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“criteri di valutazione”: premessa

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Presentazione sul tema: "“criteri di valutazione”: premessa"— Transcript della presentazione:

1 “criteri di valutazione”: premessa
I criteri di valutazione degli elementi del patrimonio aziendale variano in relazione alle situazioni da affrontare al momento della redazione del bilancio: infatti essi sono diversi a seconda che la valutazione riguardi i beni di un’impresa in ipotesi di funzionamento oppure in ipotesi di cessione, di liquidazione, ecc. Nell’azienda di funzionamento vi è una situazione di continuità operativa; pertanto il problema della valutazione dei beni che compongono il patrimonio è abbastanza complesso in quanto i beni stessi sono tra di loro coordinati e privi di una funzione autonoma, partecipando congiuntamente al processo produttivo. Allo scopo di evitare comportamenti scorretti da parte degli amministratori, che potrebbero essere tentati di sopravvalutare il patrimonio aziendale (cosiddetto annacquamento), o di costituire riserve occulte, sono stati imposti dei vincoli giuridici e dei vincoli tecnici: I vincoli giuridici, consistono principalmente nelle disposizioni del codice civile riguardanti la redazione del bilancio: i criteri di valutazione (e come abbiamo già visto la struttura e il contenuto dei documenti che compongono il bilancio). I vincoli tecnici consistono nei “principi contabili” di generale accettazione, ossia nelle regole di comportamento che è necessario osservare per pervenire a una corretta rappresentazione della realtà aziendale. Si tratta di regole univoche, che hanno una funzione esplicativa delle sintetiche disposizioni del codice civile e una funzione integrativa per quanto riguarda gli aspetti che il codice civile non prende espressamente in considerazione.

2 I CRITERI DI VALUTAZIONE art. 2426 c.c.
L’art c.c. detta i “criteri di valutazione” per la formazione del bilancio. Le norme, tuttavia, fissano essenzialmente le “regole-cardine” della valutazioni e perciò la loro “concreta” applicazione richiede che si faccia riferimento: ai principi giuridici generali degli artt e 2423-bis c.c.; ai principi contabili, che di tali norme costituiscono in molti casi la “chiave”, interpretativa. In linea generale, si può dire che i criteri di valutazione prescritti dal legislatore sono il “presupposto” per la rappresentazione veritiera e corretta della situazione aziendale, ma occorre anche ricordare che se la loro applicazione contrastasse con tale obiettivo sarebbe obbligatorio derogare da essi. Principio fondamentale è che il criterio del costo rappresenta il criterio base delle valutazioni di bilancio. Il criterio del costo è richiamato sia per le immobilizzazioni sia per i diversi elementi dell’attivo circolante e non rappresenta, come avveniva in passato, il “limite massimo” delle valutazioni, ma costituisce in molti casi il livello al quale esse vanno fissate. La struttura dell’art c.c. è la seguente: I punti da 1 a 6 riguardano la valutazione delle immobilizzazioni; Il punto 7 si riferisce al disaggio sui prestiti; Il punto 8 detta le norme per la valutazione dei crediti; I punti da 9 a 12 riguardano la valutazione delle rimanenze e di altri elementi dell’attivo circolante.

3 Elenco dei criteri di valutazione (art. 2426)
Più esattamente, l’art. 2426, al primo comma, elenca le varie casistiche di valutazione: Valore delle immobilizzazioni; Ammortamento delle immobilizzazioni; Svalutazione delle immobilizzazioni; Valore delle partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni; Valore ed ammortamento dei costi pluriennali; Valore ed ammortamento dell’avviamento; Valore ed ammortamento del disaggio su prestiti; Valore dei crediti; Valore delle rimanenze di magazzino, dei titoli e delle attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni; Valore dei beni fungibili; Valore dei lavori in corso su ordinazione; Beni di scarsa rilevanza.

