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Universita’ di Padova Corso di diritto int. dell’ambiente

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Presentazione sul tema: "Universita’ di Padova Corso di diritto int. dell’ambiente"— Transcript della presentazione:

1 Universita’ di Padova Corso di diritto int. dell’ambiente
IL DECRETO CORRETTIVO n. 4/2008 DEL CODICE AMBIENTALE Avv. Luciano Butti

2 SOMMARIO L’iter di approvazione del “Correttivo” e le sue criticità
I nuovi “principi generali” e il loro significato Le novità in materia di VIA, VAS e AIA Le novità in materia di gestione dei rifiuti Le novità in materia di bonifiche Le novità in materia di acque di scarico Le principali scadenze introdotte dal “Correttivo”

3 1. L’iter di approvazione del “Correttivo” e le sue criticità
Contenuto e limiti temporali del potere delegato L’incidente di percorso dell’estate 2007 e le sue conseguenze Perplessità residue

4 Contenuto e limiti temporali del potere delegato
“Correzioni” e “integrazioni” (come già in passato in altre leggi delega) Da esercitarsi entro due anni dall’entrata in vigore (scadenza: 29 aprile 2008) Sulla base di una relazione che indichi le disposizioni da correggere

5 L’incidente di percorso dell’estate 2007 e le sue conseguenze
Iter di approvazione travagliato: difficoltà nell’agosto 2007; ora ingloba anche le disposizioni su VIA e VAS (e il CdS ha già chiarito - parere n del 5 novembre che il potere delegato non è esaurito).

6 Perplessità residue a) rispetto dei criteri direttivi; b) abrogazione, contenuta nel “correttivo”, di alcune disposizioni contenute nella legge delega c) Nuove materie (i “principi”) ed effettiva natura di “correzioni” o “integrazioni” delle nuove norme : rinvio al par. successivo

7 a) Criteri direttivi Perplessità per art. 2, comma 43 che – modificando l’Allegato 1 al Titolo V della Parte IV del “Codice” – corregge in modo significativo i criteri previsti dal “Codice” per l’effettuazione dell’AdR: “la CSR per ciascun contaminante deve essere fissata equivalente alle CSC di cui all’allegato 5” (caso simile: nell’art. 2, comma 43ter ). Violazione del seguente criterio direttivo: “prevedere che gli obiettivi … che devono essere conseguiti con la bonifica, vengano definiti attraverso la valutazione dei rischi sanitari e ambientali connessi agli usi previsti dei siti stessi, tenendo conto dell'approccio tabellare”. Conseguente contrasto con art. 76 della Costituzione

8 b) Abrogazione di alcune norme della legge delega…
Il “correttivo” abroga alcuni commi contenuti nella legge delega Non si tratta ovviamente delle norme che conferivano o disciplinavano la delega, ma di norme (immediatamente applicabili) sulla definizione di rifiuto Il CdS nel parere 5 novembre 2007 approva La giurisprudenza della Corte cost. in casi (non eguali, ma) simili è oscillante (contro: sentenze n. 24/1959 e 34/1960; più aperta sentenza n. 30/1961)

9 2. I nuovi “principi generali” e il loro significato
I “principi”: una novità (legittima?) del “Correttivo-Integrativo” Sussidiarietà e leale cooperazione Principi sulla produzione del diritto ambientale Principi desunti dal Trattato europeo Sviluppo (?) sostenibile Accesso alle informazioni ambientali

10 I “principi”: una novità (legittima?) del “Correttivo-Integrativo”
Poteva il Governo introdurre nuove “sottomaterie” nel correttivo (come i principi generali)? Corte costituzionale: tesi restrittiva (la “funzione di correzione o” non può estendersi a “un esercizio tardivo, per la prima volta, della delega principale”: sentenza 26 giugno 2001 n. 206). Consiglio di Stato (parere 5 novembre 2007 n. 3838): pur formalmente richiamandosi alla sentenza, se ne discosta, sostenendo che la natura anche “integrativa” del potere delegato (legge delega n. 308/2004) consentirebbe ora al Governo anche di ampliare l’oggetto di intervento a “quei profili della materia delegata … trascurati in sede di prima attuazione”. Senonché anche la sentenza della Corte riguardava una legge delega (legge 59/1997, art. 10) che prevedeva la possibilità di norme anche “integrative”. Inoltre secondo la legge delega n. 308/2004 la relazione allegata al “Correttivo” avrebbe dovuto individuare “le disposizioni dei decreti legislativi” (originari) “su cui si intende intervenire”.

11 Sussidiarietà e leale cooperazione
L’art. 3 quinquies – ponendo i principi di sussidiarietà e di leale cooperazione - non si allontana dai criteri sanciti negli ultimi anni dalla Corte costituzionale in sede di interpretazione dell’art. 117 della Costituzione (nel testo modificato nel 2001) In particolare: la competenza generale dello Stato opera soprattutto per la fissazione degli standard ambientali minimi vincolanti su tutto il territorio nazionale, mentre spetta alle Regioni disciplinare all’interno del proprio territorio l’organizzazione della salvaguardia ambientale; le Regioni possono prevedere norme più restrittive di quelle statali soltanto in presenza di tre condizioni: a) motivata esistenza di situazioni particolari nel territorio; b) inesistenza di arbitrarie discriminazioni; c) inesistenza di ingiustificati aggravi procedurali; soltanto nel caso in cui la legge statale espressamente lo preveda (come il Codice ambientale continua per certi aspetti a fare, anche dopo il “correttivo”, in materia di disciplina degli scarichi), le norme regionali possono derogare a quelle statali in senso meno restrittivo.

12 Principi sulla produzione del diritto ambientale
Secondo l’art. 3bis del Codice (“Principi sulla produzione del diritto ambientale”!!) queste norme contengono “principi generali in tema di tutela dell’ambiente” (3bis.1) o “regole generali della materia ambientale” (3bis.2: Paganini non ripete mai). Non viene precisato se e quali delle nuove disposizioni costituiscano anche “norme fondamentali di riforma economico-sociale” (corte cost. 323/1988). Serie riserve sono suscitate anche dal terzo comma dell’art. 3bis, che così dispone: “I principi ambientali possono essere modificati o eliminati soltanto mediante espressa previsione di successive leggi della Repubblica italiana, purché sia comunque garantito il corretto recepimento del diritto europeo”: un decreto legislativo delegato (e per di più correttivo!) che vincola tutta la legislazione ambientale successiva, proibendo l’abrogazione implicita (“mediante espressa previsione”) e richiedendo, a quanto sembra (mai essere precisi…), una legge formale del Parlamento (“successive leggi”) per ogni modifica? solo disposizioni “della Repubblica italiana” potranno in futuro modificare queste norme: e l’efficacia diretta, a determinate condizioni, del diritto comunitario?

13 Principi desunti dal Trattato europeo
Nessun problema sorge invece dal nuovo art. 3ter del Codice, che si limita a ribadire i fondamentali principi stabiliti dall’Unione europea per le politiche ambientali: precauzione, azione preventiva, correzione prioritaria alla fonte, “chi inquina paga”. Principi peraltro già pacificamente vigenti nel nostro ordinamento giuridico, se non altro per effetto degli artt. 10 e 11 della Costituzione.

