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MOLESTIE, INGIURIE E MOLTO ALTRO. Il reato di molestie (art. 660 c.p.) tradizionalmente era ritenuto diretto alla tutela della tranquillità pubblica e.

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1 MOLESTIE, INGIURIE E MOLTO ALTRO

2 Il reato di molestie (art. 660 c.p.) tradizionalmente era ritenuto diretto alla tutela della tranquillità pubblica e indirettamente di quella privata ma più recentemente lo si considera di natura plurioffensiva, poiché protegge, oltre la tranquillità della persona offesa, anche l'ordine pubblico, essendo però sufficiente, per la sussistenza del reato, che questo sia messo solo in pericolo per la possibile reazione della parte offesa.

3 SI tratta di una contravvenzione a forma vincolata condizionata ad alcuni requisiti: 1) deve accompagnarsi ad una condotta petulante o motivata da biasimevole motivo; 2) deve attuarsi con il telefono o in luogo pubblico o aperto al pubblico.

4 La petulanza è un modo di agire pressante, indiscreto e impertinente che sgradevolmente venga ad interferire con l'altrui vita privata ovvero un contegno incivile ed arrogante irriguardoso per la libertà altrui; Il biasimevole motivo consiste in ogni movente che sia riprovevole per sé stesso e che rivesta per la persona offesa lo stesso effetto di disturbo derivante dalla petulanza, L'uno e l'altro requisito devono essere valutati con riferimento al modo di sentire e di vivere comune epperciò è irrilevante che in concreto la vittima non ne abbia risentito soggettivamente fastidio

5 Il requisito della pubblicità del luogo sussiste sia quando l'agente si trovi in un luogo pubblico o aperto al pubblico sia nella ipotesi in cui la molestia sia arrecata da un luogo privato nei confronti di chi si trovi in un luogo pubblico o aperto al pubblico.

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7 Più complesso il problema derivante dallo sviluppo del mezzi di comunicazione a distanza (internet – sms - e mail – whatsapp – social network) perché ci si chiede se molestie condotte con tali modalità possano rientrare nell'ambito della punibilità della condotta a mezzo del telefono. Già in epoca non recente (1978) la giurisprudenza aveva equiparato al telefono l'uso del citofono.

8 Più complesso il problema derivante dallo sviluppo del mezzi di comunicazione a distanza (internet – sms - e mail – whatsapp – social network) perché ci si chiede se molestie condotte con tali modalità possano rientrare nell'ambito della punibilità della condotta a mezzo del telefono. Già in epoca non recente (1978) la giurisprudenza aveva equiparato al telefono l'uso del citofono.

9 Esiste un precedente giurisprudenziale che ha escluso il reato di molestia o disturbo alla persona col mezzo del telefono nell'ipotesi dell'invio di un messaggio di posta elettronica che provochi turbamento o fastidio nel destinatario (Sez. I, 17 giugno 2010, n. 24510,) fondata sulla equiparazione fra e mail e corrispondenza postale e in sostanza sul carattere sincronico o acronico della comunicazione fra persone che si trovino a distanza fra loro.

10 La decisione è criticabile nella misura in cui ignora il dato di comune esperienza secondo cui i telefoni mobili consentono di inviare e ricevere e-mail, perché è dato certo che oggi la posta elettronica può essere veicolata "col mezzo del telefono". La questione può essere risolta tramite l'interpretazione letterale: l'invio di posta elettronica perfeziona la contravvenzione di cui all'art. 660 c.p. perché l'attuale tecnologia veicola le e-mail non solo tramite la "rete telefonica o la rete cellulare delle bande di frequenza" ma anche "col mezzo del telefono".

11 .Più recente giurisprudenza ha evidenziato che l'art. 660 c.p. ha voluto incriminare non tanto il messaggio molesto che il destinatario è costretto ad ascoltare quanto ogni messaggio che il destinatario è costretto a percepire, sia de auditu che de visu, prima di poterne individuare il mittente, perché entrambi i tipi di messaggi mettono a repentaglio la libertà e tranquillità psichica del ricevente. In tal modo, l'interpretazione letterale dell'art. 660 ha consentito alla giurisprudenza di sussumere tra i mezzi della molestia punibile anche gli sms trasmessi per via telefonica, ritenendo tale risultato conforme alla ratio della norma e dunque coincidente con la sua interpretazione teleologica. (Sez. I, 22 febbraio 2011, n. 10983)

12 A eguale risultato è pervenuta Cassazione sez. I 27 settembre 2011 n. 36779 che ha incluso nella possibilità di molestia anche l'e - mail stimando decisivo il diverso criterio basato sull'invasività del mezzo impiegato per raggiungere il destinatario dell'azione perturbatrice, allorquando egli non possa sottrarsi ai messaggi "se non dismettendo l'uso del telefono", con conseguente lesione, da un lato, della propria tranquillità e privacy, e, dall'altro lato, della propria libertà di comunicazione, costituzionalmente garantita dall'art. 15, comma 1, Cost.

