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AUTORITA’ NAZIONALE ANTICORRUZIONE

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Presentazione sul tema: "AUTORITA’ NAZIONALE ANTICORRUZIONE"— Transcript della presentazione:

1 AUTORITA’ NAZIONALE ANTICORRUZIONE
ANAC AUTORITA’ NAZIONALE ANTICORRUZIONE

2 ANAC- AUTORITA’ NAZIONALE ANTICORRUZIONE
NASCITA ED EVOLUZIONE CIVIT nel d.lgs. n. 150 del 2009 Commissione per la valutazione, l’integrità e la trasparenza nelle pubbliche amministrazioni istituita e disciplinata dal d.lgs. n. 150/2009 La Commissione si occupava prevalentemente di tutti gli adempimenti in materia di valutazione e misurazione della performance, avendo un suo ufficio, che era ben distinto dall’ufficio ministeriale del Dipartimento della Funzione Pubblica (DFP), ma sottoposto al suo indirizzo.

3 LA CIVIT LEGGE 6 novembre 2012 , n. 190 Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella p. a. Con la legge n. 190/2012 viene individuata, all’art. 1 comma 2, la CIVIT quale Autorità nazionale anticorruzione, in linea con quanto richiesto a livello internazionale circa la esigenza di costituire un’Autorità in materia di lotta alla corruzione. CIVIT: Commissione Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche

4 La CIVIT nella legge n. 190 del 2012
La CIVIT in questa fase appare però avere delle funzioni che destano incertezza, nel senso che l’attribuzione di funzioni in materia di anticorruzione e di trasparenza è ancora non ben definita, perché i compiti che la legge affida alla CIVIT si intrecciano con i compiti attribuiti al DPF- Dipartimento della Funzione Pubblica. Esempi: Il PNA -Piano Nazionale Anticorruzione- è si approvato dalla CIVIT/ANAC, ma il compito di predisporlo è affidato al DFP (infatti il primo PNA, approvato nel 2013, viene ricondotto alla responsabilità politica del Dipartimento e del ministero della pubblica amministrazione, piuttosto che alla Commissione). Anche in materia di vigilanza sull’effettiva adozione e sulla qualità dei Piani triennali di prevenzione della corruzione (PTPC) delle diverse p.a. le funzioni erano distribuite in modo poco efficiente: i PTPC adottati dovevano essere trasmessi al DPF e non alla CIVIT/ANAC, con la conseguenza che i poteri di vigilanza continuavano a spettare all’ufficio ministeriale e non alla Commissione.

5 L’EVOLUZIONE DELLA CIVIT/ANAC – Il d. l. n
L’EVOLUZIONE DELLA CIVIT/ANAC – Il d.l. n.101 del 2013 (convertito in legge 30 ottobre 2013, n. 125) La CIVIT/ANAC registra una ulteriore modifica legislativa con il d.l. n. 101 del 2013, poi largamente modificato in sede di conversione (legge n. 125/2013), dove ci si limita di fatto solo alla riformulazione della composizione dell’organo di governo dell’Autorità che viene così definito «Organo collegiale composto dal presidente e da quattro componenti scelti tra esperti di elevata professionalità, anche estranei all’amministrazione, con comprovate esperienze in Italia e all’estero, sia nel settore pubblico che in quello privato, di notoria indipendenza e comprovata esperienza in materia di contrasto alla corruzione, di management e misurazione della performance, nonché di gestione e valutazione del personale»

6 D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (convertito nella Legge n. 114/2014)
L’ANAC nel D.L. n. 90/2014 e la soppressione dell’AVCP- Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (convertito nella Legge n. 114/2014) «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l‘efficienza degli uffici giudiziari» Il d.l. 90/2014 traccia di fatto una evoluzione organizzativa dell’ANAC, infatti all’art. 19 prevede la soppressione della AVCP- Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici, ed una più chiara divisione dei compiti tra l’Autorità (ANAC) e il Dipartimento della funzione pubblica (DFP). Naturalmente la soppressione dell’AVCP non comporta conseguentemente la soppressione anche delle sue funzioni e del suo apparato organizzativo, infatti il d.l. 90/2014 ha come scopo quello di dar luogo ad una Autorità unificata sia nei compiti che nell’organizzazione. Infatti in un solo ruolo organico confluiscono il personale già inserito nel ruolo della orami soppressa AVCP e il personale già in servizio presso la CIVIT/ANAC.

