La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Antropologia del lavoro alcuni concetti fondanti.

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Antropologia del lavoro alcuni concetti fondanti."— Transcript della presentazione:

1 Antropologia del lavoro alcuni concetti fondanti

2 Il Cibo, la priorità di ogni società In ogni società umana la ricerca del cibo ha la precedenza rispetto a qualsiasi altra attività; la riproduzione, il controllo sociale, la difesa contro minacce esterne, la trasmissione di conoscenze, niente di tutto ciò potrebbe essere messo in atto senza l’energia ricavata dal cibo.

3 L’approvvigionamento del cibo L’energia ricavata dal cibo non è di per sé sufficiente; occorre approvvigionarsi di cibarie che consentano al corpo un giusto equilibrio di sostanze nutritive, attraverso il variare delle stagioni e delle condizioni ambientali.

4 Cibo e cultura…. Le attività per soddisfare il bisogno primario del cibo segnano profondamente la cultura, la società, le abitudini, gli usi e i costumi, le dimensioni della comunità, il tipo di economia, le gerarchie sociali, persino gli aspetti artistici e religiosi di una società.

5 Cibo e società primitive Accade solo nelle civiltà industrializzate che vi siano individui specializzati nella ricerca del cibo; nelle società primitive, tutti erano impegnati alla ricerca del nutrimento. A partire dalle origini della specie umana, dai 5 ai 2 milioni di anni fa, gli uomini spendevano il loro tempo a cacciare, raccogliere frutti selvatici. Solo 10000 anni fa è nata l’agricoltura come la conosciamo!

6 Due domande fondamentali… Ma perché le società hanno sviluppato strategie diverse per la raccolta del cibo? E perché nel corso dell’evoluzione umana si è passati dalla raccolta di frutta spontanea all’agricoltura, dalla caccia all’allevamento?

7 Alcuni popoli “raccoglitori di cibo” Gli aborigeni australiani, fino a pochi anni fa vivevano come nomadi e si dedicavano alla raccolta di erbe spontanee e alla caccia. Passavano intere giornate alla ricerca di frutti ed erbe commestibili, spostandosi molto e continuamente, in un ambiente dove la temperatura sfiora i 50 gradi e non piove mai è difficile trovare alimenti commestibili in un solo posto.

8 Gli inuit (eschimesi) Se la dieta degli aborigeni si basa su piante selvatiche commestibili, nei freddi glaciali nel grande nord non si trovano piante commestibili, dunque gli inuit si dedicano soprattutto alla caccia e alla pesca. Si dedicano soprattutto alla caccia alla balena, praticando buchi nell’acqua dai quali gli animali affiorano per prendere aria; a quel punto vengono colpiti da molti uomini.

9 Le differenze socioculturali; aborigeni…. Studiando questi popoli possiamo farci una prima idea sulle differenze culturali tra raccoglitori (aborigeni) e cacciatori (inuit); emerge che i raccolgitori sono prevalentemente nomadi, non riconoscono alcun diritto di proprietà sulla terra, non vi sono specialisti in una o l’altra attività, non vi sono gerarchie sociali che distinguono i vari status….

10 …e inuit Le comunità che si dedicano soprattutto alla caccia e alla pesca, come gli inuit tendono a creare insediamenti più grandi, più stabili e meno nomadi, all’interno della comunità i ruoli vengono maggiormente differenziali, esiste maggior disuguaglianza sociale, status diversi.

11 La produzione del cibo A partire da 10000 anni fa, alcune popolazioni noamdi cominciarono ad addestrare gli animali, creare recinti o spazi chiusi per l’allevamento stabile, coltivare frutta e verdura senza più spostarsi per raccoglierla. Gli antropologi distinguono tre sistemi per la produzione del cibo: ortocoltura, agricoltura intensiva, pastorizia.

