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Università degli Studi di Perugia Facoltà di Ingegneria

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Presentazione sul tema: "Università degli Studi di Perugia Facoltà di Ingegneria"— Transcript della presentazione:

1 Università degli Studi di Perugia Facoltà di Ingegneria
Corso di Pianificazione Energetica ing. Giorgio Baldinelli a.a CHE COSA SI PUO’ FARE?

2 Cosa possiamo fare per contribuire a salvare il nostro pianeta e consegnare alle generazioni future un habitat vivibile? La vastità del tema e la molteplicità delle risposte obbligano a scegliere la via della esemplificazione

3 CHE COSA SI PUO’ FARE? La pianificazione ambientale a livello territoriale Il problema dei rifiuti Il risparmio negli edifici Il problema dei trasporti Certificati verdi e certificati bianchi Certificazione ambientale Embodied energy Cogenerazione Energie rinnovabili Energia nucleare Carbone pulito

4 La pianificazione ambientale a livello territoriale
Un ruolo molto importante è affidato alle Amministrazioni locali e agli strumenti di pianificazione del territorio. Importanza dei Piani regolatori locali e regionali, della promozione dei Piani energetici, dei Piani urbani del traffico, dei Piani di risanamento acustico e tutti gli altri piani a valenza energetico-ambientale. Molte Amministrazioni locali hanno aderito alla Carta di Aalborg sulle città sostenibili ed avviato processi strategici di carattere partecipativo e condiviso per promuovere la cultura dello sviluppo sostenibile nel proprio territorio (Agenda 21 locale). Molti Comuni del nostro Paese si sono dotati di regolamenti edilizi che prestano una particolare attenzione alle problematiche di risparmio energetico, di corretto orientamento degli edifici, di recupero delle acque piovane, di scelta di materiali ecologici, tanto per citare solo alcuni aspetti, anche concedendo incentivi in termini di cubatura ai progetti edilizi più rispettosi dell’ambiente.

5 Il problema dei rifiuti
Raccolta differenziata che recuperi, vetro, materiali ferrosi e carta, in modo da poter riciclare tali prodotti, con conseguenti recuperi di materia e di energia. Il rapporto relativo all’indagine promossa dalla Commissione Ambiente della Camera (ottobre 2007) evidenzia come l’industria del riciclo (cresciuta del 5% dal 2000 al 2004) abbia contribuito notevolmente al risparmio energetico al punto che nel 2006 si sono risparmiati 2,8 milioni di tep riciclando alluminio e 12,5 milioni di tep riciclando vetro (l’equivalente della produzione di 3 centrali nucleari da 1000 MW).

6 Il problema dei rifiuti
Termovalorizzazione Il materiale che resta a valle della raccolta differenziata, dopo “differenziazione” ed eventuale confezionamento in balle compresse di “CDR”, Combustibile Derivato dai Rifiuti, ai cosiddetti termovalorizzatori per essere bruciato e fornire energia termica ed energia elettrica per usi civili (teleriscaldamento) o industriali. In Italia vengono bruciati ogni anno 60 kg di rifiuti per abitante (contro i 600 prodotti pro-capite), mentre sono 200 in Francia e 600 in Danimarca. In Italia ci sono 41 impianti per il recupero energetico dei rifiuti quasi tutti concentrati nel Centro-Nord; nel Centro-Sud, invece alcune regioni come ad esempio Campania e Lazio ne sono privi. Se si potessero realizzare altri impianti per un numero compreso tra 24 e 38, si potrebbero sottrarre alla discarica di tonnellate di rifiuti urbani, corrispondenti al circa il 18% della produzione italiana di immondizia. Il loro utilizzo come forma di energia potrebbe portare ogni anno ad una produzione di almeno 3-3,5 TWh, pari a più del 5% dei consumi elettrici delle famiglie italiane.

