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ERASMO DA ROTTERDAM Elogio della follia.

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Presentazione sul tema: "ERASMO DA ROTTERDAM Elogio della follia."— Transcript della presentazione:

1 ERASMO DA ROTTERDAM Elogio della follia

2 L'umanista e teologo olandese Erasmo da Rotterdam (nome latinizzato di Geert Geertsz) nasce a Rotterdam il 27 ottobre L'anno di nascita potrebbe anche essere il 1466, e la città natale è più probabilmente Gouda. Firmerà i suoi scritti con lo pseudonimo di Desiderius Erasmus. La sua opera più nota è l'"Elogio della follia". Figlio illegittimo di un prete, Roger Gerard, la madre Margherita è figlia di un medico. Erasmo rimane orfano nel 1483; i genitori gli permetterano di ricevere la migliore educazione possibile per l'epoca, frequentando le scuole monastiche di Deventer e 'Hertogenbosch. Viene ordinato prete nel 1492, anche se non sarà mai un attivo sacerdote. Il monachesimo sarebbe anzi stato uno dei temi principali della sua critica alla Chiesa. Nel 1495 si reca presso l'Università di Parigi per continuare gli studi. Chiede ed ottiene poi di essere dispensato dagli uffici sacri. A partire dal 1499 viaggia in Francia, Inghilterra e Italia entrando in contatto con i più importanti centri culturali, tenendo lezioni, conferenze, e studiando gli antichi manoscritti. Il periodo trascorso in Inghilterra gli permette di conoscere e stringere amicizie con Enrico VIII, John Colet, Tommaso Moro, John Fisher, Thomas Linacre e William Grocyn. Insegna greco all'Università di Cambridge; anche se aveva la prospettiva di poter insegnare a lungo, Erasmo preferiva la vita dello studioso indipendente: con grande consapevolezza eviterà ogni legame formale che avrebbe potuto limitare la sua libertà intellettuale e la sua libertà di espressione. In questo periodo Erasmo tiene corrispondenza con più di cinquecento persone di rilievo del mondo letterario e politico: la sua figura rappresenterà il centro del movimento letterario della sua epoca.

3 La produzione letteraria inizia piuttosto tardi, soltanto quando finalmente arriva a ritenere di poter padroneggiare con sicurezza il latino. Erasmo rimarrà per tutta la vita cattolico, tuttavia criticherà duramente gli eccessi della chiesa cattolica rifiutando persino il titolo di cardinale che gli verrà offerto. Nel suo trattato sulla preparazione alla morte chiarisce che la fede in Cristo e non i sacramenti e i rituali della Chiesa sarebbero l'unica garanzia per la vita eterna. Erasmo preparerà una nuova versione greca e latina del Nuovo Testamento. Erasmo condivide molti punti della critica di Martin Lutero alla Chiesa cattolica. Lo stesso Lutero manifesterà ammirazione per la superiore cultura di Erasmo e avrebbe sperato in una collaborazione con lui in un'opera che gli sembrava la continuazione della propria. Erasmo però declina l'invito a impegnarsi, adducendo come motivazione la propria volontà di non schierarsi per mantenere la propria posizione di guida di un movimento puramente intellettuale, scopo della propria vita. Erasmo riteneva che soltanto da una posizione neutrale sarebbe stato possibile influenzare la riforma della religione. A Lutero tale scelta parve un mero rifiuto ad assumersi le proprie responsabilità.

4 Mentre il trionfo della riforma luterana conosce il suo apice iniziano anche disordini sociali che Erasmo già temeva: la guerra dei contadini, l'iconoclastia, il radicalismo che sfocerà nei movimenti anabattisti in Germania e Olanda. Erasmo si sentiva felice di esserne rimasto estraneo, tuttavia negli ambienti cattolici veniva accusato di essere il fomentatore di tali discordie. A dimostrazione della sua lontananza dalla riforma, quando a Basilea, dove Erasmo risiede, nel 1529 adotta le dottrine riformate, si trasferisce nella vicina città Friburgo. Qui Erasmo continua la sua instancabile attività letteraria terminando l'opera più importante dei suoi ultimi anni l'"Ecclesiaste", nel quale sostiene che la predicazione è l'unico dovere veramente importante della fede cattolica. Erasmo da Rotterdam muore il 12 luglio 1536 a Basilea dove era tornato per controllare la pubblicazione dell'"Ecclesiaste". Sebbene rimasto sempre cattolico viene sepolto nella cattedrale dedicata al culto luterano. Il 19 gennaio 1543 a Milano i suoi libri verranno bruciati insieme a quelli di Lutero