4 Punto 1 – immobilizzazioni: iscrizione al costo
“ 1) - Le immobilizzazioni sono iscritte al “costo di acquisto o di produzione”. Nel costo di acquisto si computano anche i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono esser aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi;” Il criterio del costo riguarda dunque tutte le immobilizzazioni, siano esse materiali, immateriali o finanziarie. Tuttavia: i beni acquistati presso terzi vanno valutati considerando il costo diretto di acquisto (comprendendo anche tutti i costi accessori: trasporto, installazione, collaudo, immatricolazione, ecc.); per i beni costruiti in economia, invece, la figura di costo da adottare e generalmente quella del costo di produzione (comprendendo tutti i costi direttamente imputabili al prodotto). Il costo di produzione delle immobilizzazioni costruite in economia può comprendere anche gli “oneri finanziari” relativi ai prestiti contratti per la loro fabbricazione interna o esterna, ma limitatamente a quelli che si riferiscono al periodo di costruzione e fino a quando i beni sono pronti per il loro impiego produttivo nell’azienda. INDIETRO

5 Punto 2 – immobilizzazioni materiali e immateriali: ammortamento
“2) – Il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione. Eventuali modifiche dei criteri di ammortamento e del coefficienti applicati devono esser motivate nella Nota integrativa;” Le immobilizzazioni materiali e immateriali la cui utilizzazione non sia illimitata comportano una rettifica al valore di costo, da attuare con l’ammortamento. Il punto in esame disciplina l’ammortamento delle immobilizzazioni materiali e immateriali che, in quanto determinato in “relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione”, deve comprendere tutte le componenti che determinano il possibile deprezzamento del bene, quali l’usura fisica, il superamento tecnologico, la minore possibilità di collocamento sul mercato del prodotto realizzato con l’impianto vecchio rispetto a un prodotto realizzato con un nuovo impianto, ecc. Il legislatore dispone, inoltre, che le immobilizzazioni siano ammortizzate “sistematicamente”, cioè in conformità con un piano di ammortamento prestabilito, che preveda importi costanti nel tempo. La disposizione ha la finalità di evitare che nei vari esercizi gli ammortamenti vengano accresciuti o ridotti secondo calcoli di convenienza dettati dalle politiche di bilancio eseguite dall’azienda. La norma consente, tuttavia, di mutare in modo oggettivo i piani di ammortamento al variare dei piani aziendali di utilizzazione dei cespiti, per questo prevede la possibilità di modificare i criteri e i coefficienti previsti dal piano di ammortamento originario, consentendo la stesura di un nuovo piano a valere per gli esercizi successivi, con l’obbligo di giustificare e motivare le scelte nella Nota integrativa. INDIETRO

6 Punto 3 – immobilizzazioni: svalutazioni
“3) – L’immobilizzazione che, alla data della chiusura dell’esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato secondo i numeri 1) e 2) deve essere iscritta a tale minor valore; questo non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti i motivi della rettifica effettuata;” In pratica, qualora il valore attribuibile a una immobilizzazione in sede di bilancio d’esercizio sia durevolmente inferiore al costo storico oppure al costo diminuito degli ammortamenti, se ne rende obbligatoria la “svalutazione” iscrivendola in bilancio “a tale minor valore”. Le svalutazioni di cui stiamo parlando si riferiscono: sia alle immobilizzazioni non soggette a ammortamento (come i terreni e le partecipazioni); sia alle immobilizzazioni ammortizzabili: in questo caso deve trattarsi di svalutazioni aventi caratteri di eccezionalità. Queste svalutazioni sono imposte in base al principio generale della “rappresentazione veritiera e corretta” della situazione aziendale. In applicazione dello stesso principio le svalutazioni devono esser eliminate quando vengono meno i motivi che le avessero determinante: alla svalutazione operata in un dato esercizio può cioè seguire, in un esercizio successivo, una rivalutazione. INDIETRO