13 Argomenta la Cassazione che l'attuale tecnologia è in grado di veicolare, in entrata ed in uscita, tramite apparecchi telefonici, sia fissi che mobili,, sia sms sia e-mail. Il carattere sincronico o a- sincronico del contenuto della comunicazione, elemento distintivo secondo la tesi restrittiva per eliminare dalla previsione dell'art. 660 c.p. la comunicazione asincrona, non è affatto dirimente. Invero entrambe le comunicazioni sono sempre segnalate da un avvertimento acustico che ne indica l'arrivo, e che può, specie nel caso di spamming, costituito dall'affollamento indesiderato del servizio di posta elettronica con petulanti e- mail, recare quella molestia e quel disturbo alla persona ledendone con pari intensità la libertà di comunicazione

14 Molestie e Facebook Con sentenza 12 settembre 2014 n37596. la Cassazione (Sezione I) ha affrontare un caso di molestie in cui la persona offesa, redattrice di un’emittente televisiva, veniva importunata ripetutamente con continui apprezzamenti volgari a sfondo sessuale sia presso la redazione in cui prestava la sua attività lavorativa, sia mediante l’uso di commenti sul proprio profilo Facebook ed ha fornito una originale risposta basata sui seguenti principi:

15 1) ha definito il carattere di Facebook quale ”piazza immateriale” che consente un numero indeterminato di accessi e di visioni in relazione ai contenuti multimediali che su tale social network vengono caricati (in tal senso si era già espresso il giudice di appello); 2) ha operato una distinzione fra gli apprezzamenti rivolti alla persona offesa inseriti direttamente sulla pagina della stessa leggibile da parte di tutti gli utenti (il cd. diario), o diversamente nella parte destinata alla messaggeria, che può essere visualizzabile soltanto dal destinatario dei messaggi suddetti. Soltanto nel primo caso può ricorrere il requisito di pubblicità delle molestie rilevante ex art, 660 c.p.

16 Si e commentato, oltre a fare riferimento al divieto di analogia in malam partem, che se l’utente ha la possibilità di visualizzare la piattaforma Facebook sul proprio cellulare tramite apposita applicazione e sceglie tra le opzioni del proprio profilo che l’arrivo di messaggi sulla c.d. bacheca personale sia segnalato da una e mail o da un avviso acustico che ne indica il recepimento, si viene a riprodurre la stessa modalità di ricezione dei messaggi di posta elettronica su cellulare, oramai equiparata dalla Cassazione, nel reato di molestia o disturbo alle persone, all’uso del telefono

17 Il reato ex art. 612 bis c.p. ha tenuto presente il vasto campionario di atti molesti e persecutori in modo da essere idoneo a colpire tutti i comportamenti tipici dello stalker, quali sorvegliare, aspettare, inseguire o raccogliere in qualunque modo e con qualunque mezzo informazioni sulla vittima, ovvero intromettersi, appostarsi sotto casa o nel luogo di lavoro, pedinare, mandare lettere, telefonate, e-mail, inserirsi in chat-lines o social network, inviare sms, scrivere murales, lasciare messaggi a casa, in ufficio o sull'auto, inviare fiori e regali, fare visite a sorpresa,, rubare e leggere la corrispondenza (cartacea o telematica), ordinare merci e servizi a nome della vittima, diffondere dichiarazioni od immagini diffamatorie e oltraggiose, minacciare di usare violenza contro la persona offesa, i suoi familiari, altre persone o contro animali cari alla vittima, infiltrarsi negli spazi abitativi della vittima, danneggiare, imbrattare o distruggere le proprietà della vittima.

18 Molestie e ingiuria: è ammissibile il concorso formale fra il reato di molestia e quello di ingiuria perché non vi è corrispondenza delle condotte né dei beni giuridici protetti, sicché ne discende l'oggettiva impossibilità di estendere alla contravvenzione di cui all'art. 660 c.p. la speciale causa di non punibilità della "ritorsione" prevista dall'art. 599 comma 1 c.p. per il diverso e autonomo delitto d'ingiuria, ritenuta nella specie sussistente dal giudice di primo grado (Sezione V, 21 marzo 2001 n. 16729).

19 UN ERRORE DA EVITARE Nel caso di continuazione tra delitti e contravvenzioni, il giudice deve fare riferimento per l'individuazione del reato più grave, alla pena edittale massima prevista per ciascuno di essi e ritenere in ogni caso il delitto reato più grave rispetto alla contravvenzione. Il giudice di prime cure non si è attenuto a tale regola ed ha invece indebitamente eletto a violazione più grave la contravvenzione di molestie, senza nemmeno giustificare tale decisione in relazione alla eventuale maggiore gravità ritenuta in concreta delle suddette molestie rispetto alla concorrente ingiuria. Cassazione penale sez. V 24 settembre 2013 n. 41889

20 POSSESSO INGIUSTIFICATO DI CHIAVI, GRIMALDELLI E STRUMENTI ATTI AD APRIRE O FORZARE SERRATURE (art. 707 c.p.) DA PARTE DI SOGGETTO CHE SIA STATO CONDANNATO PER DELITTI DETERMINATI DA MOTIVI DI LUCRO O PER CONTRAVVENZIONI RELATIVE ALLA PREVENZIONE DI REATI CONTRO IL PATRIMONIO

21 Si tratta di reato che ha resistito a plurime eccezioni di costituzionalità richiamandosi 1)il principio di offensività ma la Corte Cost. ha ricordato il carattere sintomatico degli strumenti indicati dalla norma in rapporto alle qualità personali del detentore (reato di pericolo) 2) la presunzione di non colpevolezza: ma la Corte ha respinto in quanto la norma non richiede la prova della legittima destinazione ma si limita a pretendere una attendibile e circostanziata spiegazione; 3) l'inviolabilità del diritto di difesa: di contro si è detto che la giustificazione è essa stessa un mezzo di difesa al quale si può rinunciare.

22 Si tratta di reato che ha resistito a plurime eccezioni di costituzionalità richiamandosi di volta in volta: 1)il principio di offensività ma la Corte Cost. ha ricordato il carattere sintomatico degli strumenti indicati dalla norma in rapporto alle qualità personali del detentore (reato di pericolo) 2) la presunzione di non colpevolezza: ma la Corte ha respinto in quanto la norma non richiede la prova della legittima destinazione ma si limita a pretendere una attendibile e circostanziata spiegazione; 3) l'inviolabilità del diritto di difesa: di contro si è detto che la giustificazione è essa stessa un mezzo di difesa al quale si può rinunciare.

