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Damascio sull’Ineffabile John Dillon Maria Vittoria Cristiano.

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Presentazione sul tema: "Damascio sull’Ineffabile John Dillon Maria Vittoria Cristiano."— Transcript della presentazione:

1 Damascio sull’Ineffabile John Dillon Maria Vittoria Cristiano

2 Scopo Discussione sulla supposta infiltrazione di elementi irrazionali nella tradizione neoplatonica; tale supposizione prende le mosse dalla tradizione Plotiniana innanzitutto OVVERO Il principio primo che trascende la capacità di pensiero razionale per comprenderlo, superiore a qualsiasi attività intellettuale (questo punto di vista in realtà verrà sviluppato in modo più pieno da Giamblico in poi);

3 Dillon parte da un articolo di Saffrey sulla teurgia che mostra un’ inclinazione a collegare l’ineffabilità del primo principio di cui parla Plotino con elementi irrazionali o extrarazionali, di natura cioé magico-religiosa;

4 Dillon non nega tale infiltrazione, anzi sostiene che: Proprio la tendenza comune a ricorrere a delle auctoritates ( considerate “Infallibili” o addirittura “Ispirate”, filosofiche come nel caso di Platone o Aristotele, piuttosto che teologiche, come nel caso di Omero, Esiodo, Orfeo) L’inclinazione a reintegrare gli dei della religione greca tradizionale (e non) - fenomeno evidente a partire da Giamblico in poi e interpretato a pieno da Proclo- dall’altro, hanno portato con sé la tendenza ad accettare con più facilità i dogmi e a farlo in modo del tutto irrazionale

5 In realtà la questione sull’Ineffabilità - e inconoscibilità- del primo principio non è strettamente collegata a quella dell’Infiltrazione di elementi irrazionali nella struttura filosofica neoplatonica; L’affermazione che alcuni principi superiori o livelli dell’essere (Intelletto, Essere Puro, Regno delle Forme, l’Uno stesso) siano ”αρρητον”, “ακατονομαστον”, o “αγνωστον” risale a Platone (Repubblica VI, Timeo 28C, Epistole VI), ma questi passaggi sono stati interpretati come concetti non rientranti nel discorso filosofico prettamente razionale

6 A sostegno di tale ipotesi è stato più volte citato un passaggio del Parmenide, dove l’Uno viene definito come “non nominabile”, oggetto intorno al quale “nulla può essere detto” e non soggetto a giudizio o comprensione da parte di un essere umano. In poche parole l’Uno, secondo quest’ interpretazione, potrebbe essere compreso solo da un qualche tipo di facoltà sovra- razionale;

7 La questione plotiniana: Plotino, contro i suoi predecessori, aveva rifiutato l’idea che il primo principio, in quanto unità radicale, potesse essere identificato con qualsiasi intelletto (anche Numenio aveva scorto il problema, arrivando però a proporre l’idea di un Primo Dio come intelletto “immobile” opposto ad un secondo intelletto, demiurgico e “In movimento”) In realtà il principio primo è per Plotino superiore a tutta l’ntellezione e non comprensibile di conseguenza da un intelletto umano

8 Sorge quindi nella struttura plotiniana un problema: La contraddizione tra un Uno origine di tutte le cose, dall’Intelletto fino alla Materia, e un Uno completamente trascendente ed irrelato rispetto a tutte le entità ad esso inferiori (citazione passaggi); particolare attenzione va prestata al passaggio dell’Enneade VI, dove l’Uno viene descritto come causa della causa (αιτιον του αιτιου)

9 Plotino riesce a mantenere i due aspetti del suo principio supremo in equilibrio, senza ammettere alcuna contraddizione (e forse, dopo tutto, non c’è tutta questa contraddizione); così non è tuttavia per i successori di Plotino, primo fra tutti Porfirio, il quale sentì la necessità di riformulare la sua dottrina dell’ Uno in modi che risultano, per Dillon, a tratti “oscuri”;

10 Damascio stesso criticherà fortemente Porfirio, accusandolo di aver identificato il primo principio con il “Padre della triade intelligibile”, compromettendone così la trascendenza; Secondo Dillon, l’ntento di Porfirio era relazionare la sua esegesi delle prime due ipotesi del Parmenide con il concetto di Uno, così che Dio in sé divenisse soggetto della prima ipotesi e Dio in quanto intellezione (νοηστον), il soggetto della seconda;