12 L’ortocoltura Con tale termine gli antropologi indicano la coltivazione di molte piante di tutti i tipi con l’utilizzo di strumenti manuali, artigianali, rustici, senza l’utilizzo di fertilizzanti, o di forza meccanica o animale. L’ortocultura è di due tipi; quella estensiva, a rotazione, per cui si lavora la terra per alcuni anni, poi la si fa riposare. Nel frattempo crescono piante e arbusti che vengono bruciati e cosi facendo

13 L’altro tipo di ortocoltura…. …si restituiscono al terreno gli elementi nutritivi. L’altro tipo di ortocoltura è quello che conta sulla crescita dei frutti degli alberi, ed è molto più lenta. Una stessa civiltà può utilizzare entrambi. A essi si associano le attività di caccia e pesca, allevamento. Lo stile di vita degli ortocoltori è generalmente più stabile di quello dei raccoglitori.

14 L’agricoltura intensiva Le poolazioni che si dedicano all’agricoltura intensiva, adottano tecniche particolari per stimolare il terreno a una maggior produttività, attraveros l’utilizzo di strumenti meccanici, fertilizzanti, che possono essere materilae organico (escrementi) o inorganico (sostanze chimiche). La loro tecnologia è molto più complessa di quella degli ortocoltori, dall’aratro alle macchine.

15 Caratteristiche generali delle società ad agricoltura intensiva Rispetto agli orticoltori, è più probabile che le società ad agricoltura intensiva abbiano un maggior grado di specializzaizone artigiana e una complessa organizzazione politica, ruoli sociali, gerarchie, disparità interne sul piano del potere, della ricchezza, del benessere, della cultura. La quantità di lavoro è superiore tra gli agricoltori intensivi rispetto agli agricoltori più semplici…

16 Inoltre… difatti gli agricoltori intensivi lavorano tra le 9 e le 11 ore giornaliere. E’ più probabile che siano le società ad agricoltura intensiva a dover affrontare carestie e crisi economiche. Questo per ragioni di mercato (se i prezzi si abbassano, i ricavi non bastano più per coprire le spese) o ragioni “tecniche” (un terreno coltivato intensivamente a un unico prodotto che viene colpito da malattie, insetti, parassiti)

17 Produrre per sé o per gli altri? Molti coltivatori intensivi producono per il mercato, altri producono per sé, anche se gli studiosi mostrano la tendenza degli agricoltori intensivi a “fare mercato”, ovvero produrre per gli altri. Quali sono gli effetti della commercializzazione dell’agricoltura?

18 Primo effetto… Si registra un sempre maggior accentramento della produzione; contadini si associano e creano business complessi spesso affidati a grandi multinazionali, che si basano sempre più sul lavoro salariato, anziché su quello familiare.

19 Secondo effetto… La tendenza a produrre sempre di più è associata all’utilizzo di tecniche sempre più raffinate, si assiste alla crescente meccanizzazione dell’agricoltura, molti sono gli investimenti fatti per acquistare le macchine che velocizzano il processo produttivo e aumentano la resa dei terreni.

20 Terzo effetto… …la commercializzazione dell’agricoltura comporta una diminuzione della popolazione dedita alla produzione di cibo. Negli USA, in cui l’agricoltura è fortemente meccanizzata, meno del 2% della popolazione si dedica ad essa.

21 La pastorizia Molte società dipendono per la sopravvivenza dagli animali addomesticati. Sono le cosiddette societò pastorali. Potremmo ipotizzare che i pastori allevino gli animali per mangiarne la carne ma spesso non è cosi, le proteine vengono ricavate dal latte, a volte anche dal sangue, ricco di proteine, altre volte in maniera indiretta, con la loro vendita.

22 Pastorizia intensiva ed estensiva Anche la pastorizia può essere intensiva od estensiva. Quella intensiva privilegia l’utilizzo di recinti in cui allevare gli animali e nutrirli forzosamente, quella estensiva li lascia pascolare su ampi terreni. Questo sistema consente di possedere molti più capi di bestiame, esercitando un controllo minimo su essi. Più i terreni sono aridi e poveri di nutrimento più occorre spostarsi.

