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Il passato della coscienza Considerazioni preliminari sulla fenomenologia della temporalità (Seconda Lezione: 11/11/2014)

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1 Il passato della coscienza Considerazioni preliminari sulla fenomenologia della temporalità (Seconda Lezione: 11/11/2014)

2 Due ipotesi sulla ritenzione 1)La non-intenzionalità della ritenzione (Analysen zur passiven Syntesis, in part., 1925 ca.); 2)L’intenzionalità della ritenzione (Erfahrung und Urteil, hrsg. von L. Landgrebe, 1938 – postumo).

3 1) La non-intenzionalità della ritenzione (Analysen zur passiven Synthesis. Aus Vorlesungs- und Forschungsmanuskripten 1918-1926) a) Vuotezza della ritenzione come legge fondamentale della genesi passiva (A., in part., 1925 ca., p. 72); b) Intenzionalità passiva; c) Associazione passiva: protenzionalizzazione.

4 Protenzione come associazione propria «Abbiamo già detto che non ogni presentazione intende un oggetto; tornando al nostro tema specifico, notiamo che tutte le ritenzioni che emergono originariamente nella coscienza del tempo sono di questo tipo, del tutto differenti dalle protezioni. Infatti, sebbene le ritenzioni, che emergono originariamente, si legano sinteticamente le une alle altre e con l’impressione originaria, questa sintesi propria dell’originaria coscienza del tempo, non è una sintesi associativa; le ritenzioni non emergono attraverso un destamento associativo diretto all’indietro rispetto all’impressione e non hanno in se stesse una direzione rivolta verso il presente passato vuoto. […] Associazione propriamente detta è in atto solo nel tratto protenzionale della costituzione del tempo» (ivi, p. 77).

5 2) Riorientamento della ritenzione «Ciò a cui l’ego è intenzionalmente diretto – che è percepito, ciò che è ricordato, ed anche ciò che è ritenuto – deve già essere in se stesso intenzionale, deve già avere nel suo contenuto passivo una direzione al suo oggetto. Ora come potrebbe la ritenzione avere questa struttura orientata. In virtù di una successiva associazione, ovviamente […] Un ridestamento associativo procede dal presente attraverso il passato ritenzionale che è già emerso prima a questa associazione ed è svanito. Naturalmente la ritenzione in questione ha ora assunto una struttura orientata […]. Sin dal vero inizio ogni vecchia ritenzione che emerge in questo modo ha il carattere dell’intenzione passiva» (A., pp. 77-78)

6 2) Intenzionalità della ritenzione 1)Predatità passiva come Einheit der Dauer (EU, p. 117) 2)Regolarità passiva della continuità (ivi, p. 119) 3)Ritenzione passiva: Absinken in der Bewusstseinshintergrung (ivi, p. 120). «Nessun ora resta un ora originario, ognuno diventa appena- passato (Eben-vergangen) e questo a sua volta passato di passato ecc.; il momento in questione che, nella continuità dei cambiamenti dell’apparizione rimane come uno e lo stesso nell’autocoincidenza passiva (passive Selbstdeckung), resta nella continua presa attiva» (ivi, p. 118).

7 2) Ritenzione: Modificazione passiva dell’intenzionalità «Il tenere sotto presa può quindi essere impressionale, come avviene durante la datità durevole dell’oggetto, oppure non-impressionale in quanto continua dopo la cessazione della datità originale dell’oggetto» (p. 121). «Il tenere ancora sotto presa dev’essere distinto, in quanto attività modificata (modifizierte), in quanto passività [modificata] in attività, dal mantenere (Behalten) proprio della ritenzione. Questa è una modificazione intenzionale nell’ambito della pura passività; essa si svolge secondo una regolarità assolutamente rigida senza alcuna attività irraggiantesi dal centro dell’Io. Essa appartiene alla regolarità della costituzione originaria del tempo immanente in cui ogni coscienza impressionale dell’ora momentaneo originale muta costantemente nell’avere ancora coscienza dell’oggetto nel modo dell’or ora (ossia dell’ora che è stato or ora). Questa ritenzione sottostà essa stessa alla modificazione ritenzionale ecc.» (ivi, pp. 121- 122).