7 Punto 4 – le partecipazioni costituenti immobilizzazioni
“4) – Le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate possono essere valutate, con riferimento ad una o più tra dette imprese, anziché secondo il criterio indicato al n. 1), per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio delle imprese medesime, detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato nonché quelle necessarie per il rispetto dei principi indicati negli articoli 2423 e 2423-bis Quando la partecipazione è iscritta per la prima volta in base al metodo del patrimonio netto, il costo di acquisto superiore al valore corrispondete del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio dell’impresa controllata o collegata può essere iscritto nell’attivo, purché ne siano indicate le ragioni nella Nota integrativa. La differenza, per la parte attribuibile a beni ammortizzabili o all’avviamento, deve esser ammortizzata Negli esercizi successivi le plusvalenze, derivanti dall’applicazione del metodo del patrimonio netto, rispetto al valore indicato nel bilancio dell’esercizio precedente sono iscritte in una riserva non distribuibile;” Le partecipazioni in imprese controllate o collegate possono quindi esser valutate con uno dei seguenti criteri: Il criterio del costo storico, eventualmente svalutato se alla chiusura si accerta un durevole minor valore rispetto al costo; Il criterio del patrimonio netto (equity method) risultante dall’ultimo bilancio della partecipata. Alle partecipazioni in altre imprese (cioè in imprese non controllate né collegate) che rappresentino impieghi e quindi “immobilizzazioni finanziarie”, si applica la regola generale della valutazione al costo di acquisto, comprensivo degli oneri accessori, con obbligo di svalutazione quando alla data di chiusura dell’esercizio il valore di tali partecipazioni risulti “durevolmente inferiore”, come accade in presenza di perdite emergenti dal bilancio della partecipata. Negli esercizi successivi, se i motivi della svalutazione vengono meno, si dovrà ripristinare la valutazione al costo. INDIETRO

8 Punto 5 – gli oneri pluriennali: costi d’impianto, di ampliamento, di ricerca, ecc.
“5) – I costi d’impianto e di ampliamento, i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell’attivo con il consenso del collegio sindacale e devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. Fino a che l’ammortamento non è completato possono esser distribuiti dividendi sole se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi non ammortizzati;” Quindi, i costi di impianto e di ampliamento e i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità possono essere iscritti come poste attive del patrimonio di funzionamento soltanto quando, in base al principio della competenza e della prudenza, siano correlabili all’attività futura, cioè quando costituiscano “oneri di carattere pluriennale”. In tal caso, però, la legge pone particolari cautele, disponendo: che sia necessario il consenso del collegio sindacale; che l’ammortamento avvenga abbastanza rapidamente (al massimo in 5 anni); che possano distribuirsi dividendi soltanto se esistono riserve disponibili pari almeno all’importo non ancora ammortizzato dei suddetti costi. Se invece non presentano utilità per il futuro, allora i costi di impianto e di ampliamento e i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità (di cui stiamo trattando) devono essere imputati al Conto economico come “costi d’esercizio” anziché essere iscritti nell’attivo patrimoniale nella classe delle Immobilizzazioni immateriali. INDIETRO

9 Punto 6 – avviamento “6) – L’avviamento può essere iscritto nell’attivo con il consenso del collegio sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto e deve essere ammortizzato entro un periodo di cinque anni. È tuttavia consentito ammortizzare sistematicamente l’avviamento in un periodo limitato di durata superiore, purché esso non superi la durata per l’utilizzazione di questo attivo e ne sia data adeguata motivazione nella Nota integrativa;” L’impresa per poter iscrivere nell’Attivo l’avviamento (con il consenso del collegio sindacale), deve aver materialmente sostenuto un “costo” di acquisto; ciò si verifica quando in sede di acquisto di un’azienda, si paga un “prezzo specifico” per l’avviamento. Il periodo di ammortamento: in linea generale entro 5 anni, ma è ammesso anche un periodo limitato di durata “maggiore”, purché non si superi il periodo entro il quale esso offre la sua utilità e ne sia data giustificazione (adeguata motivazione della scelta) nella Nota integrativa. INDIETRO

