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Il ruolo del sindacato nella teoria economica

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Presentazione sul tema: "Il ruolo del sindacato nella teoria economica"— Transcript della presentazione:

1 Il ruolo del sindacato nella teoria economica

2 I sindacati e la contrattazione collettiva
Il ruolo economico del sindacato in concorrenza imperfetta, in cui: a) le imprese fissano i prezzi dei beni in contesti di concorrenza monopolistica (con extra-profitti); b) i lavoratori possono influire, con potere di mercato, sulla determinazione dei salari nel mercato del lavoro. Quali gli obiettivi del sindacato? a) Appropriazione di rendite in un contesto monopolistico; b) In un contesto con informazione incompleta, esprime le preferenze dei lavoratori come parte negoziale nella contrattazione collettiva.

3 Il sindacato (continua)
L’azione sindacale consiste quindi: nella assegnazione delle mansioni, nella regolazione dei tempi di lavoro, nella negoziazione della retribuzione. I lavoratori che aderiscono al sindacato possono differire dai lavoratori non sindacalizzati Ma gli effetti del sindacato si estendono indirettamente anche ai lavoratori non sindacalizzati.

4 La sindacalizzazione delle economie dell’area OCSE
Gli indicatori utilizzati: a) la densità sindacale (% dei lavoratori iscritti sull’occupazione) b) il tasso di copertura sindacale (quota di lavoratori interessati da un accordo raggiunto con la presenza sindacale). Dal confronto internazionale [Tab. 4] emergono tre gruppi di paesi: paesi ad alta sindacalizzazione (es. Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia); paesi con sindacalizzazione contenuta (es. Francia, Spagna, Svizzera); paesi con sindacalizzazione moderata (es. Italia, Austria, Canada, Germania, Gran Bretagna ecc.)

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6 Le organizzazioni sindacali e la contrattazione
Le organizzazioni sindacali tra paesi differiscono per: a. natura dell’associazionismo (ideologico, religioso, ecc.) b. obiettivi da perseguire (puramente economici, oppure anche politico-sociali) c. grado di diffusione della sindacalizzazione (frammentata vs. accentrata) La contrattazione può avere luogo a tre diversi livelli: a. centralizzato (paesi ad alta sindacalizzazione); b. settoriale (Italia e altri paesi); c. aziendale (Gran Bretagna, Stati Uniti).

7 L’analisi economica del sindacato

8 La partecipazione al sindacato da parte del lavoratore

9 PARTECIPAZIONE AL SINDACATO E DETERMINAZIONE SALARIALE
SS’ L’equilibrio in A fissa il livello di sindacalizzazione. L’alterazione del contesto esterno (legislazione a tutela del lavoratore o del diritto sindacale, ecc.) influenza l’equilibrio. WW’ B v’ v’ Brucchi Luchino

10 Modelli di contrattazione sindacale
Modelli di diritto a gestire (right to manage) l’occupazione è fissata dall’impresa, solo il salario è negoziato; Modelli di contrattazione efficiente (efficient bargaining) sia il salario che l’occupazione vengono negoziati.

11 Curva di domanda di lavoro e sindacato

12 A) Il modello “Right to manage”
Obiettivo: massimizzazione del prodotto dei guadagni associati all’accordo. Due casi estremi: monopolio del sindacato sul livello salariale (B); salario e occupazione fissati dall’impresa (A). Nella figura precedente al crescere del potere contrattuale del sindacato, cresce il salario di equilibrio.

13 EQUILIBRIO NEL MODELLO DEL «DIRITTO A GESTIRE»
al crescere del potere contrattuale del sindacato γ, cresce il salario di equilibrio. Ma equilibrio inefficiente: il salario negoziato è superiore alla produttività marginale del lavoro ed il livello di occupazione inferiore a quello di concorrenza perfetta.

14 Ricapitolando: 1. Il sindacato monopolista è un caso particolare della contrattazione right to manage dove il sindacato determina il salario massimizzando l’utilità attesa dell’agente rappresentativo dato il vincolo rappresentato dalla domanda di lavoro (salario uguale al valore della produttività marginale del lavoro). 2. La contrattazione right to manage determina un salario (e un livello di occupazione), dato il vincolo della domanda di lavoro delle imprese, compresi tra quello di concorrenza [minimo (massimo): punto A] e quello associato al caso di sindacato monopolista [massimo (minimo): punto C]. 3. Il salario associato alla contrattazione right to manage è tanto più alto quanto è maggiore il salario di accettazione (perché si riduce il costo opportunità di essere disoccupati, inducendo, quindi, il sindacato a perseguire politiche più aggressive).

