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MANAGEMENT DELLE POLITICHE E DEI SERVIZI SOCIALI

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Presentazione sul tema: "MANAGEMENT DELLE POLITICHE E DEI SERVIZI SOCIALI"— Transcript della presentazione:

1 MANAGEMENT DELLE POLITICHE E DEI SERVIZI SOCIALI
Corso di Laurea Magistrale in MANAGEMENT DELLE POLITICHE E DEI SERVIZI SOCIALI anno accademico PROGRAMMAZIONE DEI SERVIZI ALLA PERSONA prof. Marco BURGALASSI

2 Burgalassi M., Politica sociale e welfare locale, Roma, Carocci, 2012
TESTI DI ESAME Burgalassi M., Politica sociale e welfare locale, Roma, Carocci, 2012 Bertin G. e Fazzi L., La governance nelle politiche sociali in Italia, Roma, Carocci, 2010 Giovannetti M., Gori C. e Pacini L., La pratica del welfare locale, Rimini, Maggioli, 2014 L’esame viene svolto in forma scritta e orale. La prova scritta si compone di due domande a cui lo studente deve rispondere avendo a disposizione complessivamente 20 minuti. La prova orale viene svolta subito a seguire e prevede la correzione della prova scritta e alcune domande sui testi in programma.

3 Cosa si intende per “programmazione”
la programmazione è un processo decisionale di tipo razionale, rivolto al futuro, basato sulla definizione di obiettivi desiderati e sulla scelta di azioni idonee al conseguimento di tali obiettivi, formulato tenendo conto delle implicazioni e delle conseguenze derivanti dallo sviluppo del programma il concetto di programmazione si caratterizza per i seguenti elementi: la identificazione di obiettivi, la razionalità procedurale, una adeguata conoscenza del contesto di riferimento e la congruenza della connessione tra mezzi e fini

4 Principio di RAZIONALITA’ ASSOLUTA Principio di RAZIONALITA LIMITATA
La programmazione può essere intesa staticamente come un prodotto = esito di una procedura decisionale-organizzativa compiuta dinamicamente come un metodo = procedura di interconnessione tra mezzi e fini per il conseguimento di risultati predefiniti Il processo di programmazione può essere realizzato utilizzando due modelli alternativi di RAZIONALITA’ Principio di RAZIONALITA’ ASSOLUTA Principio di RAZIONALITA LIMITATA

5 I modelli di programmazione basati sul principio della razionalità assoluta sono quelli contraddistinti dai tratti della sistematicità e della prescrittività. L’idea guida è che la programmazione debba essere centralizzata e formulata in modo completo e definitivo; e ciò è ritenuto realizzabile in quanto si presuppone la possibilità di avere fin dall’inizio una conoscenza esaustiva dei fenomeni e delle condizioni che per la programmazione sono rilevanti. La definizione degli obiettivi e la individuazione degli interventi vengono elaborate in modo puntuale e il programma ingloba in sé anche le esigenze di aggiustamento che si potrebbero manifestare in itinere. In questa prospettiva, il ciclo di programmazione ha una configurazione sinottica e lineare: si provvede alla identificazione delle questioni problematiche, si effettua una analisi e una prefigurazione delle strategie, si procede alla definizione delle azioni e degli strumenti, si realizzano gli interventi

6 I modelli di programmazione basati su un’idea di razionalità limitata sono quelli che si presentano contrassegnati dai tratti della dinamicità. Il loro impianto poggia su due presupposti: 1) è impossibile riuscire a inquadrare per intero i fenomeni e le condizioni che sono destinate ad incidere sulla programmazione e 2) le capacità di elaborazione e previsione dei decisori sono inevitabilmente parziali e limitate. I programmi vengono formulati considerando la difficoltà di stabilire nessi definitivi tra i mezzi e i fini e nella consapevolezza della loro inevitabile perfettibilità. In questa prospettiva, il ciclo della programmazione ha una configurazione evolutiva e incrementale: si definisce un quadro soddisfacente della situazione iniziale, si considerano le alternative disponibili per il conseguimento degli obiettivi sapendo che ve ne possono essere anche altre, si indicano risultati possibili e momentaneamente preferiti, si traccia un programma che in grado di recepire il cambiamento e di adeguarvisi