7 I nuovi poteri dell’ANAC nel d.l. 90/2014
Con il d.l. n. 90 l’ANAC diviene a tutti gli effetti l’Autorità nazionale a cui tutto il sistema paese (istituzioni rappresentative, amministrazioni, cittadini) può guardare come soggetto titolare di funzioni decisive per prevenire la corruzione. Analizziamo i principali caratteri del ANAC: l’indipendenza, rafforzata in termini funzionali e organizzativi che sottrae l’autorità ad uno stretto indirizzo di carattere politico governativo, ciò al fine di consentire alla stessa autorità di poter proporre al Parlamento e al Governo proposte di modifiche normative e organizzative per dare più forza e maggior efficacia alle politiche di anticorruzione; compiti di regolazione, al fine di dare, con regole flessibili e proporzionate, ulteriori regole da adattare ai diversi contesti amministrativi volte alla ricerca di soluzioni effettive ed efficaci di contrasto alla corruzione; vigilanza nell’ottica di intervenire tempestivamente e possibilmente prima del compimento di reati sia nell’anticorruzione quanto nel settore dei contratti e della trasparenza; Competono infatti all’Autorità possibilità di intervento preventivo onde accertare situazioni potenziali a rischio e al fine di dare tempestivamente, indicazioni, su atti e provvedimenti da assumere, per contrastare specifici rischi; poteri sanzionatori autonomi, infatti l’Autorità è dotata del potere di segnalare o attivare l’esercizio di poteri sanzionatori di altri soggetti, elemento questo a tutela della legalità quale presidio anche di elevata autorevolezza per capacità tecnica e professionale, volti ad indurre comportamenti virtuosi parte delle amministrazioni e dei loro funzionari; l'autorità si pone pertanto al centro di una vasta rete nazionale ed internazionale di diffusione della cultura della legalità.

8 L’ANAC TRA CULTURA DELLA TRASPARENZA E PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
Con il d.l. n. 90 viene finalmente conferita ad un’Autorità nazionale anticorruzione il massimo dei poteri circa la prevenzione così come raccomandato dalle organizzazioni internazionali in materia di corruzione. Infatti il nuovo asseto del d.l. n. 90, all’art. 19 comma 15, ha disposto il trasferimento all’Autorità nazionale anticorruzione delle funzioni in materia di trasparenza e prevenzione della corruzione attribuite al Dipartimento della Funzione pubblica dall’art. 1, commi 4 – 5 – 8 della legge n. 190, e dall’art. 48 del d.l.g.s. n. 33 del D.Lgs. 14 marzo 2013, n «Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni» Art. 48 del d.lgs 33/2013 Norme sull'attuazione degli obblighi di pubblicità e trasparenza

9 L’ANAC TRA CULTURA DELLA TRASPARENZA E PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
Il legislatore quindi nell’affidare all’Autorità pieni poteri in materia di trasparenza e prevenzione della corruzione ha poi di fatto trasferito al DFP le funzioni in materia di misurazione e valutazione della performance in origine affidate all’Autorità dagli artt. 7 – 8 – 9 – 12 – 13 – 14 del d.l.g.s. n. 150/ In ogni caso, anche dopo l’approvazione del d.l. n. 90 rimane l’esigenza del raccordo tra l’ANAC e Dipartimento, quali articolazioni principali dell’organizzazione amministrativa della prevenzione della corruzione. ANAC e Dipartimento sono pertanto chiamati a collaborare per garantire il raccordo operativo tra la trasparenza e la prevenzione della corruzione e le attività di misurazione e valutazione della performance. La collaborazione tra ANAC e DPF è anche molto importante relativamente all’articolazione degli Organismi indipendenti di Valutazione (OIV) che , con il d.l. n. 90, sono stati attratti nell’orbita del Dipartimento, che formula un parere sulla loro nomina, restando comunque investiti di una rilevante funzione di controllo sull’adempimento degli obblighi di trasparenza di cui l’Autorità continua ad avvalersi ai sensi dell’art. 45 del d.lgs. n. 33 del 2013, in attesa che il governo riordini con regolamento le funzioni di valutazione della performance.

10 L’ANAC TRA CULTURA DELLA TRASPARENZA E PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
Il d.l. n. 90 attribuisce all’ANAC anche il compito di «favorire la cultura della trasparenza» e prevenire i fenomeni corruttivi». In particolare l’art. 19, comma 15, trasferisce all’Autorità le funzioni del DPF in materia di trasparenza, circa la «definizione di criteri, modelli e schemi standard per l’organizzazione, la codificazione e la rappresentazione dei documenti, delle informazioni e dei dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente, nonché all’organizzazione della sezione «Amministrazione trasparente». All’ANAC è attribuito anche il potere di proposta circa le norme sull’attuazione degli obblighi di pubblicità e trasparenza che devono essere adottate con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali, la Conferenza unificata, l’Agenzia Italia digitale e l’Istat.