14 Sviluppo (?) sostenibile
“Sviluppo sostenibile” è un meccanismo capace di garantire il “diritto allo sviluppo” (così, espressamente, il principio 3 della Dichiarazione di Rio del 1992) con modalità tali da soddisfare equamente “le esigenze relative all'ambiente ed allo sviluppo delle generazioni presenti e future”. Nel decreto correttivo tuttavia la “sviluppo” praticamente scompare, mentre ovviamente rimangono le giuste esigenze di “sostenibilità” (peraltro con espressioni diverse da Rio): Probabilmente vi è l’influenza delle teorie sulla “decrescita” (“bioeconomia” di Georgescu-Roegen: “Non ci possono essere molti dubbi: lo sviluppo sostenibile è una delle ricette più tossiche”).

15 Accesso alle informazioni ambientali
Il nuovo art. 3sexies ripercorre senza alcuna novità – forse ad uso di un pubblico desideroso di leggere parole poco utili ma non prive di qualche ostentata eleganza - quel diritto di accesso alle informazioni ambientali che da decenni ben più articolate norme europee ed italiane già riconoscono.

16 3. Le novità in materia di VIA, VAS e AIA
Principali novità in materia di VIA nella originaria Parte II D.Lgs. 152/2006 VIA – principali novità del correttivo VAS – principali novità del correttivo AIA: recenti modifiche AIA e VIA – novità del correttivo Conclusioni

17 Principali novità in materia di VIA nella originaria Parte II d. lgs
Introduzione di una “normativa-quadro” in materia di VIA definizioni di “VIA”, “impatto ambientale” e... “ambiente” “sanzione” della nullità (“nascosta” nell’art. 4) introduzione nella VIA statale delle fasi di screening e scoping introduzione nella VIA statale dell’inchiesta pubblica Istituzione di una Commissione tecnico-consultiva unica per VIA-VAS-AIA chiarisce su quale progetto va effettuata la VIA, “anticipandola” al progetto preliminare

18 (segue)… Conferma un criterio non completamente “tabellare” = l’allegato III della parte II del d. lgs. 152/2006 contiene 2 elenchi: elenco A e elenco B L’art. 23 sottopone a VIA 3 gruppi di progetti: I. i progetti di cui all’elenco A, ovunque ubicati; II. i progetti di cui all’elenco B: – che ricadano, anche parzialmente, all’interno di aree naturali protette (come definite dalla legge n. 394/1991); – che, pur non ricadendo all’interno di aree naturali protette, a giudizio dell’autorità competente (procedura di verifica, c.d. screening) richiedano ugualmente lo svolgimento della VIA; III. i progetti di specifiche opere o interventi per i quali la VIA sia espressamente prescritta dalle leggi speciali di settore

19 (segue)… Autorità competente
si conferma la suddivisione della competenza sulla VIA fra lo Stato e le Regioni cambia, però, il criterio per stabilire, in concreto, se un determinato progetto è sottoposto a VIA statale o regionale si abbandona infatti il sistema della “doppia elencazione” a vantaggio del “parallelismo” tra competenza a svolgere la VIA e competenza ad autorizzare l’opera o l’intervento

20 La VIA compete: (segue)…
allo Stato (Ministro dell’ambiente, di concerto con Ministro beni e le attività culturali, sentita la Regione) per i progetti di opere ed interventi sottoposti ad autorizzazione statale e per quelli aventi impatto ambientale interregionale o internazionale all’autorità individuata dalla Regione (o dalla Provincia autonoma) con propria legge negli altri casi

21 VIA principali novità del “correttivo”
Definizioni modificate: valutazione d'impatto ambientale = VIA il processo che comprende … lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità, la definizione dei contenuti dello studio d'impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del progetto, dello studio e degli esiti delle consultazioni, l'informazione sulla decisione ed il monitoraggio impatto ambientale l'alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa dell'ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell'attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti

22 VIA principali novità del “correttivo”
Definizioni modificate: modifica sostanziale: la variazione di un piano, programma o progetto approvato, comprese, nel caso dei progetti, le variazioni delle loro caratteristiche o del loro funzionamento, ovvero un loro potenziamento, che possano produrre effetti negativi significativi sull'ambiente provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale: il provvedimento dell'autorità competente che conclude la fase di valutazione del processo di Via. E' un provvedimento obbligatorio e vincolante che sostituisce o coordina, tutte le autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i pareri, i nulla osta e gli assensi comunque denominati in materia ambientale e di patrimonio culturale

23 VIA principali novità del “correttivo”
più chiara ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni mediante il ritorno ad un criterio di riparto interamente “tabellare” e l’eliminazione, da un lato, del “parallelismo” tra la competenza a svolgere la VIA e quella ad autorizzare l’opera o l’intervento e, dall’altro, del criterio (di non agevole applicazione) incentrato sull’estensione “ultraregionale” o meno dell’impatto ambientale (com’era nell’originario art. 35 d. lgs. 152/2006) sottoposizione a VIA del progetto definitivo (anziché di quello preliminare, come prevedeva la prima formulazione della Parte II del d.lgs. 152/2006)

24 VIA principali novità del “correttivo”
attribuzione al provvedimento di VIA statale dell’efficacia sostituiva di tutte le autorizzazioni ambientali, compresa l’AIA allungamento da 90 a 150 gg. del termine per la conclusione del procedimento di VIA previsione di accordi fra autorità competente, proponente e/o autorità procedente e altre amministrazioni pubbliche interessate ai fini della semplificazione e della maggiore efficacia dei procedimenti

25 VIA principali novità del “correttivo”
coordinamento tra VIA e VAS: per i progetti inseriti in piani o programmi per i quali si è conclusa positivamente la procedura di VAS , il giudizio di VIA negativo o il contrasto di valutazione su elementi già oggetto della VAS deve essere adeguatamente motivato sanzione della annullabilità per violazione di legge (non più nullità) dei provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la previa VIA, ove prescritta

26 Nuova definizione di “Provvedimento di VIA”:
provvedimento, obbligatorio e vincolante, adottato dall’autorità competente in conclusione della fase di valutazione nel processo di VIA, che “sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i pareri, i nulla osta e gli assensi comunque denominati in materia ambientale e di patrimonio culturale”. (nuovo art. 5, lettera o) )

27 VAS principali novità del “correttivo”
Nuova definizione di “valutazione ambientale di piani e programmi” = “valutazione ambientale strategica” = “VAS”: «il processo che comprende, secondo le disposizioni di cui al titolo II della seconda parte del presente decreto, lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità, l'elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l'espressione di un parere motivato, l'informazione sulla decisione ed il monitoraggio»

28 VAS principali novità del “correttivo”
più chiara configurazione della procedura di VAS come sub-procedimento del procedimento di approvazione del piano o programma, diverso ed autonomo rispetto al procedimento di VIA – si conclude, infatti, con un parere motivato (e non più con un provvedimento amministrativo) affidamento della verifica di assoggettabilità (c.d. screening) in materia di VAS alla stessa autorità cui compete la procedura di VAS (e non più, come era previsto dall’originario art. 19 del d. lgs. 152/2006, all’autorità cui compete l’approvazione del piano o programma)