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9 La bipolarizzazione che segna il quadro teorico e pratico dei processi programmatori è nel tempo stata sollecitata dal proporsi di alcune varianti alla modellistica tradizionale. Questo processo di evoluzione del modello incrementale è stato sostenuto soprattutto dal proporsi sullo scenario della programmazione di dimensioni in essa finora inedite (il pluralismo, la comunicazione, la partecipazione). Nel campo dei modelli a razionalità limitata, dunque, si è fatta spazio la prospettiva della programmazione strategica, una opzione che sembra oramai riscuotere un largo consenso

10 La programmazione strategica prende corpo con un stile decisionale flessibile e dialogico. In essa gli obiettivi sono sottoposti a costante verifica e revisione mentre la continua interazione comunicativa tra i diversi attori garantisce il permanere di una condivisione circa gli esiti complessivi del processo. Le sue caratteristiche strutturali sono che: a) il novero degli attori coinvolti è estremamente ampio e tende a coincidere con l’intera platea dei potenziali stakeholders; b) l’approccio è pragmatico e si concentra sui punti di accordo che consentono di superare le differenze e le controversie che possono condizionare il programma; c) la centralità che vi riveste la dimensione partecipativa rende trasparenti gli obiettivi del programma e consente di condividere anche i loro eventuali cambiamenti. La programmazione strategica si propone come un modello particolarmente appropriato per il governo di scenari segnati da una larga condivisione delle mete ma da una significativa complessità interna di natura organizzativa. welfare locale

11 ART. 3 PRINCIPI PER LA PROGRAMMAZIONE DEGLI INTERVENTI E DELLE RISORSE DEL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI 1. Per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, in forma unitaria ed integrata, è adottato il metodo della programmazione degli interventi e delle risorse, dell’operatività per progetti, della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonché della valutazione di impatto di genere. 2. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3 [attori istituzionali], provvedono, nell’ambito delle rispettive competenze, alla programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali secondo i seguenti principi: a) coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari e dell’istruzione nonché con le politiche attive di formazione, di avviamento e di reinserimento al lavoro; b) concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi ed i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4 [attori sociali], che partecipano con proprie risorse alla realizzazione della rete, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale nonché le aziende unità sanitarie locali per le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria comprese nei livelli essenziali del Servizio sanitario nazionale.

12 Definizione di GOVERNANCE NELLE POLITICHE SOCIALI
In generale, il concetto di governance richiama un modello di gestione delle relazioni basato sui principi della collaborazione, della condivisione, del consenso e del coordinamento Nelle politiche pubbliche ... GOVERNMENT sistema di relazioni basato su un assetto di tipo gerarchico GOVERNANCE sistema di relazioni basato sull’interazione cooperativa tra una molteplicità di attori Definizione di GOVERNANCE NELLE POLITICHE SOCIALI Modello di gestione dei processi di programmazione in cui la efficacia dell’azione pubblica dipende non solo dalla attività tipicamente politico-amministrativa ma deriva dal raccordo tra attori istituzionali e attori sociali e dalla loro capacità di condividere obiettivi e cooperare per raggiungerli.

13 LA GOVERNANCE TERRITORIALE NELLE POLITICHE SOCIALI RISPONDE A 3 ESIGENZE
in primo luogo concretizza il principio della sussidiarietà orizzontale realizzando il coinvolgimento (e quindi promuovendo il ruolo) delle autonomie sociali presenti su un territorio in secondo luogo sostiene la funzione di integrazione tra le diverse politiche e le variegate istanze presenti in una comunità e valorizza la loro tensione strategica in terzo luogo permette che, attraverso il confronto e la dialettica, vi sia una ampia legittimazione degli esiti del processo decisionale e pone le condizioni per prevenire/gestire condizioni di criticità sociale più o meno latenti LA CONSISTENZA DELLA GOVERNANCE SI CORRELA DIRETTAMENTE DALLA QUALITA’ DELLA PARTECIPAZIONE