8 Die Bernauer Manuskripte über das Zeitbewusstsein 1917/18, Hua XXXIII I “Manoscritti…” rappresentano: a)il retroterra teorico-della-temporalità delle “Analysen”, quanto alla considerazione della differenza-interdipendenza tra Ritention e Protention, e quindi della presentazione di «unreflektierte, “ichfremde” Gegenständen» (B., p., 318); b)L’apertura di una metafisica (fenomenologica) dell’individualità.

9 Presentazione come aspettazione riempita «Ogni presenza originaria non è solo contenuto, ma contenuto “appreso”. La presentazione originaria è dunque un’aspettazione riempita. Del resto anche la stessa ritenzione deve portare con sé anche un momento dell’aspettazione riempita ed in modo diverso: una volta modificato ritenzionalmente – essa era una modificazione di una presentazione originaria, la protenzione (“aspettazione”) riempita – un’altra il processo di ritenzione stesso è un processo in cui si costituisce il processo come svolgimento (Vorgang), e la “aspettazione” non si dirige solo verso un nuovo dato, ma anche sulle ritenzioni a venire e sulle ritenzioni di ritenzioni ecc.» (B., p. 7). La protenzione “attuale” è pertanto l’ingresso dell’attenzione nel duplice orizzonte che si apre attorno alla presenza originaria, un duplice orizzonte che, alquanto ambiguamente, Husserl definisce “presentificantesi” (ivi, p. 6).

10 Unicità della protenzione «Abbiamo un’intenzione che si riempie con l’ingresso di nuovi dati della presenza originaria, ma si riempie solo per una fase della sua intenzionalità così che un tratto continuo resta un “orizzonte” aperto. Quindi nella coscienza, che ha assunto il nuovo dato di presenza originaria (iletica), non fa il suo ingresso una nuova aspettazione, ma quella stessa aspettazione prosegue con la propria continuità intenzionale, solo che essa ha riempito della serie un punto vuoto dell’intenzione» (ivi, p. 9).

11 Interdipendenza ed analogia tra protenzione e ritenzione/1 «Nella ritenzione [si possono distinguere] l’intenzione rivolta ai dati originari passati e l’intenzione rivolta alle ritenzioni passate» (ibid.). Orbene l’analogia tra questa duplice intenzionalità della ritenzione e quella della protenzione non è completa: a)in primo luogo, stante che in questo caso si parla di un’intenzionalizzazione della ritenzione – cosa posso intenzionare del ritenuto – alla ritenzione piuttosto si accorda la capacità di costituire il processo in quanto tale; b)b) quanto alle intenzionalizzazioni, mentre la protenzione – proprio in quanto intenzionalità unitaria del vissuto – ha un’intenzionalità unica che certo può di volta in volta privilegiare uno dei suoi fasci, senza perdere la sua unitarietà, forse non è possibile dire lo stesso della ritenzione. Forse è cioè possibile asserire che a fronte dell’unitaria intenzionalizzazione protenzionale si traccia una pluralità di intenzionalizzazioni ritenzionali.

12 Interdipendenza ed analogia tra protenzione e ritenzione/2 «La coscienza resta sulla sua strada ed anticipa ciò che viene dopo, cioè una protenzione si “dirige” sulla prosecuzione della serie nello stesso stile; questa protenzione si riferisce al decorso dei dati originari che fungono da dati nucleari (Kerndaten), ma si riferisce anche al decorso delle ritenzioni con i loro adombramenti in esse fungenti. Un differenziale del decorso caricato ritenzionalmente modifica la protenzione, che l’accompagna sempre e questo stesso [differenziale] deve essere anticipatamente incluso nel successivo corso della protenzione. […] All’interno del processo devono essere appercepiti una protenzione predelineata verso un evento che continua a dispiegarsi e retroattivamente il “differenziale” decorso come costituente un evento ovvero deve essere incluso in esso una parte di evento» (ivi, p. 13).