23 Il reato ha natura di reato proprio perché può essere commesso solamente da soggetti che si trovino nelle particolari condizioni indicati dalla norma. Tuttavia in caso di concorso nel possesso, anche l'incensurato può incorrere nella condanna nel caso in cui sia consapevole della qualità di condannato del correo ed il possesso avvenga in circostanze tali da fare presumere una comune utilizzazione. Alla consapevolezza della presenza degli oggetti o strumenti detenuti si deve unire quella della possibilità di servirsi degli strumenti o, per precedenti intese, di aiutare il compagno a servirsene (Sezione II 15 novembre 2011 n. 47908).

24 Presupposto del reato è la qualità di condannato per delitti determinati da motivi di lucro (o da contravvenzioni per la prevenzione di reati contro il patrimonio) da individuare in tutti quelli per la cui realizzazione l'agente è mosso da uno scopo di vantaggio economico. Attenzione : non necessariamente i reati contro il patrimonio sono per ciò stesso determinati da motivi di lucro (es. danneggiamento).E' sufficiente anche una sola condanna quale precedente ed è irrilevante l'intervento di cause estintive del reato ed in particolare della estinzione a seguito della sospensione condizionale della pena (diversamente per la riabilitazione e l'esito positivo dell'affidamento).

25 Anche recentemente la Suprema Corte (Sez. II, sent.17/05/2013 n.29448) ha confermato il regime di equiparazione della sentenza di patteggiamento a quella di condanna in termini di assoluto rigore che “non consente di rifuggire dall'applicazione di tutte le conseguenze penali della sentenza di condanna che non siano categoricamente escluse”. Segue il corollario per cui la pronuncia a pena concordata vale a perfezionare la fattispecie ex art. 707 c.p., ben integrando la condizione ivi richiesta dell'essere stato il colpevole condannato per delitti determinati da motivi di lucro.

26 Tale orientamento è stato criticato in dottrina perché la sentenza di patteggiamento non contiene affermazione di responsabilità dell'imputato mentre nell'art. 707 c.p. la condanna presupposto del reato in tanto avrebbe ragione di giustificare il giudizio di pericolosità in quanto consistente in quel particolare atto processuale a contenuto decisorio con cui il giudice riconosce l'imputato colpevole di un reato e gli applica la pena prevista dalla legge, atto dotato di elementi indefettibili,costituiti dal binomio accertamento della responsabilità e irrogazione della pena. (così Sez. II 5 maggio 2006 n. 21423)

27 La giurisprudenza ha sviluppato la tendenza a fare rientrare nel novero degli strumenti atti allo scasso una pletora di arnesi la cui funzione non è propriamente quella di sforzare serrature (tenaglie, pinze, cesoie, tagliavetro, trapano, seghe, lime, martelli) così da farvi rientrare, oltre che gli arnesi idonei di per sé ad aprire le serrature ed altri analoghi congegni, pure quelli dotati di attitudine potenziale ad operare sui medesimi. Corretta è stata ritenuta la decisione di merito con cui si decise integrato il reato in questione dal possesso di un cric, due martelli, una raspa, un punteruolo ed un coltello. (Sez. V 27 giugno 2014 n. 14973). Recentemente ….

28 La Corte (sezione II 17 aprile 2014 n. 18393) ha ammonito, a proposito dell'attrezzo martelletto frangivetro, dell'erroneità di un'interpretazione estensiva del concetto di "serratura" che non ha ragione di essere e finisce “per rendere evanescente la fattispecie legale tipica del reato di cui all'art. 707 c.p., in quanto qualunque oggetto, anche un vaso di fiori o un pallone, può essere utilizzato per frangere un vetro”. In questo modo il comportamento punibile per il reato di cui all'art. 707 c.p., verrebbe esteso al porto di qualunque oggetto di cui l'agente non sappia giustificare l'attuale destinazione, venendo così a violarsi il principio di legalità della pena (idem per torcia elettrica e coltellino).

29 Sulla nozione di “essere colto in possesso”: In tema di possesso ingiustificato di chiavi o grimaldelli, poiché la contravvenzione di cui all'art. 707 c.p. punisce la condotta di colui che sia colto in possesso degli oggetti sopra indicati, per la realizzazione dell'elemento oggettivo del reato è necessario che il soggetto sia sorpreso in un contesto di contatto con le cose le quali, dunque, dovranno o essere portate sulla persona o tenute comunque presso l'agente in modo che lo stesso possa farne uso senza doverle prelevare in altro luogo ancorché contiguo. (Sez. II 4 aprile 2007 n. 23031)

30 Nello stesso senso la Corte di legittimità ha affermato che elemento materiale della contravvenzione di cui all'art. 707 cod. pen., è rappresentato dal fatto che l'agente sia colto nel possesso di chiavi alterate o di grimaldelli ma esso non va inteso nel significato restrittivo che l'agente venga colto "in flagranza" di possesso, bensì nel senso che egli abbia la disponibilità degli strumenti, e, con essa, la possibilità di un utilizzo immediato e attuale come nel caso del porto degli strumenti a bordo di autovettura (Sez II 18 gennaio 2013 n. 5995).

31 La giustificazione della attuale destinazione Non vi sono limiti temporali circa il momento in cui la giustificazione deve essere fornita; la legittimità della detenzione degli oggetti può essere dimostrata anche in un momento successivo a quello in cui il soggetto "è colto in possesso".Esiste un diritto dell'imputato di non rispondere alle domande degli inquirenti, per giustificarsi successivamente davanti all'Autorità giudiziaria. Spetta al giudice decidere se la prova della legittimità della destinazione eventualmente fornendo (specialmente nell'ipotesi di tardiva discolpa) idonea motivazione circa le ragioni del proprio convincimento.

