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IMPRESA E FORME DI MERCATO ARGOMENTI TRATTATI: - Massimizzazione del profitto - Impresa di concorrenza perfetta - Monopolio & concorrenza monopolistica.

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1 IMPRESA E FORME DI MERCATO ARGOMENTI TRATTATI: - Massimizzazione del profitto - Impresa di concorrenza perfetta - Monopolio & concorrenza monopolistica - Oligopolio e teoria dei giochi - Mercato del lavoro Corrisponde a Cowen & Tabarrok, Cap. 10-11-12-13-14

2 I due problemi dell’impresa  Chi gestisce l’impresa (= l’imprenditore) deve affrontare e risolvere una serie di problemi, corrispondenti a distinte decisioni.  Il c.d. approccio neoclassico alla teoria dell’impresa concentra l’attenzione su due problemi in particolare.  Problema 1: come produrre? E’ il “problema dell’ingegnere”: data una certa tecnologia (= insieme di modi di utilizzare gli input per ottenere un certo output), ci si chiede come combinare gli input per ottenere una data quantità di output al minimo costo di produzione. Risolvere questo problema consente all’impresa di essere efficiente in senso tecnico.  Problema 2: quanto produrre? E’ il “problema del manager”: dati i modi tecnicamente efficienti di produrre l’output (= funzione di produzione) e date le condizioni del mercato (p.e. dato il prezzo se siamo in PC), ci si chiede quanto output produrre al fine di massimizzare il profitto (= differenza tra ricavi e costi) dell’impresa. Risolvere questo problema consente all’impresa di essere efficiente in senso economico.  In tale visione semplificata, imprenditore è chi risolve i due problemi.

3 La funzione di produzione  Rispetto al “problema dell’ingegnere”, ci interessa solo la sua soluzione, ovvero la funzione di produzione (fdp).  Più precisamente, si dovrebbe parlare di superficie di produzione.  La fdp è la relazione che intercorre tra la quantità di fattori (input) utilizzati nel processo produttivo e la quantità di prodotto finale. Riassume i modi tecnicamente efficienti di produrre un certo output, data una certa tecnologia. fdp: Q = F (input 1, input 2, input 3, etc.)  Esempio: Quantità di auto = F (lavoro umano, energia, acciaio, alluminio, plastica, gomma, tessuto, ecc.)  La forma della funzione F(. ) dipende dalla tecnologia.  Tuttavia, gli economisti trattano la fdp come una “scatola nera” (black box) in cui entrano gli input ed esce l’output.  Cosa avviene davvero dentro la “scatola” riguarda l’ingegnere. Per l’imprenditore conta solo che Q sia ottenuto in modo efficiente, cioè al minimo costo.

4 Prodotto marginale decrescente  Prodotto medio PMe: il rapporto tra prodotto totale e quantità utilizzata di un certo fattore di produzione.  Prodotto marginale PM: l’incremento di prodotto che si ottiene aumentando di una unità l’utilizzo di uno dei fattori (p.e. l’input i), a parità di tutti gli altri fattori. PM i =  Q /  input i  Principio del prodotto marginale descrescente: dati gli altri fattori, al crescere della quantità utilizzata di un certo fattore il suo prodotto marginale diminuisce (Ricardo, 1815).  E’ un principio “di natura”, dovuto a due fenomeni ben precisi: 1.Motivo “estensivo”: l’utilizzo di unità successive di un fattore aventi qualità decrescente (p.e. lavoratori via via meno capaci). 2.Motivo “intensivo”: la dotazione fissa degli altri fattori fa sì che ogni unità in più del fattore i ne abbia a disposizione sempre meno (p.e. i lavoratori devono condividere le date attrezzature).

5 L’impresa multiprodotto e la FPP  Molte imprese producono più di un prodotto. Si parla in questi casi di produzione congiunta.  L’imprenditore deve quindi risolvere un terzo problema (in realtà, una variante del primo): data la tecnologia e data un certa dotazione di fattori di produzione, come distribuire questi ultimi tra i processi produttivi dei vari prodotti in modo tecnicamente efficiente?  La risposta a questa domanda è la frontiera delle possibilità di produzione (FPP).  Definizione: la FPP è una funzione che racchiude le diverse combinazioni efficienti di prodotti che un’impresa (oppure un intero sistema economico) può produrre, dati i fattori di produzione disponibili e data la tecnologia.

6 La frontiera delle possibilità di produzione 3,000 2,000 A Server 70001,000 Computer 4,000 B C C è una combinazione di output tecnicamente efficiente. In realtà, tutti i punti sulla FPP lo sono!

7 La massimizzazione del profitto  Per quanto riguarda il “problema del manager”, l’ipotesi è che l’impresa decida quanto produrre avendo come obiettivo la massimizzazione del profitto, data la fdp e le condizioni del mercato e dati i prezzi dei fattori produttivi.  E’ questa l’ipotesi fondamentale della teoria neoclassica per quanto riguarda il comportamento dell’impresa. Essa vale per qualsiasi impresa, a prescindere sia dalla forma di mercato (PC, monopolio, ecc.) che dall’utilizzo finale del profitto.  Infatti anche un’impresa c.d. no profit (p.e. un ente benefico, una cooperativa, un’impresa pubblica) deve perseguire l’obiettivo di massimizzazione del profitto in quanto criterio di efficienza economica. La destinazione finale del profitto sarà ovviamente diversa a seconda della natura dell’impresa.  L’ipotesi è criticata dai c.d. approcci non neoclassici all’impresa.  Profitto  : la differenza tra ricavo totale RT e costo totale CT  = RT – CT  Ricavo totale: è il prodotto p × Q  Costo totale: tutte le spese che l’impresa deve sostenere per produrre l’output

8 I costi di produzione ed il profitto  I costi di produzione si dividono in:  Costi espliciti: costi che richiedono un esborso monetario  Costi impliciti: costi che non richiedono un esborso monetario (= costi opportunità)  Quando i ricavi eccedono la somma dei costi espliciti ed impliciti, si dice che l’impresa ottiene un profitto puro, detto anche profitto economico o extraprofitto.  E’ questo il concetto di profitto da considerare in economia e l’obiettivo ipotizzato per l’impresa.  La differenza tra i ricavi ed i soli costi espliciti è invece detta profitto contabile.  E’ un concetto che non interessa agli economisti proprio perché esclude i costi opportunità.

9 I costi sommersi  Detti anche sunk costs, i costi sommersi sono costi che sono già stati sostenuti e che non possono più essere recuperati.  In senso logico, sono l’“opposto” dei costi opportunità perché sono costi ormai non più evitabili.  In generale, i sunk costs non devono essere considerati nelle decisioni economiche razionali.  Nel caso specifico delle imprese, i sunk costs non devono essere considerati nelle decisioni di breve periodo.  Esempi: rotte aeree, orario di apertura ristorante.  In entrambi i casi, la decisione se proseguire o meno una certa attività economica non dipende dai sunk costs.

10  I costi di produzione si dividono anche in:  Costi fissi CF: costi che non variano con l’ammontare di output prodotto (p.e. un capannone, l’impianto di produzione, etc.)  Costi variabili CV: costi che variano con l’ammontare di output prodotto (p.e. le materie prime, le ore di lavoro, etc.)  Il fatto che un costo sia fisso o variabile dipende dalla lunghezza del periodo di tempo considerato (Marshall 1890).  Nel brevissimo periodo la quantità di output è data.  Nel breve periodo alcuni costi sono fissi, altri variabili.  Nel lungo periodo tutti i costi sono variabili.  Nel lunghissimo periodo anche la tecnologia può variare.  La durata dei periodi non è cronologica, ma “economica”. Si definisce p.e. “lungo” quel periodo in cui tutti i costi sono variabili. Costi fissi e costi variabili

11 Il costo marginale  E’ la risposta alla domanda: quanto costa produrre un’unità in più di output?  Costo marginale (CM): è l’incremento del costo totale necessario per produrre un’unità addizionale di output.  Non va confuso con il costo medio (CMe), che è il costo unitario che l’impresa deve sostenere per tutte le unità di output (= costo totale diviso quantità totale).  Dato che l’agente economico razionale prende le proprie decisioni confrontando al margine costi e benefici, le scelte dell’impresa dipenderanno dal confronto tra costo marginale e ricavo marginale.

12 Promemoria delle abbreviazioni utilizzate  Costi totali CT (= somma dei costi fissi totali CFT e dei costi variabili totali CVT)  Costi fissi medi CMeF = CFT/Q  Costi variabili medi CMeV = CVT/Q  Costi totali medi CMeT = CT/Q  Costo marginale CM =  CT/  Q

13 I costi medi e marginali: andamento “ad U” Costo medio e marginale Q CMeF CMeV CMeT CM Q eff

14 La forma ad U delle curve di costo medio  Come spiegare la forma ad U della curva CMeT?  Nel tratto decrescente si ha che al crescere della produzione, il costo medio totale si riduce:  Siamo in presenza di economie di scala (o rendimenti crescenti di scala).  Tra le cause delle economie di scala troviamo la sempre minore incidenza unitaria del costo fisso oppure l’aumento di efficienza dovuto al c.d. learning by doing (= imparare facendo: è il fenomeno per cui più si ripete un processo produttivo, più bravi si diventa a svolgerlo).  Nel tratto crescente si ha che al crescere della produzione il costo medio aumenta:  Siamo in presenza di diseconomie di scala (o rendimenti decrescenti di scala).  Una causa delle diseconomie di scala può essere l’aumento della complessità gestionale (e quindi l’insorgere di nuovi costi di gestione) al crescere della dimensione dell’impresa.  Rendimenti costanti di scala: quando al variare della produzione il CMeT rimane invariato.  Dimensione efficiente dell’impresa: è la quantità di output per la quale il CMeT è minimo. Il punto di minimo di CMeT è detto punto critico (o punto di fuga) dell’impresa.

15 Economie e diseconomie di scala Costo medio Q CMeT Q eff  dimensione efficiente dell’impresa (= minimo di Cmet) Q eff Blù  economie di scala Rosso  diseconomie di scala

16 Costo medio Q CMeT Q eff  dimensione efficiente dell’impresa (= minimo di Cmet) Q eff Blù  economie di scala Rosso  diseconomie di scala Verde  rendimenti costanti di scala Un caso più realistico: la curva “a catino” L’impresa può variare l’output senza aumentare CMeT rispetto al livello minimo.