29 AIA: recenti modifiche Regime risultante dalla conversione in legge del d.l. 180/2007 (Differimento di termini in materia di AIA) ad opera della legge 19 dicembre 2007, n. 243 Legge di conversione 243/2007: conferma della proroga al 31 marzo 2008 per l’adeguamento alle prescrizioni dell’AIA Novità rispetto al decreto legge originario: gli impianti esistenti dovevano presentare la domanda di AIA all’autorità competente entro il 31 gennaio 2008 (nuovo art. 1-bis del testo consolidato)

30 AIA: recenti modifiche
Effetti della nuova disciplina sulle possibili situazioni transitorie (tra l’entrata in vigore del d.l. 180/2007 e quella della legge 243/2007) La legge 243/2007: ha consentito a tutti gli impianti (“esistenti”) di presentare le domande entro il 31 gennaio 2008 “rimessione” in termini dei gestori “negligenti” Le autorizzazioni settoriali sono valide ed efficaci sino alla scadenza del termine previsto dal provvedimento autorizzativo in questione per l’attuazione delle relative prescrizioni (seppur con limiti). Rinnovo delle autorizzazioni settoriali ? (v. Tar Sicilia 1156/07)

31 AIA e VIA – novità del correttivo
Molti impianti IPPC sono soggetti anche alla normativa sulla VIA Direttiva 96/61/CE: l’art. 1 lasciava “impregiudicate” le disposizioni della direttiva 85/337/CEE (concernente la VIA) Direttiva 97/11/CE: si è riconosciuta agli Stati membri la possibilità di prevedere una procedura unica per soddisfare i requisiti della direttiva 85/337/CEE e quelli della direttiva 96/61/CE

32 AIA e VIA – novità del correttivo
D.lgs. 59/05: alcune disposizioni riguardavano il coordinamento fra AIA e VIA art. 5, c. 12: in caso di impianti sottoposti a VIA, il termine per il rilascio dell’AIA (150 gg) è sospeso fino alla conclusione della procedura. In ogni caso, l’AIA non può essere rilasciata prima della conclusione della VIA art. 7, c. 2: le informazioni o conclusioni emerse nel corso del procedimento di VIA devono essere prese in considerazione per il rilascio dell’AIA art. 18, c. 3: l’allegato V può essere modificato anche per assicurare il coordinamento tra le procedure di rilascio dell’AIA statale e quelle in materia di VIA

33 AIA e VIA – novità del correttivo
Inoltre, molte previsioni del D.lgs. 59/05 presentano analogie sostanziali con la disciplina della VIA Ad esempio: partecipazione del pubblico obbligo di esporre le principali alternative prese in esame dal gestore nell’ambito della relazione tecnica allegata alla domanda di AIA obbligo di pubblicazione dell’annuncio riguardante la localizzazione dell’impianto commissione istruttoria tecnica statale

34 AIA e VIA – novità del correttivo
La legge delega ambientale 308/04 prevedeva l’inserimento nel medesimo Testo Unico della disciplina della VIA, della VAS e dell’AIA, con l’individuazione di misure di coordinamento tra le varie procedure La versione originaria del d. lgs. 152/2006, Parte II, non disciplina l’AIA

35 AIA e VIA – novità del correttivo
D.lgs. 152/2006, versione originaria Tra gli obiettivi figurava l’adozione di misure di coordinamento tra le procedure di VIA e quelle di rilascio dell’AIA, per il caso in cui un impianto fosse sottoposto a entrambe le normative: il proponente di opere o interventi sottoposti contemporaneamente a VIA e ad AIA aveva la facoltà di ottenere che la procedura di valutazione dell’impatto ambientale fosse integrata nel procedimento autorizzativo (art. 34, D.lgs. 152/2006) COORDINAMENTO TRA LE DUE PROCEDURE: PROCEDURA DI VIA ASSORBITA IN QUELLA DI AIA COORDINAMENTO SUBORDINATO A UNA SCELTA DISCREZIONALE DEL PROPONENTE

36 AIA e VIA – novità del correttivo
La parte seconda del d. lgs. 152/2006 è stata riscritta dall’art. 1, comma 3, del “correttivo” Nuove modalità di semplificazione e coordinamento tra procedure di AIA e VIA: le procedure autorizzative in campo ambientale devono essere integrate all’interno della procedura di VIA. Tra tali procedure autorizzative rientrano, come espressamente specificato, anche quelle di cui al D.lgs. 59/2005 (nuovo art. 4, D.lgs. 152/2006)

37 AIA e VIA – novità del correttivo
VIA DI COMPETENZA STATALE Il correttivo ha previsto che, per i progetti: la cui valutazione di impatto ambientale è di competenza statale, e ricadenti nel campo di applicazione dell’allegato V del D.lgs. 59/2005, il provvedimento di valutazione di impatto ambientale “faccia luogo” dell’autorizzazione integrata ambientale” (art. 10, primo comma, del D.lgs. 152/2006) Dunque, il provvedimento di VIA sostituisce quello di AIA

38 AIA e VIA – novità del correttivo
VIA DI COMPETENZA REGIONALE Le Regioni o le Province autonome: dovranno prevedere meccanismi di coordinamento della procedura di AIA all’interno di quella di VIA; qualora l’autorità competente a pronunciarsi sulla compatibilità ambientale di un progetto sia anche la stessa chiamata a rilasciare l’AIA, “potranno” prevedere che il provvedimento di VIA faccia luogo anche di tale ultima autorizzazione

39 AIA e VIA – novità del correttivo
L.r. Emilia Romagna 21/2004 (Disciplina IPPC): già prevedeva che, nel caso in cui un nuovo impianto fosse assoggettato alla procedura di VIA, quest’ultima avrebbe compreso e sostituito l’autorizzazione integrata ambientale (art. 6, l. r. Emilia Romagna 21/2004)

40 AIA e VIA – novità del correttivo
T.A.R. Emilia Romagna, Sez. I, 26 novembre 2007, n. 3365 “..anche se nel caso di specie l’esito positivo della valutazione di impatto ambientale costituisce presupposto dell’Aia impugnata, quest’ultima non può essere configurata come atto strettamente consequenziale rispetto alla prima, ma anzi, in quanto produttiva di propri specifici effetti, può essere autonomamente impugnata (a prescindere dall’impugnazione della VIA) da chi intenda agire contro pregiudizi direttamente derivanti dalla predetta autorizzazione”

41 natura interdisciplinare
Conclusioni VIA-VAS-AIA, discrezionalità tecnica e giudice amministrativo VIA-VAS-AIA come strumenti di miglioramento del processo decisionale: Partecipazione del pubblico e “mediazione sociale” natura interdisciplinare delle procedure

42 4. Le novità in materia di gestione dei rifiuti
PREMESSA: ONERI SOSTANZIALI E FORMALI DEL PRODUTTORE DI RIFIUTI I MATERIALI CHE NON COSTITUISCONO RIFIUTO I RIFIUTI ESCLUSI DAL CAMPO DI APPLICAZIONE DEL DECRETO O SOGGETTI A DISPOSIZIONI PARTICOLARI LA CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI PRIME NOVITÀ IN TEMA DI BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI

43 PREMESSA: ONERI SOSTANZIALI E FORMALI DEL PRODUTTORE DI RIFIUTI (I)
Controllo della abilitazione del destinatario (cfr. Cass. n /2007) Controllo dei rifiuti dalla culla alla … maggiore età: il meccanismo del formulario Certificato di avvenuto smaltimento: verso un sistema di tracciabilità CONCLUSIONI: la responsabilità è ancora personale? Audit interni e procedure indispensabili per “organizzare” il rispetto delle norme

44 I. PREMESSA: ONERI SOSTANZIALI E FORMALI DEL PRODUTTORE DI RIFIUTI (II)
ONERI FORMALI: Formulari (rischi consistenti per errori anche formali) Registri (un’occasione per “spiegare” anticipatamente situazioni complicate: ma con quale “vidimazione”?) MUD (una verifica sul funzionamento delle procedure ambientali)

45 GIURISPRUDENZA RECENTE:
I. PREMESSA: ONERI SOSTANZIALI E FORMALI DEL PRODUTTORE DI RIFIUTI (III) GIURISPRUDENZA RECENTE: Ai giudici amministrativi ogni controversia sulla lesione del diritto alla salute come conseguenza dell’illegittimo uso di poteri autoritativi in materia di gestione del territorio (Cass., sez. unite civili, n /2007) Conferma della larga applicazione della nozione di attività organizzate per il traffico illecito (Cass. n. 358/2008)

46 II. I MATERIALI CHE NON COSTITUISCONO RIFIUTO (I)
STORIA DI UN PROBLEMA: la definizione comunitaria di rifiuto le due opposte linee interpretative in merito al “recupero diretto” oscillazioni della legge italiana oscillazioni della Corte di cassazione oscillazioni della giurisprudenza comunitaria, sino alle 3 sentenze del su sottoprodotti, scarti alimentari e terre da scavo l’intervento della Commissione europea del febbraio 2007 CONCLUSIONI: “materie, sostanze e prodotti secondari” (art. 181-bis ins. dal d. lgs. n. 4/2008); “sottoprodotto” (art. 183-bis mod. dal d. lgs. n. 4/2008)

47 II. I MATERIALI CHE NON COSTITUISCONO RIFIUTO (II)
Art. 181-bis (Materie, sostanze e prodotti secondari) Non sono rifiuti le materie, le sostanze e i prodotti secondari definiti da un decreto del Ministro dell’ambiente entro il 31 dicembre 2008, se: a) siano prodotti da un'operazione di riutilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti; b) siano individuate la provenienza, la tipologia e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si possono produrre; c) siano individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclo o di recupero che le producono; d) siano precisati i criteri di qualità ambientale, i requisiti merceologici e le altre condizioni necessarie per l'immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti per l'utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all'ambiente e alla salute derivanti dall'utilizzo o dal trasporto; e) abbiano un effettivo valore economico di scambio sul mercato.

48 II. I MATERIALI CHE NON COSTITUISCONO RIFIUTO (III)
Art. 181-bis (Materie, sostanze e prodotti secondari): L’atteso DM (entro ) sui metodi di recupero I DM , n. 161 del , e n. 269 del (per rifiuti non pericolosi e pericolosi) applicabili in via transitoria La circolare ministeriale 28 giugno 1999 applicabile in via transitoria

49 II. I MATERIALI CHE NON SONO RIFIUTO (IV) I SOTTOPRODOTTI: DEFINIZIONE
ART. 183, lett. n), del vecchio D.Lgs. 152/2006 “i prodotti dell’attività produttiva che, pur non costituendo l’oggetto dell’attività principale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale e sono destinati a un ulteriore reimpiego o al consumo..” , purchè siano rispettati determinati requisiti ART. 183, lett. p), del D.Lgs. 152/2006 riformato le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), e che soddisfino tutti i criteri, requisiti e condizioni indicati (5)

50 II. I MATERIALI CHE NON COSTITUISCONO RIFIUTO (V)
SOTTOPRODOTTI (nozione riformulata dal D.Lgs. 4/2008): originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; impiego certo, sin dalla fase della produzione, integrale e direttamente nel processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; non sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale, ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione; valore economico di mercato

51 II. I MATERIALI CHE NON COSTITUISCONO RIFIUTO (VI)
SOTTOPRODOTTO (art. 185, co. 2, nuova formulazione ) Possono essere sottoprodotti, nel rispetto delle condizioni della lettera p), comma 1 dell'articolo 183: materiali fecali e vegetali provenienti da attività agricole utilizzati nelle attività agricole o in impianti aziendali o interaziendali per produrre energia o calore, o biogas, materiali litoidi o terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia o dal lavaggio di prodotti agricoli e riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi, eccedenze derivanti dalle preparazioni di cibi solidi, cotti o crudi, destinate, con specifici accordi, alle strutture di ricovero di animali di affezione di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281.

52 II. I MATERIALI CHE NON COSTITUISCONO RIFIUTO (VII)
RECENTE GIURISPRUDENZA DI RILIEVO: Sulla distinzione fra rifiuti ed emissioni (Cass. N /2007) Sulla natura di non rifiuto dei fanghi di primo lavaggio dei materiali di cava (Cass. N /2007)

53 III. I RIFIUTI ESCLUSI DAL CAMPO DI APPLICAZIONE DEL DECRETO O SOGGETTI A DISPOSIZIONI PARTICOLARI (I) TERRE E ROCCE DA SCAVO (Art. 186, nuova formulazione) Terre e rocce da scavo (non rifiuti di demolizione: Cass. n /2007) possono essere qualificate come sottoprodotti e in quanto tali, riutilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazione e rilevati purché: Ricorrano le condizioni di cui all’art. 186 comma 1 (simili ma non identiche a quelle previste per i sottoprodotti in generale); Se VIA od AIA, in tali procedure avvenga l’approvazione del progetto (c. 2); Se permesso di costruire o DIA, i requisiti dimostrati in tali atti (c. 3); Se in lavori pubblici che non prevedono le predette procedure, i requisiti dimostrati in un allegato progettuale sottoscritto dal progettista (c. 4) NB: interpretazione restrittiva delle condizioni

54 III. I RIFIUTI ESCLUSI DAL CAMPO DI APPLICAZIONE DEL DECRETO O SOGGETTI A DISPOSIZIONI PARTICOLARI (II) TERRE E ROCCE DA SCAVO (Art. 186, nuova formulazione): Deposito in attesa di utilizzo normalmente non superiore a 1 anno (3 anni se riutilizzo nel medesimo progetto di cui a VIA o AIA) Ridimensionamento ruolo di ARPA Regime transitorio (c. 7): per i progetti di utilizzo già autorizzati e in corso, è possibile il completamento comunicando, entro novanta giorni, alle autorità competenti, il rispetto dei requisiti, nonché le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, sui tempi del deposito in attesa di utilizzo (non superiori ad un anno). L'autorità competente può disporre indicazioni o prescrizioni entro i successivi sessanta giorni senza che ciò comporti necessità di ripetere procedure di Via, o di Aia o di permesso di costruire o di Dia