7 Il risparmio negli edifici
La maggior parte della nostra vita trascorre in ambienti chiusi, e quindi provvedimenti che migliorano le prestazioni energetiche dell’involucro abitativo e migliorano la qualità “indoor” non possono che essere visti con favore in questa scommessa sul futuro del nostro ambiente. Se costruiti correttamente, con un buon isolamento, utilizzo del calore di recupero e opportuni materiali, agli edifici sono sufficienti impianti di riscaldamento o refrigerazione di piccola taglia, con basso consumo di combustibile e quindi basse emissioni di gas serra. Quando si parla della CO2 emessa nel settore edilizio, si dovrebbe correttamente comprendere quella incorporata durante la fase di estrazione, costruzione e trasporto dei materiali; mentre per quanto riguarda l’inquinamento del settore si ricorda che esso si riferisce ai rifiuti del processo di costruzione che vengono avviati a discarica.

8 Il risparmio negli edifici
Diffusione dei principi di quella architettura detta bioclimatica, che, con doppie pareti ventilate, serre, camini solari, vetri speciali, etc., portano a risparmi del 20  40% delle bollette, per arrivare in casi particolari alle case con emissione zero di CO2 (“carbon neutral”). Entrata in funzione della “certificazione energetica”, prevista dalla Direttiva 2002/91/CE e dalle leggi nazionali (192/05 e 311/07), che fornisce tutti i criteri per incrementare le prestazioni energetiche degli edifici. Non va poi sottovalutata l’attenzione dedicata nell’ultima Finanziaria al comparto civile, con l’innalzamento dal 36% al 55% della detrazione fiscale nel corso di interventi di riqualificazione energetica. Entrambi i due documenti hanno come obiettivo per il Paese quello di abbassare la richiesta energetica e quindi diminuire l’inquinamento ed in particolare l’emissione di CO2. Adozione di comportamenti che evitino gli sprechi e di utilizzare per le abitazioni e gli uffici, apparecchiature ad alta efficienza, come per esempio le caldaie a condensazione, o apparecchi elettrodomestici particolarmente studiati e certificati per il risparmio energetico (detti di categoria A) o lampade ad alta efficienza energetica.

9 Il problema dei trasporti
Trasporti su gomma: risulta indispensabile accelerare il ricambio del parco macchine, ancora in parte obsoleto, per fare in modo che le emissioni delle marmitte rispettino i limiti severi imposti dalle Norme EURO. Ricordiamo che nell’Europa a 25 circolano 216 milioni di macchine, pari a 472 auto ogni 1000 abitanti (l’Italia risulta al secondo posto, preceduta solo dal Lussemburgo, con 659 auto ogni 1000 abitanti). La Commissione Europea sta studiando la possibilità di collegare i livelli di tassazione alle emissioni di anidride carbonica delle auto nuove. Trasporto navale: l’Istituto di Fisica dell’Atmosfera di Wessling in Germania stima che le 70mila navi che solcano i nostri mari bruciano più di 250 milioni l’anno di tonnellate di idrocarburi vari, emettendo circa un miliardo di tonnellate di CO2 l’anno(quasi il 5% delle emissioni globali). Tra l’altro è previsto nei prossimi venti anni un incremento della flotta del 75% (ci sono già ordinativi per altre 20mila navi super veloci di grande tonnellaggio). Traffico aereo: la Commissione Europea ha rilevato come nella sola Europa il traffico aereo internazionale(che non è tenuto a rispettare le limitazioni imposte da Kyoto) sia cresciuto di circa il 90% dal 1990 e quindi ha messo allo studio, anche in questo settore, la possibilità di applicare particolari provvedimenti, nell’attesa dei risultati delle ricerche su nuovi carburanti per i jet (bio-jet fuel). Un esempio assai significativo, fatto per drammatizzare il problema, è quello che una persona che voli andata-ritorno Londra NewYork porta a generare la stessa quantità di CO2 che produce una famiglia media in un anno.

10 Il problema dei trasporti
Trasporto pubblico, dando fiducia al cittadino sul rispetto degli orari e sulla qualità dei servizi. Sempre in città andrebbe meglio codificato il trasporto merci, sia come orari, che con la possibilità di far viaggiare furgoni e camion a pieno carico, con opportuni accordi commerciali tra i rivenditori di merci. Per il trasporto delle merci su percorsi extra-urbani o sulle lunghe distanze, occorre favorire il trasporto intermodale (gomma, ferro, cabotaggio marittimo). L’uso del metano e del gas di petrolio liquefatto (GPL) per le automobili ed i trasporti leggeri, anche se costituisce una nicchia di mercato va incoraggiato e così pure – secondo le indicazioni UE – l’uso del biodiesel, prodotto dalla transesterificazione di oli vegetali, ricavati da colture oleaginose, o del bioetanolo, prodotto dalla fermentazione di piante zuccherine, ma di questo si parlerà nel paragrafo che riguarda le biomasse.