13 Domanda sulla ritenzione Resta ancora la domanda: «la ritenzione in generale è davvero effettiva ritenzione di un oggetto del punto temporale e di un identico punto perché la protenzione ha già fatto un ora e così insieme qualcosa che sia identificabile anche in diversi modi di datità?» (ivi, p. 14).

14 Induttività dell’esperienza «Abbiamo lasciato che così si mettere in scena qualcosa della genesi. Prima semplice ritenzione, poi necessariamente modificata, quindi protenzione. Le protezioni afferrano anche i tratti ritenzionali già dati. Questo significa che non giunge solo la nuova serie di “passato in quanto tale”, ma “giungerà e deve giungere”. La coscienza “assume una modificazione”, attraverso cui non solo si realizza una continuità ritenzionale, ma insieme una continuità protenzionale. Quest’ultima cosa significa: nell’essenza della coscienza vi è che sia costantemente riempibile, così che ogni riempimento sia insieme intenzione di un ulteriore riempimento e così via. E sussiste la possibilità ideale di serie continue di prememorazioni e quasi-prememorazioni (in quanto possibilità dell’a venire) in cui si dispiega il senso di questa intenzionalità. “In seguito” all’ingresso uno dopo l’altro – nella necessaria “causalità” immanente – si suscita questa trasformazione dell’intenzionalità, in virtù della quale l’unilateralità diventa bilateralità ed il nuovo lato diviene una sorta di immagine riflessa del lato originario» (ivi, p. 24).

15 Di nuovo sull’ Abklangsphänomen « L’originarietà è lo zero della modificazione in quanto modificazione. In quanto modificazione essa si incrementa. Essa è una continua trasformazione della coscienza di quello stesso che è determinato come completamente identico “contenutisticamente”, la quale gli accorda noematicamente un costantemente nuovo modo del passato. Questo però non è ancora passato obbiettivo, che qui non può introdursi surrettiziamente. Sarebbe qui meglio non parlare affatto di passato, ma di sfumare (Abklang) del presente, cioè della modificazione dello sfumare. Sfortunatamente è equivoco parlare dello sfumare di un colore, di un suono, che è presente, e dello sfumare del medesimo presente. Lo sfumare di un colore è altro dallo sfumare di un suono, ma il medesimo presente, in quanto forma modale di entrambi si presenta in ogni sfumare del presente (in quanto tale) nello stesso sfumare del presente di entrambi. Ogni sfumare di un presente è esso stesso presente ed ha uno sfumare del suo presente ecc.» (ivi, p. 65).

16 Vuotezza della ritenzione «La ritenzione è ritenzione vuota: io nel trapassare ho una rimemorazione vuota (un’intenzione vuota su ciò) e questa si riempie similmente a come accade quando io porto a coincidenza una rimemorazione di presente con l’oggetto presente, quando io effettivamente lo percepisco: il vuoto ed il pieno coincidono nella coscienza dello “stesso”. […] Non si dà alcuna ritenzione intuitiva. La ritenzione è una coscienza vuota che coincide però con una coscienza piena, riempita, in cui si dà lo sfumare dello stesso che è ritenuto. Dunque il ritenuto si raffigura (verbildlicht) insieme nello spegnimento. Tuttavia bisogna dire: questo non è lo stesso caso della raffigurazione (Verbildlichung). Se ho un albero che effettivamente dura, non raffiguro in esso un albero simile ricordato, per quanto questo mi possa farne ricordare un altro, quindi qui ha luogo un tipo di ricoprimento simile a quello che capita nel trapasso da una realtà simile ad una realtà simile» (ivi, pp. 86-87).