55 III. I RIFIUTI ESCLUSI DAL CAMPO DI APPLICAZIONE DEL DECRETO O SOGGETTI A DISPOSIZIONI PARTICOLARI (III) DEPOSITO TEMPORANEO (Art m, MODIFICATO dal D. Lgs. n. 4/2008): Le due tesi in passato a confronto in giurisprudenza La necessità che esso avvenga nel luogo di produzione o in luogo contiguo (cfr. Cass. n /2007 e art i) Le due modalità alternative: Cadenza almeno trimestrale; Rispetto dei volumi Le conseguenze della violazione dei requisiti (v. per esempio Cass. N /2007)

56 IV. LA CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI (I)
Permane la distinzione secondo l’origine (urbani/speciali) e secondo la pericolosità (pericolosi/non pericolosi) Si sono verificate nella pratica difficoltà in relazione alla classificazione di pericolosità di alcune categorie di rifiuti (es: contaminati da idrocarburi): nel difficile dialogo fra pareri Apat e ISS, note ministeriali e della Commissione, prassi europee e decisioni giurisdizionali

57 IV. LA CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI (II)
RIFIUTI URBANI E ASSIMILABILI Sono modificati i criteri che lo Stato deve seguire per l’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani (prevista l’adozione di un apposito D.M. entro 90 giorni). Lo Stato dovrà semplificare le procedure amministrative relative ad alcune attività di gestione dei rifiuti. (art. 195, comma 1, lett. e) e lett. s)-bis)

58 5. Le novità in materia di bonifiche
a) Novità in materia di Analisi di Rischio b) I SIP (siti di interesse produttivo) c) Recente giurisprudenza di rilievo

59 a) Novità in materia di Analisi di Rischio
L’analisi di rischio (e i valori di screening) nel Codice ambientale del 2006 I tentativi di “ritorno al passato” contenuti nelle varie bozze di decreto correttivo Illegittimità di tali tentativi D. Lgs. n. 4/2008: molte novità per l’analisi di rischio 4.1 Equivalenza per legge tra CSR e CSC: un artificio verbale incostituzionale per contrasto con la legge delega 4.2 Nuovi criteri per l’analisi di rischio

60 1. L’analisi di rischio nel Codice ambientale del 2006 (I)
Legge delega n. 308/2004: “Gli obiettivi di qualità ambientale dei suoli, dei sottosuoli e delle acque sotterranee dei siti inquinati, che devono essere conseguiti con la bonifica” vanno “definiti attraverso la valutazione dei rischi sanitari e ambientali connessi agli usi previsti dei siti stessi, tenendo conto dell'approccio tabellare”.

61 1. L’analisi di rischio nel Codice ambientale del 2006 (II)
Il D. Lgs. n. 152/2006 ha puntualmente applicato questo criterio direttivo, introducendo: CSC (Concentrazioni Soglia di Contaminazione), che costituiscono valori di screening, superati i quali occorre procedere ad ulteriori indagini ambientali; CSR (Concentrazioni Soglia di Rischio), che devono essere individuate attraverso la procedura di analisi di rischio sito-specifica e costituiscono gli obiettivi degli interventi di bonifica. Si comprende, pertanto, l’estrema importanza dei criteri di esecuzione dell’analisi di rischio: criteri che il Testo unico del 2006 in buona parte direttamente indicava (art. 240, comma 1, lettera s) e Allegato 1 al Titolo V della Parte IV).

62 2. I tentativi di “ritorno al passato” contenuti nelle varie bozze di decreto correttivo
L’attuale Ministro dell’Ambiente non ha mai nascosto un notevole sfavore per il nuovo sistema di individuazione degli obiettivi di bonifica. Infatti le prime bozze di decreto correttivo che sono state diffuse, sin dall’autunno 2006, prevedevano un completo ed assolutamente esplicito “ritorno al passato” per tutte le procedure di bonifica in corso alla data di entrata in vigore del Testo unico (29 aprile 2006): vale a dire, in particolare, per tutte o quasi tutte le procedure di bonifica relative ai siti “di interesse nazionale” (per i quali, come è noto, la procedura e la Conferenza dei Servizi sono gestite direttamente dal Ministero dell’Ambiente).

63 3. Illegittimità di tali tentativi
Il ritorno al passato – in astratto – potrebbe certamente essere una opzione politica e giuridica praticabile. E tuttavia, per insuperabili esigenze di rispetto della nostra Costituzione, dovrebbe essere eventualmente perseguita attraverso una legge formale, che modifichi tanto il D. Lgs. n. 152/2006 quanto la legge delega n. 308/2004. Il Governo invece ha cercato (e ancora cerca, come vedremo subito) di approfittare della possibilità di apportare “correzioni” al Testo unico (possibilità concessa entro due anni dalla sua entrata in vigore: cfr. art. 1, comma 6 della legge delega) per approvare disposizioni incompatibili con i criteri direttivi contenuti nella legge delega: ciò in evidente violazione, come da più parti osservato, dell’art. 76 della Costituzione.

64 4. D.Lgs. n. 4/2008: molte novità per l’analisi di rischio
Nella versione definitiva del decreto correttivo il ritorno al passato sembra apparentemente venuto meno (la vecchia normativa non viene più dichiarata espressamente applicabile a tutte le procedure in corso al 29 aprile 2006). Tuttavia, vi sono due tipi di novità: - in numerose situazioni, si prevede espressamente che le CSR (vale a dire gli obiettivi di bonifica) debbano considerarsi equivalenti alle CSC (vale a dire a valori limite stabiliti direttamente dalla legge, e sostanzialmente corrispondenti alle vecchie tabelle del D.M. n. 471/1999): con conseguente completo svuotamento del ruolo della analisi di rischio; - per i casi invece in cui l’analisi di rischio rimane applicabile, i relativi criteri di effettuazione vengono modificati rispetto a quanto previsto dal D. Lgs. n. 152/2006.

65 4.1 Equivalenza per legge tra CSC e CSC: un artificio verbale incostituzionale per contrasto con la legge delega L’art. 2, comma 43 del decreto correttivo stabilisce fra l’altro che per la bonifica delle acque sotterranee “la CSR per ciascun contaminante deve essere fissata equivalente alle CSC di cui all’allegato 5”. Sembra palese la violazione della legge delega n. 304/2004, la quale invece indicava chiaramente che gli obiettivi di bonifica (le CSR) devono essere individuate principalmente attraverso “la valutazione dei rischi sanitari e ambientali”, mentre dei valori tabellari si deve solo “tener conto” (con finalità, evidentemente, di screening). Dunque il decreto correttivo è sotto questo profilo incostituzionale per contrasto con l’art. 76 della Costituzione. Ed analoga violazione della legge delega (e perciò dell’art. 76 della Costituzione) è contenuta nell’art. 2, comma 43ter (cfr. comma 8 del nuovo art. 252bis del “Codice”), che riguarda i cd. “Siti di preminente interesse pubblico per la ricostruzione industriale”.