32 Possesso ingiustificato e assorbimento nel reato di furto Perché si verifichi questa situazione occorre che: 1) gli strumenti siano stati effettivamente usati per la commissione del furto o del tentato furto ( quindi non del delitto circostanziato tentato); 2) il loro possesso sia stato limitato all'uso momentaneo necessario per l'effrazione; 3) non vi sia stato distacco temporale significativo tra la commissione del furto e l'accertamento del possesso degli arnesi; 4) tali arnesi non siano di natura e quantità tali da assumere una rilevanza giuridica autonoma rispetto all'ambito di consumazione del delitto circostanziato (sez. II 17 aprile 2010 n.18393)

33 In un caso in cui i giudici di merito avevano escluso l'assorbimento motivando che "si doveva necessariamente ritenere che precedentemente al tentato furto il soggetto. andasse in giro munito dell'arnese utilizzato per lo scasso", la Cassazione ha annullato affermando che se è vero che il porto di una chiave inglese quando esso è coordinato ad un progetto di tentativo di furto, si propone come condotta strumentale alla consumazione o al tentativo di furto senza assumere connotazione di reato autonomo, il rapporto tra autonomia di un precedente porto e casualità del tentativo di furto utilizzato dalla sentenza impugnata per escludere l'assorbimento del reato contravvenzionale nel furto aggravato, è un artificio, logico privo di riscontri fattuali (Sez. IV 12/12/2007 n. 34751)

34 Altro caso. Un soggetto nella flagranza di furto, fu trovato in possesso di tre chiavi alterate, una sola delle quali inserite nel quadro di accensione dell'autovettura rubata. In sede di merito fu deciso che solo il possesso della chiave inserita nel quadro di accensione doveva ritenersi assorbito nel reato di furto aggravato. La Suprema Corte ha annullato osservando la esistenza di un rapporto specifico tra il complesso degli arnesi rinvenuti e il tentativo messo in atto, la contestualità e funzionalità del possesso delle altre chiavi in relazione alla specifica condotta di furto (sez. II, 29 aprile 2011 n. 29676).

35 In altro caso in cui il giudice di merito aveva escluso l'assorbimento in difetto di prova che il tentativo di furto fosse stato compiuto servendosi del cacciavite posseduto dall'imputato, la Cassazione ha ritenuto l'esattezza delle decisione che trovava giustificazione nel fatto che non risultava contestata, con riguardo al furto, l'aggravante della violenza sulle cose, per cui il reato contravvenzionale conservava la sua autonomia (Sez. V 22 febbraio /2006 n. 8077).

36 Porto ingiustificato di armi bianche e strumenti atti all'offesa

37 L'art. 585 c.p. definisce il concetto di arma comprendendo in esso oltre alle armi da fuoco, quelle destinate naturalmente all'offesa alla persona e tutti gli strumenti atti all'offesa di cui la legge vieta il porto in modo assoluto o senza giustificato motivo. Nell'ambito delle armi non da fuoco, cioè delle c.d. armi bianche occorre trovare il criterio distintivo fra armi bianche vere e proprie (pugnali, stiletti e simili) il cui porto è punito ex art. 699 c.p. dagli altri strumenti da punta o da taglio aventi una riconosciuta destinazione economico-sociale delle quali il porto è punibile qualora avvenga senza giustificato motivo ex art. 4 legge 110/75.

38 Ricorrente in giurisprudenza l'affermazione secondo cui rientra nella categoria delle armi proprie non da sparo, o "bianche", il coltello cosiddetto a scatto o a molla (c.d. molletta), il quale presenta di regola una lama che alla fine del percorso automatico d'estrazione diventa fissa grazie allo stesso meccanismo che lo attiva, tanto che la successiva chiusura necessita della riattivazione dello stesso, e assume così le caratteristiche proprie di un pugnale o stiletto. (Sez. I 3 ottobre 2014 n. 45860).

39 Secondo altra giurisprudenza la circostanza che il coltello a serramanico sia, ovvero no, munito di meccanismo di scatto a molla per la automatica estrazione della lama (in seguito alla pressione esercitata su un pulsante o su una levetta), non è decisiva; ciò che conta è invece, se esista un congegno di blocco della lama (comunque estratta: manualmente o per effetto della azione della molla) che la renda "fissa" e solidale alla impugnatura "con le caratteristiche proprie del pugnale", sicché per la chiusura si rende necessaria la attivazione di un dispositivo di "disincaglio" della lama stessa (Sez. I, n. 16685 del 27/03/2008) Tesi da non condividere

40 Appare preferibile invece l'opinione secondo cui quali che siano le particolari caratteristiche di costruzione del "coltello", alla stregua della varia tipologia, il discrimen tra l'arma impropria (cioè lo strumento da punta e/o da taglio atto ad offendere) e l'arma propria è costituito dalla presenza delle caratteristiche tipiche delle armi bianche corte, quali, appunto, i pugnali o gli stiletti, e, cioè la punta acuta e la lama a due tagli (Sez. I, n. 19927 del 9 aprile 2014 n. 19927),

41 L'art. 4 legge 18 aprile 1975 n.110 contiene un elenco degli strumenti di cui è vietato il porto in modo assoluto (salvo licenza ove previsto) e cioè - armi in senso proprio; - mazze ferrate o bastoni ferrati: clava dotata di una testa metallica ovvero bastone rivestito sulla punta di metallo; - sfollagente: manganelli di varia tipologia e foggia; - noccoliere: tirapugni composto da 4 anelli saldati assieme ad un pezzo di ferro, che impugnata sulla mano potenzia la violenza del pugno. - storditori elettrici (es. del tipo della pistola Taser usata dalla polizia USA);

42 Un apparecchio in grado di produrre scosse elettriche, ad alto o basso voltaggio, essendo naturalmente destinato - sia pure per motivi di difesa personale - ad offendere l'eventuale aggressore, costituisce, agli effetti della legge penale, arma, il cui porto non autorizzato al di fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa integra la contravvenzione prevista e punita dall'art. 4, comma primo, della legge 18 aprile 1975 n. 110 a nulla rilevando la sussistenza del giustificato motivo o delle circostanze di tempo e di luogo di cui al comma secondo della citata disposizione, che riguardano non le armi, ma gli oggetti atti ad offendere (Cass. I, 9 giugno 2004 n. 25912).