17 La relazione tra costi medi e marginali  Quando il costo marginale è minore del costo medio totale, il costo medio totale diminuisce: CM < CMeT  CMeT   Quando il costo marginale è maggiore del costo medio totale, il costo medio totale aumenta: CM > CMeT  CMeT   Si tratta di una relazione tra grandezza media e grandezza marginale che vale sempre, per qualsiasi tipo di grandezza (p.e. anche tra ricavi medi e marginali).  Per capire quanto sia generale, pensate agli esami universitari ed alla media dei voti sul libretto in relazione all’ultimo esame svolto.  La curva CM incrocia la curva CMeT alla dimensione efficiente, cioè al minimo della CMeT. Perché?

18 La relazione tra costi medi e marginali Costo medio Q CM CMeT La grandezza marginale uguaglia quella media solo quando quest’ultima è stazionaria (= minimo o massimo) Q eff

19 Mercato perfettamente concorrenziale  Il mercato PC è un mercato che soddisfa 4 ipotesi: 1) Hp di molteplicità e free entry 2) Hp di assenza di potere di mercato 3) Hp di uniformità del prodotto 4) Hp di informazione perfetta  … e un corollario: comportamento price taking  Le imprese che operano in tale mercato sono dette imprese perfettamente concorrenziali (imprese PC).  Quello del petrolio NON è un mercato PC: è vero che ci sono molti piccoli produttori, il prodotto è omogeneo e l’informazione è (quasi) perfetta, ma esistono anche grandi produttori dotati di forte potere di mercato!  Due obiettivi:  Studiare il comportamento dell’impresa PC (come termine di confronto per le imprese dei mercati non-PC)  Costruire la curva di offerta dell’impresa e del mercato

20 I ricavi di un’impresa  Ricavo totale: RT = P x Q  Ricavo medio (= quanto l’impresa incassa da ogni unità venduta, cioè il prezzo): RMe = RT / Q = P  N.b.: Il RMe non è altro che la curva di domanda vista dalla parte del venditore!  Ciò che un’impresa incassa su ogni unità venduta è infatti pari a ciò che l’acquirente paga per quell’unità.  La relazione tra prezzo pagato e numero di unità acquistate (= la curva di domanda) è quindi anche la curva di RMe per l’impresa.  Ricavo marginale (= l’incremento di RT generato dalla vendita di un’unità in più di output): RM =  RT /  Q  Queste definizioni valgono per tutte le imprese, a prescindere dalla struttura del mercato in cui operano.

21 I ricavi di un’impresa in concorrenza perfetta  L’impresa PC è price-taker: il prezzo P è dato.  Ricavo totale: RT = P x Q  Ricavo medio RMe = RT / Q = P  Ricavo marginale: RM =  RT /  Q = P  Nel solo caso di un’impresa PC, sia il ricavo medio che quello marginale sono pari al prezzo di vendita.  Infatti, essendo dato il prezzo, anche RM sarà sempre uguale a P.  Pertanto, nel caso di un’impresa PC, le due curve RMe e RM coincidono e sono orizzontali al livello dato di P. RM = Rme = P P Q

22 La massimizzazione del profitto  L’obiettivo dell’impresa è massimizzare il profitto.  La sua variabile decisionale è la quantità, quindi per raggiungere l’obiettivo deve produrre quella quantità che massimizza la differenza tra ricavi totali e costi totali: Q MAX t.c. max  = RT - CT  Il massimo profitto si ha per la quantità Q max tale che il ricavo marginale uguaglia il costo marginale:  Finché RM > CM, l’aumento di Q fa crescere   Finché RM < CM, l’aumento di Q fa diminuire   Quando RM = CM, il profitto è massimo  Nel caso particolare di un’impresa PC, valendo RM = P, il massimo profitto si avrà pertanto quando: P = CM (è la c.d. regola MCP, o marginal cost pricing rule).

23 La regola marginalista Quantità 0 Costi e Ricavi CM Q MAX RM P Il profitto dell’impresa è massimo quando il ricavo marginale uguaglia il costo marginale. Questa regola vale per qualsiasi impresa: se RM > CM, l’aumento di Q fa crescere  se RM < CM, l’aumento di Q fa diminuire  se RM = CM, il profitto è massimo Q2Q2 Q1Q1 A B E A’ B’

24 La regola marginalista per un’impresa PC Quantità 0 Costi e Ricavi CM Q MAX RM = RMe = P P Nel caso particolare di un’impresa PC ricavo medio e ricavo marginale coincidono e sono entrambi pari al prezzo Regola MCP: P = CM

25 La minimizzazione del costo totale  In un mercato PC la produzione totale si distribuisce tra le diverse imprese in modo da minimizzare il costo totale di produzione.  E’ un risultato “sorprendente” della mano invisibile.  Nessuna impresa ha come obiettivo tale risultato, perché ciascuna è interessata solo a massimizzare il proprio profitto. Nonostante ciò, all’equilibrio si ottiene la minimizzazione del costo totale, come se la produzione fosse gestita da un pianificatore centrale avente come obiettivo proprio tale minimizzazione.  Il risultato dipende dall’applicazione della regola marginalista di massimo profitto da parte di ciascuna impresa e dal corollario di comportamento price taking tipico della PC.  Per l’impresa 1 vale P = CM 1 ; per l’impresa 2 vale P = CM 2. Ma allora, dato che il prezzo è lo stesso, deve essere: CM 1 = P = CM 2, cioè in equilibrio ciascuna impresa produce una quantità tale che i rispettivi costi marginali si uguagliano tra loro.  Ma questo è proprio quanto farebbe un ipotetico pianificatore che, per ridurre il costo di produzione, trasferisse la produzione, unità per unità, dall’impresa dove il CM è più alto a quella dove il CM è più basso. Anch’esso infatti si fermerebbe quando i CM diventano uguali perché così minimizzerebbe il costo totale di produzione.

26 10 | 26Cowen-Tabarrok, PRINCIPI DI ECONOMIA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2011

27 Il massimo profitto per un’impresa PC Quantità 0 Costi e Ricavi CM CMeT CMeV Q MAX P = RMe = RM P Il profitto economico è  = RT – CT Divido per Q:  /Q = RT/Q – CT/Q = RMe – CMeT

28 Come determinare il profitto (massimo) Quantità0 Prezzo Profitto CMeT CM P CMeT(Q max ) Q max P = RM = RMe B E A AE = BP = RMe – CMeT AB = Q max  max = AB × BP

29 10 | 29Cowen-Tabarrok, PRINCIPI DI ECONOMIA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2011

30 Come determinare la perdita (minima) Quantità 0 Prezzo CMeT(Q max ) Perdita CMeTCM Qmax Quantità di minima perdita P P = RMe = RM A E B Applicare la regola marginalista garantisce che, in caso di perdite, la perdita sia la più bassa possibile.

31 La curva di offerta dell’impresa Quantità 0 costi e Ricavi CM = curva di offerta dell’impresa Q” MAX RM1 P3 - Al variare del prezzo, la regola marginalista individua le diverse quantità di massimo profitto. - Le coppie (Q,P) così determinate (punti E, E’, E”) sono punti della curva di offerta e si trovano tutte lungo la curva CM. P1 P2 E” E’ E RM2 RM3 Q MAX Q’ MAX Livelli di prezzo dato CM

32 Da dove parte la curva di offerta di un’impresa? Due tipi di decisione  La decisione di stop alla produzione (shutdown) si riferisce alla scelta di breve periodo di non produrre nulla durante un certo intervallo di tempo.  La decisione di uscita dal mercato (exit) si riferisce invece alla scelta di lungo periodo di abbandonare il mercato.  I costi fissi entrano in gioco soltanto quando l’impresa considera se rimanere o uscire dal mercato (perché nel lungo periodo non sono in realtà fissi), ma non quando deve decidere se interrompere o meno la produzione.  Esempio: l’orario di apertura di un ristorante (problema di BP) non dipende dal costo fisso dell’arredamento; la scelta se allargare il locale (problema di LP) invece sì.

33 Lo stop alla produzione Quantità CM CMeT CMeV 0 Ricavi e costi Se P > CMeT : continuare a produrre con profitto Se P < CMeV : smettere di produrre Se P > CMeV : continuare a produrre (in perdita) nel breve periodo A A = punto di arresto della produzione Nel breve periodo la curva di offerta parte da A = punto di chiusura.

34 La decisione di entrata/uscita dal mercato Entrare se P > CMeT Uscire se P < CMeT Quantità CM CMeT 0 Ricavi e costi B Nel lungo periodo la curva di offerta parte da B = punto di uscita dal mercato.

35 Ricapitolando…  La curva di offerta di un’impresa PC… ä …è sempre individuata dalla curva di costo marginale… ä …ma si deve distinguere tra:  Curva di offerta di breve periodo  La porzione della curva del costo marginale al di sopra della curva di costo medio variabile.  Curva di offerta di lungo periodo  La porzione della curva del costo marginale al di sopra della curva del costo medio di lungo periodo.

36 La curva di offerta in un mercato PC  L’offerta di mercato è la somma delle offerte individuali.  Nel caso di un numero fisso di imprese :  Per ogni dato prezzo, ciascuna impresa PC offre la quantità per cui vale P = CM, cioè la quantità di massimo profitto.  L’offerta di mercato è data dalla somma orizzontale delle curve di costo marginale delle singole imprese.  Nel caso di entrata ed uscita delle imprese:  Le imprese entrano ed escono dal mercato finché il profitto (rectius, extraprofitto) è diverso da zero: entrano se  > 0, escono se  < 0.  Nel lungo periodo, le imprese PC ottengono un extraprofitto pari a zero, mentre il prezzo uguaglia il minimo di CMe.  La curva di offerta di mercato di lungo periodo (LP) è una linea orizzontale collocata all’altezza di quel prezzo.