5 Elogio della follia «Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia.» Elogio della follia (dal greco : Morias Enkomion) è un saggio scritto nel 1509 , pubblicato per la prima volta nel Il saggio è pieno di allusioni classiche ai dotti umanisti del Rinascimento L'opera si apre con una lettera a Tommaso Moro. Erasmo durante il viaggio di ritorno dall'Italia, per recarsi in Inghilterra, per non sprecare il tempo in inutili chiacchiere con il cocchiere decide di riflettere sul ricordo degli amici che aveva lasciato in Inghilterra. Fra i primi che gli vengono in mente c'è Tommaso Moro, il suo più caro amico. Ispirato dal suo cognome di famiglia , che richiama il termine "moria", decide di scrivere e dedicargli un elogio della follia

6 Erasmo è consapevole che la sua opera scatenerà la critica di molti teologi, scienziati e altri personaggi, ma ricorda che altri uomini famosi della storia hanno composto opere simili alla sua: Omero con "La guerra dei topi con le rane", oppure Virgilio con "La zanzara e la focaccia". Egli compone l'elogio alla follia non da uomo folle, perché cerca di focalizzare l'attenzione su ciò di cui si può scherzare. Erasmo conclude la lettera, affermando che è piacevole essere trasportati dalla follia e dando un addio al suo amico carissimo, gli raccomanda di difendere tenacemente la sua 'moria' (che in greco significa dispensatrice di beni) La Follia, che viene allegoricamente rappresentata come una dea in vesti di donna, sarebbe infatti all'origine di ogni bene sia per l'umanità, sia per gli stessi dei che riceverebbero al pari dei mortali i suoi doni: “io, io sola sono a tutti prodiga di tutto”. Ciò vale in primo luogo per il dono della vita, considerato che nel momento in cui sia l'uomo che il dio si dedicano alla procreazione debbono necessariamente “abbandonarsi un poco a qualche leggerezza e follia”. Nessuno genera o è stato generato se non grazie all' “ebbrezza gioiosa” della Follia. E perché un'esistenza sia felice è indispensabile che in essa trovi spazio il piacere, e cioè ancora una volta “un pizzico di follia”. Ma anche nell'ambito dei rapporti umani, dal matrimonio all'amicizia, è merito della Follia se i vincoli personali resistono felicemente, appunto “nutrendosi di adulazioni, scherzi, di indulgenza, di errori, di dissimulazioni”.

7 Precisa l'autore che questi elementi emotivi:
Ugualmente la tenuta dei rapporti sociali, e quindi l'esistenza stessa della società, dipendono dall'ausilio della Follia. Ma più di tutto la Follia rappresenta l'unica guida per accedere alla vera sapienza: poiché infatti tutte le passioni, tutti gli umani errori e tutte le umane debolezze, rientrano nella sfera della Follia, saggio è colui che si lascia guidare dalle passioni. Precisa l'autore che questi elementi emotivi: “non solo assolvono la funzione di guide per chi si affretta verso il porto della sapienza, ma nell'esercizio della virtù vengono sempre in aiuto spronando e stimolando, come forze che esortano al bene”. La follia produce le guerre, che sono «origine e campo delle imprese più lodate», affidate non a caso a «parassiti, ruffiani, briganti, sicari, contadini, imbecilli, indebitati e simile feccia umana», certamente non ai filosofi e ai cosiddetti sapienti, che se mettono mano agli affari di Stato combinano solo danni, e sono inabili anche alle più modeste funzioni della vita quotidiana. Per governare occorre invece ingannare il popolo, lusingarlo per acquisirne il favore, essere spinto da quella follia che è l'amore di sé, della fama e della gloria che ci fa abbandonare ogni timidezza e ci induce all'azione. A guardar bene, la vita è una commedia dove ciascuno recita una sua parte, e non è bene strappare la maschera agli attori che stanno recitando: «tutta la vita non ha alcuna consistenza ma, tant'è, questa commedia non può essere rappresentata altrimenti», e il saggio che volesse mostrare l'autentica realtà delle cose farebbe la figura dell'insensato.