43 Il secondo comma dell'art. 4 legge 110/75 elenca poi gli strumenti che non possono essere portati fuori dalla abitazione senza giustificato motivo: - mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, strumenti riproducenti armi, pistole da segnalazione, strumenti softair, puntatori laser di classe pari o superiore a 3b (potenza superiore a 5 milliwat); - altri strumenti non classificati chiaramente utilizzabili per l'offesa alla persona per circostanze di tempo e luogo.

44 La giurisprudenza della Corte ( sez. I del 28 febbraio 2012 n. 11753 e 19 dicembre 2013 n. 5719) ha affermato in modo netto che integra il reato previsto dalla L. 2 ottobre 1967, n. 895 (art. 4), il porto in luogo pubblico di una bomboletta spray contenente gas urticante idoneo a provocare irritazione degli occhi, sia pure reversibile in un breve tempo, in quanto idonea ad arrecare offesa alla persona e come tale rientrante nella definizione di arma comune da sparo da cui alla L. n. 110 del 1975, art. 2 Diversa fattispecie, riguardante uno spray anch'esso urticante ma a base di peperoncino e non di aggressivi chimici è quella di cui a Cass., sez.I, sent. n. 3116 del 24/10/11.

45 Sono armi improprie anche gli oggetti che, pur avendo una diversa e specifica destinazione (come strumenti di lavoro oppure di uso domestico, agricolo, scientifico, industriale o simile), possono tuttavia occasionalmente servire, per caratteristiche strutturali o in riferimento a determinate circostanze di tempo e di luogo, all'offesa della persona (Sez. 2, 16/01/2014, n. 5537). Nel porto senza giustificato motivo, disciplinato dalla L. n. 110 del 1975, art. 4, rientrano, dunque, tutti quegli strumenti che per le circostanze di tempo e di luogo vengano appunto utilizzati per l'offesa alla persona

46 ESEMPI TRATTI DALLA GIURISPRUDENZA 1) L'imputato, nel corso di un litigio, volontariamente prelevò lo strumento di lavoro (una pinza a becco), già custodito nella propria autovettura, al fine di aggredire e minacciare, sicché correttamente nella manovra di asportazione è stato colto l'elemento inequivocabilmente rivelatore del proposito dell'agente di arrecare offesa e minaccia alla persona e la voluta illecita destinazione dello strumento. Coerentemente, pertanto, il giudice di merito è pervenuto a riconoscere le ipotesi di lesioni volontarie aggravate dall'uso di arma e di minaccia "fatta in uno dei modi indicati nell'art. 339 cod. pen.", configuranti reati procedibili di ufficio, pertanto entrambi "insensibili" alla sopravvenuta remissione della privata istanza punitiva.

47 2) E' arma impropria una canna di bambù, della lunghezza di 1 metro e mezzo, modificata all'apice, mediante l'inserimento di un tubo di gomma fissato con un chiodo, utilizzata dall'imputato per provocare a XY le lesioni (Sez. V, 23 aprile 2014 n. 25773. Tale oggetto ben può costituire arma impropria secondo il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui in tema di lesioni personali volontarie, ricorre la circostanza aggravante del fatto commesso con armi quando il soggetto agente utilizzi, oltre agli strumenti da punta e taglio e gli altri oggetti specificamente indicati, anche qualsiasi strumento, che, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui sia portato, sia potenzialmente utilizzabile per l'offesa della persona.

48 3) Tra le armi improprie rientra certamente anche una chiave per serrature blindate, lunga cm. 11, che ben può essere utilizzata - come risulta aver fatto l'imputato - per l'offesa della persona (sez. II, 16 gennaio 2014 n. 5537) ovvero quando il soggetto agente utilizzi un ombrello, trattandosi di arma impropria, ai sensi della L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 2 giacchè rientra in questa categoria anche qualsiasi strumento, che, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui sia portato, sia potenzialmente utilizzabile per l'offesa della persona (sez. V, 15 aprile 2010 n. 27768) così pure Il cric o una chiave metallica di significative proporzioni (sez V, 30 maggio 2014 n. 44027)

49 4) Anche la pistola che sia stata usata come corpo contundente per colpire la vittima con il calcio dell'arma giustifica l'aggravante ex art. 585 c.p., posto che la pistola era stata usata come arma impropria ai sensi della L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 2; rientrando nel novero degli altri strumenti che, nelle circostanze spazio- temporali dell'azione, siano potenzialmente utilizzabile per l'offesa della persona (sez. VI 19 luglio 2011, n. 42428).

50 5) un manico di scopa (Sez. V, 15 aprile 2010, n. 27768); un randello di legno (Sez. V, 5 dicembre 2008); una spranga di ferro (Sez. V, 6 novembre 2008, n. 43753); un pezzo di legno (Sez. V, 28 maggio 2008, n. 28622); un bicchiere di vetro (Sez. V, 21 maggio 2008, n. 28207); un bastone (Sez. V 5 ottobre 2000, n. 11872, ivi, n. 218572). La Suprema Corte ha affermato che anche il casco da motociclista, per le sue caratteristiche di massa e durezza (Sez. V, 18 luglio 2011, n. 30572,, può diventare un'arma impropria se utilizzato per offendere, così come il porto di ogni altro oggetto non destinato per sua natura ad offendere, cessa di essere giustificato nel momento in cui viene meno il collegamento immediato con la sua funzione e viene utilizzato in guisa di arma impropria.