11 L’ANAC TRA CULTURA DELLA TRASPARENZA E PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
L’ANAC quindi ha come mission istituzionale sia la prevenzione dei fenomeni corruttivi che la diffusione della cultura della trasparenza. Il diritto alla trasparenza si afferma anche in Italia come regola del procedimento e dell’organizzazione amministrativa grazie ad una serie di provvedimenti legislativi che culminano prima nel d.lgs. n. 33/2013 e poi, più recentemente, nel d.l. n. 90/2014. Le norme sulla trasparenza hanno come obiettivo il diritto dei cittadini di partecipazione ai processi decisionali delle istituzioni pubbliche. Le amministrazioni, per contro, hanno l’obbligo di assicurare l’accesso alle informazioni ad una pluralità indeterminata di soggetti e di diffonderle per il tramite dei propri siti web istituzionali. Il diritto alla trasparenza costituisce, ai sensi dell’art. 1 comma 2 del d.lgs. n. 33/2013, una declinazione dell’art. 117 comma secondo lettera m) della Costituzione, integrando l’individuazione del livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione. Le informazioni e i dati pubblicati devono essere qualitativamente adeguati alla finalità di effettiva conoscibilità.

12 L’ANAC TRA CULTURA DELLA TRASPARENZA E PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
La completezza, il costante aggiornamento, la semplicità di consultazione e la comprensibilità costituiscono infatti indici a cui attenersi per la verifica del livello di qualità sulle informazioni e sui dati a beneficio della collettività. La qualità delle informazioni comporta anche la conformità dei documenti originali in possesso dell’amministrazione e l’indicazione della loro provenienza. L’art. 19 comma 5 del d.l. 90/2014 ha affidato all’ANAC il compito di ricevere segnalazioni da parte del pubblico dipendente circa la commissione di fatti illeciti conosciuti in ragione del proprio rapporto di lavoro. Si è così arrivati alla creazione del c.d. Whistleblower che è divenuto così uno strumento di segnalazione di illeciti, con tutte le conseguenti cautele in favore del soggetto segnalante in primis quella della tutela dell’anonimato. Il d.lgs. n. 33/2013, art. 5 comma 2, prevede anche la figura del c.d. ACCESSO CIVICO. Si prevede infatti che la richiesta di accesso civico non è sottoposta ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente, la quale non deve essere motivata e gratuita, e va presentata al responsabile della trasparenza dell’amministrazione obbligata alla pubblicazione.

13 L’ANAC TRA CULTURA DELLA TRASPARENZA E PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
In pratica, con l’istituto dell’accesso civico, si è venuto così a creare un vero e proprio diritto soggettivo a cui l’amministrazione ha evidentemente l’obbligo di assicurare la pubblicità della propria attività e delle informazioni richieste. La legge prevede che il responsabile della trasparenza deve procedere, entro 30 giorni, alla pubblicazione sul sito del documento o dell’informazione richiesta. Il d.lgs. n. 33/2013 si occupa anche degli obblighi di pubblicazione concernenti l’uso delle risorse pubbliche. Infatti le p.a. sono tenute a rendere noti in formato aperto i dati relativi al bilancio di previsione e a quello consultivo nonché a pubblicare le informazione identificative degli immobili posseduti, i canoni di locazione e di affitto versati o percepiti. L’obbligo di pubblicazione è altresì previsto dall’art. 28 per i rendiconti dei gruppi consigliari regionali e provinciali con l’evidenza delle risorse trasferite o assegnate a ciascun gruppo, con l’identificazione del titolo di trasferimento e dell’impiego di risorse utilizzate.

14 L’ANAC TRA CULTURA DELLA TRASPARENZA E PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
Con riferimento alla trasparenza ed alla protezione dei dati personali è evidente che bisogna trovare il giusto e corretto equilibrio che evidentemente non è di facile soluzione. Il d.lgs. n. 33/2013 esclude infatti la pubblicazione dei dati identificativi delle persone fisiche destinatari di provvedimenti di concessione di sovvenzioni, sussidi, contributi ed ausili finanziari, qualora da tali dati sia possibile ricavare informazioni anche di dati c.d. «sensibili», come ad esempio informazioni riguardanti lo stato di salute, il disagio economico o altri informazioni che possono essere lesive della dignità delle persone. Bisogna pertanto operare un corretto contemperamento tra principio di trasparenza e diritto alla riservatezza e della persona, sancito peraltro espressamente nell’art. 15 della Costituzione e qualificato dalla giurisprudenza costituzionale come «inviolabile». L’art. 4 comma 6 del d.lgs. n. 33 prevede poi che è fatto divieto di diffondere informazioni idonee a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale delle persone.