17 Modi e relazioni temporali «I suoni hanno i loro modi di datità tempo-modali e sono in certo senso molteplicità unidimensionali in cui si “presenta” il tempo dei suoni (come tempo “obbiettivo”) e precisamente così che ad ogni punto temporale di suono corrisponde una molteplicità unidimensionale di modi di datità (e così ad ogni tratto di suono corrisponde una molteplicità unidimensionale di continui unidimensionali). Questa molteplicità unidimensionale di modi di datità tempo-modali si ordina a sua volta temporalmente, ha il suo tempo; anche questo tempo ha i suoi modi di datità, un presente ed un passato, ed ancora questi modi di datità sono ordinati temporalmente ecc.» (ivi, p. 130).

18 Modi temporali e datità «I modi temporali sono determinazioni o modi appartenenti agli stessi tempi, come dicevamo. Perciò dobbiamo distinguere tra modi temporali e modi di datità del tempo. Naturalmente i modi temporali sono momenti essenziali del tempo, non può darsi alcun tempo, alcun tempo obbiettivo senza che si diano i suoi modi. Ma solo se è dato il modo temporale originario, abbiamo evidenza della sua determinata appartenenza al tempo in questione. Dobbiamo dire insieme: l’originaria datità del tempo obbiettivo non è la più originaria datità dello stesso, cioè la datità nel modo del presente. La più originaria datità è la prima datità nel flusso del tempo ed è anche l’unica in cui l’essere dei tratti temporali e di ciò che in essa dura sia data nella durata vivente, nel divenire vivente. Ma propriamente questa non è la più originaria (nel senso di evidente) datità dei punti e dei tratti temporali [nota: datità evidente del temporale obbiettivo e presente originario del temporale non sono la stessa cosa]. Per i punti temporali, questo significa che in quanto punti temporali obbiettivi essi non sono dati originariamente nel divenire, cioè nel presentarsi del punto temporale, ma nel defluire del presentarsi ed assentarsi o piuttosto nel retrocedere e nel farsi sempre più lontano (nel ricadere nel passato). […] L’intera durata in quanto tratto temporale obbiettivato si costituisce nello sprofondare dell’intera durata divenuta, e questo significa ancora: fintantoché un punto di divenire sorgivo e vitale è nella durata – foss’anche solo una fugace fase presente - fintantoché è una parte o questo punto di chiusura non è ancora obbiettivamente temporalizzato. Dunque nel flusso delle ritenzioni viventi o del presente originario nelle ritenzioni ed attraverso di esse vediamo (erschauen) con evidenza ciò che è, nella forma di datità più originaria, il tempo obbiettivo» (pp. 137-138).

19 Sull’individualità Un individualità – ciò che può dirsi correttamente un “essente” – è null’altro che temporale, è la termporalizzazione di un modo di datità del tempo in un modo temporale: è il presente presentatosi, il formarsi di una datità tempo-modale. Il costituito, infatti, e ciò che può essere costituito, «non possiede la forma temporale come qualcosa di extraessenziale all’essente, ma come qualcosa che appartiene allo stesso e gli è essenziale»: quella temporalità è il senso del suo essere costituito, del suo essere un essente (p. 131).

20 Tode ti ed individualità (essenza individuale ed essenza concreta) In maniera alquanto schematica la domanda circa il costituirsi di un individuo, ovvero di Erfahrungsgegenstand, di un essente in senso proprio, si divarica a sua volta nella determinazione dell’essenza individuale e dell’essenza concreta. Gli ultimi sostrati materiali – le materie non ulteriormente materializzabili di qualsiasi formazione sintattica – «si ordinano [infatti] sotto due disgiunti titoli: “essenza ultima materiale” e “questo qui!” o pura singolarità individuale, sintatticamente informe» (Ideen, p. 36), ovvero in essenza (materiale) concreta ed essenza (materiale) individuale.