14 La rilevanza del tema PARTECIPAZIONE
la dimensione partecipativa sembra rappresentare l’unico antidoto contro la disaffezione che affligge le istituzioni rappresentative e che si traduce in una loro preoccupante crisi di legittimazione. Lo scenario della deliberazione – che equivale alla materializzazione politica del paradigma partecipativo – è diventato un passaggio obbligato per i sistemi democratici che aspirano a rivitalizzare le proprie fondamenta In letteratura sono state proposte variegate versioni della scala della partecipazione. La prima e forse la più nota è quella proposta da S. Arnstein alla fine degli anni ’60 che deriva dalla rielaborazione di alcune esperienze reali dell’epoca e che proprio per questo tende ad enfatizzare oltremodo i rischi insiti nel processo governato dall’attore istituzionale. La scala di Arnstein modellizza il diverso grado di incisività con cui i cittadini possono essere presenti nei processi decisionali della pubblica amministrazione attraverso una griglia strutturata su tre livelli, all’interno dei quali si collocano otto diverse situazioni

15 La scala della partecipazione civica di S. Arnstein

16 La scala della partecipazione di D. Wilcox

17 La scala della partecipazione OECD

18 La scala della partecipazione IAP2

19 LA PARTECIPAZIONE: UNA PROPOSTA OPERATIVA
Nei percorsi della programmazione territoriale la partecipazione degli attori sociali può aver luogo in vario modo INFORMAZIONE unidirezionale (non è partecipazione) CONSULTAZIONE bidirezionale, asimmetrico non implica “condivisione” NEGOZIAZIONE bidirezionale, settoriale, non ricerca la condivisione ma punti di equilibrio non conflittuale CONCERTAZIONE bidirezionale, sistemica, orientata alla condivisione cooperativa la qualità della partecipazione degli attori sociali trova un indicatore significativo nella variabile “quando”

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21 oltre che dalle modalità e dai luoghi in cui la partecipazione si realizza (qualità della partecipazione), la densità della GOVERNANCE è funzione di almeno altre 4 variabili - il tempo che il soggetto pubblico riserva ai processi partecipativi - le informazioni che le istituzioni rendono accessibili/disponibili agli interlocutori - la competenza/capacità programmatoria degli attori sociali - la formalizzazione delle procedure Queste variabili, che risultano decisive per l’efficienza della governance, costituiscono altresì le questioni che la rendono indubbiamente ‘faticosa’

22 In particolare, le fatiche dipendono dal fatto che la governance ...
presuppone la disponibilità da parte di tutti ad una attenta valutazione delle rispettive proposte e obiezioni richiede che la dialettica e la ricerca di un orizzonte condiviso possano crescere e maturare attraverso il confronto e quindi necessita di un congruo investimento in termini temporali deve prodursi in un contesto nel quale sia attivata una adeguata circolazione dei dati significativi per il processo decisionale e quindi sia realizzato un tendenziale annullamento delle asimmetrie informative di posizione comporta che gli attori sociali coinvolti abbiano un’adeguata conoscenza dei meccanismi della programmazione e siano dunque in grado di essere parte attiva del percorso, visto che peraltro acquisiscono una sostanziale corresponsabilità sulle scelte effettuate

23 Se la governance è un modello di relazioni complesso e faticoso per tutti coloro che vi sono coinvolti, perché rimane comunque auspicabile ? Il valore della governance si collega al fatto che se essa è sufficientemente sviluppata consente … la codificazione e la valorizzazione di un flusso informativo sui bisogni emergenti, sulle trasformazioni della domanda sociale e sulle attese di welfare una solida legittimazione sociale della prospettiva strategica assunta e delle scelte di breve-medio periodo che da essa derivano il prodursi negli attori sociali di un orientamento positivamente dialettico e propositivo piuttosto che isomorfico (spesso presente nel terzo settore) o rivendicativo (spesso presente nelle parti sociali) la ampia condivisione delle priorità sociali su cui intervenire e delle soluzioni da adottare, con una forte responsabilizzazione degli attori non istituzionali

24 LE LOGICHE DELLA PROGRAMMAZIONE NELLA 328/2000
ART. 1 PRINCIPI GENERALI E FINALITA’ 3. La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della presente legge, secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali. 4. Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. 6. La presente legge promuove la partecipazione attiva dei cittadini, il contributo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti per il raggiungimento dei fini istituzionali di cui al comma 1.