23 La transumanza… …più i terreni sono ricchi e fertili più la vita del pastore diviene sedentaria. Esempi di grandi migrazioni sono quelle nei terreni desertici, proprie dei climi molto caldi o molto freddi. Anche in Italia si verificavano micro-migrazioni annuali; il fenomeno della transumanza, tipico della pastorizia abruzzese, per cui i pastori si spostavano a seconda delle stagioni dell’anno dalle regioni più montagnose a quelle più collinari per cercare sempre appezzamenti erbosi più ricchi per i propri animali.

24 I SISTEMI ECONOMICI Tutte le società hanno accesso a risorse naturali (terra, acqua, piante, animali, minerali) e ognuna di esse dispone di determinate regole culturali per servirsene. Nella nostra società molte persone sono proprietarie di piccoli appezzamenti, dai confini netti, e altre proprietà (parchi, foreste, spiagge) sono statali (demaniali). I proprietari dispongono della propria terra e possono impedirne ad altri l’utilizzo. Ciò non è vero nelle società comuniste, in cui vale il principio ”i beni sono del popolo, dunque gestiti dallo stato”.

25 Nelle società primitive… Le cose cambiano ancora nelle società primitive. Gli ortocoltori e i raccolgitori non gestiscono le proprietà individualmente, ma le risorse all’interno del terreno occupato sono di tutti. Di solito vale la regola per cui più un popolo è nomade, meno esiste la proprietà privata, e viceversa. La terra per le società noamdi non ha alcun valore intrinseco, se non quello legato alla materia alimentare che se ne può ricavare. Appena la selvaggina finisce, ci si sposta. Per gli ortocoltori vale di solito lo stesso principio, ma…..

26 pastori e proprietà privata …non sempre. Può accadere che la terra sia in comune, ma i prodotti seminati o gli animali pascolati appartengano a chi li ha gestiti. Il territorio dei pastori nomadi è di solito molto ampio rispetto a quello degli ortocoltori, anche perché occorre un certo numero di animali per poter sfamare una famiglia. Ma perché le mandrie appartengono ai privati? Se tutti gli animali fossero in comune, potrebbe accadere che nei momenti di crisi la fame spinga qualcuno a divorare l’intera mandria, portando l’intera popolazione al collasso. Se le mandrie sono private, e in un momento di crisi il numero di animali è inferiore alle necessità della famiglia, anziché distruggere le scorte può accadere che il pastore svolga un lavoro, salariato, presso una comunità agricola sedentaria. Ecco perché la proprietà privata è positiva per i gruppi di pastori.

27 Mentre gli ortocoltori… Per gli ortocoltori questo discorso vale relativamente meno. Molti ipotizzano che gli ortocoltori si siano “dati” alla proprietà privata perché ciò da la possibilità di vendere i propri prodotti. La proprietà privata resta più diffusa tra gli agricoltori intensivi piuttosto che tra quelli estensivi.

28 Il colonialismo Un fenomeno che ha letteralmente “spazzato via” società dedite all’ortocoltura e alla pastorizia è stato il colonialismo. I coloni hanno cacciato via i nativi relegandoli nelle riserve e lasciando loro pochi terreni. Per popoli abituati alla coltivazione estensiva, alla caccia, agli spostamenti, alla pastorizia su vasti terreni ciò è risultato un disastro e infatti le popolazioni colonizzate hanno vissuto sulla propria pelle carestie gravissime, miseria e morte e sono state decimate.

29 La tecnologia Per riuscire a convertire le risorse in cibo, le società di avvalgono principalmente di saperi, conoscenze, tecnologie. Gli ortocoltori e i raccoglitori hanno di solito un repertorio di tecnologie molto limitato e poco funzionale che utilizzano collettivamente. Parliamo di armi da caccia, bastoni da scavo, raccoglitori per i prodotti, l’arco e le freccetrappole per gli animali. Il proprietario è di solito colui che ha fabbricato l’oggetto. Nella società ad agricoltura intensiva gli strumenti vengono usati da specialisti e sono di solituo più raffinati. E’ più difficile che vengano messi in comune.

