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COMPRESENZA STORIA - DIRITTO

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Presentazione sul tema: "COMPRESENZA STORIA - DIRITTO"— Transcript della presentazione:

1 COMPRESENZA STORIA - DIRITTO
STORIA ED EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI LAVORO

2 Il lavoro La parola LAVORO deriva dal latino labor (= fatica).
Laborare = soffrire, faticare, soffrire (per una malattia). Fin dall’antichità quindi il lavoro era visto come costrizione e fatica. Anche presso tutti i popoli primitivi il concetto di lavoro è 1. visto assai negativamente 2. indissolubilmente legato all’idea della prosecuzione della vita, tanto che si usa la stessa parola per indicare il lavoro e la vita. Le testimonianze scritte ci tramandano una visione estremamente negativa del lavoro - weltanschauung (= visione del mondo) generalizzata. Bibbia, Esiodo, Ovidio parlano della durezza del lavoro in contrasto con la situazione precedente in cui si raccoglievano i frutti della terra senza lavorarla.

3 PRIMA DOPO Età dell’oro Giardino dell’Eden Lavoro sofferenza

4 Oggi il lavoro Tra il Prima e il Dopo c’è una cesura, costituita da una colpa dell’Uomo. Oggi il lavoro è un elemento di: 1 realizzazione personale 2 riconoscimento sociale

5 le prime testimonianze della vita dell’Uomo sono legate strettamente all’idea del lavoro. I primi reperti archeologici sono delle pietre lavorate che servivano per la caccia, per la difesa, per scavare il terreno e sminuzzare cibo. Il lavoro dell’uomo dell’antichità è la sopravvivenza che si concretizza nella caccia, nella pesca, nell’autodifesa. C’è la differenziazione dei lavori. Non tutti erano adatti al mestiere della sopravvivenza.

6 Nel Neolitico Situazione diversa nel neolitico.
In questo periodo si perfezionano gli strumenti di lavoro, interviene la metallurgia. Si incomincia a vedere la terra come ulteriore lavoro e si comincia ad addomesticare gli animali (per la difesa e per la caccia). Gli uomini si occupano della caccia e le donne della coltura e dell’incameramento del surplus. Ciò determina un benessere fino ad allora mai conosciuto in seguito al quale abbiamo un incremento demografico. L’esplosione demografica determina la necessità di stanziamenti più ampi, di più gruppi abitativi. L’espansione porta alla formazione di vere e proprie piccole città. Con queste c’è una ulteriore diversificazione del lavoro. Una parte della popolazione si dedica a forgiare i metalli (fabbri), alla costruzione di mezzi di trasporto. Gli uomini primitivi si distinguono dagli animali per l’uso degli utensili, degli strumenti di lavoro per la produzione dei quali c’è bisogno di ingegno e quindi di evoluzione. Il lavoro dell’uomo genera altro lavoro.

7 Il pensiero degli antichi
Il pensiero degli antichi sul discorso del lavoro manuale è condizionato dalla presenza della forza lavoro gratuita degli schiavi. Inizialmente c’era grande rispetto per il lavoro dei contadini anche da parte di autori, filosofi. Poi la situazione cambia con l’incremento dell’importanza che si attribuisce al lavoro intellettuale. Cicerone: di tutti i mezzi di lavorare l’agricoltura è il migliore tuttavia si tratta di un lavoro limitante come è per tutte le discipline che richiedono l’uso delle mani. Perché il lavoro manuale impedisce l’otium. Siamo infatti in un periodo in cui hanno preso piede i principi affermati da Aristotele (IV sec. a. C.) il quale ci dice: la natura ha riservato agli uomini liberi le occupazioni che richiedono prudenza e riflessione, mentre i destino degli schiavi è di compiere i lavori umilianti e penosi. Il privilegio dell’uomo libero non è la libertà ma l’ozio.