66 4.2 Nuovi criteri per l’analisi di rischio (I)
Secondo il D. Lgs. n. 152/2006 i criteri per l’AdR sono così individuati: i “criteri generali” per l’analisi di rischio sito specifica si rinvengono nell’allegato 1 del Titolo V della Parte Quarta del Codice ambientale; le “procedure di calcolo e stima del rischio” devono seguire le procedure di fonte americana espressamente richiamate dal menzionato allegato 1 del Codice ambientale (procedura ASTM PS 104: ASTM è la American Society for Testing and Materials. Il riferimento alle linee guida PS , peraltro, non è aggiornato, in quanto nel 2000 ASTM ha sostituito tali linee guida con quelle denominate E ); per quanto non espressamente previsto dai “criteri generali” contenuti nel più volte citato allegato 1 e dalle procedure di calcolo e stima del rischio pure richiamate, soccorrono le linee guida che Apat ha pubblicato nel 2005 e aggiornato nel 2006 (

67 4.2 Nuovi criteri per l’analisi di rischio (II)
Il D.Lgs. n. 4/2008 modifica la situazione – rendendo più severi i criteri per l’analisi di rischio – essenzialmente nei seguenti punti: individuazione del cd. “punto di conformità”; individuazione dei criteri di accettabilità del rischio cancerogeno.

68 4.2 Nuovi criteri per l’analisi di rischio (III)
Individuazione del cd. “punto di conformità”, vale a dire del “punto a valle idrogeologico della sorgente al quale deve essere garantito il ripristino dello stato originale … del corpo idrico sotterraneo … onde consentire tutti i suoi usi potenziali”: in attuazione del principio di precauzione, tale punto viene ora individuato “non oltre i confini del sito contaminato oggetto di bonifica”, mentre in precedenza il Codice ambientale lo individuava “al di fuori dal sito contaminato, … ad una distanza variabile fra 50 e 500 metri dalla sorgente di contaminazione”.

69 4.2 Nuovi criteri per l’analisi di rischio (IV)
Individuazione dei criteri di accettabilità del rischio cancerogeno: il Codice ambientale del 2006 indicava “1x10-5 come valore di rischio incrementale accettabile nel corso della vita come obiettivo di bonifica”; il decreto correttivo invece conferma tale valore soltanto per il “rischio incrementale accettabile cumulato per tutte le sostanze cancerogene”, mentre introduce il valore (di dieci volte più rigoroso) 1x10-6 per il “rischio incrementale accettabile per la singola sostanza cancerogena” (in ciò adeguandosi alle linee guida Apat del 2006, che sino a questo momento prevedevano un criterio incompatibile con quello normativo).

70 b) I SIP (Siti di Interesse Pubblico per la Riconversione Industriale)
1. L’individuazione e il significato dei SIP 2. La posizione del responsabile della contaminazione 3. Gli obblighi addossati al proprietario del sito: un problema di eccesso di delega 4. Accordi di programma per l’attuazione dei progetti di riparazione e sviluppo 5. Le due Conferenze dei servizi e il conseguente decreto di autorizzazione 6. Gli obiettivi di bonifica 7. L’esecuzione d’ufficio e la rivalsa verso i responsabili

71 1. L’individuazione e il significato dei SIP
DM: individuati i siti di interesse pubblico ai fini dell'attuazione di programmi ed interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico produttivo, contaminati da eventi antecedenti al 30 aprile 2006, anche non compresi nel Programma nazionale di bonifica In essi sono attuati progetti di riparazione dei terreni e delle acque contaminate assieme ad interventi mirati allo sviluppo economico produttivo

72 2. La posizione del responsabile della contaminazione
Gli oneri connessi alla messa in sicurezza e alla bonifica nonché quelli conseguenti all'accertamento di ulteriori danni ambientali sono a carico del soggetto responsabile della contaminazione, qualora sia individuato, esistente e solvibile.

73 3. Gli obblighi addossati al proprietario del sito: un problema di eccesso di delega
Il proprietario del sito contaminato è obbligato in via sussidiaria previa escussione del soggetto responsabile dell'inquinamento Problemi di conformità ai criteri della delega

74 4. Accordi di programma per l’attuazione di progetti di riparazione e sviluppo
Gli accordi di programma assicurano il coordinamento delle azioni per l'attuazione dei programmi di cui al comma 1 e disciplinano in particolare: a) gli obiettivi di reindustrializzazione; b) il coordinamento delle caratterizzazioni; c) gli obiettivi degli interventi di bonifica; d) la quantificazione degli effetti temporanei in termini di perdita di risorse e servizi causati dall'inquinamento delle acque; e) le azioni di compensazione; la prestazione di garanzie finanziarie; l'eventuale finanziamento della ricerca; il monitoraggio.

75 5. Le due Conferenze dei servizi e il conseguente decreto di autorizzazione (I)
I provvedimenti relativi agli interventi di cui al comma 3 sono approvati ai sensi del comma 6 previo svolgimento di due conferenze di servizi, aventi ad oggetto rispettivamente l'intervento di bonifica e l'intervento di reindustrializzazione.

76 5. Le due Conferenze dei servizi e il conseguente decreto di autorizzazione (II)
Fatta salva l'applicazione delle norme in materia di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione ambientale integrata, all'esito delle due conferenze di servizi, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la Regione interessata, si autorizzano la bonifica e la eventuale messa in sicurezza nonché la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle opere annesse.

77 6. Gli obiettivi di bonifica (I)
Gli obiettivi di bonifica dei suoli e delle acque sono stabiliti dall'Allegato I dell'allegato 5 al titolo V del presente decreto. Qualora il progetto preliminare dimostri che tali limiti non possono essere raggiunti nonostante l'applicazione, secondo i principi della normativa comunitaria, delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili,….

78 6. Gli obiettivi di bonifica (II)
… la Conferenza di servizi indetta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza che garantiscano, comunque, la tutela ambientale e sanitaria anche se i valori di concentrazione residui previsti nel sito risultano superiori a quelli stabiliti dalla tabella I dell'allegato 5 al titolo V del presente decreto. Tali valori di concentrazione residui sono determinati in base ad una metodologia di analisi di rischio riconosciuta a livello internazionale.

79 7. L’esecuzione d’ufficio e la rivalsa verso i responsabili
In caso di mancata partecipazione all'accordo di programma di cui al comma 1 di uno o più responsabili della contaminazione, gli interventi sono progettati ed effettuati d'ufficio dalle amministrazioni che hanno diritto di rivalsa nei confronti dei soggetti che hanno determinato l'inquinamento, ciascuno per la parte di competenza. La presente disposizione si applica anche qualora il responsabile della contaminazione non adempia a tutte le obbligazioni assunte in base all'accordo di programma.

