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ISOTOPI STABILI DELL’OSSIGENO

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Presentazione sul tema: "ISOTOPI STABILI DELL’OSSIGENO"— Transcript della presentazione:

1 ISOTOPI STABILI DELL’OSSIGENO

2 a) FRAZIONAMENTO ISOTOPICO
DI EQUILIBRIO NEL CICLO IDROLOGICO

3 FRAZIONAMENTO ISOTOPICO DI EQUILIBRIO

4 EVAPORAZIONE A ~20˚C 18Ov = 18Ol + l-v 18Ol = 0 ‰ (SMOW) EQUATORE
1.0098 2Hvapor = -77‰ 18Ol = 0 ‰ (SMOW) EQUATORE

5 CONDENSAZIONE A ~15˚C 18Ov = -9.7 ‰ EQUATORE 18Ol = 18Ov + v-l
1.01 18Ol = 18Ov + v-l

6 CONDENSAZIONE lv = 1.0107 @ 10˚C
Se le precipitazioni continuano, 18Ov diminuisce progressivamente. Es., con T=10 °C  18Ov = -12. Qual’è la composizione delle prime gocce di pioggia? lv = 10˚C

7 VARIABILITA’ DEL 18O DI PRECIPITAZIONE
ll ciclo idrologico globale funziona come una gigantesca colonna di distillazione, entro cui insistono senza sosta processi di frazionamento isotopico. Il 18O di reservoir (=nuvole) e prodotto (precipitazioni) cambia quindi nel tempo sotto l’effetto della DISTILLAZIONE DI RAYLEIGH.

8 IL RIMESCOLAMENTO ISOTOPICO OCEANICO
Malgrado tutte le complicazioni appena discusse, i valori di 18O oceanico si mantengono in uno stato di (relativo) equilibrio, anzi...

9 VARIAZIONI DEL δ 18OSEAWATER
Sappiamo tuttavia che, nel corso del tempo geologico, la composizione isotopica a lungo termine degli oceani è cambiata in risposta a numerosi processi. Pochissimo conosciamo degli oceani pre-cenozoici, sia in termini di composizione che delle loro dinamiche interne; è più ragionevole limitarsi ad analizzare gli oceani “recenti” (cenozoici) di cui conosciamo discretamente le meccaniche.

10 IL RIMESCOLAMENTO ISOTOPICO OCEANICO
L’arricchimento in 18O delle acque oceaniche equatoriali (per evaporazione) è compensato dalle precipitazioni “leggere” alle alte latitudini e dal rapido rimescolamento delle acque dovuto alla circolazione globale. Come anticipato nel capitolo sugli Oceani, il tempo di rimescolamento delle acque oceaniche è infatti nell’ordine del migliaio di anni (= trascurabile, in senso geologico).

11 DISTILLAZIONE DI RAYLEIGH
R0 = rapporto isotopico iniziale nel reservoir RF = rapporto isotopico finale nel reservoir Q = frazione di reservoir residua (0 ÷ 1) Possiamo calcolare come il 18O di Reservoir (nuvole) e Prodotto (precipitazioni) cambia nel tempo: Reservoir: Prodotto:

12 DISTILLAZIONE DI RAYLEIGH
Quindi, l’acqua evaporata all’equatore forma apparati nuvolosi che, spostandosi e scaricando precipitazioni (il processo è detto rain-out effect), diventano via via più “leggeri”. Nel concreto, i corpi nuvolosi migrano verso le alte latitudini e si raffreddano gradualmente. Fra i due, l’altitudine è il fattore di frazionamento più efficace. I valori del 18O delle precipitazioni sono controllati dall’altitudine (altitude effect) e dalla latitudine (latitude effect).

13 LATITUDE EFFECT

14 ALTITUDE EFFECT Evoluzione del 18O delle precipitazioni fra Atlantico e Pacifico centrali lungo un transetto NE-SW, che mostra un forte gradiente (1‰ 18O/25 km) legato alla presenza della Chorrera (Panama – Costa Rica)

15 ALTITUDE EFFECT 18O delle precipitazioni lungo un transetto W-E attraverso la Coast Range e le Montagne Rocciose. NB il successivo aumento dei valori del 18O

16 Perturbazioni nord-pacifiche
LENTE Cicloni tropicali VELOCI

17 DISTILLAZIONE DI RAYLEIGH
Nel complesso, latitudine e altitudine determinano la temperatura a cui avviene la condensazione del vapore. Esiste una relazione semplice fra 18O delle precipitazioni, “storia” del corpo nuvoloso e temperatura a cui avviene la condensazione. Verifichiamola

18 18O E TEMPERATURA 18O = aT + n
Analisi strumentali su piogge e acque di ruscellamento e falda indicano una correlazione lineare fra T media annua e 18Ol. Il rapporto è quindi rappresentato da una retta di regressione, del tipo y = ax + b: 18O = aT + n Possiamo facilmente calcolare lo slope (a) e l’offset (n) della retta