25 LO STRUMENTO DELLA PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE
IL PIANO DI ZONA LO STRUMENTO DELLA PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE Legge 328/2000 art. 19 IN QUALE CONTESTO SI DEFINISCE I comuni associati, negli ambiti territoriali di cui all’articolo 8, comma 3, lettera a), a tutela dei diritti della popolazione, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, provvedono, nell’ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell’articolo 4, per gli interventi sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano regionale di cui all’articolo 18, comma 6, a definire il piano di zona I COMUNI ASSOCIATI ….. talvolta coincidenza con i distretti sanitari vario dimensionamento della popolazione negli ambiti territoriali varia numerosità dei comuni ricompresi nell’ambito il caso delle grandi città (e il caso di Roma)

26 passaggio da welfare mix a welfare community
LE FINALITA’ DEL PIANO DI ZONA favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate dalle forme di concertazione di cui al comma 1, lettera g) passaggio da welfare mix a welfare community

27 I CONTENUTI DEL PIANO DI ZONA
gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, i requisiti di qualità le forme di rilevazione dei dati nell’ambito del sistema informativo le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali, con particolare riferimento all’amministrazione penitenziaria e della giustizia le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell’ambito della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità le forme di concertazione con l’azienda unità sanitaria locale e con i soggetti del terzo settore

28 LA PROCEDURA DI FORMALIZZAZIONE DEL PIANO DI ZONA
Accordo di programma a cui partecipano i soggetti pubblici nonché i soggetti del terzo settore e del privato, che attraverso l’accreditamento o specifiche forme di concertazione concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali previsto nel piano Accordo di programma art. 34 TUEL 267/2000 Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.

29 IL PIANO DI ZONA SECONDO LE INDICAZIONI DEL PNSS
Per la costruzione del PdZ il processo non deve essere visto in termini meramente amministrativi (e di adempimento formale) ma deve prevedere l'attivazione di azioni responsabilizzanti, concertative, comunicative che coinvolgano tutti i soggetti in grado di dare apporti nelle diverse fasi progettuali; l'attenzione va concentrata, in primo luogo, sui bisogni e sulle opportunità da garantire e, solo in secondo luogo, sul sistema di interventi e servizi da porre in essere; devono essere valorizzate le risorse e i fattori propri e specifici di ogni comunità locale e di ogni ambito territoriale: ciò al fine non solo di aumentare l'efficacia degli interventi, ma anche di favorire la crescita delle risorse presenti nelle singole realtà locali; particolare attenzione deve essere riservata, sin dalle prime fasi della programmazione, alle condizioni tecniche e metodologiche che consentono di effettuare (successivamente) valutazioni di processo e di esito; - vanno puntualmente definite le responsabilità, individuando, negli "accordi di programma", gli organi e le modalità di gestione ed esplicitando le azioni da porre in essere nei confronti dei soggetti eventualmente inadempienti.

30 2. una attività osservativo-interpretativa
Nella pratica del processo programmatorio trovano compimento cinque tipi di attività 1. una attività politica 2. una attività osservativo-interpretativa 3. una attività comunicativo-dialogica 4. una attività decisionale 5. una attività organizzativa

31 Nell’esperienza concreta dei piani di zona il percorso della programmazione sociale che si realizza nella dimensione locale assume un profilo tipico articolato in sei passaggi. La fase di avvio del processo prende corpo con iniziative di informazione e coinvolgimento dei soggetti pubblici e privati, formali e informali, a vario titolo interessati alla programmazione sociale, nonché con l’individuazione degli spazi nei quali si svolgono il dialogo e il confronto con le altre componenti della società civile. La seconda fase corrisponde al momento dell’individuazione dei punti di riferimento che guidano e orientano il processo programmatorio. Prima di essere un elenco di obiettivi e programmi o un assetto organizzativo, il piano di zona è un progetto politico che porta con sé un confronto sui valori e sulle vocazioni che animano la comunità locale e su come questo patrimonio si concilia con le istanze del cambiamento.