10 Punto 7 - disaggio su prestiti
“7) – Il disaggio su prestiti deve esser iscritto nell’attivo e ammortizzato in ogni esercizio per il periodo di durata del prestito;” Il disaggio su prestiti è rappresentato dal minor importo riscosso al momento dell’accensione di un prestito rispetto al valore nominale da rimborsare alla scadenza; esso viene inteso come un quota di interesse (passivo) aggiuntivo che l’impresa finanziata è disposta a versare ai soggetti finanziatori. Il disaggio su prestiti comprende anche le spese connesse alla negoziazione del prestito o all’emissione dei titoli che lo rappresentano (se si tratta di prestiti obbligazionari). Il disaggio su prestiti viene incluso nella voce Ratei e risconti dell’attivo dello Stato patrimoniale. Il periodo di ammortamento coincide con la durata del prestito. Ricordiamo che la quota annua di ammortamento del disaggio su prestiti concorre assieme agli interessi passivi che maturano in ogni esercizio a formare gli “oneri finanziari di competenza” relativi al prestito. INDIETRO

11 Punto 8 - crediti “8) – I crediti devono essere iscritti secondo il valore presumibile di realizzazione;” Prescindendo dai: crediti verso soci per i versamenti ancora dovuti, cui è dedicata una voce specifica, crediti per “acconti” , che a seconda dei casi sono inseriti tra: le immobilizzazioni immateriali e materiali oppure tra le rimanenze, i crediti sono fondamentalmente inclusi nei seguenti raggruppamenti: Immobilizzazioni finanziarie (CLASSE B. III, 2); Attivo circolante (classe C. II). I crediti inclusi nelle immobilizzazioni sono quelli di natura finanziaria, mentre i crediti dell’attivo circolante, in genere, sono quelli di natura commerciale. In entrambi i casi, poi, le varie voci devono individuare le “categorie di debitori” (imprese controllate, imprese collegate, imprese controllanti, altri soggetti e, naturalmente clienti), specificando per ciascuna voce: Gli importi esigibili entro l’esercizio successivo, relativamente ai crediti compresi nelle immobilizzazioni finanziarie; Gli importi esigibili oltre l’esercizio successivo, relativamente ai crediti compresi nell’attivo circolante. INDIETRO

12 Presumibili valore di realizzazione
La valutazione dei crediti al “presumibile valore di realizzazione” comporta un attento esame delle varie partite, a seguito del quale: I crediti di sicura inesigibilità devono essere stralciati della contabilità con la rilevazione di “perdite su crediti” e naturalmente non compariranno nell’attivo dello Stato patrimoniale; I crediti per i quali sussiste un rischio specifico di perdita totale o parziale, desunto da fatti certi e molto probabili, vengono “svalutati ” e iscritti al netto del relativo Fondo svalutazione crediti; I crediti di sicura esigibilità si considerano al valore nominale. Dall’importo netto complessivo così determinato, occorrerà poi (per rispettare il principio della prudenza) sottrarre il Fondo rischi su crediti, che esprime il rischio generico di possibili perdite di realizzo connesse a circostanze non ancora identificabili al momento della valutazione e quantificabili statisticamente sulla base dell’esperienza storica dell’azienda.

13 Punto 9 – rimanenze di magazzino e titoli dell’attivo circolante
“9) – Le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il n° 1), ovvero al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono esser computati nel costo di produzione;” La norma riguarda le rimanenze: sia di materie prime, semilavorati, prodotti in corso di lavorazione, prodotti finiti, merci; sia quelle costituite da titoli e partecipazioni non costituenti immobilizzazioni. La regola di valutazione si ispira chiaramente al “principio della prudenza”, secondo il quale bisogna assumere valori tali da evitare una sopravvalutazione degli elementi attivi patrimoniali. La norma prevede soltanto due valore alternativi da prendere a base per la valutazione delle rimanenze, tra le quali si deve scegliere il minore: costo di acquisto o di produzione, dal quale devono essere tassativamente esclusi i costi per la distribuzione del prodotti o delle merci; valore di realizzo desumibile dall’andamento del mercato, che corrisponde al prezzo che si pensa di potere realizzare attraverso la vendita. Se le condizioni che hanno determinato l’applicazione del valore di realizzo vengono meno (ad esempio il costo ritorna al di sotto del valore di realizzo), la legge impone il ripristino del costo di acquisto o di produzione. INDIETRO