11 Questo avrebbe implicato una sorta di “Condensazione di ipostasi” (ed è proprio questa una delle maggiori accuse che vengono mosse contro Porfirio), sebbene lo scopo di tale formulazione, secondo Dillon, non è altro che un tentativo di risolvere la questione lasciata in sospeso da Plotino, cercando di distinguere i due aspetti del primo principio; Differente la soluzione di Giamblico al problema riscontrato nel sistema plotiniano: Giamblico postula infatti l’esistenza di un ulteriore primo principio, totalmente ineffabile (παντη αρρετος);

12 Anche se siamo completamente legati alla testimonianza di Damascio su questo versante, non è poi così difficile riuscire a trovare una linea argomentativa plausibile per l’Ipotesi formulata da Giamblico: non è infatti poi così immediata l’identificazione plotiniana del primo principio con entità quali il Bene di cui si parla nella Repubblica; Damascio dal canto suo adotterà una posizione molto simile a quella di Giamblico contro i suoi immediati predecessori (Siriano e Proclo), e questo potrebbe indurre a pensare che abbia di fatto ripreso di sana pianta le argomentazioni di Giamblico;

13 Damascio Dillon parte da un’ analisi del De Principiis di Damascio, considerando tale opera insieme alle Enneadi plotiniane e agli Elementi di Teologia di Proclo uno dei picchi massimi di tutta la produzione neoplatonica; Damascio ci pone immediatamente di fronte ad un’aporia (si noti come la struttura argomentativa rimandi qui al Parmenide di Platone) già nel primo capitolo della sua opera:

14 L’αρχη (origine o principio primo) è da considerarsi o meno parte della totalità? 1)si -> risulterebbe allora difficile comprendere come possa essere principio generativo di ciò cui appartiene (ci si troverebbe di fronte al paradosso per cui l’αρχη, primo principio originario -e quindi ingenerato- sarebbe costretta a generarsi come proprio prodotto 2)no -> allora la totalità, non comprendendo in sé l’origine, sarebbe incompleta e quindi, gioco-forza, non più “totalità”; La reale difficoltà è che noi dobbiamo necessariamente pensare ad un principio primo come essenza delle cose di cui è appunto “principio”

15 Consideriamo la prima ipotesi: L’esempio più calzante in merito ci viene fornito proprio da Damascio: quando parliamo, ad esempio, di una πολις, includiamo in questo stesso concetto sia i governanti (αρχοντες) che i governati; similmente quando si parla di una γενος, o di un clan, comprendiamo il fondatore della stirpe esattamente come tutti i suoi discendenti; Ci rimane tuttavia sempre il problema per cui se l’αρχη è da includersi nell’universo, questa deve essere considerata come uno dei suoi stessi prodotti (dal momento in cui, ribadiamo, è principio e origine di tutte le cose); Non è infatti possibile essere primo principio e contemporanemente prodotto di un primo principio -> ne deduciamo che deve necessariamente esistere un principio che sia primo, ma esterno alla totalità

16 Consideriamo la seconda ipotesi: Se il primo principio deve essere considerato esterno alla totalità, gioco forza non può avere alcuna relazione con essa, e di conseguenza alcun rapporto di produttività (sebbene ne sia origine e quindi causa !); In realtà l’απορια proposta da Damascio, secondo Dillon, non vuole sottendere ad alcun tipo di metafisica: si tratta di un puro esercizio logico il cui scopo è dimostrare la complessità concettuale del primo principio;

17 Irrazionalità in Damascio? Il concetto di Ineffabilità: Mettendo da parte le possibili contraddizioni che necessariamente scaturiscono da questa “duplice natura” del primo principio, Damascio si concentra nel secondo capitolo del De Principiis sulla seconda ipotesi riportata: si tratta della parte di maggiore interesse per Dillon, proprio perché qui si trovano i passaggi più controversi di Damascio, e da qui partono le accuse di irrazionalità ad esso rivolte: “ La nostra anima ha, dopo tutto, un segno che, di tutte le cose di cui noi non abbiamo alcuna idea, c’è un primo principio oltre tutto, e non relazionato a tutto. Perciò non dovrebbe essere chiamato un principio, o non ancora una causa, o non primo, o non invece precedente a tutte le cose, o non ancora oltre tutte le cose; meno lontano, invece, dovrebbe essere celebrato come essere tutte le cose; o non invece dovrebbe essere celebrato affatto, o non concepito, o anche non alluso.”