8 Erasmo accenna poi alle follie di diverse categorie di persone :
i cacciatori, gli alchimisti, che sprecano tempo e denaro, e come loro i giocatori d'azzardo, mentre al contrario, coloro che propalano «miracoli e favolette di prodigi» hanno per scopo di «cavar quattrini, come usano principalmente preti e predicatori popolari». Ci sono poi i superstiziosi, quelli che recitano ogni giorno i salmi penitenziali, e quelli che attribuiscono a ciascun santo una particolare virtù protettrice. Del resto, questi vaneggiamenti sono autorizzati e alimentati dai sacerdoti, i quali «sanno che questa è una piccola fonte di guadagno che non finisce mai».

9 C'è poi la follia dei nobili, che si vantano dei loro antenati ma che non differiscono «dall'ultimo mozzo di stalla», quella dei commercianti, che benché esercitino «la più ignobile delle professioni e nella maniera più ignobile», si considerano gli uomini più importanti del mondo, come i grammatici, «sempre affamati, sempre ripugnanti», che «marciscono nel fetore e nella sozzura». I poeti credono di acquistare fama immortale, ma non fanno altro che «accarezzare le orecchie di qualunque babbeo con ciance e favolette da ridere». Ci sono poi gli scrittori, i più seri dei quali, mai soddisfatti dell'opera loro, perdono la salute e la vista senza compenso, mentre gli altri sanno che più scriveranno sciocchezze maggior successo avranno, come i plagiari, che si gloriano di una fama usurpata. Facendo la satira degli studiosi e degli scrittori, Erasmo giunge di fatto a burlarsi di se stesso, rivelando però in tal modo come sia difficile prendere completamente sul serio la sua Follia.

10 Largo spazio viene dedicato da Erasmo anche alla follia di teologi ed ecclesiastici. Oggetto della sua satira non sono ovviamente i teologi in quanto tali, ai quali lui stesso si onorava di appartenere, bensì i theologiae histriones («istrioni della teologia») come li definisce nella lettera apologetica a Martin Dorp del maggio 1515. «sostengono infatti che non è conforme alla maestà delle sacre lettere esser costretti a ubbidire alle leggi dei grammatici» «Tanta è la sottigliezza del loro giudizio che, senza il voto di questi baccellieri, a formare un vero cristiano non basterebbero il battesimo, né il Vangelo, né San Paolo o San Pietro, né San Gerolamo o Sant'Agostino, né lo stesso San Tommaso, il più aristotelico di tutti i teologi» L'ultima parte dell’Elogio della follia, uscendo dai toni fin troppo burleschi, acquista connotazioni decisamente teologiche, diventando apologia della fede cristiana che contro e oltre le necessità della ragione accetta un articolo di fede indimostrabile, un uomo che è Dio, che muore sulla croce e resuscita dai morti. Rifacendosi a San Paolo, Erasmo fa dire alla Follia che occorre farsi stolto per diventare sapiente, e che a Dio sono cari gli uomini senza senno. «la religione cristiana ha una specie di parentela con la pazzia. (…) (I cristiani) assolutamente ottusi a ogni senso comune, come se il loro animo vivesse altrove, non dentro il corpo. E questa che cos'è, se non pazzia?»

11 Come la saggezza umana è follia agli occhi di Dio e viceversa, così già Platone, attraverso il mito della caverna, aveva mostrato i due piani della conoscenza: quello dei prigionieri legati che osservano le ombre della realtà, scambiandole per realtà autentica, e quello del prigioniero che si libera, esce dalla caverna e torna a riferire ai suoi compagni delle cose viste nella loro realtà. Quest'ultimo, «ormai sapiente, compiange e deplora la loro pazzia, posseduti come sono da così grande illusione; gli altri invece ridono di lui come di un matto che sragiona». L'opera ebbe grande successo: vivente Erasmo, conobbe 36 edizioni, numerose traduzioni e imitazioni, come il De triumpho stultitiae di Faustino Perisauli. Erasmo aveva ottenuto nel 1511 una pensione e i benefici della parrocchia di Aldington, nel Kent, e grazie all'interessamento dell'amico John Fisher, vescovo e rettore dell'Università di Cambridge, d'insegnare in questa Università greco e teologia. Qui intraprese uno studio approfondito delle lettere di san Gerolamo e del Nuovo Testamento. Rimasto in contatto con John Colet, che a Londra aveva fondato la Saint Paul's School, gli dedicò il De copia duplici, un manuale di stile latino.

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