51 6) la mazza da baseball rientra a pieno titolo fra gli oggetti di cui è vietato il porto se non per giustificato motivo perché specificamente indicata nel comma secondo dell'art. 4 legge 110 (sez. I, 3 luglio 2003 n. 32269). Per quanto riguarda i bastoni quel che conta, al fine di qualificare l'oggetto non sono tanto le circostanze di luogo e di tempo al momento del sequestro stesso, ma le caratteristiche oggettive del bastone (ed in particolare le sue dimensioni e consistenza) che lo rendano atto ad offendere (Sez I, 18 giugno 2014 n. 32785)

52 7) uno strumento costituito da due cilindri uniti da una catena, attrezzo sportivo denominato "long chang", utilizzato nelle arti marziali orientali. La Cassazione ha osservato che il comma 2 dell'art. 4 menziona espressamente, fra gli strumenti di cui è vietato il porto ingiustificato fuori dell'abitazione indipendentemente dalle circostanze di tempo e luogo, "tubi" e "catene". Poiché l'attrezzo denominato "long chang" costituito da due tubi collegati con una catena (il che esalta la potenzialità offensiva di singoli componenti) la qualificazione di strumento atto all'offesa è del tutto corretta (sez. I, 21 giugno 2000 n. 10524).

53 8) il collo di una bottiglia rotto è sicuramente uno strumento atto ad offendere per la sua natura tagliente ed offensiva e la Suprema Corte in più occasioni ha ritenuto quale strumento idoneo ad integrare l'aggravante di cui all'art. 585 cod. pen. anche un mero bicchiere di vetro (v. Cass. sez. 5 21 maggio 2008 n. 28207 e 24 settembre 2012 n. 47504) in quanto qualsiasi oggetto comune che, in un contesto aggressivo, possa essere utilizzato per l'offesa alla persona, è qualificabile come arma ai fini dell'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 585 cod. pen., comma 2.

54 9) Una sentenza fuori dal coro. Il caso: Tizio, stanco del rumore provocato dal refrigeratore di un camion frigo, esce di casa con una accetta e taglia il cavo elettrico del veicolo. La Cassazione dopo avere ricordato che per gli strumenti “innominati” è necessario verificare se, questi possono essere utilizzati per l'offesa alle persone, afferma che tale non era l'oggetto che il ricorrente portò fuori dalla propria abitazione al solo fine di recidere il cavo elettrico, descritto in sentenza come "un arnese utilizzato nei lavori di montagna per il taglio di piccoli pezzi di legno", sicché verrebbe in radice escluso che potesse essere in concreto utilizzabile per l'offesa alle persone (sez I, 4 novembre 2014 n. 6261)

55 9) Il “tirapugni" ovvero la "noccoliera" sono armi proprie, giacchè trattasi di strumenti la cui naturale destinazione è quella dell'offesa alla persona e dunque, il porto abusivo delle armi proprie, è punito con la sanzione originariamente prevista dall'art. 699 c.p. poi triplicata dalla L. n. 497 del 1974, art. 14, comma 2, le cui disposizioni sono espressamente fatte salve dalla L. n. 110 del 1975, art. 40, e non già con la più lieve sanzione prevista dalla citata legge 110, art. 4, comma 3, che concerne il porto delle cosiddette armi improprie,

56 Coltetli e Sikh 10) Portare il kirpan, simbolo di appartenenza allareligione sikh, ha una valenza intrinsecamente comunicativa dell’identità religiosa, atteso che la condotta è imposta dal Sikhismo. Queate caratteristiche della condotta dell’agente costituiscono giustificato motivo, fondato su un valido supporto normativo, siccome collocabile all’interno della tutela della libertà di fede religiosa, diritto di professare liberamente la propria fede in qualsiasi forma, individuale o associata e di farne propaganda. Vietare il porto del suddetto coltellino violerebbe il diritto costituzionale del soggetto a professare la propria fede anche fuori dalla sua dimora(Trib. Cremona 19. 02. 09).

57 Di diversa opinione il Tribunale di Latina (28.01, 2010) secondo cui la libertà di professare qualsiasi culto o fede trova un limite invalicabile nella pacifica convivenza e nelle correlative norme a tutela della sicurezza pubblica quale la contravvenzione contestata nel presente processo. Tale elementare regola giuridica discende direttamente dalla Carta Costituzionale, che prevede per tutte le religioni la libertà di organizzazione (tra cui rientra la libertà di scelta in ordine alle modalità ed i luoghi ove professare il culto) secondo le proprie regole interne, "in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano" (art. 8, 2 co. Cost.).

58 NOTA BENE La contravvenzione ex art. 4 legge 110/75 è indipendente dall'aggravante di cui all'art. 585 c.p. nel senso che quest'ultima previsione non richiede che l'uso dello strumento offensivo integri anche la contravvenzione di cui all'art. 4 legge n. 110 del 1975(Sez. V 6 maggio 2014 n. 40980) come nel caso in cui si tratti di un uso momentaneo e occasionale dello strumento atto ad offendere (Sezione V 1 dicembre 2011 n. 17151).

59 Perché uno strumento compreso fra quelli di cui è vietato il porto solo in condizioni tali che lo facciano ritenere chiaramente utilizzabile per l'offesa alla persona sia considerato arma ai fini dell'aggravante ex art. 585 c.p. è necessaria una valutazione ex ante? Ad esempio: una lesione derivante dall'uso di una paletta da spiaggia uso bambini comporta l'aggravante di cui all'art. 585 c.p.?