30 I tipi di produzione economica Tutte le società fanno la stessa cosa, anche se in modo diverso; devono convertire le risorse in beni alimentari o beni atti a produrre alimenti o cibo. All’interno di questa sostanziale uniformità tra tutte le popolazioni del mondo, esiste una grande variabilità. Vediamo alcuni tipi di produzione.

31 Modo di produzione domestico …detto anche familiare, o parentale. In esso, il lavoro di ciascuno è destinato alla produzione di cibo, di riparo, di utensili per sé e i propri membri familiari. Tali sistemi utilizzano di solito strumenti piuttosto semplici e poco costosi, la produzione è destinata alle esigenze familiari.

32 Gli incentivi al lavoro Perché la gente lavora? Tutti ce lo siamo chiesto almeno una volta, anche se la domanda che più probabilmente ci siamo fatti era “perché io devo lavorare?”, dando per scontato il lavoro altrui. Chiaramente il lavoro è necessario alla sopravvivenza e nessun a società potrebbe sopravvivere se la maggioranza dei suoi membri non lavorasse. Ma quali sono gli incentivi afficnhé la gente lavori?

33 Le economie di sussistenza Sono quelle che, come spesso accade per i raccoglitori, ortocoltori e pastori, producono risorse alimentari destinate al consumo interno e nulla, o poco più. E’ dimostrato inoltre che chi pratica una economia di sussistenza lavora mediamente molto meno (circa tre ore al giorno). Ad esempio, i kuikuru del Brasile, che praticano economia di sussistenza, potrebbero produrre un notevole surplus alimentare lavorando solo 30 minuti in più al giorno, ma non lo fanno comunque.

34 Le ragioni… …ma perché i kuikuru fanno così? Le ragioni sono molteplici. Anzitutto culturali, derivanti dalla tradizione. In più, se sfruttassero troppo l’ambiente di appartenenza, i risultati potrebbero essere disastrosi; loro sanno che sfruttando troppo il terreno o uccidendo troppi animali, potrebbero ritrovarsi un giorno senza uno né l’altro. Dunque, lo sfruttamento paga al momento ma alla lunga può essere estremamente nocivo. Forse noi “civilizzati” abbiamo qualcosa da imparare da loro…

35 Produzione e consumo È stato ipotizzato che, laddove le risorse vengono convertite in consumo domestico, la gente lavorerà più duramente quando in famiglia vi saranno pochi lavoratori e molti membri da sfamare. Tuttavia, meno sono i membri familiari, meno sarà il lavoro a cui gli individui si dedicheranno, e viceversa. Questo rapporto è stato detto “regola di Chayanov”

36 Perché alcuni lavorano di più? Quasi tutte le società riescono a convincere i propri membri a lavorare, alcune addirittura a fargli amare il porprio lavoro. Ma come ci riescono? E perché in alcune società si lavora più del dovuto? Gli antropologi registrano che questo non accade affatto in tutte le società. Il profitto, il desiderio di scambiare la merce a un prezzo superiore a quello per cui è stato acquistato non è proprio di tutte le società.

37 Nelle economie di sussistenza… Tra gli ortocoltori e i raccoglitori (e anche molti pastori) la motivazione al guadagno, al profitto è assente. Sono le econ omie di sussistenza, quelle che non hanno economie commerciali e monetarie. Essi producono quel tanto che basta per vivere, solo raramente producono un surplus (nel caso il cibo debba costituire un dono per altre tribù, o barattato per stringere alleanze etc). Nella civiltà occidentale si realizza una spinta al guadagno molto al di là delle effettive necessità dei singoli. Ma perché?

38 Nelle civiltà occidentali… In occidente viene prodotto un surplus commercialle che le famiglie utilizzano per acquistare cibi, arredamenti più costosi, case più grandi. Ma perché? C’è il desiderio di acquisire prestigio e riconoscimento, migliorare il proprio standard di vita, per guadagnarsi il rispetto tramite l’elargizione di beni acquisiti. Altra domanda fondamentale; cosa determina uno standard di vita anziché un altro? Perché un cittadino dovrebbe essere spinto a lavorare moltissimo spendendo parecchie energie per ricavarne un surplus di beni? Il gioco vale la candela?