21 Questo stesso: ri-temporalizzazione dell’essenza individuale/1 L’essenza individuale equivale allo stato di cose “uno e questo stesso”. «”Lo stesso oggetto” non significa: l’oggetto semplicemente; se parliamo semplicemente di un oggetto, lo poniamo come un oggetto effettivo, lo intendiamo come un oggetto effettivo. Si tratta piuttosto qui – ed in tutti i casi simili – di un contenuto osservabile separatamente (herausschaubar) come identico, che si trova nella coscienza esperiente come “senso pieno”, ovvero nel suo noema e perciò il correlato empirico ha “effettivamente” il suo carattere empirico. Esso si trova però anche nella corrispondente coscienza di fantasia in quanto quasi-esperito e ha in questa il carattere “fantasticato” (correlato della quasi-esperienza: quasi-effettivo). Se in un atteggiamento modificato compio una posizione di possibilità, il fantasticato come tale, allora ciò che così è stato posto, la possibilità, è ancora questo stesso senso pieno, e possibilità significa effettualità possibile; cioè ogni tale senso pieno potrebbe evidentemente essere “contenuto” di un’effettualità, potrebbe essere esperito nel carattere dell’“effettuale”» (B., p. 289).

22 Questo stesso: ri-temporalizzazione dell’essenza individuale/2 Ambedue, essenza individuale (lo stesso-qui) e l’essenza concreta (uno semplicemente) passano per una formazione temporale, ma la prima attraversa anche una ulteriore moralizzazione tempo-modale, quella della variazione di una quasi-esperienza. L’essenza individuale di un oggetto che è di volta in volta, «la consistenza essenziale noematica (noematische Wesensbestand) è identicamente lo stesso in una posizione empirica ed in una posizione di quasi-esperienza» (ivi, p. 290). Perché si ottenga un’essenza individuale è necessario quindi che i modi temporali di un’esperienza e di una quasi-esperienza, in quanto diversi tra di loro, che i due tempi distinti raggiungano una “completa coincidenza”; allo stesso modo per distinguere un’essenza individuale da un’altra è necessario che ancora nelle medesime due diverse temporalità si evidenzi un contrasto.

23 La differenza individuale La differenza individuale di un plenum temporale «è il correlato di una certa fondazione originaria attraverso un modo di datità che acquisisce un correlato identico nel continuo cambiamento delle ritenzioni appartenenti al nuovo “ora” attraverso ogni cambiamento; al cambiamento stesso corrisponde la costante alterazione dell’orientamento, in quanto cambiamento del modo di datità dell’identico» (ivi, p. 291).

24 La fattualità dell’individuo/1 A questa Urstiftung corrisponde la presentazione di questa individualità di fatto. «Il più originario avere o cogliere un contenuto come fatto (Tatsache) ed un contenuto diverso come un fatto diverso (con la possibilità di principio che questa differenza sia essenzialmente identica) si compie nell’attualità della presentazione originaria e nella coscienza dell’originario presente del contenuto. Esso è con saputo nel modo “ora”, [in quanto] contenuto di ora, ed in questo modo è un individuale, una singolarità (Einziges) di questo contenuto; almeno il primo e più radicale carattere dell’esserci individuale si presenta nella forma dell’essere- ora. Un secondo carattere possibile, l’essere-qui, lo presuppone già» (ivi, p. 292).

25 La fattualità dell’individuo/2 «L’essere-ora tiene necessariamente unito, è inscindibile dall’attualità dell’originaria coscienza ponente il contenuto in questione, e questa attuale coscienza ponente, che in quanto originaria coscienza immanente eo ipso pone attualmente, pone originariamente una posizione temporale del contenuto, il contenuto nella forma di una posizione temporale, e questa [posizione] non è il modo dell’ora. Pertanto il modo dell’ora si modifica costantemente rispetto al cambiamento dell’originaria coscienza presentante in ritenzioni, nella gradualità o nei livelli continuamente diversi dell’“appena essente stato”, ed attraverso tutte queste continue esperienze vissute della coscienza s’afferma la coscienza del medesimo individuale in quanto contenuto, che ha il suo determinato posto temporale, ma lo ha nel modo continuamente fluente dei passati. La coscienza originaria pone la posizione temporale come “ora”, ed i passati sono passati del medesimo contenuto, o piuttosto del medesimo individuo che significa il contenuto di ora; essi sono per forma passati in quanto ora passati e per contenuto il medesimo contenuto, che non è ora, ma in modificazione costante» (ivi, pp. 292-293).