60 In sede di giurisprudenza di merito si è sostenuto che la dizione "chiaramente utilizzabile" stia a significare che la valutazione sulla utilizzabilità ad offendere debba essere effettuata con un giudizio ex ante, non essendo sufficiente che lo strumento sia, poi, in concreto utilizzato per procurare le lesioni. Diversamente opinando anche oggetti comuni come un libro, un fazzoletto, un pettine etc... incorrerebbero nel divieto di porto senza giustificato motivo, con i conseguenti possibili accertamenti da parte della polizia giudiziaria.

61 La tesi definita “suggestiva” non è stata condivisa dalla Cassazione (sentenza 21 novembre 2013 n. 49513) per cui l'avverbio "chiaramente" significa un collegamento non meramente ipotetico tra lo strumento “innominato” e il suo utilizzo per procurare lesioni, da indagarsi con riferimento alle circostanze di tempo e di luogo. Si tratta non di un giudizio anticipato ma di una valutazione da compiersi con riferimento al momento ed al luogo in cui si colloca l'azione delittuosa. Il porto di un oggetto cessa di essere giustificato nel momento in cui, per le circostanze di tempo di luogo o per il concreto uso che dello strumento viene fatto, perde la propria connotazione di oggetto di uso comune e diventa invece un'arma impropria.....

62 Avverte la Cassazione “che è evidente che qualunque oggetto di uso comune e potenzialmente idoneo ad offendere possa essere assoggettato a controlli di polizia in determinate circostanze di tempo e di luogo. Ciò accade, ad es., all'ingresso degli stadi o nell'ambito di manifestazioni di piazza, in cui oggetti quali lattine, bottiglie e finanche pettini o spazzolini da denti possono essere vietati in considerazione del loro potenziale uso offensivo nell'ambito di contesti che possono diventare violenti e sfociare in comportamenti aggressivi. Che poi un fazzoletto possa diventare arma impropria, non stupisce, se si pensa che lo stesso può essere utilizzato come una frusta, ovvero a mò di cappio per strozzare una persona”.

63 La ipotesi lieve della contravvenzione In tema di porto ingiustificato di oggetti atti ad offendere, l'apprezzamento di lieve entità va riferito alla quantità, qualità e potenzialità offensiva degli oggetti, all'uso fattone ed alla personalità dell'imputato, in una valutazione complessiva che deve essere congruamente e logicamente motivata (cfr. Cass., Sez. I, 30.10.1986 n. 12239) In particolare, l'attenuante può essere legittimamente esclusa in considerazione della negativa personalità del soggetto (Sez. I, 26.1.1993 n. 695).

64 La circostanza del fatto di lieve entità di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4 va ritenuta applicabile a tutte le armi improprie indicate nell'art. 4, comma 2, legge citata e non solo agli oggetti atti ad offendere strettamente intesi: infatti il termine "oggetto" usato nell'art. 4, comma 3 si riferisce ad ogni arma impropria, perché inteso dal legislatore come sinonimo più generico di strumento atto ad offendere. La seconda parte dell'art. 4, comma 2 prevede una ipotesi minore (strumenti utilizzabili per l'offesa) che deve dunque ritenersi ricompresa nell'ipotesi maggiore, costituita da tutti gli oggetti atti ad offendere.

65 In un caso in cui il giudice di merito aveva escluso l'attenuante, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione che sul punto aveva motivato richiamandosi alle "modalità del fatto" (arma trovata alle 20,20 di sera, e, quindi, scarsa verosimiglianza della tesi del ricorrente che l'arma servisse per il suo lavoro di manovale; tentativo dell'imputato di "sbarazzarsi" del coltello alla vista dei verbalizzanti) e al "comportamento processuale" dell'imputato: da qui l'inapplicabilità della sola pena pecuniaria, richiesta dal ricorrente in considerazione dei suo stato di incensuratezza e della lieve entità del fatto.

66 La L. n. 401 del 1989, art. 6 tre, stabilisce: "salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito, o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime allo svolgimento della manifestazione sportiva ovvero transitano nelle immediate adiacenze di essi, nelle ventiquattro ore precedenti o successive alla manifestazione sportiva, e a condizione che i fatti avvengano in relazione alla manifestazione sportiva stessa, è trovato in possesso di razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l'emissione di fumo o di gas visibile, ovvero di bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante oggetti contundenti, o, comunque, atti ad offendere, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 1.000 a 5.000 Euro.

67 INGIURIE E CONTESTO Alcune espressioni (Sez.V, 13 luglio 2007 n. 27966) hanno perso il loro carattere offensivo, prendendo il posto nel linguaggio corrente di altre aventi significato diverso - tra cui l'espressione oggetto dell'imputazione, "vaffa....", che viene frequentemente impiegata per dire "non infastidirmi", "non voglio prenderti in considerazione" ovvero "lasciami in pace" - e che l'uso troppo frequente, quasi inflazionato, delle suddette parole ha modificato in senso connotativo la relativa carica lesiva. La Corte ha comunque precisato che la portata offensiva o meno, dell'espressione in esame è senza dubbio condizionata dal contesto in cui si inserisce sicché............................................

68 ...se. l'espressione viene pronunciata dall'interessato nei confronti di un'insegnante che fa un' osservazione o di un vigile che da una multa, assume carattere di spregio. Diverso è se si colloca nel discorso che si svolge tra soggetti in posizione di parità ed in risposta a frasi che non postulano, in ragione del loro contenuto, manifestazione di specifico rispetto. Così nell'ambito di un vivace scontro verbale durante un dibattito politico, in un clima particolarmente polemico, con scambio di accuse, la condotta verbale dell'imputato era bensì una maleducata e volgare manifestazione di insofferenza ma per il contesto di inserimento non tale da offendere l'onore ed il decoro dell'interlocutore.