8 Questa suddivisione così marcata tra pensatori e lavoratori è alla base di uno dei fatti più caratteristici dell’antichità: la non evoluzione delle tecniche (applicazione del pensiero alla pratica). Non è necessario l’applicazione delle conoscenze teoriche ai fini dell’invenzione di nuove tecniche, c’è già forza lavoro gratis grazie agli schiavi. Aristotele ci dice: non si può concepire la vita senza alcuni utensili. Ora, tra gli utensili alcuni sono inanimati, altri sono viventi. Lo schiavo è un utensile vivente. In questo stesso periodo (antichità classica - età romana) assistiamo ad una specializzazione capillare delle attività lavorative. Gli uomini da quando si sono riuniti nelle città e da queste sono passati all’organizzazione statale hanno scoperto una serie di necessità che hanno bisogno di persone che le assolvano.

9 Vale la proporzione secondo cui negli agglomerati più grandi c’è più specializzazione di lavoro. Ci sono più persone e quindi ognuno si specializza per lavorare tutti. Dove c’è maggior concentrazione di persone. a) la specializzazione diventa necessaria perché tutti possano avere una occupazione b) l’ abbondanza di persone in una metropoli fa sì che anche chi si dedica a lavori minori, meno importanti, possa avere una clientela tale da garantirgli la sopravvivenza. Nei piccoli centri urbani succede che in una sola persona si concentrano più lavori.

10 LA SCHIAVITÙ NELL’ANTICHITÀ greca e romana
Secondo le fonti lo schiavo (utensile vivente) era propriamente un essere inferiore. Aristotele ci dice che lo schiavo ha quel tanto di intelligenza sufficiente a capire gli ordini. Quindi è un essere inferiore che non ha nessun diritto da esercitare. Tra i diritti che gli mancano rientra il diritto alla cittadinanza. A Roma C’era una specializzazione assoluta dei ruoli degli schiavi. C’erano schiavi addetti a custodire il bestiame bovino che si distinguevano da chi custodiva gli asini. I romani distinguono gli schiavi con un’apposita nomenclatura: genericamente lo schiavo veniva indicato con servus (il femminile è ancilla), famulus (che sta in famiglia), mancipium (quello che afferro con la mano); servus natus ex ancilla diverso da captivus (prigioniero di guerra) a sua volta diverso da addictus (prigioniero per debiti).

11 Si diventava schiavi se prigionieri di guerra (captivi), per debiti (addictus) o in quanto nato da una serva. Condizione giuridica degli schiavi nella Roma arcaica: lo schiavo non era dotato di esistenza giuridica. Lo schiavo era considerato un oggetto, una cosa. Nei primi anni della Repubblica ed almeno fino al secondo secolo a. C. le condizioni erano pessime.

12 Familia rustica: schiavi che vivevano in campagna
Familia rustica: schiavi che vivevano in campagna. Doveva solo essere sfruttata. Era tenuta in condizioni di vita estremamente difficili. Vivevano in condizione malsane, in stato generale di denutrizione. Speso lavoravano in miniere e non vedevano mai la luce. Tra le fonti Catone il vecchio (o il Censore) ci dice che lo schiavo deve essere venduto quando è ammalato. A Roma esistevano anche degli schiavi di proprietà dello Stato. Erano chiamati servi publici. Svolgevano attività di utilità pubblica (nella costruzione di opere) come i banditori o quelli destinati all’apertura o alla chiusura delle porte dei tempii. Sappiamo che chi lavorava in città (famiglia urbana) viveva in condizioni più miti di lavoro rispetto a chi lavorava in campagna. Potevano assumere una grandissima quantità di lavori. Avevano diverse attitudini professionali e lavoravano su quelle basi. La loro preparazione risultava valorizzata. C’erano lavori di tipo artigianale. Soprattutto venivano valorizzate le capacità intellettuali di alcuni di questi schiavi. Venivano impiegati come: precettori: in particolare ciò si verifica dopo la guerra con Taranto. Roma entra in contatto con la cultura greca (Arriva una massa di schiavi ellenizzati il primo autore a noi noto di letteratura latina è Livio Andronico che scrive una traduzione latina dell’Odissea).

13 2. bibliotecari all’interno di quella che chiamiamo “industria libraria”. C’era lo scriba (lavoro fisico di fatica per la cultura romana), il correttore (anagnosta = lettore) e i copisti. Una volta che questi schiavi venivano liberati formavano delle industrie librarie. Fino alla seconda parte del primo secolo il tipo di trattamento riservato allo schiavo anche in città era totalmente dipendente dall’arbitrio del padrone. Col tempo si diffonde la cultura della humanitas, per cui questo atteggiamento si attenua. Intorno al secondo terzo secolo d.C. si arriva a stabilire giuridicamente l’inammissibilità del maltrattamento degli schiavi. Il padrone che è giudicato colpevole di maltrattamento gratuito dello schiavo è costretto a venderlo.