32 La terza fase prende forma attraverso la definizione di una base conoscitiva che renda disponibile ai protagonisti diretti e indiretti del processo programmatorio sia il quadro dettagliato della domanda sociale e delle attese presenti nella comunità locale, sia la trama dell’offerta di servizi pubblici e privati già attiva sul territorio La quarta fase si sostanzia nell’identificazione degli obiettivi strategici e operativi del piano, attività di natura prettamente decisionale che richiede all’attore istituzionale di fare da interconnessione tra le diverse istanze presenti sullo scenario. La quinta fase è quella in cui le decisioni e le scelte trovano concretizzazione nella definizione dei loro contenuti operativi. È il passaggio nel quale il piano delinea la struttura dell’offerta dei servizi sociali, prospettando modelli organizzativi e assetti di produzione delle prestazioni che incarnano le vesti della politica sociale quali sono poi osservate e sperimentate dai cittadini. La sesta fase si propone come un percorso di accompagnamento all’azione dei programmi e si realizza attraverso il loro monitoraggio e la verifica dei risultati.

33 FASE CONTENUTI prima iniziative di informazione e coinvolgimento, l’individuazione degli spazi nei quali si svolgono il dialogo e il confronto seconda individuazione dei punti di riferimento che guidano e orientano il processo programmatorio terza definizione di una base conoscitiva quarta identificazione degli obiettivi strategici e operativi del piano quinta le decisioni e le scelte trovano concretizzazione nella definizione dei loro contenuti operativi sesta accompagnamento all’azione dei programmi

34 La definizione di una base conoscitiva
Si tratta di una operazione preliminare alla individuazione degli obiettivi strategici e operativi del piano (“prima identificazione di bisogni e opportunità, poi costruzione della rete dei servizi”). Per fare questo si deve procedere ad una duplice operazione di rilevazione e analisi: Analisi del territorio: caratteristiche demografiche e sociali della comunità locale Analisi delle risorse: mappatura dei servizi e del capitale sociale disponibili nella comunità locale

35 ANALISI DEL TERRITORIO
Caratteristiche demografiche della comunità locale struttura della popolazione (classi di età, nuclei familiari, indice di vecchiaia, famiglie unipersonali, famiglie monogenitoriali …) presenza di migranti, aree di provenienza, tipologie migratorie Caratteristiche sociali della comunità locale dati epidemiologici, disabilità e non autosufficienza occupazione femminile, disoccupazione, pensioni procedimenti giudiziari (minori e adulti) forme di disagio già note e identificate Altre informazioni significative i tratti essenziali dell’economia locale il quadro spaziale la presenza di aree degradate la presenza e le caratteristiche di eventuali insediamenti temporanei una adeguata ANALISI DEL TERRITORIO dovrebbe consentire la redazione di un efficace profilo di comunità

36 ANALISI DELLE RISORSE SOCIALI
La mappatura del sistema dei servizi pubblici esistenti tipologia di servizi e interventi disponibili e loro dislocazione sul territorio profilo quantitativo e qualitativo dell’utenza per servizio rapporto domanda/offerta per servizio La mappatura del sistema dei servizi privati esistenti tipologia di servizi e interventi disponibili e loro dislocazione sul territorio (profilo quantitativo e qualitativo dell’utenza per servizio) (rapporto domanda/offerta per servizio) La mappatura del capitale sociale terzo settore presente sul territorio modalità di relazione tra terzo settore e PA altre risorse sociali profit e noprofit disponibili (p.e. badanti, gruppi di self help, ecc) Una adeguata ANALISI DELLE RISORSE SOCIALI dovrebbe consentire la ricostruzione della rete dei servizi e degli interventi presenti nella comunità locale

37 DEFINIZIONE DELLE PRIORITA’ E DEGLI OBIETTIVI
di carattere generale Valorizzare e sostenere le responsabilità familiari Rafforzare i diritti dei minori Potenziare gli interventi a contrasto della povertà Sostenere con interventi domiciliari le persone non autosufficienti (in particolare le persone anziane e le disabilità gravi) specifici del contesto locale ……. ……… ……………….