14 Punto 10 – determinazione del costo dei beni fungibili
“10) – Il costo dei beni fungibili può esser calcolato col metodo della media ponderata o con quelli di “primo entrato, primo uscito” o “ultimo entrato, primo uscito; se il valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella Nota integrativa;” Con la presente disposizione, relativamente ai beni fungibili (che essendo oggetto di numerosi carichi e scarichi sono caratterizzati da un certa rotazione) il legislatore riconosce formalmente i “metodi” più comuni di determinazione del “costo” delle rimanenze, e cioè: Metodo del “costo medio ponderato”; Metodo LIFO; Metodo FIFO. È concessa la facoltà di utilizzare uno di questi metodi, lasciando all’impresa la scelta di quello ritenuto più idoneo alle reali caratteristiche delle giacenze di magazzino. Qualora l’applicazione di tali metodi conduca a valori sensibilmente inferiori rispetto ai “costi correnti”, vi è l’obbligo di indicare nella Nota integrativa, distintamente per ogni categoria di beni, il maggiore valore, cioè la “riserva latente”, che in tal modo si viene a determinare. INDIETRO

15 Punto 11 – lavori in corso su ordinazione
“11) – i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza;” I “lavori in corso su ordinazione” sono rappresentati da produzioni su commessa non ancora ultimate alla data di chiusura dell’esercizio. Esempi del genere sono le costruzioni di autostrade, imbarcazioni, le costruzione edilizie o stradali, la costruzione di uno stabilimento da consegnare “chiavi in mano”, ecc. ordinate da un committente sulla base di un contratto d’opera o d’appalto. I “lavori in corso su ordinazione” rappresentano una particolare categoria di rimanenze per le quali il codice civile stabilisce una disciplina particolare. La suddetta norma, infatti, consente (cioè lascia la facoltà) di abbandonare il criterio del costo per fare riferimento al “corrispettivo maturato”, che è normalmente superiore al costo fino ad allora sostenuto, facendo così partecipare al reddito dell’esercizio una parte proporzionale del risultato economico dell’operazione sulla base dello “stato di avanzamento dei lavori”. Il principio si basa sulla considerazione che in questi casi la frazione di lavoro eseguita fa nascere “contrattualmente”, verso un soggetto ben individuato, (committente), un diritto al corrispettivo che consente di considerare realizzato il corrispondente ricavo e di superare perciò il criterio del costo senza violare il “principio della prudenza”. La determinazione della percentuale di maturazione dei corrispettivi deve comunque essere effettuata con prudenza, tenendo conto anche presenti le possibili contestazioni dei committenti: questo è anche il senso del richiamo alla “ragionevole certezza” con cui i corrispettivi devono essere maturati. INDIETRO

16 Punto 12 – beni iscrivibili a valore costante
“12) – le attrezzature industriali e commerciali, le materie prime, sussidiare e di consumo possono essere iscritti nell’attivo ad un valore costante qualora siano costantemente rinnovate e complessivamente di scarsa importanza in rapporto all’attivo di bilancio, sempreché non si abbiano variazioni sensibili nella loro entità, valore e composizione;”. Questa disposizione stabilisce che determinati beni costantemente rinnovati (beni “fungibili” ad es. attrezzature minute, materie prime, sussidiarie e di consumo) possono esser mantenuti iscritti in bilancio senza modificarne il valore da un esercizio all’altro a condizione: che siano globalmente di valore scarsamente rilevante rispetto al totale dell’attivo patrimoniale; che non subiscano sensibili variazioni: nella loro consistenza quantitativa, nella loro composizione e nel loro valore. I beni ai quali si applica la norma in questione, ricordiamolo, sono: le attrezzature industriali e commerciali, le materie prime e sussidiarie e i materiali di consumo. INDIETRO

