzione alla sicurezza dell’anziano, anche nel contesto familiare, per prevenire ed evitare, per quanto possibile, tutte le situazioni di rischio 4. Aiutare l’anziano a mantenere il più attiva possibile la rete di contatti con il suo ambiente familiare e sociale, favorendo tutte le iniziative che lo aiutino a sentirsi in famiglia, stimolando nei figli e nei nipoti ogni possibile forma di relazione di cura. 5. Favorire il rispetto e la cura della sua persona fisica, intervenendo solo se necessario, e rispettando per quanto possibile, il senso dell’intimità personale . Stimolare il mantenimento di quella eleganza naturale che ha caratterizzato il suo stile di vita 6. Curare l’ambiente della casa come memoria attiva dell’anziano, mantenendo, per esempio, la cura dello spazio e delle cose, per conservare il suo orientamento negli ambienti domestici, anche in rapporto alla valenza affettiva degli oggetti, a cui va garantita . 7. Definire con chiarezza i termini contrattuali e accettare solo il compenso pattuito, evitando forme di retribuzione o di compensazione indiretta e rispettando i criteri di corretta amministrazione familiare (giustificativi di spesa) (cfr.art. 9 Codice deontologico internazionale delle infermiere – Consiglio Internazionale delle Infermiere, San Paolo del Brasile, 10 luglio 1953)

71 La demenza vascolare (VD) e la AD sono due entità istologicamente differenti ma negli anni recenti e' stato accertato un ruolo della ischemia della sostanza bianca nella demenza: -alta percentuale di lesioni ischemiche in autopsie di pazienti con AD senza segni clinici in vita di malattia cerebrovascolare, -maggiore gravità e più rapida progressione della demenza rispetto ai pazienti con AD senza leucoaraiosi. A differenza del passato,la presenza di leucoaraiosi alla TC e di lesioni iperintense della sostanza bianca alla RM, non è di per sé sufficiente a mettere in dubbio la diagnosi di AD E' il clinico ad attribuire i sintomi cognitivi e neurologici a cause degenerative o vascolari in relazione alla loro intensità e alla gravità dell'interessamento della sostanza bianca


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