69 La regola per valutare l'offensività è quella di fare riferimento ad un criterio di media convenzionale in rapporto alla personalità dell'offeso e dell'offensore ed al contesto nel quale la frase ingiuriosa sia stata pronunciata (Sez.V, 2 luglio 2010 n. 30956). L'espressione “vaffa...” pronunciata all'indirizzo di un vicino di casa per una questione di rumori e in una vicenda che coinvolge la vita di relazione quotidiana non perde valenza spregiativa dell'onore: i rapporti di vicinato, invero, devono essere improntati ad un maggiore rispetto reciproco tra le persone, perché altrimenti inducono ad una impossibilità di convivenza, che, invece, è necessitata dalla quotidiana relazione e che deve essere garantita.

70 L'augurio di morte è ingiuria? Augurarsi la morte di un’altra persona e’ certamente manifestazione di astio, forse di odio, nei confronti della stessa persona, ma poiché il precetto evangelico di amare il prossimo come se stessi non ha sanzione penale, la sua violazione è penalmente irrilevante. (Sez. V 2 ottobre 2014 n. 41190) Men che mai costituisce ingiuria, perché desiderare la morte altrui non sta necessariamente a significare che si intenda offenderne l’onore e il decoro, Neppure sussiste il delitto di minaccia perché é noto che il male ingiusto e futuro che si prospetta alla persona offesa deve essere rappresentato come conseguente ad un’azione dell’offensore.

71 Ingiurie e stalking Non possono ritenersi comprese nel reato di atti persecutori le ingiurie che sono estranee all'elemento materiale della fattispecie delineata dall' art. 612 bis c.p., che riveste incidenza su un bene della vita diverso da quello contemplato dall'art. 594 c.p.(vale a dire, l'onore) e di conseguenza il reato di ingiurie ben può concorrere con il reato di atti persecutori (Sez. V, 10 luglio 2014 n. 41182).

72 Non esiste il reato di lesioni preterintenzionali La problematica è stata oggetto di eccezione di costituzionalità e la Corte Cost. (sentenza n. 6 del 19 gennaio 1972) ha osservato che il legislatore nel suo discrezionale apprezzamento, sarebbe libero di ripristinare la norma del codice Zanardelli, estendendo la preterintenzione al delitto di lesioni ma ha ribadito a completamento del suo ragionamento, che "nel caso degli artt. 582 e 583 c.p. l'agente risponde penalmente per una condotta violenta, propria e voluta, le cui conseguenze, più o meno gravi, rientrano tuttavia nella prevedibilità.”

73 Lesioni e consenso La causa di giustificazione del consenso dell'avente diritto, prevista dall'art. 50 c.p., può avere efficacia scriminante anche rispetto alle percosse e alle lesioni se viene prestato volontariamente nella piena consapevolezza delle conseguenze lesive all'integrità personale, sempre che queste non si risolvano in una menomazione permanente, la quale, incidendo negativamente sul valore sociale della persona umana, elide la rilevanza dei consenso prestato (Cass. Sez. V, 22 gennaio 1988)

74 E' pacifico che le lesioni causate nel corso di attività sportiva soggette a contatti fisici sono scriminate sia nel caso di danno provocato senza violazione della disciplina sportiva (qui difetta la tipicità del fatto doloso o colposo) sia nel caso in cui il contendente cagioni danno con violazione della norma regolamentare purché la finalità dell'azione fosse rivolta al conseguimento del risultato sportivo (per es. nel calcio il difensore spinge volontariamente l'avversario per impedirgli di intercettare il pallone; qui soccorre soltanto il regolamento della disciplina e il calciatore potrà essere soggetto alle conseguenze previste dall'ordinamento sportivo e non alla responsabilità penale. se l'avversario subisce lesioni.

75 Ne discende una prima conclusione: il colpo lesivo inferto volontariamente non è coperto dall'esimente in questione se estraneo alle finalità del gioco, il che si verifica, per es., quando l'azione lesiva sia posta in essere al di fuori dell'azione di gioco (si può fare l'esempio del calcio inferto ad un avversario in una zona del campo estranea all'azione) e parimenti l'esimente non si applica in tutti i casi in cui la condotta violenta non sia finalizzata all'azione di gioco.

76 Sia nel caso del colpo inferto volontariamente al di fuori dell'azione di gioco sia del colpo inferto volontariamente nell'azione di gioco ma per finalità estranee all'azione, il fatto non può che essere addebitato a titolo di dolo. In queste ipotesi l'attività sportiva è infatti estranea all'evento e costituisce soltanto un'occasione del suo verificarsi. L'agente non persegue una finalità di contrasto dell'avversario nell'azione di gioco ma lede volontariamente l'incolumità altrui.

77 Bisogna quindi distinguere il fatto violento coscientemente diretto a colpire l'avversario dalla cosciente violazione della regola sportiva di comportamento. Se questa violazione è diretta esclusivamente ad impedire l'azione dell'avversario non potrà essere ritenuto volontario l'atto lesivo (per rimanere agli esempi nello sport del calcio: chi colpisce volontariamente l'avversario con una gomitata al volto risponde per dolo; non è così per chi contrasta irregolarmente l'avversario alle spalle per impedire lo sviluppo dell'azione di gioco anche se il contrasto è stato da lui voluto).

78 Ma può configurarsi una responsabilità per colpa in presenza della mera violazione della norma del regolamento di gioco? La risposta in linea di massima deve essere negativa: se l'azione è finalizzata allo sviluppo del gioco la violazione della regola disciplinare, anche se volontaria, non è sufficiente a concretizzare una responsabilità per colpa proprio in base al principio del rischio consentito: ogni giocatore sa, e accetta preventivamente, che egli e i suoi avversari possono violare le regole del gioco creando il rischio di eventi dannosi. Il nesso funzionale va escluso nel caso di "impiego di un grado di violenza o di irruenza incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato” (sez. IV 28 aprile 2010 n. 20595)


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