37 (a)Curva di offerta dell’impresa Quantità (impresa) 0 Prezzo CM $2.00 1.00 100200Quantità (mercato)0 Prezzo Offerta $2.00 1.00 10,00020,000 L’offerta di mercato nel breve periodo Esempio: 100 imprese. Hp: le imprese sono tutte uguali. (b) Curva di offerta di mercato

38 L’offerta di mercato di lungo periodo (a)Condizione di zero profitto per l’impresa Quantità (impresa) 0 Prezzo P = minimo CMe (b) Curva di offerta di mercato Quantità (mercato) Prezzo 0 Offerta CM CMe Q max = Q eff Perché?

39 Le imprese PC fanno profitti?  Occorre distinguere tra  normale ed extra- .  Profitto normale: con tale termine si indica la remunerazione del capitale più il premio per il rischio più il c.d. stipendio di direzione. In pratica è la somma di tutte le componenti del costo opportunità che deve considerare chi sceglie di fare l’imprenditore. Quindi il profitto normale fa parte dei costi.  Extra-profitto (profitto economico o puro): eccedenza dei ricavi sui costi, questi ultimi inclusivi del profitto normale.  Nell’equilibrio di breve periodo, un’impresa PC può ottenere extra- profitti.  Nell’equilibrio di lungo periodo, un’impresa PC non ottiene extra- profitti, ma ottiene il  normale, altrimenti esce dal mercato. Per questo si dice che l’impresa PC nel LP non fa né profitti, né perdite.  Tale risultato, dovuto a Walras, è noto anche come principio di eliminazione: le imprese che nel lungo periodo non ottengono il  normale sono eliminate dal mercato, mentre eventuali extraprofitti sono eliminati dall’ingresso di nuove imprese sul mercato.  E’ possibile analizzare come le forze del mercato di PC (cioè la concorrenza) determinano questo risultato.

40 La concorrenza in un mercato PC  Partiamo dall’equilibrio di LP in cui P 1 è pari al minimo di CMeT.  Ipotizziamo un aumento della domanda. Cosa succede?  L’aumento della domanda fa crescere prezzo e quantità di equilibrio sul mercato nel BP. Le imprese PC ottengono extra-profitti perché ora il prezzo P 2 eccede il CMeT.  Attratte dagli extra-profitti, nuove imprese (per hp tutte identiche a quelle già attive) entrano sul mercato. Questo sposta a destra la curva di offerta di mercato di BP.  Hp cruciale: è sempre possibile che nascano nuove imprese, ovvero il settore opera a costi costanti (= non ci sono limitazioni di input).  L’ingresso di nuove imprese, e quindi l’aumento dell’offerta, fa diminuire il prezzo di equilibrio.  Il processo di ingresso di nuove imprese si arresta quando, nel nuovo equilibrio di LP, gli extra-profitti tornano a zero e il prezzo torna pari al minimo del CMeT. Tuttavia, ora vi sono più imprese attive di prima  La maggiore domanda sarà soddisfatta dalle nuove imprese, ma ciascuna di esse produce come prima e vende al prezzo iniziale P 1.

41 Situazione iniziale Mercato Impresa Quantità (impresa) 0 Prezzo CM CMeT P1P1 Quantità (mercato) Prezzo 0 D1D1 P1P1 Q1Q1 A S 1 Offerta di LP Offerta di BP q 1 = q eff

42 Reazione nel breve periodo Mercato Impresa Quantità (impresa) 0 Prezzo CM CMeT Extraprofitto P1P1 P2P2 Quantità (mercato) Prezzo 0 D 1 D 2 P1P1 Q1Q1 Q2Q2 P2P2 A B S 1 Offerta di LP q1q1 q2q2

43 La reazione di lungo periodo Mercato Impresa Quantità (Impresa) 0 Prezzo CM CMeT P1P1 Quantità (Mercato) Prezzo 0 D1D1 D2D2 P1P1 Q1Q1 Q2Q2 P2P2 A S1S1 Offerta di LP S2S2 Q3Q3 B E q eff = q 1

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45 Prezzo Quantità Offerta di LP P1P1 Q3Q3 CS Il benessere sociale nell’equilibrio di LP All’equilibrio di LP del mercato PC…  il benessere sociale è massimo (teorema della mano invisibile)…  ma tutto il benessere va ai consumatori (TS = CS) E Domanda

46 La via virtuosa per gli extra profitti  Parafrasando Adam Smith, esistono due modi con cui un’impresa può ottenere extraprofitti: quella “facile in salita” e quella “ardua in discesa”.  La prima via è quella dell’aumento del prezzo, ma questo in un mercato PC non è possibile (lo è invece in presenza di potere di mercato).  La seconda è quella della riduzione del costo di produzione: se l’impresa diventa più efficiente (riduzione di CMeT) può o vendere ad un prezzo più basso delle rivali oppure, al prezzo P 1, ottenere, e soprattutto mantenere, extraprofitti.  Più in generale, la via della riduzione dei costi è anche quella dell’innovazione: inventare nuovi/migliori prodotti o nuovi/migliori processi produttivi è la fonte principale (e l’unica virtuosa, cioè pro-benessere sociale) degli extraprofitti.  E’ quindi proprio il principio di eliminazione a spiegare perché le imprese in un mercato concorrenziale hanno forte incentivo ad innovare ed a cercare l’efficienza.  Questo è anche il secondo sorprendente risultato della mano invisibile: le risorse produttive e le capacità imprenditoriali verranno attratte dai settori dove ci sono più opportunità di extraprofitto, ovvero dove l’utilizzo delle risorse ha maggior valore. E’ il c.d. principio del bilanciamento dei settori.

47 Una curva di offerta di LP inclinata positivamente  In alcuni casi la curva di offerta di LP in un mercato PC può avere inclinazione positiva.  Ciò avviene nei c.d. settori a costi crescenti ed è dovuto alla disponibilità limitata di alcuni fattori di produzione (p.e. le materie prime, il personale specializzato, la capacità imprenditoriale di operare in quel settore).  Pertanto sarà via via più costoso produrre maggiori quantità del bene e, soprattutto, non potrà aversi l’ingresso illimitato di nuove imprese alle medesime condizioni di costo.  In generale, comunque, l’offerta di mercato di LP sarà sempre più elastica (cioè più “piatta”) di quella di BP. Questo perché nel LP le imprese possono entrare/uscire dal mercato, quindi l’offerta è più “reattiva” alle variazioni di P.

48 L’impresa 2 entra nel mercato solo se il prezzo supera i 29$ perché i suoi costi di produzione sono maggiori di quelli dell’impresa 1 (che invece è disposta a vendere ad un prezzo superiore a 17$). L’offerta in un settore a costi crescenti

49 Ricapitolando…  In un mercato PC le imprese possono realizzare extraprofitti nel BP.  La concorrenza (= l’ingresso di nuove imprese) fa sì che nel LP tali extraprofitti si azzerino.  All’equilibrio di LP ciascuna impresa produce una quantità pari alla dimensione efficiente e la vende ad un prezzo pari al minimo del costo medio (= il prezzo più basso possibile compatibilmente con la permanenza nel mercato dell’impresa). Il profitto è solo quello normale (= remunerazione dei costi opportunità).  Quindi l’equilibrio di LP in un mercato PC, raggiunto attraverso l’azione della concorrenza, determina il massimo benessere e la migliore situazione possibile per i consumatori (= tutto il surplus va ai consumatori).

50 Caratteristiche del monopolio Il monopolio è la forma di mercato agli antipodi della PC. Un’impresa è considerata monopolista se: –… è l’unica che vende un certo prodotto & –… il prodotto non ha dei buoni sostituti & –… non esiste possibilità di entrata nel mercato per altre imprese. Le prime due condizioni garantiscono l’assenza di concorrenza effettiva, la terza l’assenza di concorrenza potenziale. La conseguenza è che il monopolista ha potere di mercato sul prezzo del prodotto. Quindi non è price-taker, ma price-maker. Quanto sono diffusi i monopoli? – E’ una questione di grado: spesso le imprese hanno un certo potere sul prezzo perché i prodotti sono differenziati, ma… –… non basta avere potere di mercato per essere un monopolio & – … i veri monopoli sono rari perché è raro che vi siano prodotti davvero unici. Quindi anche il monopolio puro è in un certo senso un caso ideale come la concorrenza perfetta.

51 Il potere di mercato nella realtà A parte i (rari) casi in cui si può parlare di monopolio puro, e posto che la PC è solo un caso ideale, la realtà è costituita da mercati in cui le imprese sono dotate, in diversa misura, di potere di mercato. Quindi il mercato “fallisce” sempre! “Paradosso della concorrenza”: qualsiasi azione concorrenziale da parte di un’impresa denota il possesso di potere di mercato; al contrario, PC e monopolio sono le forme di mercato dove le azioni concorrenziali sono escluse per definizione. L’entità del potere di mercato di un’impresa misura proprio la distanza dai due casi limite del monopolio (potere massimo) e PC (zero potere). Concorrenza monopolistica ed oligopolio sono le due forme di mercato “intermedie” tra monopolio e PC. Anch’esse in realtà sono modelli teorici: i mercati reali non corrispondono a nessuna di queste forme di mercato “pure”, ma presentano un po’ delle caratteristiche di ciascuna. Anche le singole imprese agiscono in modo “misto”, adottando un mix di comportamenti concorrenziali, monopolistici ed oligopolistici, specie quando operano su più mercati contemporaneamente (in senso geografico e merceologico).

52 Perché esiste il monopolio? La causa fondamentale dell’esistenza di potere di mercato è la presenza di barriere all’entrata di imprese concorrenti sul mercato. Quando tali barriere sono così elevate da impedire del tutto la concorrenza, sia effettiva che potenziale, abbiamo un monopolio puro. Le barriere possono essere di tre tipi : –barriere di tipo oggettivo, cioè indotte dalla proprietà esclusiva di uno o più input essenziali che non possono essere sostituiti o riprodotti  solo chi possiede quel determinato input può produrre un certo bene o servizio. –barriere di tipo legale: brevetti, marchi, copyright, diritti esclusivi di vendita  è lo Stato che sancisce il monopolio. N.b.: tali barriere possono essere indispensabili per incentivare le imprese a svolgere attività di R&D ed innovare. –barriere di tipo economico (barriere di costo), cioè indotte dalla presenza di forti economia di scala. E’ il caso del c.d. monopolio naturale.