38 TRASFERIMENTI IN DENARO
tipologie di prestazioni che possono essere inserite nella programmazione locale: INTERVENTI E SERVIZI Segretariato sociale, informazione e consulenza per l’accesso alla rete dei servizi Prevenzione e sensibilizzazione Servizi di primo intervento Attività di servizio sociale di supporto alla persona, alla famiglia e alla rete sociale Integrazione sociale Interventi e servizi educativo-assistenziali e per il supporto all’inserimento lavorativo Assistenza domiciliare Servizi di supporto TRASFERIMENTI IN DENARO Trasferimenti per il pagamento di rette Trasferimenti per l’attivazione di servizi Integrazioni al reddito STRUTTURE Centri e attività diurne con funzione educativo ricreativa Asili e servizi per la prima infanzia Centri e attività a carattere sociosanitario Presidi residenziali sociosanitari e a integrazione sociosanitaria (RSA ecc.) Altri centri e strutture residenziali

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42 DA CHI VIENE REDATTO IL PIANO DI ZONA
ORGANISMI TERRITORIALI DI NATURA POLITICA UFFICIO DI PIANO MERO SUPPORTO TECNICO AGLI ORGANISMI POLITICI segreteria, coordinamento formale per la redazione del PdZ, … CAMERA DI COMPENSAZIONE TRA LE ESIGENZE LOCALI E GLI OBBLIGHI ZONALI SNODO PROGETTALE E ORGANIZZATIVO centro di imputazione per l’intero processo di costruzione del PdZ, coordinamento organizzativo del processo, sede di monitoraggio e valutazione … SERVIZI E STRUTTURE OPERATIVE

43 IL RAPPORTO TRA LA DIMENSIONE POLITICA E LA DIMENSIONE TECNICA
Questione rilevante IL RAPPORTO TRA LA DIMENSIONE POLITICA E LA DIMENSIONE TECNICA Nella costruzione del PdZ quale ruolo viene assunto dalla parte politica? Decide a priori il contenuto sostanziale del Piano Collabora con i tecnici per la definizione del contenuto del Piano Concerta con il terzo settore il contenuto del Piano Concerta con le parti sociali/sindacati il contenuto del Piano Si disinteressa Nella costruzione del Piano di Zona i rapporti tra la parte politica e la parte tecnica possono configurarsi in uno dei seguenti modi i tecnici sono sostanzialmente esecutori delle scelte politiche le scelte politiche si avvalgono di una mediazione tecnica vi è una partnership dialogante i politici si affidano alle indicazioni del tecnico il governo delle decisioni è essenzialmente tecnico

44 LA ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITA’ PREVISTE
DAL PIANO DI ZONA ASSETTI GESTIONALI gestione singola diretta gestione associata diretta gestione indiretta TIPOLOGIE DI PRODUZIONE autonoma esternalizzata modalità più diffusa gestione associata diretta con esternalizzazione delle produzione

45 Possibili modalità di gestione dei servizi

46 Possibili modalità di produzione dei servizi

47 ESTERNALIZZAZIONE DEL SERVIZIO
DISTINZIONE TRA PRODUZIONE COMMITTENZA TERZO SETTORE ATTORE ISTITUZIONALE REALIZZA, EROGA PROGRAMMA FINANZIA, CONTROLLA