80 c) Recente giurisprudenza di rilievo:
Sulla retroattività o meno della normativa in materia di bonifiche (CdS 5283/2007 e TAR Friuli n. 90/2008) Numerose sentenze di TAR Sicilia, Lombardia, Sardegna, Toscana su ruolo proprietario non responsabile, differenza tra MISE e bonifica, limiti di emissione per le acque emunte, obbligo di motivazione per le prescrizioni della Conferenza

81 6. Le novità in materia di acque di scarico
La definizione di “scarico” Le definizione di “acque reflue industriali” e di “acque reflue urbane” Ulteriori definizioni oggetto di modifica Il divieto di diluizione Le acque reflue industriali assimilate alle domestiche L’effettuazione in comune dello scarico I termini di conclusione del procedimento autorizzativo e l’abolizione del “silenzio-assenso” temporaneo Ulteriori disposizioni modificate dal D.Lgs. n. 4/2008

82 1. La definizione di “scarico” (I)
Il D.Lgs. n. 4/2008 modifica nuovamente la definizione di “scarico” (art. 74, comma 1, lettera ff) del D.Lgs. n. 152/2006) Introduzione di un testo simile a quello contenuto nel previgente D.Lgs. n. 152/1999, ma più dettagliato nella descrizione delle modalità attraverso le quali deve essere realizzata l’immissione Finalità: eliminare gli elementi di incertezza nella complessa individuazione del confine tra normativa sugli scarichi e normativa sui rifiuti (la quale non si applica, in virtù dell’art. 185, comma 1, lettera b, D.Lgs. n. 152/2006, come modificato dal D.Lgs. n. 4/2008 – già art. 8, comma 1, lettera e del previgente D.Lgs. n. 22/1997 – alle «acque di scarico, esclusi i rifiuti allo stato liquido»)

83 1. La definizione di “scarico” (II)
Art. 2, comma 1, lettera bb), D.Lgs. n. 152/1999 «Qualsiasi immissione diretta tramite condotta di acque reflue liquide, semiliquide e comunque convogliabili nelle acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 40» Art. 74, comma 1, lettera ff), D.Lgs. n. 152/2006 «Qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali,……. (idem)….» Art. 74, comma 1, lett. ff) D.Lgs. n. 152/2006, riformato dal D.Lgs. n. 4/2008 «Qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali …. (idem) ….»

84 Acque reflue industriali
2. Le definizione di “acque reflue industriali” e di “acque reflue urbane” (I) Acque reflue industriali Il D.Lgs. n. 152/2006 aveva modificato la definizione del D.Lgs. n. 152/1999: le acque meteoriche «venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento» non dovevano essere considerate acque reflue industriali . In tal modo le acque meteoriche di dilavamento, se contaminate in ragione del “contatto” con il ciclo produttivo, dovevano essere considerate, a tutti gli effetti, acque reflue industriali . Mentre i privati erano espressamente sgravati dall’obbligo di gestire come acque reflue industriali anche le acque meteoriche inquinate per ragioni estranee alla attività aziendale. Il D.Lgs. n. 4/2008 ha modificato ancora la definizione di acque reflue industriali con l’intento di ripristinare la ricostruzione giurisprudenziale relativa alle acque meteoriche di dilavamento contaminate elaborata prima dell’entrata in vigore del Testo unico ambientale, in base alla quale se le acque meteoriche sono canalizzate si configura uno scarico di acque reflue senza autorizzazione, in caso contrario un illecito abbandono di rifiuti (o immissione occasionale)

85 2. Le definizione di “acque reflue industriali”(II)
Art. 2, comma 1, lettera h) D.Lgs. n. 152/1999 «Qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento» Art. 74, comma 1, lettera h), D.Lgs. n. 152/2006 «Qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento» Art. 74, comma 1, lett. h) D.Lgs. n. 152/2006, riformato dal D.Lgs. n. 4/2008 «Qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento»

86 2. Le definizione di “acque reflue industriali” e di “acque reflue urbane” (III)
Per quanto riguarda la definizione di “acque reflue urbane”, il D.Lgs. n. 4/2008 reintroduce le parole – contenute nella originaria definizione del D.Lgs. n. 152/1999 – «acque reflue domestiche o» al testo presente nell’art. 74, comma 1, lettera i) del D.Lgs. n. 152/2006 La precedente formulazione faceva riferimento soltanto al «miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, e/o di quelle meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato». Le acque reflue urbane risultano, in definitiva, quelle – soltanto domestiche; domestiche miste a industriali e meteoriche; domestiche miste a industriali; domestiche miste a meteoriche; industriali miste a meteoriche (anche se su quest’ultimo aspetto le posizioni non sono unanimi) – convogliate in una rete fognaria e provenienti da agglomerato, la cui gestione viene generalmente assicurata nell’ambito del servizio idrico integrato di cui all’art. 141 e ss. del D.Lgs. n. 152/2006.

87 2. Le definizione di “acque reflue urbane”(IV)
Art. 2, comma 1, lettera i), D.Lgs. n. 152/1999 «Acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato» Art. 74, comma 1, lettera i), D.Lgs. n. 152/2006 «Il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali e/o di quelle meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato» Art. 74, comma 1, lett. i), D.Lgs. n. 152/2006, riformato dal D.Lgs. n. 4/2008 «Acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato»

88 3. Ulteriori definizioni oggetto di modifica (I) Rete fognaria
Art. 2, comma 1, lettera aa), D.Lgs. n. 152/1999 «il sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane» Art. 74, comma 1, lettera dd), D.Lgs. n. 152/2006 «il sistema di canalizzazioni, generalmente sotterranee, per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue domestiche, industriali ed urbane fino al recapito finale» Art. 74, comma 1, lett. dd), D.Lgs. n. 152/2006, come riformato dal D.Lgs. n. 4/2008 «un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane»

89 3. Ulteriori definizioni oggetto di modifica (II) Agglomerato
Art. 2, comma 1, lettera m), D.Lgs. n. 152/1999 «area in cui la popolazione ovvero le attività economiche sono sufficientemente concentrate così da rendere possibile, e cioè tecnicamente ed economicamente realizzabile anche in rapporto ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento di acque reflue urbane o verso un punto di scarico finale» Art. 74, comma 1, lettera n), D.Lgs. n. 152/2006 «area in cui la popolazione, ovvero le attività produttive sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento in una fognatura dinamica delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale» Art. 74, comma 1, lett. n), D.Lgs. n. 152/2006, come riformato dal D.Lgs. n. 4/2008 «l’area in cui la popolazione, ovvero le attività produttive sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che economicamente in rapporto anche ai benefìci ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento in una fognatura dinamica delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale»

90 4. Il divieto di diluizione (I)
La disciplina in materia di tutela delle acque dall’inquinamento afferma il principio in base al quale il rispetto dei limiti tabellari di scarico non deve essere conseguito mediante la semplice diluizione (art. 101, comma 5, D.Lgs. 152/2006) Il divieto in esame ha subìto alcune modifiche ad opera del D.Lgs. n. 4/2008: l’Autorità competente ha ora il dovere (non più la mera facoltà) di prescrivere la separazione degli scarichi parziali contenenti sostanze pericolose da quelli di acque di raffreddamento, di lavaggio e utilizzate per la produzione di energia; si è specificato che tale obbligo riguarda gli scarichi parziali contenenti sostanze pericolose e non lo scarico terminale dell’intero stabilimento.