11 Il problema dei trasporti
Mobilità condivisa Car pooling Car sharing

12 Certificati verdi e certificati bianchi
Certificati verdi. Il decreto Bersani ha imposto l’obbligo agli operatori che immettono in rete più di 100 GWh/anno che almeno il 2% dell’elettricità prodotta provenga da impianti da fonti rinnovabili. Tale obbligo è stato incrementato dello 0,35% dal 2004 al Alla produzione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, che abbiano ottenuto la qualifica di IAFRA (Impianti Alimentati da Fonti Rinnovabili) viene associato un certificato verde (CV) ogni 50 MWh/anno prodotti. I certificati creati in questo modo hanno validità annuale e possono essere contrattati direttamente tra i proprietari degli impianti stessi e gli operatori interessati, oppure servendosi dell’apposito mercato creato dal Gestore del Mercato Elettrico. Sono operativi due decreti del Ministero delle Attività Produttive del 2004, uno relativo al gas e l’altro relativo all’elettricità, che individuano gli obiettivi per l’incremento dell’efficienza energetica. I provvedimenti impongono alle aziende distributrici con più di 100mila utenti di realizzare attività di risparmio energetico presso i propri clienti. L’ammontare del risparmio “obbligatorio” che ogni distributrice deve realizzare è stabilito dall’Autorità per l’Energia e il Gas, e coloro che non provvedono al raggiungimento dell’ammontare stabilito incorrono in sanzioni. Al fine di evitare tali sanzioni, queste aziende possono acquistare titoli di efficienza (TEE), i cosiddetti certificati bianchi, da altri soggetti che abbiano invece realizzato interventi di risparmio energetico riconosciuti dall’Autorità.

13 Certificati verdi e certificati bianchi
Per il 2006 sono stati distribuiti 15 milioni di euro, a seguito degli obiettivi di risparmio energetico conseguito. In totale, dall’avvio del meccanismo dei certificati bianchi ad oggi, sono stati già certificati risparmi per tep (tonnellate equivalenti di petrolio), che equivalgono grosso modo al consumo domestico di una città di circa abitanti ed hanno consentito di evitare emissioni per tonnellate di anidride carbonica. Caratteristica essenziale di questo meccanismo è che anche i certificati ottenuti possono essere scambiati sul mercato nazionale, attraverso un mercato garantito dal Gestore del Mercato Elettrico (GME) il quale in tal modo può garantire il mercato di tutti i titoli di scambio. Resta in ogni caso indispensabile un forte indirizzo politico, che indichi all’industria priorità, benefici e programmi per stimolare i necessari investimenti, che, non si dimentichi, rispondono in ogni caso alla logica di mercato.

14 Certificazioni ambientali
Per quanto riguarda la promozione del risparmio energetico e la riduzione dell’impatto ambientale nel settore produttivo sarebbe anche auspicabile una maggiore diffusione delle certificazioni ambientali ISO e soprattutto di EMAS (Eco Management and Audit Scheme, Regolamento CEE n.1836/93). L’obiettivo di tali processi, attualmente adottati dalle Aziende su base volontaria, è quello di promuovere costanti miglioramenti dell’efficienza ambientale delle attività industriali, attraverso l’introduzione ed attuazione di politiche, programmi e sistemi di gestione ambientale nei propri siti produttivi, la valutazione sistematica, obiettiva e periodica dell’efficienza di tali elementi (audit) ed infine l’informazione al pubblico sull’efficienza ambientale (dichiarazione ambientale)

15 Embodied energy Continuando nelle esemplificazioni, si possono impiegare materiali per la costruzione di automobili o di componenti costruttivi di edifici che siano stati prodotti con un basso consumo di energia e che alla fine del loro ciclo di utilizzazione siano anche facilmente e convenientemente riciclabili. L’intento è quello di impiegare materiali che abbiano una “embodied energy”, ossia una energia incorporata, il più bassa possibile