48 LA ESTERNALIZZAZIONE DEI SERVIZI AL TERZO SETTORE
GLI STRUMENTI CONTRACTING OUT CONVENZIONE ACQUISTO DI SERVIZI

49 LA ESTERNALIZZAZIONE DEI SERVIZI AL TERZO SETTORE
GLI STRUMENTI I comuni, ai fini della preselezione dei soggetti presso cui acquistare o ai quali affidare l'erogazione di servizi … valutano i seguenti elementi: a) la formazione, la qualificazione e l'esperienza professionale degli operatori coinvolti; b) l'esperienza maturata nei settori e nei servizi di riferimento offerta economicamente più vantaggiosa appalto CONTRACTING OUT bando di concorso i comuni possono indire istruttorie pubbliche per la coprogettazione di interventi innovativi e sperimentali su cui i soggetti del terzo settore esprimono disponibilità a collaborare con il comune per la realizzazione degli obiettivi procedura concorsuale pubblica … ma spesso riservata alle sole cooperative sociali Nel rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza dell'azione della pubblica amministrazione e di libera concorrenza tra i privati nel rapportarsi ad essa, sono da privilegiare le procedure di aggiudicazione ristrette e negoziate dpcm 30 marzo 2001 Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell'art. 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328 NB Il testo in BLU nella slide è ripreso dal dpcm

50 DPCM 30 marzo 2001, pubblicato sulla G.U. del 14 agosto 2001, n. 188
Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell'art. 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328. Art. 1. Ruolo dei soggetti del terzo settore nella programmazione progettazione e gestione dei servizi alla persona 1. Il presente provvedimento fornisce indirizzi per la regolazione dei rapporti tra comuni e loro forme associative con i soggetti del terzo settore ai fini dell'affidamento dei servizi previsti dalla legge n. 328 del 2000, nonché per la valorizzazione del loro ruolo nella attività di programmazione e progettazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Art. 4. Selezione dei soggetti del terzo settore I comuni, ai fini della preselezione dei soggetti presso cui acquistare o ai quali affidare l'erogazione di servizi di cui ai successivi articoli 5 e 6, fermo restando quanto stabilito dall'art. 11 della legge n. 328 del 2000, valutano i seguenti elementi: a) la formazione, la qualificazione e l'esperienza professionale degli operatori coinvolti; b) l'esperienza maturata nei settori e nei servizi di riferimento 2. I comuni procedono all'aggiudicazione dei servizi di cui al comma 1 sulla base dell'offerta economicamente più vantaggiosa, tenendo conto in particolare dei seguenti elementi qualitativi: a) le modalità adottate per il contenimento del turn over degli operatori; b) gli strumenti di qualificazione organizzativa del lavoro; c) la conoscenza degli specifici problemi sociali del territorio e delle risorse sociali della comunità; d) il rispetto dei trattamenti economici previsti dalla contrattazione collettiva e delle norme in materia di previdenza e assistenza. 3. I comuni, ai fini delle aggiudicazioni di cui al comma 2, non devono procedere all'affidamento dei servizi con il metodo del massimo ribasso.

51 Art. 5. Acquisto di servizi e prestazioni
1. I comuni, al fine di realizzare il sistema integrato di interventi e servizi sociali garantendone i livelli essenziali, possono acquistare servizi e interventi organizzati dai soggetti del terzo settore. …. 3. Oggetto dell'acquisto o dell'affidamento di cui all'art. 6, deve essere l'organizzazione complessiva del servizio o della prestazione, con assoluta esclusione delle mere prestazioni di manodopera che possono essere acquisite esclusivamente nelle forme previste dalla legge n. 196 del 1997. Art. 6. Affidamento della gestione dei servizi 1. Le regioni adottano specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra comuni e soggetti del terzo settore nell'affidamento dei servizi alla persona di cui alla legge n. 328 del 2000 tenuto conto delle norme nazionali e comunitarie che disciplinano le procedure di affidamento dei servizi da parte della pubblica amministrazione. 2. Nel rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza dell'azione della pubblica amministrazione e di libera concorrenza tra i privati nel rapportarsi ad essa, sono da privilegiare le procedure di aggiudicazione ristrette e negoziate. In tale ambito le procedure ristrette permettono di valutare e valorizzare diversi elementi di qualità che il comune intende ottenere dal servizio appaltato. Art. 7. Istruttorie pubbliche per la coprogettazione con i soggetti del terzo settore 1. Al fine di affrontare specifiche problematiche sociali, valorizzando e coinvolgendo attivamente i soggetti del terzo settore, i comuni possono indire istruttorie pubbliche per la coprogettazione di interventi innovativi e sperimentali su cui i soggetti del terzo settore esprimono disponibilità a collaborare con il comune per la realizzazione degli obiettivi. Le regioni possono adottare indirizzi per definire le modalità di indizione e funzionamento delle istruttorie pubbliche nonché per la individuazione delle forme di sostegno.