18 Dillon utilizza un’analogia particolare nel descrivere il concetto riportato da Damascio, ovvero quello del “buco nero” Il “buco nero”, volendolo definire in modo piuttosto spicciolo, non è altro che un fenomeno cosmico (dovuto al collasso o all’ implosione di una stella) che: da un lato, viene utilizzato come postulato necessario alla spiegazione di altri fenomeni (in particolar modo il processo per cui le stelle generano energia e calore); Dall’altro, come oggetto non sensibile ad un’osservazione diretta (in quanto né la luce né le onde radio possono attraversarlo a causa dell’ enorme densità che lo caratterizza);

19 Un “buco nero” non è naturalmente né un principio primo, né tanto meno una condizione a priori per tutto il pensiero scientifico, tuttavia è un postulato necessario alla comprensione di molti fenomeni osservabili ed è questa caratteristica che lo avvicina a ciò che Damascio, secondo Dillon, voleva esprimere: un concetto “limbo”, in quanto condizione per la comprensione del mondo in senso generale, senza tuttavia essere esso stesso predisposto ad una definizione o analisi “razionale”;

20 Supporre un’ “entità” che non può essere oggetto di un’analisi razionale, non significa tuttavia identificarla necessariamente con una manifestazione di irrazionalismo ! Prima di formulare una simile accusa è necessario vedere in che modo tale concetto va ad inserirsi all’ interno di un sistema: secondo Dillon, la formulazione del concetto di Ineffabile è il risultato di un corposo processo dialettico di tipo razionale (basato probabilmente sulla teorizzazione di Giamblico);

21 I primi quarantadue capitoli del De Principiis approfondiscono nella loro analisi il concetto di Uno, la sua trascendenza, il processo di emanazione e ritorno ad esso, continuando tuttavia a sostenere la necessità di un principio ulteriore di cui (al contrario dell’Uno) non può essere detto assolutamente nulla;

22 Damascio lavora moltissimo sulla teologia “negativa” (ad esempio p. 22, 15 ff.: “ se noi dobbiamo indicare qualcosa a suo riguardo, noi dobbiamo far uso delle negazioni di questi (citati) concetti, e dichiarare che l’ ineffabile non può essere né uno né molti, né produttivo né improduttivo, né causativo né non causativo”) sostenendo tuttavia che nel momento in cui viene riconosciuto intuitivamente l’esistenza di questo principio, deve esserci necessariamente un qualcosa che risponde ad esso e ci deve essere anche un senso in cui noi e l’universo come un tutt’uno, vi partecipiamo (μετεχει)

23 La conclusione della prima sezione dell’opera (secondo l’edizione di Westerink) ci propone ancora una volta una serie di aporie: 1)la Materia, sebbene sia l’assoluta negazione dell’essere, è già inclusa dall’Uno o anche oltre, dall’ Ineffabile? 2)L’Uno e l’Ineffabile, mentre trascendono l’Essere al suo livello più alto, devono essere considerati estendibili anche ai livelli inferiori? 3)L’Ineffabile influenza in qualche modo le cose “terrene”?

24 Per quanto riguarda la prima aporia, Damascio curiosamente non se ne preoccupa: del resto era stato già accettato dalla teoria neoplatonica (almeno da Proclo in poi) che i principi estendono la propria influenza anche ai gradi inferiori della scala dell’esistenza, in modo che la Materia ad esempio non partecipa più all’Essere, ma all’ Unità e dunque partecipa anche all’Ineffabile (rispondendo cos � anche alla seconda aporia); Damascio infine, sostiene che l’Ineffabile ha un’nfluenza sull’Universo cui trasmette, nello specifico, l’elemento di Ineffabilità intrinseco ad ogni individuo;

25 Conclusioni: L’Ineffabile pervade tutto l’universo, accompagnandosi a ciò che è “effabile” ad ogni livello della scala dell’esistenza; Ogni livello di realtà, l’Essere, la Vita, l’Intelletto, l’Anima e così via, e ogni entità individuale, contiene un elemento di ineffabilità, che non può essere compreso in una definizione, ma che fa di questa entità ciò che è; L’ esempio introdotto da Dillon per cercare di spiegare il concetto di Ineffabile, dimostra di fatto come un postulato di questo tipo può perfettamente formare parte di una visione del mondo altamente razionale;

26 L’Ineffabile è da considerarsi come “la più esterna periferia non solo dell’Essere ma anche del non- essere”, senza essere strettamente la causa di alcunché, e che non è comprensibile in alcun senso ordinario del termine; Allo stesso tempo, comunque, questo principio penetra fino al nucleo del nostro mondo, e rende ognuno di noi ciò che è, un individuo, con giusto un tocco di ineffabilità che ci differenzia da ogni altro.


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