53 Il monopolio naturale Definizione: un’industria è un monopolio naturale quando una singola impresa può fornire un certo bene o servizio all’intero mercato ad un costo inferiore di quanto potrebbero fare due o più imprese. Questo fenomeno si verifica quando, a causa della presenza di forti economie di scala, la dimensione efficiente di un’impresa è così grande che in quel dato settore soltanto un’unica impresa può fornire il prodotto al mercato al minimo costo medio. In altre parole, in caso di monopolio naturale il CMeT minimo di un’impresa piccola è maggiore di quello di un’impresa grande, per cui “frazionare” la produzione totale tra più imprese è inefficiente. Solo l’espansione del mercato (cioè l’aumento della domanda) può eliminare il monopolio naturale. Tipici esempi di monopolio naturale sono le industrie che richiedono la realizzazione delle c.d. reti (telefonica, ferroviaria, elettrica, del gas, ecc.), cioè infrastrutture con enormi costi fissi la cui duplicazione non è economicamente razionale.

54 Q Costo medio CMeT mon Q eff ½ Q eff Min CMet CMet’ Hp: eventuali altre imprese sono identiche al monopolista come struttura dei costi (se le altre imprese sono più piccole e/o con costi più alti, il risultato è ancora più ovvio!) Monopolio naturale CMeT smal l A B

55 Monopolio versus concorrenza perfetta (1) Monopolio: esiste un unico produttore...  …la cui domanda coincide con la domanda di mercato e quindi ha andamento discendente,  …che agisce da price-maker e ottiene extra-   …il cui comportamento è vincolato soltanto dalla domanda (per cui o sceglie Q* o sceglie P*). Mercato PC: esistono molte imprese...  …ciascuna delle quali fronteggia una curva di domanda orizzontale,  …che agiscono da price-takers, senza ottenere extra-   …che al prezzo dato possono vendere qualsiasi quantità (per cui scelgono solo Q*).

56 Il ricavo marginale del monopolista Il RM del monopolista è sempre inferiore al prezzo del bene: RM < P (= RMe), quindi la curva del RM è sempre sotto quella del RMe (= curva di domanda). Perché? Dato che la curva di domanda è discendente, quando il monopolista vuole vendere una unità in più (unità marginale) deve ridurre il prezzo, ma il prezzo inferiore si applica anche a tutte le unità che avrebbe già potuto vendere ad un prezzo più elevato. Vi sono due effetti sul ricavo totale RT = P x Q: –Effetto output: l’impresa vende un’unità in più, quindi RT cresce. –Effetto prezzo: l’impresa vende tutte le unità a prezzo inferiore, quindi RT diminuisce. –L’effetto totale, cioè l’incremento del RT (= il RM), è la somma algebrica dei due effetti e può essere positivo o negativo, ma sicuramente è sempre inferiore al prezzo a cui viene venduta l’unità addizionale di output.

57 11 | 57Cowen-Tabarrok, PRINCIPI DI ECONOMIA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2011 Effetto prezzo: Effetto output:

58 La domanda ed il RM in caso di monopolio Quantità Prezzo €20 0 Domanda (= RMe) 12345678 RM La relazione esatta tra RM e P è: RM = P – (P/  D  ) < P Infatti in PC  D  , e quindi RM = P

59 La massimizzazione del profitto del monopolista Il monopolista massimizza il profitto seguendo, come tutte le imprese, la “solita” regola marginalista. Quindi produce la quantità Q* tale che il RM sia pari al CM. Max  quando Q = Q* è tale che RM = CM Attenzione: la regola serve a determinare la quantità ottimale, ma il prezzo si deve leggere sulla curva di domanda. Quindi il prezzo a cui il monopolista vende la quantità ottimale sarà sempre maggiore del CM. Questo fa sì che il monopolista ottenga un extra- . Tale extra-  permane anche nel lungo periodo perché per definizione di monopolio non può esservi entrata di nuove imprese nel mercato.

60 PMPM QuantitàQ* Costi e ricavi medi Domanda CMeT RM CM M E L’equilibrio del monopolio

61 Monopolio versus concorrenza perfetta (2) Ottimo per l’impresa PC: P = RM = CM Ottimo per il monopolista: P > RM = CM L’extra-  del monopolista è pari a:  = (P – CMeT) Q * Tre osservazioni: 1. La differenza tra P e CM è denominata mark up. Se rapportato a P, il mark up è una misura del potere di mercato di cui gode l’impresa. Chiamiamo indice di Lerner la frazione L = (P – CM)/P. Dato che CM = RM e RM = P – (P /  D  ), si ha che L = 1 /  D   il potere di mercato è l’inverso dell’elasticità della domanda rispetto al prezzo. 2. Non esiste una curva di offerta del monopolista, ma solo un punto di offerta; questo perché non ha senso chiedere al monopolista “quanto produci se il prezzo è…?”. Il prezzo lo fa lui! 3. La posizione di monopolio (e quindi anche l’extra-  ) può essere temporanea; p.e. un brevetto ha durata limitata: alla sua scadenza il mercato diviene PC a causa dell’ingresso di imprese imitatrici.

62 Il profitto del monopolista CMeT (Q*) QuantitàQ*0 Costi e Ricavi Domanda CM RM M D A B CMeT Extra profitto PMPM E MD = P M – CMeT (Q*) = = extra-profitto unitario

63 Un’ipotesi semplificatrice Spesso nell’analisi del monopolio si formula l’ipotesi semplificatrice che il costo marginale CM sia costante. Quindi anche il costo medio CMeT è costante e coincidente con il costo marginale. Questo è giustificato dal fatto che il versante dei costi di produzione non è quasi mai quello più interessante per l’analisi di un mercato di monopolio (fa eccezione il monopolio naturale) e quindi lo si può semplificare al massimo senza problemi. Nei prossimi grafici il CM è costante e quindi sempre pari a CMeT.

64 11 | 64Cowen-Tabarrok, PRINCIPI DI ECONOMIA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2011 Il mark up e l’elasticità della domanda Indice di Lerner: L = (P – CM)/P = 1/  D 

65 Quantità monopolio Quantità efficiente 0 Costi & ricavi medi Domanda CM (= CMeT) RM Un brevetto con durata limitata M C E A B Finché dura il brevetto, il monopolista sceglie il punto M. Quando il brevetto scade, il mercato diventa concorrenziale e l’equilibrio di PC si trova nel punto C. Perché? [Suggerimento: pensare alla curva di offerta di mercato PC]

66 La perdita di benessere del monopolio (1) Nel caso di monopolio, il mercato “fallisce” perché non riesce ad allocare efficientemente le risorse, e quindi a massimizzare il benessere sociale. L’effetto è analogo a quello indotto dalla presenza di una tassa: il monopolista produce meno della quantità socialmente efficiente. Dato che il prezzo è maggiore del costo marginale, vi saranno consumatori la cui disponibilità a pagare è maggiore del costo opportunità del produttore (= CM), ma inferiore al prezzo, e che quindi non comprano il bene. Pertanto il monopolio impedisce che si sfruttino alcune opportunità di scambio mutuamente vantaggiose. Questo vale in generale non solo nel caso del monopolio puro, ma in tutte le situazioni in cui un’impresa gode di potere di mercato, cioè fissa un prezzo superiore al CM.

67 RM M C E Domanda di mercato (= disponibilità a pagare) Costo marginale del monopolista (= disponibilità a vendere) (= costo opportunità del monopolista) (= somma dei CM individuali se  PC) (= offerta di mercato se  PC) P Q Q max Q eff La quantità di max profitto per il monopolista è minore della quantità di max benessere. Questo perché esistono opportunità di scambio mutuamente vantaggiose (per cui cioè vale: disponibilità a pagare > costo opportunità) non sfruttate.

68 La perdita di benessere del monopolio (2) Nel caso di monopolio, come in quello della tassa, si crea un cuneo tra la disponibilità a pagare dei compratori ed il costo opportunità del produttore. La perdita secca (deadweight loss, DWL) misura la perdita di benessere totale indotta dal monopolista. N.b.: il problema non è costituito dal fatto che il monopolista ottenga extra-  a danno dei consumatori (non siamo infatti interessati a come il surplus si distribuisce), ma dal fatto che scelga una quantità ottimale troppo bassa! Inoltre spesso esistono costi addizionali legati all’ottenimento e/o al mantenimento della posizione di monopolio (c.d. rent-seeking & rent-preserving costs). Anche questi costi implicano una perdita di benessere. –P.e. costi che il monopolista sostiene al solo fine di impedire l’ingresso di altre imprese sul mercato. Sono un puro spreco!

69 La DWL del monopolio Quantità 0 efficiente PMPM Quantità di monopolio DWL Domanda CM Prezzo RM M E C

70 Politiche pubbliche anti-monopolio Il policy-maker può affrontare il problema della perdita di benessere indotta dal monopolio in diversi modi. Può…  …favorire condizioni di maggiore concorrenza mediante leggi & autorità antitrust. –P.e. impedendo che la fusione tra due o più imprese crei un nuovo monopolio (ma vedi più avanti...)  … imporre un certo comportamento al monopolista, p.e. riguardo al prezzo. E’ la c.d. regulation, usata in particolare nel caso dei monopoli naturali.  … nazionalizzare i monopoli privati. –Ma il monopolio rimane e la perdita di efficienza nel caso di proprietà pubblica può essere persino maggiore!  … non fare nulla  approccio della scuola di Chicago: –A causa di problemi informativi, l’inefficienza causata dall’intervento pubblico nel mercato è maggiore di quella generata dalla presenza di potere di mercato nel settore privato. –Salvo il caso dei monopoli naturali, il mercato elimina da solo le posizioni di monopolio: non esistono monopoli perpetui!

71 La regulation Il governo può imporre un certo prezzo al monopolista (p.e. nel caso di monopoli naturali come la rete ferroviaria o le public utilities). Quale prezzo deve fissare il governo? Nel caso il prezzo imposto sia pari al CM l’allocazione delle risorse sarà quella efficiente. Tuttavia sorgono due problemi:  Un P = CM può essere inferiore al CMeT; se questo accade, allora al prezzo imposto dal policy-maker l’impresa è costretta ad operare in perdita. –Nel caso principale di regulation, quello dei monopoli naturali, il costo medio è sempre descrescente e quindi CM è sempre inferiore a CMeT. –Soluzioni: concedere sussidi statali per coprire le perdite e/o imporre un P > CM (p.e pari al costo medio: punto R).  Un P = CM toglie qualsiasi incentivo al monopolista ad essere più efficiente e/o a migliorare il proprio prodotto o servizio perché qualsiasi riduzione di costo implica subito una riduzione del prezzo.