52 LA ESTERNALIZZAZIONE DEI SERVIZI AL TERZO SETTORE
GLI STRUMENTI Legge 266/91 CONVENZIONE affidamento diretto il terzo settore ha un ruolo gestionale derivante soprattutto da affidamenti diretti e sostenuto da un forte legame territoriale (MODELLO DEL MUTUO ACCOMODAMENTO) Normalmente una convenzione è caratterizzata da prestazioni corrispettive. Da una parte, vi è un ente pubblico che è interessato allo svolgimento di determinate attività che però direttamente non intende realizzare. Dall’altra vi è un’organizzazione di volontariato disponile ad operare e che, per le prestazioni ed i servizi erogati, si accontenta del rimborso delle spese (non necessariamente documentate).

53 Legge 266/1991 legge quadro sul volontariato
Art. 7. Convenzioni Lo Stato, le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli altri enti pubblici possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato …. che dimostrino attitudine e capacità operativa. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l'esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione, nonché il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti. Devono inoltre prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità nonché le modalità di rimborso delle spese. 3. La copertura assicurativa è elemento essenziale della convenzione e gli oneri relativi sono a carico dell'ente con il quale viene stipulata la convenzione medesima.

54 LA ESTERNALIZZAZIONE DEI SERVIZI AL TERZO SETTORE
GLI STRUMENTI monetizzazione dei servizi ACQUISTO DI SERVIZI Buono di valore monetario distribuito dall’attore istituzionale a singoli cittadini per la fruizione di specifici servizi offerti sul territorio. L’assegnazione del voucher presuppone il riconoscimento del diritto alla prestazione da parte del beneficiario e risponde al principio di sussidiarietà. I beneficiari infatti si rivolgono autonomamente a soggetti privati che erogano servizi in regime di concorrenza (amministrata) COMPETIZIONE = CRESCITA DELLA QUALITA’ SUSSIDIARIETA’ = LIBERTA’ DI SCELTA VOUCHER CICLO DI PRODUZIONE TOTALMENTE ESTERNO AL PUBBLICO SCENARIO DI QUASI MERCATO accreditamento PROCEDURA ATTRAVERSO LA QUALE UN ENTE PUBBLICO DETERMINA I REQUISITI ORGANIZZATIVI E DI QUALITA’ NECESSARI AI SOGGETTI PRIVATI CHE INTENDANO EROGARE SERVIZI PER CONTO DEGLI ATTORI ISTITUZIONALI. Nel caso di servizi semiresidenziali o residenziali l’accreditamento presuppone l’AUTORIZZAZIONE

55 Il sistema delle relazioni nei modelli di esternalizzazione
EE.LL. CONTRACTING OUT SOGGETTO ESTERNO (terzo settore affidatario) Beneficiario / UTENTE EE.LL. ACCREDITAMENTO SOGGETTO ESTERNO (terzo settore accreditato) Beneficiario / CLIENTE

56 Le risorse per il piano di zona (chi finanzia i servizi sociali ?)
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Fondo Nazionale Politiche Sociali (legge 449/1997) Fondo per l’infanzia (legge 285/1997) Fondo per la non autosufficienza (legge 296/2006) Fondo politiche per la famiglia (legge 296/2006) Fondo inclusione immigrati (legge 296/2006) Fondo politiche giovanili (legge 296/2006) Fondo minori non accompagnati (legge 135/2012) Fondo sostegno locazioni (legge 431/1998) Trasferimenti statali per il welfare locale Spesa totale dei comuni per il welfare locale   *


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