91 4. Il divieto di diluizione (II)
Altra novità introdotta dal D.Lgs. 4/2008: - La disposizione secondo la quale l’autorità competente, in sede di autorizzazione, riduce i valori limite di emissione previsti per le sostanze pericolose tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue (art. 101, comma 5, D.Lgs. 152/2006) è oggi limitata alla sola ipotesi di scarichi provenienti da insediamenti distinti [cioè, al solo caso in cui un impianto di depurazione di acque reflue industriali riceva, in virtù del conferimento tramite condotta delle acque reflue provenienti da diversi stabilimenti produttivi ad un unico soggetto, titolare dello scarico finale (es. consorzio), scarichi provenienti da altri stabilimenti, o acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili a una modifica o riduzione delle sostanze pericolose trattate dall’impianto medesimo] - In origine, l’ambito di applicazione della disposizione era esteso anche alla diluizione ottenuta mediante la miscelazione di acque reflue industriali prodotte nel medesimo stabilimento produttivo, ma aventi caratteristiche qualitative diverse

92 5. Le acque reflue industriali assimilate alle domestiche
Il D.Lgs. 4/2008 assimila automaticamente alle acque reflue domestiche le acque reflue provenienti da imprese dedite all’allevamento del bestiame. Art. 101, comma 5, lett. b), D.Lgs. n. 152/06 «Salvo quanto previsto dall'articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue: b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame che, per quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l’utilizzazione agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all’articolo 112, comma 2, e che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna delle quantità indicate nella Tabella 6 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto» Art. 101, comma 7, lettera b) D.Lgs. n. 152/06, come riformato dal D.Lgs. n. 4/08 «Salvo quanto previsto dall'articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue: b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame»

93 6. L’effettuazione in comune dello scarico
Art. 124, c. 2, D.Lgs. 152/2006 (come modificato dal D.Lgs. 4/2008): qualora uno o più stabilimenti conferiscano, tramite condotta, ad un terzo soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue provenienti dalle loro attività, oppure qualora tra più stabilimenti sia costituito un consorzio per l'effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati, l'autorizzazione è rilasciata in capo al titolare dello scarico finale o al consorzio medesimo. Il D.Lgs. 4/2008 ha abrogato il successivo periodo secondo il quale, se uno o più stabilimenti effettuavano scarichi in comune senza essersi costituiti in consorzio, l’autorizzazione allo scarico era rilasciata al titolare dello scarico finale: sembra che occorra comunque l’individuazione di un SOGGETTO TERZO “TITOLARE” DELLO SCARICO FINALE

94 7. I termini di conclusione del procedimento autorizzativo e l’abolizione del “silenzio-assenso” temporaneo Il D.Lgs. n. 4/2008 ha ristabilito il termine di conclusione del procedimento di novanta giorni ed ha eliminato la discussa figura di “silenzio assenso temporaneo”. Art. 124, comma 7 D.Lgs. n. 152/2006 «Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero all’Autorità d’ambito se lo scarico è in pubblica fognatura. L'autorità competente provvede entro sessanta giorni dalla ricezione della domanda. Qualora detta Autorità fosse inadempiente nei termini sopra indicati, l’autorizzazione si intende temporaneamente concessa per i successivi sessanta giorni, salvo revoca» Art. 124, comma 7 D.Lgs. n. 152/2006, come riformato dal D.Lgs. n. 4/2008 «Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero all’Autorità d’ambito se lo scarico è in pubblica fognatura. L'autorità competente provvede entro sessanta giorni dalla ricezione della domanda»

95 8. Ulteriori disposizioni modificate dal D.Lgs. n. 4/2008 (I)
Art. 108, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006 «Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui è effettuato lo scarico, l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione può fissare, nei casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell’articolo 101, commi 1 e 2, impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità previsti nel Piano di tutela di cui all’art. 121, anche per la compresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell’articolo 101, commi 1 e 2» Art. 108, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006, come riformato dal D.Lgs. n. 4/2008 «Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui è effettuato lo scarico, l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione fissa, nei casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell’articolo 101, commi 1 e 2, impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità previsti nel Piano di tutela di cui all’art. 121, anche per la compresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell’articolo 101, commi 1 e 2»

96 8. Ulteriori disposizioni modificate dal D.Lgs. n. 4/2008 (II)
Art. 107, comma 3 D.Lgs. n. 152/2006 «Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti dell'alimentazione, misti ad acque provenienti da usi civili, trattati mediante l’installazione, preventivamente comunicata all’ente gestore del servizio idrico integrato, di apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previa verifica tecnica degli impianti e delle reti da parte del gestore del servizio idrico integrato che è responsabile del corretto funzionamento del sistema» Art. 107, comma 3 D.Lgs. n. 152/2006, come riformato dal D.Lgs. n. 4/2008 «Non è ammesso, senza idoneo trattamento e senza specifica autorizzazione dell’autorità competente, lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura» (art. 2, comma 8-bis del D.Lgs. n. 4/08) «Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura» (art. 2, comma 19 del D.Lgs. n. 4/08) La medesima disposizione è modificata – in modo differente – da due diverse norme del D.Lgs. n. 4/2008. Deve ritenersi prevalente la prima perché: più specifica e dettagliata contenuta, a livello sistematico, nella parte riguardante gli scarichi di acque reflue e la disciplina delle reti fognarie (disciplina considerata “speciale” rispetto a quella “generale”, riguardante la gestione dei rifiuti)

97 7. Le principali scadenze introdotte dal “Correttivo”
Il “Correttivo prevede una serie di nuove e ravvicinate scadenze, il cui rispetto è in qualche caso indispensabile per poter proseguire attività già avviate secondo le vecchie norme. Le principali riguardano i seguenti aspetti: terre e rocce da scavo; iscrizioni “semplificate” all’Albo; Statuti dei Consorzi; recupero di rottami ferrosi e non ferrosi.

98 Scadenza per terre e rocce da scavo
Entro novanta giorni dall’entrata in vigore, chi sta realizzando progetti già autorizzati di utilizzo (al di fuori dal regime dei rifiuti) di terre e rocce da scavo deve, per poterli completare secondo le vecchie norme, comunicare alle Autorità una serie di informazioni (art. 2, comma 23, che modifica l’art. 186 del “Codice”).

99 Scadenza per iscrizioni “semplificate”
Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore, possono avvenire nuove iscrizioni all’Albo di imprese che operano in regime “semplificato” (art. 2, comma 30, che modifica l’art. 212, comma 8, del “Codice”).

100 Scadenze per gli Statuti dei Consorzi
Entro scadenze diversificate nell’ambito del 2008, devono essere modificati gli Statuti dei Consorzi che si occupano di imballaggi (art. 2, commi 30 quater e 30 quinquies).

101 Scadenza per recupero rottami
Entro novanta giorni dall’entrata in vigore, i soggetti che effettuano quelle attività di recupero di rottami ferrosi e non ferrosi che il “Codice” considerava escluse dal regime dei rifiuti devono presentare istanza di autorizzazione (o di iscrizione all’Albo), per poter proseguire l’attività secondo le vecchie regole sino all’accoglimento o al rigetto dell’istanza (art. 2, comma 46).

102 Grazie per l’attenzione
E arrivederci alle prossime modifiche…


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