72 CMeT P imposto (= CM) Quantità0 Perdita Prezzo Domanda CM CMeT Quantità efficiente RM Se è un monopolio naturale, CMeT è sempre decrescente E C M R R è una soluzione di compromesso: P pari a CMeT (  zero extra-  ), Q intermedia tra Q M e Q eff Quantità di monopolio

73 Efficienza ed antitrust Efficienza tecnica (o produttiva): considera i costi di produzione; la si persegue spingendo al livello minimo il CMeT. Efficienza allocativa: considera il benessere sociale (CS + PS); la si persegue spingendo il prezzo al livello minimo possibile. Nel caso ideale della PC i due concetti sono mutuamente compatibili all’equilibrio di lungo periodo. Nella realtà (così come nell’esempio del monopolio naturale), molto meno… La concentrazione del mercato in poche, grandi imprese (al limite una sola, in caso p.e. di monopolio naturale) favorisce l’efficienza tecnica, p.e. perché consente il massimo sfruttamento delle economie di scala e l’adozione di processi produttivi non realizzabili in una piccola impresa. Ma la concentrazione impedisce la massimizzazione del benessere sociale, e quindi il raggiungimento dell’efficienza allocativa. Esempio: come giudicare la fusione tra due grandi imprese? Va incoraggiata (o comunque consentita) o impedita dalla legge?

74 La discriminazione di prezzo Con il termine discriminazione di prezzo (DdP) si intende la possibilità per il monopolista di violare la legge del prezzo unico, cioè il fatto che tutte le unità debbano essere vendute allo stesso prezzo. Esistono tre tipi di DdP: –Vendere lo stesso bene a prezzo diverso a clienti diversi. – Vendere lo stesso bene allo stesso cliente a prezzi diversi in base alla quantità acquistata (sconto sulla quantità, 2-parts tariff). – Un mix tra le due: un prezzo diverso per ogni cliente e per ogni unità di bene acquistato. La DdP è impossibile in un mercato PC: per poterla praticare è necessario avere potere di mercato. La DdP ha due effetti: –Aumenta i profitti del monopolista, che si appropria di parte del surplus del consumatore. Questo è il motivo che spinge il monopolista ad operare la DdP. –Riduce la DWL del monopolio in tutti i casi in cui accresce la quantità scambiata (cioè quasi sempre). L’effetto netto sul benessere sociale è dunque (spesso) positivo. Nei settori con elevati costi fissi e/o di R&D, l’aumento dei profitti incentiva l’investimento e l’innovazione e quindi accresce il benessere sociale.

75 12 | 75Cowen-Tabarrok, PRINCIPI DI ECONOMIA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2011 Il monopolista fissa un prezzo alto in Europa e basso in Africa. Il suo profitto aumenta in entrambi i mercati rispetto al caso in cui vende al prezzo unico di monopolio. Per definizione, infatti, P EU e P AF massimizzano i due profitti.

76 300 100 150 Costo medio e marginale Domanda Hp: due categorie di consumatori Clienti business: disponibilità a pagare = 300 Clienti economy: disponibilità a pagare = 150 Costo medio e marginale = 100 Profitto su clienti business = (300-100)250 = 50000 Profitto su clienti economy = (150-100)250 = 12500 250 Prezzo Quantità500 Discriminazione di prezzo: esempio 1 Se l’impresa imponesse un unico prezzo, guadagnerebbe sicuramente di meno!

77 PMPM QMQM RM D CM = CMET  M = (P M – CM)Q M  PD = (P 2 – CM)Q B + (P 1 – CM)(Q E – Q B ) P2P2 P1P1 CM QBQB QEQE Prezzo clienti business Prezzo clienti economy Domanda clienti business Domanda clienti economy Discriminazione di prezzo: esempio 2  PD >  M M Prezzo Quantità

78 Condizioni per la discriminazione di prezzo Nel caso il mercato possa essere suddiviso in due o più sotto-mercati, caratterizzati da elasticità della domanda differente, al monopolista converrà sempre operare una discriminazione di prezzo del tipo “prezzo diverso a clienti diversi”. –Esempi libri in edizione economica, biglietti aerei, sconti per età. Il monopolista aumenta i propri profitti praticando un prezzo maggiore nei sotto-mercati dove l’elasticità della domanda è minore. Per poter esercitare tale forma di discriminazione, devono tuttavia valere tre condizioni: –l’impresa deve avere potere di mercato (monopolio, ma non solo); –il monopolista deve avere informazioni tali da poter suddividere i clienti in base alla loro disponibilità a pagare (e quindi per separare i sotto-mercati in base all’elasticità della domanda); –non devono esistere possibilità di arbitraggio (cioè la possibilità per chi acquista a prezzo basso di rivendere con profitto il bene a chi, comprando dal monopolista, dovrebbe pagare un prezzo alto).

79 L’effetto di DdP sul benessere sociale L’effetto della DdP sul benessere sociale è positivo in tutti i casi in cui la quantità complessivamente scambiata aumenta rispetto al caso di prezzo unico. Ciò dipende dalle diverse elasticità della domanda nei vari sotto-mercati. –Che il benessere aumenti in tali casi è ovvio, posto che si realizzano più scambi mutuamente vantaggiosi. Discriminazione perfetta: è il caso limite della DdP. In questo caso il monopolista si appropria dell’intero surplus del consumatore applicando ad ogni cliente un prezzo esattamente pari alla sua disponibilità a pagare. Ovviamente è necessario che il monopolista conosca tali disponibilità a pagare! In pratica, ogni singolo cliente diventa un sotto-mercato in cui praticare un prezzo differente. Due risultati della DdP perfetta: –La quantità scambiata è quella efficiente (quindi DWL = 0) –Il profitto per il monopolista è pari all’intero benessere sociale

80 Il riparto del benessere in un monopolio senza discriminazione Prezzo 0Quantità QMQM PMPM Profitto (= PS) Perdita secca Domanda CM RM Rendita del consumatore Hp di costi costanti

81 12 | 81Cowen-Tabarrok, PRINCIPI DI ECONOMIA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2011 DdP perfetta Qui l’impresa smette di vendere (P = CM)

82 Il riparto del benessere nel caso di DdP perfetta Prezzo 0Quantità Q eff Domanda = RM (perché in questo caso RM = p) CM Profitto (= PS) Se ogni consumatore paga un prezzo pari alla sua disponibilità a pagare, si ha: TS = PS, CS = 0 DWL = 0

83 Concorrenza monopolistica (MC) E’ una forma di mercato “intermedia” che presenta alcune delle caratteristiche della PC ed altre del monopolio. –I primi a studiarla sono stati, separatamente ma pressoché contemporaneamente, Joan Robinson ed E.H. Chamberlin nei primi anni Trenta. Caratteristiche della MC: –Molti venditori: ci sono molte imprese che competono per accaparrarsi gli stessi clienti. N.b.: “gli stessi clienti” significa che la domanda è limitata, non illimitata. –Differenziazione del prodotto: ciascuna impresa produce un bene che differisce almeno (ma solo…) in parte da quello delle altre imprese; pertanto ciascuna impresa fronteggia una curva di domanda specifica per quella varietà di prodotto ed inclinata negativamente. Ciò denota l’esistenza di un potere di mercato. Il grado di somiglianza/sostituibilità tra i prodotti è misurato dal coefficiente di interdipendenza, basato sull’elasticità incrociata. – Libertà di entrata ed uscita: non esistono restrizioni all’ingresso ed all’uscita dal mercato; vale il principio di eliminazione: il numero di imprese varia finché gli extra-profitti sono diversi da zero. Anche questa forma di mercato non esiste nella sua forma “pura”. Però molti mercati reali si avvicinano molto ad essere di tipo MC.

84 L’impresa MC nel breve periodo Nel breve periodo l’impresa MC segue la stessa regola di massimizzazione del profitto del monopolista. Questo perché nel breve periodo non esiste concorrenza per quella particolare varietà del prodotto: di fatto l’impresa è come se fosse un monopolista su quella varietà. Tuttavia le imprese che offrono prodotti simili competono per la stessa clientela (limitata per ipotesi). Quindi la domanda per una certa varietà del prodotto sarà tanto meno elastica rispetto al prezzo quanto più il bene è (oppure è percepito come) differenziato rispetto agli altri ad esso simili. –Comunque l’elasticità della domanda sarà sempre maggiore che nel caso di monopolio, cioè quando il bene non ha sostituti. –Nella realtà un’impresa può non sapere se il proprio mercato è MC o un “vero” monopolio (lo scoprirà solo dopo aver fissato il prezzo!); oppure può essere monopolista in certi mercati ed MC in altri (esempio delle rotte aeree a p.170). All’equilibrio di breve periodo:  L’impresa MC produce la quantità Q* t.c. RM = CM.  Vende Q* ad un prezzo superiore al CM ed al CMeT.  Ottiene extra-profitti positivi.  Il benessere sociale non è massimizzato.

85 Quantità Q* 0 Prezzo P MC Domanda RM CMeT CMeT (Q*) Extra Profitto CM Curva di domanda per quella varietà L’equilibrio di breve periodo

86 L’ingresso di nuove imprese Come sempre, l’ottenimento di extra-profitti positivi incoraggia l’ingresso di nuove imprese, ciascuna delle quali produce una diversa varietà (oppure la stessa varietà) del prodotto. Segue che, per effetto dell’ingresso…  … aumenta il numero di prodotti offerti;  … si riduce la domanda disponibile per le imprese già esistenti, e quindi le rispettive curve di domanda si spostano a sinistra; –N.B.: in caso di perdite, si avrà l’uscita di alcune imprese e quindi l’aumento della domanda per le rimanenti a causa della riduzione nel numero di varietà disponibili del prodotto.  … al ridursi della domanda per ciascuna impresa, anche l’extra- profitto si riduce fino a zero. E’ il “solito” principio di eliminazione!