15 L’ANAC TRA CULTURA DELLA TRASPARENZA E PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
Pertanto si può affermare che una lettura costituzionalmente orientata del decreto legislativo n. 33 costituisce l’approccio corretto al fine di evitare che la pubblicazione di dati mediante inserimento su siti istituzionali e la sua diffusione sul web costituisca una forma indebita di invasione del diritto inviolabile alla protezione dei dati personali, espressamente tutelata anche dal diritto comunitario. Dal combinato disposto degli artt. 1 – 14 – 15 – 22 del d.lgs. n. 33 emerge la volontà del legislatore di operare una gradazione degli obblighi di pubblicazione sia sotto il profilo dei soggetti coinvolti che del contenuto degli atti da pubblicare. Agli artt. 14 – 15 del d.lgs. n. 33 vi è, con la richiesta solo ai titolari di incarichi politici, un dovere di trasparenza ancor più incisivo e quindi comprensivo della situazione patrimoniale con un obbligo anche, nei soggetti indicati nell’art. 15 (cioè i titolari di incarichi amministrativi di vertice e di incarichi dirigenziali nonché di collaborazione o consulenza), di pubblicare curriculum, retribuzione e ogni altro elemento connesso con la funzione svolta con la sola eccezione della posizione patrimoniale.

16 L’ANAC TRA CULTURA DELLA TRASPARENZA E PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
Sul tema è intervenuto anche il Garante della protezione dei dati personali, che ha posto in evidenza l’esigenza di circoscrivere l’eccessiva invasività della pubblicazione mediante diffusione sul web di talune informazioni che possono evidentemente essere considerate lesive della vita privata delle persone, soprattutto poi con riferimento al coniuge / figli / parenti che sono evidentemente estranei all’incarico pubblico. Vista la delicatezza del tema trattato appare evidente ai più raffinati osservatori come la materia abbia evidentemente bisogno di una organica revisione.

17 L’ANAC E IL POTERE SANZIONATORIO
Il d.l. n. 90 all’art. 19, comma 5 lettera b), prevede che, salvo che il fatto costituisca reato, l’ANAC applica una sanzione amministrativa non inferiore al minimo di € 1.000,00 e non superiore nel massimo ad € ,00 nel caso in cui il soggetto obbligato ometta l’adozione del piano triennale di prevenzione della corruzione, del programma triennale per la trasparenza e l’integrità e del codice di comportamento. Al fine di dare attuazione alla disposizione richiamata e definire la disciplina del procedimento sanzionatorio, il Consiglio dell’Autorità ha approvato, in data 9 settembre 2014 uno specifico regolamento nel quale è previsto che i soggetti obbligati siano quegli organi che la legge o l’amministrazione interessata ha individuato come competenti a predisporre, adottare e/o approvare i provvedimenti. In pratica l’Autorità demanda all’amministrazione il compito di identificare i soggetti obbligati quali il responsabile della prevenzione della corruzione e il responsabile della trasparenza. Nel regolamento si parla poi di «omessa adozione» dei provvedimenti. Tale locuzione sta a significare che rientra nel termine appunto di «omessa adozione», anche l’adozione di provvedimenti c.d. «vuoti», ossia privi di quegli elementi in grado di garantire l’effettività della disciplina in materia di anticorruzione e trasparenza.

18 L’ANAC E IL POTERE SANZIONATORIO
Tale omessa adozione sostanziale degli strumenti può presentare tre forme: L’approvazione di provvedimenti puramente ricognitivi di misure vigenti in materia di prevenzione della corruzione, trasparenza e codici di comportamento; L’approvazione di provvedimenti il cui contenuto riproduca in modo integrale analoghi provvedimenti adottati da altre amministrazioni e quindi privi di misure specifiche da approntare sulla base dell’analisi delle esigenze dell’amministrazione interessata; L’approvazione di un provvedimento privo di misure per la prevenzione del rischio nei settori più esposti alla corruzione, di un provvedimento privo di misure concrete di attuazione degli obblighi di trasparenza o di un codice meramente riproduttivo del codice di comportamento dei dipendenti pubblici adottato con DPR 16 aprile 2013 n. 62.