15 Ricapitolando (continua):
4. Il salario associato alla contrattazione right to manage è tanto più basso quanto è minore il parametro che indica il potere contrattuale del sindacato, perché in questo il beneficio netto di incrementi salariali non sarà sfruttato del tutto da parte del sindacato a causa della resistenza delle imprese. Al contrario nel caso di sindacato monopolista il beneficio netto di incrementi del salario per il sindacato sarà, in equilibrio, pari a zero. 5. La contrattazione right to manage e il modello con sindacato monopolista implicano una soluzione non efficiente essendo sempre possibile aumentare la soddisfazione di uno o entrambi gli agenti senza ridurre quella dell’altro. Tuttavia, in questo caso occorre scegliere un punto al di fuori della curva di domanda (vedi figura seguente).

16 Il modello del “diritto a gestire”

17 Contrattazione efficiente
Come abbiamo visto il modello di contrattazione right to manage è associato a soluzioni inefficienti dal punto di vista paretiano, infatti, in alcuni punti al di fuori della domanda di lavoro è possibile aumentare l’utilità di entrambi gli agenti. Da questa osservazione parte l’idea della contrattazione efficiente che consiste nel contrattare simultaneamente non solo il salario, ma anche l’occupazione (in questo modo non ci si trova più necessariamente sulla curva di domanda). In questo modo si ottiene una coppia di valori, uno per l’occupazione e uno per il salario, efficiente, ossia non esistono altre coppie che garantiscono una maggiore soddisfazione ad uno dei due agenti senza ridurre quella dell’altro. Ogni coppia salario occupazione che risolve il problema della contrattazione efficiente deve massimizzare il profitto dell’impresa per ogni valore dato dell’utilità del sindacato.

18 B) Il modello “efficient bargaining”
la scelta avviene lungo la curva dei contratti (CC), luogo dei punti in cui le curve di indifferenza del sindacato sono tangenti alle curve di isoprofitto. Rispetto al modello “right to menage” un punto sulla curva dei contratti soddisfa la Pareto efficienza. Ma: l’impresa non massimizza i profitti; la curva dei contratti è a destra della curva di domanda (livello di occupazione maggiore).

19 Contrattazione efficiente (continua)
Quello che accade è che l’impresa rinunciando a massimizzare i profitti, dato il salario, e contrattando anche l’occupazione riesce ad ottenere un profitto maggiore. Il che fa sorgere il seguente problema: una volta che l’impresa ha firmato un accordo per un dato livello di salario ed occupazione (ad esempio il punto C della figura) troverà conveniente “rimangiarsi la parola” e licenziare alcuni lavoratori in modo da posizionarsi in G (nella figura successiva)dove massimizza i profitti (dato w). Questo significa che, per applicare la contrattazione efficiente occorre che i sindacati e le imprese possano stipulare contratti vincolanti in termini sia di occupazione che di salario,

20 Nel mondo reale ciò non avviene, poiché le imprese non possono cambiare i salari stipulati da contratto, ma possono licenziare i lavoratori “abbastanza facilmente” (ad esempio, possono giustificare i licenziamenti in base a cambiamenti della produttività marginale del lavoro difficilmente osservabili, e verificabili, dall’esterno). La pendenza della curva dei contratti dipende dall’avversione al rischio del sindacato. La relazione tra la pendenza e l’avversione al rischio è indicata dalla figura 4 (vedi figura ). Tutte le curve partono da w=b, perché quando il salario è uguale al salario minimo di accettazione tutti i n membri del sindacato sono occupati; di conseguenza, il lavoratore rappresentativo non è incerto se a dato salario sarà occupato o meno, ma sa che sarà certamente occupato.