87 L’equilibrio di lungo periodo Si ha entrata ed uscita delle imprese dal mercato MC finché gli extra-profitti non divengono zero. L’equilibrio di lungo periodo della MC ha due proprietà: 1) Come nel monopolio, il prezzo di equilibrio eccede il CM (  il potere di mercato genera mark up). Questo perché…  …la massimizzazione del profitto richiede che RM = CM...  …ma la pendenza negativa della curva di domanda (cioè del ricavo medio) implica che RM sia comunque inferiore al prezzo. 2) Come nel mercato PC, il prezzo uguaglia il CMeT:  la libertà di entrata e di uscita fa sì che l’equilibrio di lungo periodo possa aversi solo in assenza di extra-profitti. Graficamente, come conciliare le due proprietà? Nuova condizione di tangenza: la domanda è tangente a CMeT, ma in un punto diverso da quello di minimo.

88 L’impresa MC nel lungo periodo: la situazione iniziale Q* Quantità Prezzo 0 D1 RM1 CMeT CM P MC

89 L’effetto dell’entrata sulla domanda dell’impresa Quantità Prezzo 0 D1 RM1 CMeT CM D2 RM2 L’ingresso di nuove varietà riduce la domanda per quella varietà

90 L’equilibrio di lungo periodo: la nuova condizione di tangenza Q* (di lungo periodo) Quantità Prezzo 0 D2 RM2 CMeT CM E P MC

91 Capacità in eccesso Ci sono due differenze notevoli tra gli equilibri di lungo periodo della MC e della PC: la capacità in eccesso ed il mark-up. –Queste differenze si osservano in realtà in tutti i mercati della realtà caratterizzati dalla presenza di un qualche potere di mercato (cioè  PC). Nell’equilibrio di lungo periodo della PC non c’è alcuna capacità produttiva in eccesso: la libertà di ingresso delle imprese fa sì che ciascuna impresa PC produca la quantità efficiente (quella cioè per cui il CMeT è minimo). Nel caso della MC, invece, l’equilibrio di lungo periodo è caratterizzato da un eccesso di capacità produttiva: l’output di ciascuna impresa è minore della quantità efficiente. Quindi, a differenza di un’impresa PC, un’impresa MC potrebbe incrementare la quantità di equilibrio e contemporaneamente ridurre il costo medio totale. Pertanto, dal punto di vista del benessere sociale l’output è prodotto a costi più elevati del minimo possibile: l’ottimo sociale non è raggiunto.

92 Q Impresa MCImpresa PC Q P P = RM (domanda) CM CMeT Quantità prodotta Quantità efficiente P P Domanda CM CMeT Capacità in eccesso P = CM Quantità prodottta = Quantità efficiente RM

93 Mark up Per un’impresa PC il prezzo di equilibrio di lungo periodo è uguale al CM (ed al minimo di CMeT). Per un’impresa MC il prezzo di equilibrio di lungo periodo è maggiore del CM (mentre uguaglia sempre il CMeT, ma non al livello minimo). Dato che P MC > CM, ogni unità in più prodotta e venduta a quel prezzo genera un extra-profitto per l’impresa MC. –Ecco perché chi compete in un mercato MC (p.e. un negoziante) vuole sempre servire (o vendere ad) un cliente in più. –Quindi, se è vero che all’equilibrio di LP l’impresa MC non ottiene extra- profitti, è anche vero che se “catturasse” un cliente in più (si ricordi che per hp la domanda totale è data), su quel cliente ci guadagnerebbe! L’eccesso del prezzo sul costo marginale si chiama mark up ed è espressione dell’esistenza del potere di mercato. Come sappiamo, il mark up è tanto maggiore quanto meno la domanda per quella varietà è elastica, ovvero tanto più il bene è (o è percepito come) differenziato  vedi indice di Lerner. –Quindi l’impresa ha interesse a differenziare il proprio prodotto: vedi pubblicità.

94 Q Impresa MCImpresa PC Q P P = CM P = RM (domanda) CM CMeT Q* P P Domanda CM (Q*) CM CMeT RM Markup Q*

95 Un nuovo tipo di razionalità Il concetto di scelta razionale impiegato fin qui presuppone la non rilevanza delle scelte degli “altri”: –Concorrenza perfetta e concorrenza monopolistica: “gli altri” (agenti, imprese, ecc.) sono singolarmente irrilevanti perché troppo piccoli rispetto al mercato. –Monopolio: “gli altri”, semplicemente, non esistono. Quindi l’agente razionale può guardare solo al proprio problema di scelta in un ambiente c.d. “parametrico” (dove cioè altri decisori intelligenti non sono presenti o rilevanti) Cosa succede se l’ambiente di scelta non è più parametrico, ovvero se esistono “altri” (agenti, imprese, ecc.) le cui scelte possono influenzare l’esito delle nostre decisioni? Si entra nell’ambito della razionalità non parametrica o strategica. Il concetto chiave è quello di interdipendenza.

96 Caratteristica dell’oligopolio Oligopolio: mercato in cui esistono solo poche imprese, ciascuna delle quali offre un prodotto identico o simile. –N.b.: il fatto che il prodotto sia identico o simile non è necessario per definire un oligopolio (si pensi p.e. al mercato oligopolistico delle automobili). L’ipotesi serve solo per sottolineare a scopo didattico che nel caso dell’oligopolio NON sono le caratteristiche del prodotto ad essere rilevanti per l’analisi, al contrario di quanto avviene p.e. nella concorrenza monopolistica. La caratteristica fondamentale dell’oligopolio, ovvero ciò che lo definisce come forma di mercato a sé stante, è l’interdipendenza. Con il termine interdipendenza si intende il fatto che, data l’esistenza di poche imprese, le azioni di ciascuna hanno un effetto rilevante sull’esito del mercato per tutte le altre. Quindi ciascuna impresa deve tenere conto sia dell’effetto delle proprie azioni sulle rivali che delle azioni (ed eventuali reazioni) di queste ultime. In questo caso, quindi, la concorrenza è davvero tale, ovvero cercare di battere le imprese rivali in un confronto di azioni e reazioni. La concorrenza in oligopolio è un problema di strategia: per questo motivo lo strumento che dobbiamo utilizzare è la teoria dei giochi, al posto del tradizionale apparato di curve di costo e di domanda.

97 Il caso più semplice: il duopolio Un duopolio è un oligopolio con solo due imprese. Esempio classico: il duopolio di Cournot (1838) –due imprese che producono acqua minerale, con costo di produzione nullo. Scheda di domanda dell’acqua minerale

98 Possibili soluzioni La coppia (quantità, prezzo) di equilibrio in caso di mercato PC è: P = CM = €0 ; Q = 120 litri La coppia (quantità, prezzo) di equilibrio in caso di monopolio è quella che dà il profitto massimo: P = €60 ; Q = 60 litri Quindi: la produzione socialmente efficiente di acqua è 120 litri, mentre un monopolista ne produrrebbe solo 60 litri. Quanto produrranno i duopolisti? In caso di concorrenza sul prezzo, ciascun duopolista potrebbe abbassare il prezzo per “battere” il rivale, ma questo spingerebbe il prezzo fino al CM (= zero nell’ esempio!). Questa non è una strategia molto razionale…

99 Una possibilità strategica: la collusione L’oligopolio determina una situazione strategica, in cui le decisioni delle imprese devono tener conto dell’interdipendenza con le scelte delle imprese rivali. Una delle possibilità strategiche per ciascuna impresa è di cooperare (= mettersi d’accordo, colludere) con le rivali e agire tutte assieme in modo coordinato come se fossero un unico monopolista, cioè formando un c.d. monopolio congiunto (joint monopoly). –Collusione: accordo tra imprese che operano su uno stesso mercato, volto a determinare la quantità da produrre ed il prezzo. –Cartello: gruppo di imprese che agiscono in modo collusivo. N.b.: colludere è solo UNA delle possibili strategie in oligopolio. P.e. i duopolisti di Cournot possono mettersi d’accordo e stabilire di produrre congiuntamente la quantità del monopolista in maniera da ottenere il massimo profitto possibile. Dovranno anche stabilire come ripartire tra loro la produzione (p.e. metà ciascuno). Il comportamento collusivo merita particolare attenzione perché è quello più profittevole per le imprese: cooperare conviene. Il problema è che, una volta concluso l’accordo, ciascuna impresa ha un incentivo a deviare unilateralmente dall’accordo. Perché?

100 La teoria dei giochi E’ la teoria matematica che studia il comportamento razionale in condizioni di interdipendenza strategica, cioè quando la scelta di quale azione intraprendere deve tenere conto delle scelte e delle reazioni degli altri agenti. E’ l’unico caso di una teoria matematica espressamente ideata per le scienze sociali. –I fondatori: von Neumann & Morgenstern 1944 ; Nash 1950 Il campo di applicazione della teoria dei giochi è vastissimo: dall’economia alle strategie militari, dalla politica alla gestione di qualsiasi organizzazione. Obiettivo della teoria è analizzare situazioni strategiche particolarmente significative al fine di... – …stabilire come i giocatori dovrebbero comportarsi; – …capire come i giocatori si comportano effettivamente.

101 John von Neumann 1903 - 1957 Oskar Morgenstern 1902 -1976 John F. Nash jr. 1928 -

102 Il dilemma del prigioniero Un gioco particolarmente interessante ai nostri fini è il c.d. dilemma del prigioniero (PD). Il gioco PD illustra la difficoltà di mantenere un comportamento cooperativo anche quando cooperare è il comportamento socialmente ottimale. –Attenzione: qui “socialmente” significa “dal punto di vista dei giocatori”, non come al solito “dal punto di vista della collettività”. L’essenza del gioco PD è dimostrare che l’esito individualmente razionale (cioè l’equilibrio di Nash) non coincide con l’ottimo sociale. Il gioco ha numerosissime applicazioni, nei più svariati contesti di interazione sociale.

