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L'italia nel ventennio fascista

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Presentazione sul tema: "L'italia nel ventennio fascista"— Transcript della presentazione:

1 L'italia nel ventennio fascista
Il fascismo tentò, attraverso il controllo dell’educazione dei giovani, di organizzare il consenso. L’opera Nazionale Balilla si occupava dell’educazione dei bambini dai 6 ai 14 anni. I balilla (ragazzi da 8 a 14 anni) e le piccole italiane (ragazze) venivano educati alla dottrina fascista e al culto di Mussolini con marce militari, esercitazioni, sfilate, parate. Fu creato l’ OMNI l’opera nazionale maternità e infanzia, così che le donne si dedicassero alla casa e ai figli così da avere una popolazione numerosa pronta a servire la patria.

2 Mussolini e il cardinale Gasparri, l’11 febbraio 1929 firmarono i patti lateranensi che prevedevano un trattato e un concordato cioè un accordo tra Stato e Chiesa. Con i patti lateranensi l’Italia riconobbe: -la sovranità della Chiesa sullo Stato indipendente della città del Vaticano -il cattolicesimo come la sola religione dello Stato da insegnare obbligatoriamente nelle scuole pubbliche -il matrimonio religioso come equivalente a quello civile. In cambio il Vaticano riconobbe Roma come capitale del regno d’Italia.

3 Autarchia significa “ bastare a sé stessi”.
Nel 1926 lo stato iniziò ad intervenire sempre più pesantemente nella vita economica e si inaugurò la politica autarchica. Autarchia significa “ bastare a sé stessi”. L’Italia doveva divenire economicamente Autosufficiente cioè doveva essere in grado di produrre tutto ciò di cui aveva bisogno senza dipendere dalle importazioni dall’estero. La propagando fascista cercò di convincere gli Italiani della necessità dell’autarchia. Nessun prodotto straniero doveva essere acquistato. Il fascismo si fece molta propaganda, ma in realtà l’autarchia indebolì fortemente l’economia.

4 corporativismo. Lo stato intervenne anche sulle banche e
sull’industria imponendo al mondo del lavoro il corporativismo. Il diritto di sciopero e i sindacati liberi erano stati aboliti fin dal 1926, il fascismo condannava lo sciopero e la lotta di classe. Secondo Mussolini i datori di lavoro e i lavoratori dovevano collaborare. Questa posizione si chiama corporativismo infatti doveva essere realizzata attraverso le corporazioni: organizzazioni composte da lavoratori e imprenditori appartenenti allo stesso settore economico. Le corporazioni non funzionarono mai.

5 l’invasione dell’ Etiopia che ebbe inizio nell’ottobre
La politica estera fascista fu nazionalista e colonialista. Il primo obbiettivo del progetto fascista fu l’invasione dell’ Etiopia che ebbe inizio nell’ottobre 1935. Francia e Inghilterra non potevano accettare l’invasione ma non volevano neanche difenderla, così fecero approvare alla società delle nazioni delle sanzioni, cioè provvedimenti punitivi che però non ebbero nessuna efficacia perché l’ Italia riuscì a piegare l’Etiopia. Il 5 maggio 1936 venne conquistata Addis Abeba e il 9 mussolini proclamò il ritorno dell’impero a Roma. La conquista non portò nessun vantaggio economico.

6 Dopo la vittoria in Etiopia Mussolini si avvicinò a
Hitler e firmò il Patto d’Acciaio nel 1939. Nell’ottobre 1936 si giunse alla firma di un patto di amicizia: l’asse Roma-Berlino . La conseguenza più grave dell’alleanza tra Hitler e Mussolini fu l’introduzione di leggi razziali contro gli Ebrei nel 1938. Queste leggi vietavano i matrimoni misti, impedivano agli Ebrei di frequentare la scuola pubblica, di fare servizio militare, di svolgere determinate professioni. Le leggi imitavano quelle introdotte da Hitler ma in Italia non esisteva una tradizione antisemita e le leggi indebolirono il consenso degli Italiani verso il fascismo.


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