39 Le tasse… Le società più complesse prevedono meccanismi che obbligano i cittadini a lavorare. Vi è un prelievo fiscale notevole, ogni cittadino deve allo Stato almeno il 30% di quanto guadagna, e se non lo fa viene sanzionato o imprigionato. In una società commerciale le tasse vengono pagate in denaro, nelle società contadine o medioevali venivano pagate con prestazioni lavorative (le corvées) per cui il contadino doveva del lavoro obbligatorio allo Stato o all’autorità religiosa. La decima consisteva nel prelievo della decima parte del raccolto a favore della chiesa.

40 Dal baratto al denaro… Esistono dunque forme commerciali di diverso tipo, a partire dallo scambio semplice di beni alla mezzadria (in cui il padrone “metteva” il terreno, il contadino lavorava e infine il raccolto veniva spartito a metà fino allo scambio in denaro. Tali scambi commerciali sono sempre più regolati dallo stato man mano che la società va complessificandosi e i rapporti commerciali sono più ampi. Lo stato prevede tasse per finanziarsi e crea leggi per regolare tali scambi, punendo i debitori che non saldano il proprio debito e aiutando coloro che si ritrovano loro malgrado senza lavoro.

41 La divisione del lavoro Tutte le società prevedono qualche tipo di divisione del lavoro. A volte il criterio scelto è il sesso, altre volte l’età. Nelle società più semplici anche ai bambini vengono affidate mansioni lavorative, mentre gli anziani dirigono il lavoro e hanno il maggior potere decisionale. Il lavoro dei bambini, maggiore nelle società più complesse, dipende dalla necessità di sgravare dai genitori parte del lavoro e dal fatto che sono più malleabili e meno gravosi economicamente. Spesso hanno mansioni di raccolta, altre volte portano il bestiame al pascolo. Fino a pochi decenni fa non era insolito vedere, in Italia, bambini di 6 o 7 anni portare al pascolo il bestiame

42 Divisioni sempre più complesse La regola generale è dunque questa; man mano che la società si complessifica il lavoro prevede una organizzazione e una divisione più attenta a criteri studiati per produrre di più. Scarsa sarà la divisione nelle civiltà semplici, elaborata in quelle più complesse. Con il crescere della complessità la divisione del lavoro risponde a criteri sempre più scientifici o preusnti tali; è qui che entra in gioco il sociologo del lavoro. Diventa anche fondamentale mettere l’individuo giusto al posto giusto; ecco che entra in gioco lo psicologo del lavoro.

43 Le decisioni sul lavoro Lo stesso discorso fatto per la divisione sul lavoro vale per le decisioni sul lavoro. Le società semplici non prevedono vertici, persone che danno ordini se non gli anziani, a cui è dovuto rispetto. Nelle società complesse invece le decisioni vengono prese da pochi individui, competenti, che hanno o acquisiscono status maggiori a seconda della responsabilità che hanno o al numero di persone che comandano. Questo fa capire come le maggiori disparità sociali vi siano nelle società più complesse, in cui vi sono differenze notevoli di status, di reddito e di posizione sociale.

44 La tendenza a donare… Un altro paradosso è costituito dal fatto che la tendenza a donare, alla carità è di solito più sviluppata nelle economie di sussistenza, dove i mezzi per vivere costituiscono lo stretto necessario che nelle economie di accumulo del surplus, laddove i beni prodotti sono molti più del necessario.

45 Il lavoro obbligatorio Il lavoro, è considerato un imperativo, un obbligo in ciascuna delle società considerate. Chi non lavora è scansato, è deriso, è messo ai margini della società. Questo accade sia nelle civiltà primitive che in quelle avanzate. Vi sono diversi mezzi per costringere l’individuo a lavorare, anche se di solito è sufficiente l’educazione e la cultura.


Scaricare ppt "Antropologia del lavoro alcuni concetti fondanti."

Presentazioni simili


Annunci Google