103 N.B.: I numeri sono anni di galera; quindi si preferisce il valore più basso. Il gioco in forma c.d. “normale” Scelta di Bonnie ConfessaNon confessa Scelta di Clyde Non Confessa Confessa - 8 ; - 8 - 20 ; 0 0 ; - 20 - 1 ; - 1

104 Strategia dominante ed equilibrio Strategia dominante: una strategia che è ottimale per un certo giocatore qualsiasi siano le scelte altrui. Nel caso del PD (e in assenza di possibilità di comunicare e/o stipulare accordi vincolanti) entrambi i giocatori hanno una strategia dominante, quella di confessare. –Ovviamente, l’esistenza di una strategia dominante per entrambi non vale in generale! L’esito in cui entrambi confessano è l’equilibrio del gioco (a nessuno dei due conviene infatti deviare da tale esito), ma chiaramente non è l’esito “socialmente” ottimale (ovvero, ottimale per i due giocatori). Pre-play agreement: i giocatori possono concordare prima del gioco di non confessare, ma l’accordo regge solo se è in qualche modo vincolante (p.e. vendette trasversali).

105 Il caso generale del dilemma del prigioniero Si ha PD quando: A > B > C > D L’equilibrio è ( C,C ), ma l’ottimo sociale è ( B,B )

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107 Soluzione collusiva: le due imprese producono congiuntamente l’output del monopolista, pari a 60 litri (p.e. 30 litri ciascuna), vendono il prodotto al prezzo di €60 al litro e si spartiscono (p.e. in parti uguali) un profitto massimo di €3600. Tuttavia, ciascuna impresa ha un incentivo unilaterale a deviare, ovvero a produrre di più (p.e. 40 litri). In questo modo, infatti, nell’ipotesi che l’altra rispetti l’accordo, l’impresa che devia ottiene un profitto ancora maggiore. Entrambe le imprese ragionano così, e quindi entrambe deviano dall’accordo. Il cartello si “rompe”. Il processo di deviazione si arresta quando entrambe le imprese producono una quantità tale che nessuna delle due ha l’incentivo a deviare ulteriormente. Si è raggiunto l’equilibrio. La collusione nel duopolio di Cournot

108 Più in dettaglio… Se entrambi i duopolisti mantengono l’accordo, ciascuno produce 30 litri, l’output totale è 60 litri e il prezzo è 60€. Il profitto per ciascuno è 1800€ (cioè 3600€ diviso due). Ma se uno dei duopolisti devia dall’accordo e produce 40 litri, l’output totale è 70 litri (= 40 + 30) e il prezzo è 50€. Il profitto per quello che devia è 2000€ (= 40 l. x 50€), mentre per quello che non devia è 1500€ (=30 l. x 50€). Se invece entrambi deviano dall’accordo producendo 40 litri, l’output totale è 80 litri e il prezzo è 40€. Il profitto per ciascuno è 1600€ (cioè 3200€ diviso due). Chi produce 40 litri non ha alcun motivo di variare da solo la produzione: sia se produce di meno (p.e. 20 o 30 l.), sia se produce di più (p.e. 50 o 60 l.) non guadagna mai di più! Quindi 40 litri è l’output di equilibrio per ciascun duopolista. La coppia di output (40 l., 40 l.) è l’equilibrio dell’esempio. N.b.: l’equilibrio viene raggiunto NON cooperando, ma tradendosi!

109 Il duopolio di Cournot in forma di gioco Duopolista A Deviare (= produrre 40 l.) Mantenere l’accordo (= produrre 30 l.) Duopolista B Mantenere l’accordo (= produrre 30 l.) Profitto: 1600€ ciascuno Profitto di B: 2000€ Profitto di A: 1500€ Profitto di B: 1500€ Profitto di A: 2000€ Profitto: 1800€ ciascuno Deviare (= produrre 40 l.)

110 Equilibrio di Nash (…e di Cournot) Un equilibrio di Nash è una situazione in cui, dato il comportamento altrui, nessun agente ha un incentivo a deviare unilateralmente. –John Nash 1950  A Beautiful Mind E’ un concetto di razionalità individuale molto generale, che va ben al di là del caso dell’oligopolio. –Per un agente la scelta razionale è quella da cui non si ha motivo di deviare unilateralmente (di cui non ci si “pente”). Il concetto di equilibrio di Nash - il più usato oggi in economia e teoria dei giochi - riprende in realtà la soluzione del duopolio anticipata da Cournot nel 1838. Nel caso dell’duopolio, l’equilibrio di Nash è infatti dato proprio dalla produzione di 40 litri per ciascuna impresa, cioè l’esito a cui si perviene con il “tradimento” reciproco.

111 L’esito di un mercato oligopolistico A prescindere dai divieti posti dalle norme antitrust ed in assenza di un efficace meccanismo vincolante, gli accordi collusivi non reggono: ciascuna impresa ha un incentivo unilaterale a deviare. Le deviazioni terminano solo quando si trova una situazione (NON cooperativa, ma raggiunta appunto mediante la competizione) dalla quale non conviene più a nessuna impresa spostarsi individualmente. Pertanto, il perseguimento del proprio interesse individuale fa sì che l’esito della competizione tra oligopolisti sia il seguente:  Q complessiva maggiore di quella di monopolio, ma inferiore a quello di PC.  P inferiore a quello di monopolio, ma maggiore di quello di PC.   totali inferiori a quelli di monopolio. Se invece esiste un meccanismo vincolante, cioè un meccanismo che “obbliga” in qualche modo le imprese a rispettare l’accordo, l’esito complessivo coincide con quello di monopolio in termini di quantità, prezzo e profitto. E’ evidente però che più numerose sono le imprese, più difficile è raggiungere l’accordo e rispettarlo.

112 L’ingresso di nuove imprese e la collusione La numerosità delle imprese rende più difficile il mantenimento di un accordo collusivo per due motivi, entrambi legati alla maggiore difficoltà di monitorare l’accordo: –I possibili “traditori” dell’accordo aumentano. –E’ più facile deviare segretamente dall’accordo. Inoltre, anche ammesso che le imprese che partecipano all’accordo resistano “alle tentazioni”, la presenza di extra-profitti attrae nuove imprese sul mercato. Le imprese entranti per definizione non partecipano all’accordo e quindi possono vendere ad un prezzo leggermente più basso. Questo destabilizza il cartello. Quindi in settori privi di particolari barriere all’entrata gli accordi collusivi sono ancora più fragili.

113 Il ruolo della numerosità delle imprese In generale, la regola per trovare la quantità totale prodotta all’equilibrio di Nash in un oligopolio è: Q* = [n/(n+1)]Q PC, n è il numero di imprese, Q PC è l’output di concorrenza perfetta. Nell’esempio: n = 2, Q PC = 120  Q* = 80. Questa regola è stata formulata da Cournot nel 1838 (!). Al crescere di n, l’equilibrio di Nash del mercato diviene sempre più simile all’equilibrio della PC. Infatti: – il potere di mercato di ciascuna impresa è sempre minore, – il prezzo tende al costo marginale, – la quantità complessiva tende a quella socialmente efficiente, – teorema di Cournot: la PC è la situazione limite quando n  

114 Ricapitolando: l’oligopolio come un PD Il duopolio di Cournot è un caso di PD. Infatti, anche nel duopolio il comportamento individualmente razionale di ciascuna impresa impedisce il mantenimento dell’accordo collusivo e quindi il raggiungimento dell’esito di monopolio. Come in un PD, ciascun oligopolista ha interesse a deviare e produrre una quantità superiore a quella di monopolio. All’equilibrio di Nash entrambi gli oligopolisti produrranno di più – e quindi guadagneranno di meno – che in caso di collusione. Se il mercato è trasparente (= possibilità di monitoraggio) e/o possono essere imposte “sanzioni” di qualche tipo a chi devia, è più facile che l’accordo venga rispettato. Se le imprese partecipanti sono tante, se il monitoraggio è difficile e se non esistono barriere all’entrata è invece più difficile che l’accordo resista nel tempo.

115 La politica economica e l’oligopolio La collusione tra oligopolisti è “socialmente” desiderabile per gli oligopolisti, ma non per la società nel suo complesso dato che determina un esito identico a quello di monopolio. Dal punto di vista del benessere sociale è ovviamente meglio che gli oligopolisti competano tra loro e pervengano all’equilibrio di Nash. In tutto il mondo, le norme antitrust vietano espressamente qualsiasi accordo tra imprese volto a spartirsi il mercato e/o a raggiungere un esito di monopolio. Non è detto però che dietro un comportamento oggettivamente collusivo vi sia un vero accordo e non la mera applicazione da parte di ciascuna impresa della razionalità economica. Si può dimostrare infatti che, sotto determinate condizioni (in particolare, la ripetizione del gioco), cooperare può essere l’esito individualmente razionale anche senza un accordo esplicito e vincolante.

116 Due problemi per il diritto antitrust Se, come abbiamo visto, la collusione non è un equilibrio neppure nel semplice caso di duopolio (figuriamoci quando le imprese sono tre o più…), a che servono i divieti antitrust in tema di accordi collusivi? Se un comportamento di fatto collusivo scaturisce dal ragionamento indipendente delle singole imprese, senza alcun accordo tra le stesse, il diritto antitrust deve intervenire o no? –Ovvero: va condannato l’esito collusivo del mercato oppure l’accordo collusivo tra le imprese? Mi basta osservare una performance di mercato oggettivamente monopolistica per sanzionare le imprese che la determinano oppure devo anche riscontrare l’esplicita volontà collusiva delle stesse?

117 Come può emergere la cooperazione? L’esito del gioco sembra confutare la “mano invisibile” di Smith: la razionalità individuale non conduce all’esito “socialmente” ottimale. –Di nuovo, “socialmente” significa qui “dal punto di vista dei giocatori”. Tuttavia, in molti casi reali di interazione strategica, i giocatori non giocano tra loro una sola “partita”, ma più “partite” successive. La ripetizione del gioco può favorire la cooperazione (Aumann 1959): –Nash-reversion strategy: inizia cooperando e se il rivale devia puniscilo giocando per sempre la strategia di equilibrio di Nash. Se le imprese danno abbastanza peso ai profitti delle future “partite”, questa strategia conduce alla cooperazione. –Tit-for-tat strategy: inizia cooperando e fa sempre ciò che il rivale ha fatto nella mossa precedente. Dato che punire per sempre la deviazione non conviene a nessuno, è meglio perdonare il rivale se questi dà segno di voler ripristinare la cooperazione. E’ la strategia alla base della c.d. “legge del taglione” o “occhio per occhio”. Smith quindi aveva ragione: la razionalità individuale conduce davvero all’esito socialmente ottimale (per i giocatori!), solo che serve un’interazione ripetuta, non occasionale (one shot).