14 Se le condizioni nella Roma arcaica erano disumane poi migliorano.
Nell’età imperiale gli schiavi possono avere diverse mansioni. Tuttavia lo schiavo cittadino non è sempre fortunato. A volte può essere considerato come un oggetto sessuale per le sue padrone. Quindi è costretto a corvee di natura fisica. A Roma ci può anche essere la possibilità di riscattare la propria posizione. Lo schiavo può mettere da parte dei soldi e raggiunta la cifra giusta può comperare la propria libertà dal padrone. Il procedimento per cui lo schiavo diventa libero si chiama manumissio (o manumissione) perché è una pratica che il padrone svolge posando la mano sulla spalla dello schiavo che da quel momento in poi è libero. Da quel momento non è più uno schiavo ma un liberto. In quanto uomo libero il liberto può ottenere ruoli di particolare importanza all’interno della corte come nel caso del principato di Claudio (gestito più che altro da liberti). Un liberto può arricchirsi svolgendo una professione.

15 Età tardo antica Nell’età tardo antica che si svolge al limitare del Medio Evo, tra il III e il V - VI secolo d. C. abbiamo un cambiamento sensibile anche dal punto di vista del riordinamento sociale dello Stato. Le cose cominciano a cambiare per quello che riguarda la schiavitù. Resta la schiavitù per prigionia di guerra, la vendita degli schiavi. Ma il grande divario tra l’economia cittadina e l’economia agricola rurale è molto forte. Le condizioni di vita dei contadini a causa di guerre, carestie e pestilenze, molto forti in questo periodo, fanno sì che l’economia di sussistenza (= economia che porta a produrre ciò che è sufficiente solo a sfamare, non esiste un surplus nella produzione che possa essere messo da parte, non può essere venduto; quindi non c’è guadagno) su cui si basava la società contadina dell’epoca non sia più sufficiente a garantire la sopravvivenza. Quindi abbiamo masse di contadini che non potendo sopravvivere sono costrette a trovare una soluzione.

16 Vendono sé stessi e il proprio terreno a dei ricchi proprietari terrieri a cui offrono in cambio di vitto e alloggio la propria opera. Questo fenomeno si chiama colonato e i contadini che si sono venduti al padrone si chiamano coloni. Da qui ha inizio il fenomeno noto nel Medio Evo con il nome di servitù della gleba. Per la prima volta abbiamo il caso di uomini liberi che sono costretti ad asservirsi per cui non sono più in grado di provvedere a sé stessi. La schiavitù e quindi stata ridimensionata.

17 Cristianesimo Altro elemento che cambia il punto di vista degli antichi in relazione alla schiavitù è il Cristianesimo. È una religione che predica una forma di egualitarismo sociale: tutti gli uomini sono uguali in quanto figli di Dio, meritevoli di uguale dignità, etc. Questa forma di egualitarismo che lo rende inviso al potere Romano fa fatica a comprendere un concetto come quello della schiavitù e anche se non interviene a livello giuridico legislativo per creare leggi contro la schiavitù, tuttavia si pronuncia chiaramente per una condanna dei trattamenti inumani contro gli schiavi e in generale non accetta l’idea della schiavitù.

18 Lettura delle fonti Il Cristianesimo è interessato alla schiavitù dal punto di vista morale. Per i Cristiani l’eguaglianza sociale viene vissuta dal singolo in una dimensione morale privata e non in una dimensione pubblica, comunitaria, in cui tutti acquistano coscienza di sé ed insieme lottano per l’uguaglianza. Secondo il Cristianesimo ogni fedele è parte del corpo di Cristo e in quanto parte del corpo di Cristo ogni fedele è sullo stesso piano degli altri; quindi non può esserci distinzione tra padroni e schiavi. Sulla base del principio dell’egualitarismo il Cristianesimo non accetta l’idea della schiavitù. Questa non accettazione resta legata ai singoli individui e non diventa punto di partenza per una lotta sociale.


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