26 Identificazione dell’individuale «Che cos’è allora l’identità della posizione temporale ovvero l’identità di quell’unico tempo – in quanto continuo unidimensionale rispetto a questo continuo bidimensionale dei passati eternamente fluenti con un unico e singolo punto d’origine del presente momentaneo, che a sua volta trascorre defluendo attraverso un continuo lineare? Ogni linea di passati indica un punto temporale, il continuo di questa linea indica il continuo dell’unico tempo (“obbiettivo”). Quindi, ogni punto temporale è la forma dell’identità del medesimo esserci che correntemente (durchgängig) si costituisce in un sistema di passati che defluisce dal medesimo punto d’origine “ora” ed è determinato univocamente ed uniformemente in tutta l’infinità» (ivi, pp. 293-294).

27 Unità dell’individuo ed unicità del passato «L’essenza dell’essere di fatto – ovvero di ciò che si costituisce nella coscienza del tempo ed originariamente nella coscienza presentante – è, in quanto presentantesi e passante, una volta per tutte presentantesi e [passante] nel continuo passare, dunque per ogni passato [presentantesi] una volta per tutte: ogni fase di passato è una volta (einmalig)» (ivi, p. 294).

28 Temporalità dell’Urdoxa «Si possono davvero riferire quelli che chiamiamo modi temporali (presente, passato) al giudizio, all’Urdoxa (che è una credenza non modalizzata), in quanto correlati dei modi delle modalità del giudizio, della credenza? E correlativamente: indicare i modi temporali come modi esistenziali, poiché la coscienza dell’essente stato della credenza è correttamente coscienza dell’essente? La credenza in generale si differenzia, se dalla credenza che riguarda l’essenza – come nell’intuizione d’essenza – passiamo alla credenza nell’essere individuale? L’esserci è un modo di esistenza oltre all’essere-essenza, e non bisognerebbe anche qui parlare di una differenza specifica, come se il genere esistenza si differenziasse sempre in essere-essenza, essere-che ed essere-che cosa?» (ivi, p. 296).

29 Temporalità dell’Esistenza «Certo possiamo chiamare le modalità temporali anche modalità- “esistenza”, ad esempio se, come si ammette nel comune significato ristretto della parola, intendiamo con esistenza l’esserci ed equivocamente l’essenteci (Daseiende). Le modalità temporali, cioè presente, passato (futuro), sono modi dell’essenteci, dell’essente individuale in quanto essente temporale. L’essente individuale è dato originariamente nel cambiamento di queste modalità temporali o in questo cambiamento del tempo “infinitamente fluente”, in cui il tempo rigido o obbiettivo (come forma rigida dell’“essere” rigido in cui il cambiamento solo apparentemente oltrepassa la rigidezza) si costituisce come unità (delle coappartenentesi molteplicità del fluente), ovvero il tempo che è la forma essenziale di ogni essenteci (esso stesso rigido). Dico: l’essenteci individuale è dato originariamente in questo cambiamento, nella presenza originaria» (ivi, p. 297).

30 Tode ti: forma individuale e specie individuale «Il tode ti è ciò che singolarizza individualmente lo specifico e precisamente la più bassa specie non più differenziabile specificamente, il principium individuationis. Esso stesso ha le sue generalità, una forma generale, che si particolarizza. Ma questa particolarizzazione è una singolarizzazione individuale e non una particolarizzazione specifica. Pertanto anche il concetto di genere ha un doppio significato: a) generalizzazione nel passaggio alla forma individuale, che appartiene alla “differenza” individuale e b) generalizzazione che chiamiamo specificazione di un momento specifico» (ivi, p. 300).