118 Cooperare è efficiente? La dimostrazione precedente (= la ripetizione dell’interazione agevola la cooperazione tra giocatori) si presta a due interpretazioni, una negativa ed una positiva dal punto di vista del benessere sociale. L’interpretazione negativa è per il caso specifico dell’oligopolio. E’ chiaro che se i duopolisti riescono a cooperare (= colludere) il loro benessere privato aumenta, ma il benessere sociale diminuisce perché sul mercato prezzo e quantità saranno quelli di monopolio congiunto. –E’ questa possibilità di collusione “da interazione ripetuta” che giustifica l’illiceità dei cartelli e l’intervento antitrust a difesa della concorrenza. L’interpretazione positiva si ha quando guardiamo al caso generale dello scambio di mercato. La ripetizione dell’interazione agevola la cooperazione tra agenti economici, cioè un mercato in cui gli agenti non puntano ad ottenere solo il profitto immediato, ingannando la controparte (p.e. un ristoratore che serve pesce avariato al cliente occasionale), ma mirano al profitto di lungo periodo che deriva dal mantenimento nel tempo di relazioni economiche mutuamente soddisfacenti (p.e. il ristoratore che serve il pesce migliore al cliente abituale). Ciò incrementa il benessere sociale. Quindi Smith, da buon filosofo morale, aveva visto giusto!

119 13 | 119Cowen-Tabarrok, PRINCIPI DI ECONOMIA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2011 Un’altra applicazione della teoria dei giochi: il gioco del coordinamento Questo gioco è tipico del caso dei beni di rete: i giocatori aumentano il loro guadagno quando entrambi scelgono lo stesso sistema operativo. Il gioco ha due equilibri di Nash: (Apple, Apple) & (MS, MS).

120 I fattori di produzione I fattori di produzione (o input) sono necessari per produrre beni e servizi. Anch’essi sono scambiati sul mercato in base alla rispettiva domanda ed offerta. La domanda dei fattori viene dalle imprese, l’offerta dalle famiglie (proprietarie dei fattori di produzione). Si noti che la domanda per un input è una domanda derivata. Essa deriva infatti dalla decisione dell’impresa di produrre un certo bene o servizio. Cosa determina la quantità che viene scambiata (cioè acquistata dalle imprese) di ciascun fattore? Cosa determina il prezzo (detto, in questo caso, remunerazione)?

121 Premessa: le imprese acquistino i servizi - non la proprietà (la schiavitù è stata abolita!) - dei fattori produttivi. Ipotizziamo che l’impresa sia PC sia nel mercato del prodotto finale che in quello degli input (questa seconda ipotesi è cruciale per considerare l’impresa price-taker anche sul mercato dei fattori). Per perseguire l’obiettivo della massimizzazione del profitto l’impresa deve acquistare fattori in modo “razionale”, cioè seguendo la solita regola marginalista. Il punto di partenza è la relazione tra quantità di input e quantità di output, cioè la funzione di produzione. Il prodotto marginale di un input è l’incremento di output che si ottiene impiegando un’unità addizionale di quell’input, a parità di tutti gli altri fattori. E’ misurato in unità fisiche. Per esempio, nel caso dell’input lavoro il prodotto marginale del lavoro è: PML =  Q /  L. Il prodotto marginale del lavoro, come quello di qualunque input, è misurato in unità fisiche, cioè in termini della quantità di output. L’acquisto dei fattori da parte delle imprese

122 La domanda di lavoro (1) Per il principio del prodotto marginale decrescente, anche PML diminuisce al crescere del numero di lavoratori (o del numero di ore di lavoro) utilizzati dall’impresa. Per massimizzare i profitti l’impresa considera se e quanto profitto ricava dall’utilizzazione di ciascun lavoratore (o di ciascuna ora di lavoro) addizionale. L’impresa non è interessata solo a quanto produce il lavoratore marginale, ma anche (anzi, soprattutto!) a quanto vale ciò che tale lavoratore produce. Deve quindi tenere conto anche del prezzo del prodotto finale. Serve pertanto una misura monetaria, il valore del prodotto marginale, pari al prodotto tra PML ed il prezzo di mercato del bene finale: VPML = P  PML VPML non è altro che la domanda di lavoro dell’impresa.

123 La regola marginalista: quanti lavoratori assumere? Problema: devo raccogliere della frutta dagli alberi. Ho a disposizione una cesta ed una scala. Quanti raccoglitori devo assumere, posto che il prezzo della frutta è 10€ al kg? * Prodotto marginale del lavoro: incremento del prodotto totale ottenuto assumendo un lavoratore in più, dati tutti gli altri fattori di produzione.

124 2 La domanda di lavoro (2) 0 Quantità di lavoro 0 VPML, salario VPML VPML è decrescente perché PML diminuisce al crescere di L (mentre P è dato) 800 600 3 A B

125 14 | 125Cowen-Tabarrok, PRINCIPI DI ECONOMIA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2011 L’esempio degli addetti alle pulizie Valore del prodotto marginale del lavoro

126 La domanda di lavoro (3) Per massimizzare il profitto l’impresa segue la regola marginalista in tutte le sue decisioni. Quindi assume lavoratori fino a che il beneficio marginale (cioè VPML) che ottiene da un lavoratore in più uguaglia il costo marginale (cioè il salario che deve pagare a tale lavoratore). La regola di scelta ottimale del fattore lavoro è quindi: impiegare L* t.c. VPML = w. Il salario è dato al livello stabilito dal mercato (l’impresa è wage-taker), quindi la curva di domanda di lavoro - cioè l’insieme delle coppie (L*,w) scelte dall’impresa - coincide con la curva VPML.  E’ lo stesso ragionamento della curva di offerta dell’impresa PC. Questo dimostra che la domanda di lavoro deriva dall’obiettivo dell’impresa di massimizzare il profitto.

127 La scelta ottimale del fattore lavoro (1) 0Quantità di lavoro0 W (costo marginale del lavoro) L* di max profitto VPML (= beneficio marginale del lavoro) E VPML, salario

128 La scelta ottimale del fattore lavoro (2) 0Quantità di lavoro0 W2 L** Domanda di lavoro (= VPML) VPML, salario W3 W1 L* L*** E1E1 E3E3 E2E2 Al crescere del salario, l’impresa applica la regola marginalista e decide di assumere meno lavoratori.

129 La scelta di quante ore lavorare La scelta è tra l’acquisto di due “beni”, il denaro e il tempo libero. Aumentare il consumo di tempo libero significa lavorare di meno in quella particolare occupazione e quindi avere meno denaro. Il prezzo rilevante è il salario w (= costo opportunità del tempo libero), mentre il denaro ha prezzo pari ad 1 (un euro vale un euro!). Al crescere del salario, si ha un effetto sostituzione (= cresce il prezzo del tempo libero, quindi ne “consumo” meno, lavorando di più) e un effetto reddito (= sono più ricco e quindi “consumo” più tempo libero, lavorando di meno). Se l’effetto sostituzione prevale, lavoro di più. Se l’effetto reddito prevale, lavoro di meno. E’ possibile quindi che, per certi livelli di salario, la curva di offerta di lavoro del singolo individuo abbia pendenza negativa. A livello del mercato questo però non accade perché al crescere del salario l’ingresso nel mercato di lavoratori con costo opportunità più alto determina una pendenza della curva d’offerta sicuramente positiva.

130 14 | 130Cowen-Tabarrok, PRINCIPI DI ECONOMIA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2011

131 L’equilibrio sul mercato del lavoro L’offerta e la domanda di lavoro di mercato (ottenute per aggregazione – cioè somma – di quelle individuali) determinano il livello di equilibrio del salario e dell’occupazione. Quindi la massimizzazione del profitto da parte delle imprese garantisce che all’equilibrio il salario sarà sempre pari a VPML. In pratica, i lavoratori ricevono un salario pari esattamente al valore di ciò che producono. Questo vale per tutti i fattori produttivi, la cui remunerazione di equilibrio sarà sempre pari al valore del loro prodotto marginale. Ma allora, possiamo concludere che se le imprese sono PC, ciascun fattore ottiene sul mercato la “giusta” remunerazione  “giusta” = pari al valore del suo contributo marginale al processo produttivo. Questo risultato, da cui segue che non esiste sfruttamento (p.e. del lavoro), è il cardine della c.d. teoria neoclassica della distribuzione.

132 Domanda di lavoro (Ld) Offerta di lavoro (Ls) L* W* E Salario Quantità di lavoro

133 Salari e produttività del lavoro L’analisi precedente spiega perché i salari per occupazioni identiche (p.e. gli addetti alle pulizie) sono molto diversi tra i diversi paesi o i diversi mercati. Se il salario in equilibrio è pari alla VPML, segue che dove la VPML è più elevata (o perché si producono beni di maggior valore P o perché i lavoratori sono più produttivi grazie alla maggiore dotazione degli altri fattori) anche il salario sarà – a volte anche notevolmente – più elevato. Inoltre, dove esistono impieghi alternativi ben remunerati, l’offerta di lavoro per ogni singola occupazione sarà inferiore, ad indicare che il costo opportunità dello svolgere quel particolare lavoro è più elevato. L’aumento della produttività del lavoro è dunque il modo principale per far crescere i salari di mercato.

134 14 | 134Cowen-Tabarrok, PRINCIPI DI ECONOMIA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2011 Offerta più elevata in India Domanda più elevata negli USA

135 Statica comparata: spostamenti dell’offerta e della domanda di lavoro Possibili cause di spostamento della domanda Ld:  Variazioni nel prezzo del prodotto.  Cambiamento tecnologico e aumento PML.  Variazioni nell’offerta di altri fattori. Possibili cause di spostamento dell’offerta Ls:  Cambiamento delle preferenze nella scelta tra lavoro e tempo libero (p.e. lavoro femminile).  Nuove opportunità in altri mercati del lavoro.  Immigrazione.

136 Un aumento dell’offerta di lavoro Salario W2W2 W1W1 0Quantità di lavoro L2L2 L1L1 Ls 1 Ld Ls 2 E E’

137 Un aumento della domanda di lavoro Salario W1W1 W2W2 0 Lavoro L1L1 L2L2 Ls Ld 1 Ld 2 E E’


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