19 L’ANAC E IL POTERE SANZIONATORIO
L’art. 19, comma 5, lettera b) del d.l. n. 90, stabilisce come l’Autorità è competente ad irrogare sanzioni amministrative di tipo pecuniario il cui importo, a seconda della fattispecie concreta può essere fissato entro un intervallo normativo della stessa (non inferiore ad € 1.000,00 e non superiore ad € ,00). Pertanto appare chiaro come l’Autorità predispone e approva il piano nazionale anticorruzione, adottando le linee guida per la predisposizione del programma triennale per la trasparenza e l’integrità. L’Autorità poi è altresì chiamata a verificare che le singole amministrazioni adottino efficientemente i piani e i programmi ed, in caso di mancata adozione, interviene a comminare la relativa sanzione. Naturalmente è prevista una tutela nel c.d. «contraddittorio» con i soggetti destinatari dell’esercizio del potere sanzionatorio. Infatti il regolamento prevede almeno due momenti di confronto con il soggetto obbligato all’adozione dei provvedimenti, da svolgersi con modalità diverse.

20 L’ANAC E IL POTERE SANZIONATORIO
L’art. 4, comma 5 lettera b) e c), del regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio, adottato dall’ANAC, stabilisce che nella comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio debbano essere indicati il termine per l’invio di eventuali memorie e documentazione allegata, nonché il termine per eventuali controdeduzioni, ed è prevista la possibilità di richiedere di essere sentiti in audizione presso l’ufficio competente. L’art. 6, comma 2 lettera b) e c), nel definire i compiti del responsabile del procedimento, precisa che questi può richiedere alle amministrazioni interessate o ai soggetti obbligati di inviare documenti, informazioni o chiarimenti volti ad accertare l’effettiva omessa adozione dei provvedimenti e il grado di partecipazione dei diversi soggetti obbligati ai comportamenti omissivi nonché disporre l’audizione dei soggetti obbligati, su loro richiesta. Pertanto il regolamento prevede due forme diverse di contraddittorio: Da un lato la partecipazione al procedimento mediante l’invio di memorie scritte, sulla scorta di quanto previsto in via generale dall’art. 10 della legge n. 241 del 1990. Dall’altro il contraddittorio orale in attuazione del principio sancito dall’art. 18 della legge n. 689/1981.

21 L’ANAC E IL POTERE SANZIONATORIO
Proprio la legge n. 689 del 1981 prevede all’art. 14, comma 2 che qualora la contestazione non sia immediata gli estremi della violazione debbano essere notificati agli interessati entro 90 giorni dall’accertamento. Per contro, il regolamento adottato dall’Autorità invece, prevede all’art. 4, comma 3 che il procedimento debba avere luogo entro 30 giorni dall’avvenuta conoscenza della presunta omessa adozione dei provvedimenti oggetto dell’esercizio del potere sanzionatorio. Il regolamento dell’Autorità prevede poi all’art. 11, comma 4, che, concluso il procedimento, il provvedimento sanzionatorio sia pubblicato integralmente sul sito istituzionale dell’Autorità. Tale previsione ha indubbiamente un impatto importante in quanto suscettibile di avere riflessi rispetto a futuri comportamenti. Infatti la pubblicazione dei provvedimenti sanzionatori non è configurabile quale e vera propria sanzione, ma costituisce comunque una sanzione accessoria in quanto comporta inevitabilmente conseguenze sul piano reputazionale in termini di immagine e percezione sociale del soggetto sanzionato.

22 I POTERI DEL PRESIDENTE DELL’ANAC
Il d.l. n. 90 agli artt. 19 – 30 – 32 viene individuata la figura del Presidente quale organo monocratico dotato di specifici poteri in diversi ambiti. Il primo potere attribuito al Presidente è quello relativo alla predisposizione di un «piano per il riordino dell’Autorità», all’esito della soppressione dell’Autorità per la vigilanza sui contrati pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP) e del contestuale subentro dell’ANAC nei relativi compiti e funzioni. L’art. 19, comma 3, del d.l. n. 90 demanda al Presidente la riorganizzazione della nuova Autorità, attraverso la predisposizione di un piano che è stato presentato al Presidente del consiglio dei ministri il 30 dicembre 2014 (consultabile sul sito: Il d.l. n. 90, all’art. 32, rubricato «misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell’ambito della prevenzione della corruzione» prevede l’ingresso nel nostro ordinamento del commissariamento come strumento di contrasto alla corruzione.

23 I POTERI DEL PRESIDENTE DELL’ANAC
In particolare l’art. 32 del d.l. n. 90 prevede tre ipotesi di intervento tra loro alternative: L’ordine di rinnovazione degli organi sociali, mediante la sostituzione del soggetto coinvolto (comma 1, lettera a); La straordinaria e temporanea gestione dell’impresa appaltatrice, limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto o della concessione (comma 1, lettera b); La misura del sostegno e del monitoraggio dell’impresa (comma 8). La prima misura è finalizzata ad estromettere dalla governance societaria il soggetto coinvolto nei fatti illeciti. La norma concede all’impresa un breve termine di 30 giorni per l’ottemperanza all’ordine di sostituzione, trascorso inutilmente il quale il prefetto è tenuto a disporre, nei 10 giorni successivi, la misura del commissariamento di cui al comma 1, lettera b). Si osserva in ogni caso che nel silenzio della norma, il termine debba ritenersi liberamente prorogabile dal prefetto, sia d’ufficio, sia su istanza motivata dell’impresa, soprattutto a fronte di sopraggiunte oggettive difficoltà.

