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Presentazione poesia: la guerra DI: Artini Matteo, Capanni Duccio, Staderini Tommaso.

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1 Presentazione poesia: la guerra DI: Artini Matteo, Capanni Duccio, Staderini Tommaso

2 La guerra, è stata da sempre la compagna preferita dagli uomini. La guerra è quasi radicata in noi, ci accompagna dalla nostra comparsa sulla terra e sfortunatamente non sembra intenzionata ad abbandonarci. La guerra porta dolore, sofferenza, povertà, fame, solo ai ricchi vincitori porta altra ricchezza, niente che sia da spartire con il popolo, niente che possa servire. Cosi ora come nell'antichità, la guerra viene fatta per profitto e per fame di potere. Crediamo che essa sia una realtà distante da noi nonostante ne sentiamo parlare tutti i giorni, ed essa sia anche radicata nel nostro territorio, grazie alle guerre tra clan che si svolgono e si sono svolte nel nostro paese. Crediamo che essa non ci potrà mai raggiungere, troppo sicuri del fatto che il nostro benessere non potrà esserci portato via. Sfortunatamente la guerra è una realtà estremamente vicina, che potrebbe portarci via tutto ciò che abbiamo come una bomba che distrugge un paese, come uno tsunami che distrugge un'isola, come la morte che ci rapisce. La guerra...

3 Giuseppe Ungaretti nasce il 10 febbraio 1888 ad Alessandria d’Egitto da genitori lucchesi, trasferiti in Africa per lavorare alla costruzione del canale di Suez. Nel 1912 Ungaretti si trasferisce a Parigi: studia per due anni alla Sorbona, segue le lezioni di filosofia di Bergson, ma non si laurea. Rientra in Italia nel 1914, si abilita all'insegnamento della lingua francese e lavora a Milano. Allo scoppio della guerra, è attivo come interventista, si arruola come volontario ed è mandato a combattere sul fronte del Carso. Dal 1918 al 1921 vive a Parigi, lavora presso l’Ambasciata italiana ed è corrispondente per il giornale fascista il «Popolo d’Italia». Durante il suo soggiorno francese sposa Jeanne Dupoix e pubblica con Vallecchi la prima edizione di Allegria di Naufragi (1919). A causa della precaria condizione economica, nel 1923 si trasferisce vicino Roma, a Marino, e viene impiegato al Ministero degli Esteri. Nel 1925, Ungaretti firma il Manifesto degli intellettuali fascisti. Nel 1931 esce l'edizione definitiva, de l’Allegria, il volume pubblicato originariamente nel 1916 con il titolo Il Porto Sepolto, quindi nel 1919 con il titolo Allegria di naufragi e di nuovo nel 1923 con la prefazione di Benito Mussolini. La raccolta Sentimento del tempo, datata 1933, segna l’inizio dell’avvicinamento alla fede religiosa. Dopo un periodo di lavoro come corrispondente della «Gazzetta del Popolo», che lo vede impegnato in diversi viaggi all’estero, nel 1936 è chiamato in Brasile a insegnare letteratura italiana all’Università di San Paolo. Durante il soggiorno americano, il poeta, che in pochi anni aveva visto la morte della madre e del fratello, è ora colpito da un lutto ben più grave, la morte del figlio di nove anni. Nel 1942, a causa del conflitto mondiale, ritorna in Italia: gli sono conferiti il titolo di Accademico d'Italia e la cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Roma. Alla fine della guerra, dopo una serie di difficoltà legate al suo collaborazionismo con il regime fascista, è confermato docente universitario e Mondadori comincia a pubblicare le sue poesie: Il dolore (1947), La Terra promessa (1950), Un grido e paesaggi (1952), Il taccuino del vecchio (1961) e Vita di un uomo (1969). Questa ultima raccolta racchiude tutta la sua produzione poetica, inclusi i suoi saggi critici e le sue traduzioni, tra cui Gòngora, Mallarmé e Blake. Ungaretti termina così la sua opera letteraria, un anno prima della sua scomparsa. Giuseppe Ungaretti

4 Fratelli Di che reggimento siete fratelli? Parola tremante nella notte Foglia appena nata Nell'aria spasimante involontaria rivolta dell'uomo presente alla sua fragilità Fratelli

5 Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie Soldati

6 Come questa pietra del San Michele. così fredda così dura così prosciugata così refrattaria così totalmente disanimata come questa pietra è il mio pianto che non si vede La morte si sconta vivendo Sono una creatura

7 Di queste case Non è rimasto Che qualche Brandello di muro Di tanti Che mi corrispondevano Non è rimasto Neppure tanto Ma nel cuore Nessuna croce manca E’ il mio cuore Il paese più straziato San Martino del Carso

8 Nato a Modica nel 1901 da Gaetano e Clotilde Ragusa, Salvatore Quasimodo, conseguito il diploma di geometra nel 1919, lascia la Sicilia alla volta di Roma, dove vive, more uxorio, con Bice Donetti, di circa otto anni più anziana di lui. Sposata, nel 1926, la Donetti, nel 1929 – su invito del cognato Elio Vittorini (marito della sorella Rosa) – si sposta a Firenze, dove, tra gli altri, conosce Eugenio Montale. L’anno seguente esce Acque e terre il suo primo volume di liriche, subito accolto favorevolmente da pubblico e critica. Vennero, poi (non se ne citano che alcuni) Oboe sommerso (1932); Erato e Apollion (1936); la raccolta mondadoriana Ed è subito sera (1942); Giorno dopo giorno (1947); La terra impareggiabile (1958) e Dare e avere (1966). Nel 1931, lasciata Firenze, il poeta è a Imperia, dove conosce Amelia Spezialetti, una donna già sposata e di due anni più anziana di lui. Dalla loro relazione, nel 1935, nasce Orietta Quasimodo. Nello stesso anno, Quasimodo intreccia una burrascosa relazione con Sibilla Aleramo, di ben venticinque anni più anziana di lui. Troncato il legame con la nota scrittrice, nel 1936 Quasimodo incontra la danzatrice Maria Cumani, di sette anni più giovane di lui: è la scoperta dell’amore autentico, coronato – tre anni più tardi – dalla nascita del figlio Alessandro e – scomparsa nel 1946 la Donetti – dal matrimonio, celebrato nel 1948. Ma, si sarà capito, Quasimodo era incapace di fedeltà coniugale e il poeta e la sua musa scelsero di vivere divisi. L’ultima donna del Premio Nobel per la Letteratura 1959 è stata la poetessa Curzia Ferrari. Nel 1968, colpito da un ictus ad Amalfi, Quasimodo viene trasportato a Napoli dove muore. Salvatore Quasimodo

9 E come potevano noi cantare Con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull’erba dura di ghiaccio, al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento. Alle fronde dei salici

10 Figura emblematica del teatro moderno, Brecht ha segnato la sua epoca come autore drammatico, teorico della messa in scena, poeta, narratore, militante politico, cineasta. Lo sviluppo dello stile epico, legato al suo nome, l’utilizzo dell'effetto di straniamento” che impedisce allo spettatore di identificarsi nell’attore, la teoria della “drammaturgia non aristotelica” ha contribuito a trasformare la sua opera in un modello teorico che oscura spesso la ricchezza della sua lingua e della sua creazione poetica. Quest'opera costituisce una delle eredità più prestigiose del teatro tedesco: vi sono poche messe in scena attuali che non portino la traccia della sua influenza. Bertold Brecht

11 La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell'ultima c'erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente. La guerra che verrà


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