31 Tode ti: l’essenza contingente «Ogni essenza si individualizza attraverso il tode ti. Il tode ti quindi per ogni concreto è un molteplice, in quanto ciascuno può essere individuato illimitatamente. Esso fissa (aumachen) l’essenza logica (il concetto categoriale) dell’essenza, l’identico di possibili e sempre ancora possibili in infinitum ripetizioni, e precisamente nel senso puro di ripetizioni possibili, cioè legate ad un esserci effettivo (ovvero senza alcuna tesi di esistenza). Se rimaniamo nella possibilità pura, in essa stessa distinguiamo in termini noetici la libera fantasia e le sue datità neutrali di molti individui quasi- essenteci della medesima essenza, quindi questi individui. Ciascuno ha la propria essenza e questa è proprio la stessa. La stessa essenza si singolarizza, si moltiplica, si individua attraverso un diverso tode ti. L’espressione “tode ti” non è altro che un’indicazione generale, innanzitutto completamente indeterminata per indicare questa situazione di cose (Sachlage) necessaria e non pregiudica a priori (im Voraus) ciò che ricade sotto questa generalità. Essa non dice se non che appartiene all’essenza logica dell’essenza di essere un generale identico, cioè di essere in relazione ad una pura possibilità aperta di un’estensione infinita di singolarità, le quali – se non prendiamo un essenza generica, ma una differenza più elementare, non sono esse stesse essenze, ma “ripetizioni” del medesimo, in quanto tali singolarità (Einmaligkeiten) assolute, ciascuna un assolutamente singolare Questo-qui. Il Questo-qui è la categoria delle singolarità “extra”-essenziali, “accidentali”, e per di più, se consideriamo la differenza tra essenze indipendenti ed essenze non-indipendenti (concrete ed astratte), la categoria dell’individualità. Il Questo-qui individuale è la categoria della singolarizzazione del concreto. Ma tutto ciò che è astratto è l’astratto di un concreto, e se un concreto si individualizza, allora il Questo-qui, l’individualità del concreto, si trova in una relazione necessaria legalmente al Questo-qui, che individua ogni momento astratto di questo concreto» (ivi, p. 303-304).

32 Temporalità dell’essenzialità formale e di quella generale Forma del generale: contemporaneità (Gleichzeitigkeit); contemporaneità nella specificazione Forma dell’essenziale (singolarità eidetica): onnitemporalità (Allzeitlichkeit); onnitemporalità in ogni di volta in volta (unzeitlich, überzeitlich, cfr. pp. 321-326) Forma dell’individuale: unitemporalità (Einmaligkeit, Jeweiligkeit) ephapax (In merito si veda J. Hering, Bemerkungen über das Wesen, die Wsenheit und die Idee, in “Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung”, IV (1921), pp. 496-543, e la sua ripresa in W. Benjamin, Il dramma barocco tedesco (1925), ed. it., Torino, 2014, p. 13).

33 Essenza temporale dell’essenza/1 «Il tempo per gli oggetti essenziali è una forma di datità [nota: forma di datità intende forma di datità originaria]. È loro necessario nella misura in cui nessun oggetto può essere dato o consaputo in generale senza che presenti una quale durata noematica e per più oggetti una contemporaneità o una successione. Ma questo ordine temporale non è affatto un ordine temporale “obbiettivo” e questa durata non è una durata obbiettiva propria dell’oggetto stesso ed appartenente alla sua essenza» (ivi, p. 317).

34 Essenza temporale dell’essenza/2 «La generalità della specie si è costituita nell’individuale (nella pluralità) e la coscienza di generalità viene esercitata in un singolo individuale. Attraverso l’individuale il generale “sta” in un tratto temporale, ma l’inteso è un’essenza identica, che si singolarizza in questo individuale e questo individuale è una singolarizzazione accidentale. In ogni posizione temporale è idealmente possibile un uguale individuale ed ogni uguale (individuale) potrebbe servire. Il generale è “oltre”-temporale ed è solo riferito al temporale alle possibilità temporali come alla sua estensione» (ivi, p. 322).


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