24 I POTERI DEL PRESIDENTE DELL’ANAC
La seconda misura attivabile in caso di inerzia dell’impresa o su diretta iniziativa del Presidente dell’ANAC o del prefetto, consiste in un vero e proprio commissariamento ai fini anticorruzione. La terza misura definita di «sostegno e monitoraggio», d’impatto decisamente più leggero per la governance dell’impresa, trova applicazione in casi meno gravi nei quali l’ingerenza dei fatti corruttivi è di minore intensità e il livello di compromissione negli illeciti da parte dell’impresa non è tale da rendere necessaria l’applicazione di misure incisive degli assetti societari. In pratica si prevede una sorte di tutoraggio attraverso l’affiancamento di esperti di nomina prefettizia (non superiore a tre soggetti) avranno il compito di fornire prescrizioni operative e guidare la società verso una revisione organizzativa e gestionale.

25 I POTERI DEL PRESIDENTE DELL’ANAC
Naturalmente i presupposti per la richiesta delle misure straordinarie sono: fumus boni iuris periculum in mora Il primo presupposto, quello del fumus bonis iuris, implica l’acquisizione di elementi concreti in ordine al fatto che l’appalto o la concessione siano connessi ad un’attività di tipo illecito. Il Presidente acquisisce una sorta di «notitia criminis», che sarà costituita o dalla pendenza di un procedimento penale per una serie di reati contro la p.a. o contro la corretta gestione degli appalti indicati dalla norma, oppure essere conseguente alle attività ispettive o di vigilanza da parte dell’ANAC o comunque portate a conoscenza dell’Autorità.

26 I POTERI DEL PRESIDENTE DELL’ANAC
In pratica la notizia dell’illecito può di fatto consentire al Presidente dell’Autorità di avanzare la richieste del provvedimento cautelare solo allorché essa abbia assunto una consistenza oggettiva e cioè un suo spessore probatorio. E’ dunque necessario che egli ritenga sussistenti fatti gravi ed accertati anche ai sensi dell’art. 19, comma 5 lettera a), del d.l. n. 90. Il secondo presupposto, relativo al periculum in mora, è collegato alla graduazione della gravità del fatto accertato che consente di optare per una o per l’altra delle due misure. Il legislatore ha introdotto tre differenti misure, graduandole in ragione del principio della proporzionalità, sul livello di gravità dei fatti accertati. Il Presidente dell’ANAC in primis, ed il prefetto competente successivamente, saranno quindi tenuti a calibrare la misura sulla base del livello di compromissione dell’impresa e della gravità degli illeciti rilevati.

27 I POTERI DEL PRESIDENTE DELL’ANAC
Si potrà pertanto procedere alla misura della rinnovazione degli organi sociali, laddove vi sia l’opportunità di adottare una misura meno incisiva ritenendo sufficiente il mero allontanamento dell’amministratore coinvolto negli illeciti, oppure per contro si procederà con il commissariamento, misura questa chiaramente del tutto invasiva rispetto all’autonomia imprenditoriale e pertanto misura di extrema ratio proprio quando emergano degli elementi di eccezionale gravità oppure nei casi in cui il livello di compromissione sia tale per cui i mutamenti della governance aziendale non siano idonei a scongiurare il rischio di ulteriori condizionamenti illeciti nell’esecuzione del contratto. Rimane in ogni caso la soluzione più soft del sostegno e monitoraggio quando i fatti accertati sono di grave entità ed il livello di compromissione dell’impresa risulta essere decisamente marginale. L’iter procedimentale delineato dal legislatore si articola in due fasi: La prima consiste nella proposta che il Presidente dell’Autorità rivolge al prefetto, evidenziando quella che, in base alle risultanze della procedura valutativa è stata ritenuta la misura più idonea a sterilizzare l’appalto inquinato; La seconda fase, di competenza del prefetto, consegue ad una ulteriore autonoma valutazione e nell’adozione di un provvedimento che dispone la misura.