17 I PRINCIPI CONTABILI I principi contabili nazionali sono:
Per raggiungere l’obiettivo della rappresentazione veritiera e corretta della situazione aziendale, il processo di formazione del bilancio esige lo scrupoloso rispetto delle norme di legge in materia e l’applicazione dei corretti “principi contabili”, che hanno una funzione integrativa e interpretativa delle stesse norme di legge. I principi contabili (cioè principi di ragioneria) sono quei principi - ivi inclusi i criteri, le procedure e i metodi di applicazione – che stabiliscono le modalità di contabilizzazione dei fatti di gestione, i criteri di valutazione e quelli di esposizione dei valori di bilancio. Essi, dunque costituiscono uno standard di regole di riferimento per redigere, certificare e analizzare un bilancio garantendone il contenuto informativo. I principi contabili si distinguono in due grandi categorie: Principi contabili generali, detti anche postulati del bilancio d’esercizio, i quali riguardano il bilancio nel suo complesso; I principi contabili applicati, che invece, concernono le singole voci o poste del bilancio (le rimanenze, le immobilizzazioni tecniche, i crediti ecc.); naturalmente essi devono essere coerenti con i principi generali. I principi contabili nazionali sono: enunciati da un’apposita Commissione dei Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti (CNDC) e dei Ragionieri, e sono largamente ispirati a quelli predisposti dallo IACS (International Accounting Standards Commette), organizzazione i cui principi sono accettati a livello internazionale.

18 Art. 2423-ter: struttura dello stato patrimoniale e del conto economico
“Salve le diverse disposizioni di leggi speciali per le società che esercitano particolari attività, nello stato patrimoniale e nel conto economico devono essere iscritte separatamente e nell’ordine indicato, le voci previste negli artt e 2425. Le voci precedute da numeri arabi possono essere ulteriormente suddivise, senza eliminazione della voce complessiva e dell’importo corrispondete; esse possono essere raggruppate soltanto quando il raggruppamento, a causa del loro importo, è irrilevante ai fini indicati nel secondo comma dell’art o quando esso favorisce la chiarezza del bilancio. In questo secondo caso la nota integrativa deve contenere distintamente le voci oggetto di raggruppamento. Devono essere aggiunte altre voci qualora il loro contenuto non sia compreso in alcuna di quelle previste dagli artt e 2425. Le voci precedute da numeri arabi devono essere adattate quando lo esige la natura dell’attività esercitata. Per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l’importo della voce corrispondete dell’esercizio precedente. Se le voci non sono comparabili, quelle relative all’esercizio precedente devono esser adattate; la non comparabilità e l’adattamento o l’impossibilità di questo devono essere segnalati e commentati nella nota integrativa. Sono vietati i compensi di partite.”

19 Art c.c. “Redazione del bilancio - Gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo Stato patrimoniale, dal Conto economico e dalla Nota integrativa. Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio. Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo. Se, in casi eccezionali, l’applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata. La nota integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato. Il bilancio deve essere redatto in lire.” (comma aggiunto dal D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 526; a decorrere dal 1 gennaio art. 16 d. lgs 24 giugno 1998, n sarà così sostituito:) "Il bilancio è redatto in unità di euro, senza cifre decimali, ad eccezione della nota integrativa che può essere redatta in migliaia di euro.”

20 Art bis c.c. “Art bis Principi di redazione del bilancio - Nella redazione del bilancio devono esser osservati i seguenti principi: La valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività; Si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio; Si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento; Si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo; Gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutatati separatamente; I criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro. Deroghe al principio enunciato nel numero 6) del comma precedente sono consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.”


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