16 Cogenerazione Maggiore diffusione di piccole centrali di cogenerazione, da impiegare per grossi complessi autonomi, come ospedali, grandi centri commerciali, piccole comunità, ma anche nelle cosiddette “centralità” (veri e propri quartieri), capaci di produrre contemporaneamente energia termica ed elettrica. Esse, oltre ad alleggerire i carichi delle grandi centrali sarebbero di grande vantaggio per il nostro sistema energetico, dati i loro elevati rendimenti energetici ed exergetici. La piccola cogenerazione si riferisce a macchine di potenza inferiore a 1 MW elettrico e la micro cogenerazione si riferisce a macchine di potenza inferiore a 50 kW elettrici.

17 Energie rinnovabili Il Rapporto stima che almeno 85 società che operano nel settore delle energie rinnovabili abbiano un mercato di 40 milioni di dollari (circa 30 milioni di euro), mentre il loro mercato globale si aggira sui 50 miliardi di dollari (circa 40 miliardi di euro); nel solare fotovoltaico risultano investiti circa 4-5 miliardi di euro (7 previsti per il 2006) e nella produzione di biofuel più di 800 milioni di euro (1,2 miliardi previsti per il 2006).

18 Energie rinnovabili Numerosi sono in effetti i vantaggi che derivano da una maggiore diffusione delle fonti rinnovabili. Innanzitutto un maggiore impiego delle fonti rinnovabili consente una diversificazione delle fonti e assicura una maggiore sicurezza degli approvvigionamenti energetici, riducendo la dipendenza dai prodotti petroliferi e dal gas naturale e dalle relative fluttuazioni di prezzi sui mercati internazionali. Un sistema energetico che si affida ad un ventaglio di tecnologie e di materie prime diverse – e che include quindi tutte le fonti rinnovabili – è caratterizzato da rischi finanziari molto minori rispetto ad un sistema che concentra tutta la domanda su un’unica tecnologia o materia prima, ad esempio i prodotti petroliferi. Per quanto riguarda la produzione di energia elettrica, le fonti rinnovabili rappresentano l’unica soluzione competitiva per le utenze isolate, o per i paesi in via di sviluppo non ancora dotati di reti capillari di distribuzione. Inoltre, poiché si sta assistendo ad un’inversione di tendenza nei confronti della generazione centralizzata, a causa della difficoltà di ubicare e realizzare nuove centrali di grossa taglia ed i relativi elettrodotti (la cosiddetta sindrome NIMBY, Not In My Backyard), la generazione distribuita, che è tipica delle fonti rinnovabili, potrà giocare un ruolo sempre più importante.

19 Energie rinnovabili Le centrali di produzione dell’energia da fonti rinnovabili presentano spesso una accettabilità sociale maggiore e impatti ambientali molto ridotti, se si eccettua l’impatto visivo. Le emissioni di gas climalteranti da impianti a fonti rinnovabili sono pressoché nulle, anche se per una valutazione complessiva dei benefici ambientali non è sufficiente limitarsi al solo esercizio dell’impianto, ma occorre considerare l’intero ciclo di vita, valutando pertanto, attraverso procedure di Life Cycle Assessment (LCA, Analisi del Ciclo di Vita), l’energia e le risorse non rinnovabili spese nella costruzione, esercizio e dismissione dell’impianto.

20 Energie rinnovabili Anche i cosiddetti costi esterni della produzione di energia, ossia i costi che non sono computati nel costo di cessione del kWh elettrico, ma che sono relativi ad esempio ai danni prodotti dai cambiamenti climatici o ai danni alla salute umana dovuti all’inquinamento da combustione di prodotti fossili, e che sono pertanto sostenuti dall’intera collettività, vedono le fonti rinnovabili in posizione di assoluto vantaggio rispetto a quelle convenzionali. Da non trascurare, infine, i risvolti occupazionali: lo sviluppo delle fonti rinnovabili può contribuire allo sviluppo economico di un’area o di un paese, creando nuove possibilità di impiego e di investimenti in un settore caratterizzato da un rapido sviluppo. Il mercato delle fonti energetiche rinnovabili è in costante crescita: come si è detto, l’Unione Europea sulle fonti rinnovabili fissa l’obiettivo comunitario di una quota di fonti rinnovabili pari al 20% entro il 2020.


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