19 Dd18O (1 ‰) ≈ 1.7 °C, oppure DT (1°C) ≈ 0.6 ‰ d18O
18O E TEMPERATURA n 18O = aT + n Poichè T = 0 per 18O = -14 = n otteniamo, per T = 15: 18O = 15a - 14 = ~-5.5 Da cui 18O = 0.6 T Quindi, la covarianza fra 18O e T è: Dd18O (1 ‰) ≈ 1.7 °C, oppure DT (1°C) ≈ 0.6 ‰ d18O

20

21 Global Meteoric Water Line
D = 8 

22 18O E TEMPERATURA Alcuni problemi:
Il rapporto 1 °C : 0.6 18O (che possiamo immaginare costante nel tempo) permette di stimare DT ma NON Tassoluta, poichè non conosciamo il valore dell’offset n (che dipende da 18Osorgente) nel passato; Che proxy utilizzare per misurare 18Oprodotto nel record geologico? Qual è il fattore di frazionamento (a) caratteristico del proxy utilizzato, ossia la modalità con cui il segnale originario viene filtrato e registrato? Come discriminare l’eventuale frazionamento (e) causato dalla diagenesi?

23 b) PALEOTEMPERATURA ED EFFETTO GLACIALE

24 L’INTUIZIONE DI HAROLD UREY
Harold Urey ( ). Chimico-fisico americano, sviluppatore di tecniche di separazione isotopica, nel 1931 scoprì il deuterio e ottenne l’acqua pesante. Nel 1934 vinse il premio Nobel per la chimica. Queste scoperte furono fondamentali per lo sviluppo dell’ energia atomica. Si interessò di geofisica e fisica-chimica dei corpi celesti: con Stanley L. Miller realizzò nel 1953 un esperimento sull’origine della vita sulla Terra, ottenendo la sintesi di aminoacidi in un dispositivo che simulava l’atmosfera terrestre primordiale. Molti dei concetti di geochimica isotopica applicata alle Geoscienze si devono ad Harold Urey. Urey aveva un’idea fissa: trovare un metodo per misurare le temperature nel passato geologico. In base a considerazioni termodinamiche, per primo intuì che il tenore di 16O nella calcite dei gusci dei fossili marini varia con la temperatura.

25 LA SCOPERTA DI UREY Nel 1948, Urey pubblicò su Science un fondamentale lavoro in cui dimostrava che il rapporto fra gli isotopi stabili dell’ossigeno nel carbonato di calcio dipende dalla temperatura della soluzione acquosa entro cui tale calcite precipita. Quindi: T influenza i rapporti isotopici dell’ossigeno fra acqua (H2O) e calcite (CaCO3), la principale componente delle rocce sedimentarie. Urey si convinse che misurando i rapporti isotopici nella calcite dei fossili fosse possibile ricostruire le temperature dell’acqua in cui questi organismi vivevano. In altre parole, Urey considerava gli isotopi stabili dell’ossigeno nei carbonati fossili come un vero e proprio paleotermometro.

26 CALCOLO DELLE PALEOTEMPERATURE
Urey e i suoi collaboratori determinarono sperimentalmente i rapporti fra la temperatura e la calcite secreta dai molluschi marini. Si noti che la CaCO3 secreta in equilibrio con l’acqua del mare è SEMPRE arricchita in 18O (è il solito frazionamento isotopico). Tuttavia, l’arricchimento relativo in 18O (=frazionamento) diminuisce con l’aumentare della temperatura.

27 L’EQUAZIONE DI EPSTEIN et al.
E’ la prima equazione (polinomiale) delle paleotemperature, che venne pubblicata nel 1951: T = 16,5 - 4,3(δcarb- δseawater) + 0,14(δcarb- δseawater)2 δcarb è la composizione isotopica (misurata) sul carbonato del campione; δseawater è la composizione isotopica dell’acqua in cui precipita la calcite.  NB: SOLO in laboratorio (e nel mare attuale) è possibile misurare δseawater!

28 Negli anni successivi sono state sviluppate moltissime equazioni differenti. Fra le principali citiamo: Epstein et al. (1953): calcite dei bivalvi Oba & Horibe (1972): calcite dei bivalvi Grossman & Ku (1986): aragonite dei gastropodi

29 T = 16,5 - 4,3(δcarb- δseawater) + 0,14(δcarb- δseawater)2
d18O

30 T d18O

31 T = 16,5 - 4,3(δcarb- δseawater) + 0,14(δcarb- δseawater)2
PRIMA EVIDENZA (fondamentale) T = 16,5 - 4,3(δcarb- δseawater) + 0,14(δcarb- δseawater)2 L’equazione delle paleotemperature dimostra che i carbonati con valori isotopici più “pesanti” sono precipitati in condizioni di acqua più fredda (è ciò che ci aspettavamo, del resto)

32 L’EVOLUZIONE DEL METODO
Inizialmente, Urey usò gusci di bivalvi. Fu subito chiaro che servivano fossili più comuni, presenti con maggiore continuità e di ambienti diversi. Nei primi anni ‘50 erano già state sviluppate tecniche di raccolta di carote dai fondali oceanici, lunghe sino a metri (erano semplici “piston cores”). Queste contenevano foraminiferi planctonici in abbondanza, mentre erano molto meno comuni i foraminiferi bentonici. Urey creò presso il suo laboratorio una position per lo studio degli isotopi dell’ossigeno nel guscio dei foraminiferi planctonici; il posto venne vinto da un giovane micropaleontologo italiano, Cesare Emiliani.