28 I POTERI DEL PRESIDENTE DELL’ANAC
Le due fasi non sono nettamente distinte configurando in realtà un procedimento a formazione progressiva (art. 32 d.l. n. 90) in cui alla proposta motivata del Presidente segue una nuova ed autonoma procedura da parte del prefetto, il quale ultimo può avvalersi di ulteriori approfondimenti anche attraverso momenti di interlocuzione con lo stesso Presidente. Il prefetto infatti deve ritenersi titolare di poteri istruttori autonomi (tramite l’ausilio di autorità giudiziaria / autorità amministrativa / guardia di finanza) qualora non ritenga esaustivo il materiale sottoposto al suo esame. In pratica il prefetto potrà disporre una misura più grave (commissariamento) anche laddove il Presidente dell’Autorità abbia formulato una proposta meno invasiva, oppure, a fronte di una proposta del Presidente dell’Autorità più incisiva, il prefetto ha la facoltà di disporre una misura più lieve (rinnovazione degli organi sociali). Relativamente all’individuazione del prefetto competente all’adozione delle misure straordinarie, l’originaria formulazione dell’art. 32 del d.l. n. 90 nulla diceva al riguardo, lasciando pertanto all’interprete il compito di risolvere tale incertezza sulla competenza territoriale, previlegiando la sede dell’impresa o della stazione appaltante.

29 I POTERI DEL PRESIDENTE DELL’ANAC
Il testo in vigore, a seguito di un emendamento approvato alla Camera dei deputati, attribuisce la competenza territoriale al prefetto in cui ha sede la stazione appaltante, scelta questa appropriata in considerazione del fatto che la sede dell’amministrazione coincide di regola con l’ambito territoriale in cui si darà esecuzione al contratto, consentendo pertanto al prefetto non solo la valutazione della gravità dei fatti ma anche di svolgere la necessaria funzione di controllo sulla gestione dell’appalto o della concessione.

30 LA FORMAZIONE ETICA DEI DIPENDENTI PUBBLICI
L’art. 7 bis del d.lgs. 165/2001 (TUPI), come integrato dalla legge n. 3 del 2003, prevede che ciascuna amministrazione predisponga entro il 30 gennaio di ogni anno, un piano di formazione contenente le esigenze formative di tutto il personale, incluso quello in posizione di comando o fuori ruolo. Entro lo stesso termine le amministrazioni dello Stato nonché gli enti pubblici non economici, hanno anche l’obbligo di trasmettere il Piano al DFP e al Ministero dell’Economia e delle Finanze a fini formativi, con la eventualità di comunicare agli stessi, entro e non oltre il 30 settembre, ulteriori interventi formativi di natura straordinaria, potendo dar luogo al loro svolgimento qualora, entro un mese non si abbia comunicazione del diniego. Si ricorda come le amministrazioni statali anche a ordinamento autonomo e gli enti pubblici non economici sono tenuti a disporre, entro e non oltre il 30 giugno di ogni anno, un Piano triennale di formazione del personale. Permangono i preesistenti obblighi informativi nei confronti del DFP e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, integrati dall’obbligo di trasmissione del Piano triennale anche al «Comitato per il coordinamento delle scuole pubbliche di formazione» (art. 2 del DPR n. 70 del 2013) incaricato di redigere, entro il 31 ottobre di ogni anno, il «Programma triennale delle attività di formazione dei dirigenti e dei funzionari pubblici».

31 LA FORMAZIONE ETICA DEI DIPENDENTI PUBBLICI
I corsi e le attività inseriti nel programma triennale non devono comportare costi a carico delle amministrazioni statali e agli enti territoriali è riconosciuta la facoltà di aderire al programma triennale delle attività di formazione dei dirigenti e dei funzionari pubblici, con oneri a proprio carico, comunicando al Comitato le proprie esigenze formative entro il 30 giugno. La legge n. 190, all’art. 1 comma 7, stabilisce l’obbligo per le p.a. di programmare le azioni riguardati la formazione, nonché di individuare il personale da inserire nei relativi percorsi formativi, ponendo tali oneri a carico del relativo responsabile per la prevenzione della corruzione (RPC) nell’ambito del Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC), da predisporre e trasmettere al DFP entro il 31 gennaio 2014; questo è un termine da rispettare anche per la pubblicazione del Piano sul sito istituzionale dell’ente. Il Piano nazionale anticorruzione (PNA) adottato nel 2013 prevede anzitutto che all’interno dei PTPC le esigenze formative individuate dal Responsabile della prevenzione facciano sempre riferimento al programma della formazione generale dove le stesse devono trovare collocazione.