21 Curva dei contratti e avversione al rischio

22 B) Il modello “efficient bargaining”

23 Caso limite della contrattazione efficiente
fissando delle regole prioritarie nel licenziamento (es. criterio LIFO, che pone pari a zero la probabilità di disoccupazione del lavoratore mediano) si possono avere contratti Pareto-efficienti sulla curva di domanda di lavoro. In questa figura inoltre, il sindacato è indifferente rispetto all’occupazione del lavoratore mediano

24 La verifica empirica dei modelli di contrattazione sindacale
Considerata la relazione empirica con Ls il livello occupazionale nel settore sindacalizzato, Ws il salario contrattato e il livello salariale in concorrenza perfetta (salario di riserva). La stima empirica della relazione consente di sottoporre a test i tre modelli di negoziazione. In particolare, se non si possono rifiutare le ipotesi 0<β e 0=φ gli equilibri di (L, W) giacciono lungo una curva di domanda (modello “right to manage”) se non si possono rifiutare le ipotesi 0=β e 0<φ gli equilibri di (L,W) giacciono lungo una curva dei contratti verticale (modello “efficient bargaining”) se non si possono rifiutare le ipotesi 0≠β e 0≠φ gli equilibri di (L, W) giacciono lungo una curva dei contratti non verticale (modello “efficient bargaining” con regole prioritarie sul licenziamento)

25 La verifica sull’impatto dei sindacati
La misura del “differenziale salariale sindacale” per l’impresa i : [1] è la differenza relativa tra livelli salariali nei settori sindacalizzati S e non sindacalizzati N e dipende: dai dati utilizzati (per settore produttivo o per singola impresa); dalle tecniche di misurazione adottate. La stima empirica consente di misurare il differenziale, a parità di altre condizioni. In particolare, se [2]

26 La scomposizione di Oaxaca
la condizione [1] diventa: che può essere approssimata con la [2]: La condizione [2] può essere scomposta in: detta “scomposizione di Oaxaca”. Le stime finora ottenute del differenziale salariale sindacale variano tra il 3% ed il 20%. [Tab. 8.2]

27 Stime differenziale sindacale
La struttura della contrattazione (centralizzata, settoriale o aziendale) produce effetti significativamente diversi sul livello salariale (e sul tasso di disoccupazione). Uno shock negativo produce aumenti nei tassi di disoccupazione più contenuti se la contrattazione è centralizzata o molto decentralizzata [Fig. 8.5].

28 Fig. 8.5 - Struttura della contrattazione e performance economica

29 Il conflitto industriale e lo sciopero
Lo sciopero crea: a) mancata produzione e minori profitti per l’impresa b) minori redditi per il lavoratore. L’equilibrio con sciopero è Pareto inefficiente ex-ante (paradosso di Hicks). Tuttavia, giustificato dalla mancanza di informazione completa o da comportamenti quasi razionali del sindacato (= non solo w, ma giustizia ed equità). Le domande che ci dobbiamo porre per capire come il sindacato eserciti il suo potere sono: Quando proclamare uno sciopero? Quando WF- WU elevato Per quanto tempo? È determinato da tangenza curve Π e CS Quale sarà il salario di equilibrio? Dipende dal premio sindacale

30 FIG. 8.6. CONTRATTAZIONE SALARIALE E DURATA DELLO SCIOPERO.
Equilibrio non Pareto efficiente

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32 EFFICIENZA ALLOCATIVA IN PRESENZA DI SINDACALIZZAZIONE
Differenziale salariale sindacale Premio salariale sindacale Perdita di efficienza settore sindacalizzato Perdita di efficienza settore concorrenziale

33 EQUITÀ ALLOCATIVA IN PRESENZA DI SINDACALIZZAZIONE
Reddito dei lavoratori con sindacato Profitto imprese con sindacato Reddito dei lavoratori senza sindacato Profitto imprese senza sindacato

34 Benessere sociale in un’economia sindacalizzata
Definendo: Premio salariale sindacale P = Wm-W* Differenziale salariale sindacale D = Wm-W Il sindacato produce nell’economia: perdita di efficienza netta (area BAC) effetti distributivi indeterminati (confronto delle aree del monte salari e dei profitti in concorrenza perfetta e con un sindacato) Tuttavia, i sindacati nascono in contesti di concorrenza imperfetta. Valutazione degli effetti del sindacato più appropriata è su altre variabili: produttività (più alta del 7-10 %) profitti (più bassi del 10-15%) investimenti (minori, perché vincolati alla quota profitti).


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