32 LA FORMAZIONE ETICA DEI DIPENDENTI PUBBLICI
Pertanto i fabbisogni formativi sono concordati dal Responsabile per la prevenzione della corruzione con i dirigenti responsabili delle risorse umane. Nel PTPC devono essere indicati i soggetti destinatari della formazione, individuati tenendo presenti il ruolo affidato, le aree a maggior rischio di corruzione specificate nello stesso documento, i criteri di selezione applicati. Tali informazioni devono essere pubblicate sulla intranet dell’amministrazione insieme ai nominativi dei soggetti interessati della formazione. Relativamente ai contenuti la normativa prevede che le p.a. debbano programmare adeguati percorsi di formazione tanto a livello generale (rivolti a tutti i dipendenti), quanto a livello specifico (destinati prevalentemente al Responsabile della prevenzione per la corruzione, ai referenti della prevenzione, ai componenti degli organismi di controllo, ai dirigenti e funzionari addetti alle aree a rischio). Relativamente alla formazione specialistica prevista per il RPC, ai deve affiancare anche una formazione sulle tecniche del risk management.

33 LA FORMAZIONE ETICA DEI DIPENDENTI PUBBLICI
Per quanto riguarda i soggetti incaricati dell’erogazione dei relativi percorsi formativi, il PNA rimanda alla legge n. 190, che individua nella Scuola Nazionale di Amministrazione l’ente deputato a provvedervi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica ed utilizzando le risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Il legislatore ha poi riunito (d.l. n. 90, art. 21) le Scuole di formazione del «Sistema unico del reclutamento e della formazione pubblica» sotto un ente di unica formazione, vale a dire la SNA, che svolge le funzioni degli Istituti soppressi nell’ambito di appositi dipartimenti. La SNA con cadenza periodica e di intesa con le altre p.a. deve provvedere alla formazione specifica dei dipendenti pubblici chiamati ad operare nelle aree maggiormente esposte al rischio. Naturalmente vi possono essere delle iniziative di formazione ad opera di soggetti interni all’amministrazione. Si evidenzia come l’ANAC abbia in realtà intrapreso alcune iniziative volte a rafforzare il proprio ruolo, in virtù anche dell’acquisizione delle competenze esercitate dal DFP in materia di prevenzione della corruzione, prima ancora che intervenisse il d.l. n. 90.

34 LA FORMAZIONE ETICA DEI DIPENDENTI PUBBLICI
Nel quadro giuridico di cooperazione per la formazione comune della p.a., nel mese di settembre 2014 è stato stipulato un Accordo quadro di collaborazione con la SNA, nel quale sono state delineate alcune linee d’azione. E’ stato poi deciso di costituire un comune albo docenti (ANAC – SNA) per lo svolgimento dei corsi in materia di prevenzione della corruzione, al quale potrà accedere solo chi, previo riconoscimento delle necessarie competenze professionali sarà accreditato.

35 IL CONTRIBUTO DELL’ANAC ALLA DIFFUSIONE DELLA CULTURA DELLA LEGALITA’
In conclusione proprio ad evidenziare il contributo dell’ANAC alla diffusione della cultura della legalità, grazie all’Accordo quadro di collaborazione del 2014, è maturata la decisione dell’ANAC di accreditarsi come ente del servizio civile nazionale. La finalità è infatti quella di impegnare ogni anno dieci giovani, compresi tra i diciotto e ventotto anni per lo svolgimento di un periodo di lavoro di dodici mesi nei settori della p.a., rilevanti per le competenze dell’Autorità. Detti giovani, vincitori del bando, prestano il loro lavoro presso l’ANAC e le prefetture, con particolare impegno dedicato alla valutazione dei contenuti dei Piani anticorruzione. Tale progetto si sviluppa sulla base di un Accordo di programma stipulato nel 2014 dall’ANAC, oltre che con il Ministero dell’Interno, con il Dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale (Presidenza del Consiglio dei Ministri) ed il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Appare evidente il contributo che ANAC vuol dare alla comunità nazionale nel contribuire a promuovere la condivisione, da parte dei giovani, dei valori comuni fondanti l’ordinamento democratico, con il contestuale innalzamento del livello di competenze e conoscenze.

36 IL CONTRIBUTO DELL’ANAC ALLA DIFFUSIONE DELLA CULTURA DELLA LEGALITA’
Sempre nella direzione della diffusione della cultura della legalità, l’Autorità ha avviato la stipula di convenzioni con alcuni istituti universitari nazionali, al fine di selezionare studenti neolaureati e partecipanti a master per lo svolgimento presso la propria sede di tirocini formativi e di orientamento. I giovani selezionati sulla base di un bando pubblico sono chiamati a svolgere un progetto formativo presso l’Autorità di una durata di sei mesi. CONCLUSIONI Vi è l’esigenza di rafforzare il c.d. «spazio etico» del dipendente pubblico al fine di ottenere la comprensione e la condivisione di regole e valori che costituiscono le fondamenta dei comportamenti pubblici. Esigenza di contribuire a diffondere la cultura della legalità.


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