33 CESARE EMILIANI: ISOTOPI E FORAMS
Nato a Bologna nel 1922, laureato nel 1945 in Scienze Naturali con una tesi in Micropaleontologia. Dopo aver lavorato per l’AGIP, ha iniziato nel 1950 un Dottorato presso il laboratorio di Urey, lavorando sugli isotopi stabili dell’ossigeno sui foraminiferi che conosceva dai suoi studi in Italia. Trasferitosi all’Università di Miami, è diventato uno dei fondatori della moderna Paleoceoceanografia. E’ morto nel 1992. Dopo qualche anno di lavoro, Cesare Emiliani pubblicò le sue prime “curve” isotopiche basate sui foraminiferi planctonici di carote raccolte nei Caraibi e nel Mediterraneo. Le carote coprivano l’Olocene e il tardo Pleistocene, con risultati sensazionali.

34 ESEMPI DI CURVE ISOTOPICHE DI δ18O
OSSERVAZIONI: la curva del δ18O varia ritmicamente; i valori olocenici sono “leggeri” (=clima caldo); i valori relativi all’ultimo glaciale (LGM) sono invece molto “pesanti” (variazione di ca. 1.5 ‰ in pieno oceano); in aree geografiche distinte, le curve si correlano quasi perfettamente.

35 LE CURVE DEL δ18O SONO UN PROXY DEL CLIMA
Evidentemente, gli isotopi dell’ossigeno riflettono quegli stessi cicli climatici (glaciale-interglaciale) che i geologi studiavano da un secolo sul continente, con enormi difficoltà a stabilirne e il NUMERO e la CRONOLOGIA (cf. “Cronologia alpina”). L’entusiasmo fu enorme, ma cominciarono le discussioni perchè non tutto “tornava” perfettamente. Pochi dubitavano che il δ18O fosse un “proxy” del clima, ma molti erano scettici sul valore della correlazione diretta (e quantitativa) fra isotopi dell’ossigeno e temperatura.

36 δ18O COME “PROXY” DELLE PALEOTEMPERATURE?
Per Urey ed Emiliani sì, ma erano troppo ottimisti (con molti altri, per una ventina d’anni). Infatti, si ricordi che per risolvere l’equazione delle paleotemperature bisogna definire due variabili: 1) il δcarb, misurarabile anche nel passato geologico (con qualche difficoltà); 2) il δseawater. Ipotesi di partenza: il δseawater è poco variabile nel passato geologico.

37 FORAMS E PALEOTEMPERATURE
Per i foraminiferi planctonici: Risolvendo l’equazione con δseawater = 0 (SMOW, costante) e con δ18O compreso fra 1 e -1.5, risulta: Quindi: Per dc=0.5, dw=0 (riferito all’equatore): è un valore assurdo Per d=-1.5, dw=0  LE VARIAZIONI DI dCARB NEL PASSATO GEOLOGICO NON POSSONO DIPENDERE SOLO DALLA TEMPERATURA.

38 L’EFFETTO GLACIALE Qualcuno invocava i processi di waxing-waning delle grandi calotte glaciali  distillazione di Rayleigh Sappiamo che la neve che cade ai poli è molto impoverita in 18O (fino a -40 per mille) e, quindi, il ghiaccio delle calotte è molto arricchito in 16O (è “leggero”). In pieno glaciale, molta acqua oceanica “leggera” è intrappolata nelle calotte (il livello eustatico scende). L’acqua negli oceani è quindi arricchita in 18O. Durante la deglaciazione, quest’acqua “leggera” torna all’oceano, il livello eustatico sale e si “alleggerisce” la composizione media del δseawater

39 COME QUANTIFICARE L’EFFETTO GLACIALE?
Già dagli anni ‘60, nessuno negava il peso dell’effetto glaciale sui valori di δ18O: il problema era quantificarlo o, almeno, capirne l’importanza rispetto alla temperatura nel definire il δ18O dei foraminiferi planctonici. Ricordate che il δ18O dei carbonati marini aumenta sia col diminuire di T che con la crescita delle calotte glaciali.  più freddo e più ghiaccio equivalgono a valori di δ18Ocarb più “pesanti”; viceversa per l’interglaciale. E’ in questa fase di impasse che entra in scena un altro “grande” delle moderne Scienze della Terra.

40 L’IDEA DI NICK SHACKLETON
Nella solita Università di Cambridge, a metà degli anni ‘60 stava concludendo il suo Ph.D in Geochimica isotopica un giovane studente, Nick Shackleton ( ), BS in Fisica, figlio di un grande geologo e nipote del famoso esploratore dell’Antartide. Shackleton non era convinto delle interpretazioni di Urey ed Emiliani, ed era fra coloro che ritenevano l’effetto glaciale molto più importante di T nel “costruire” il δ18Ocarb dei foraminiferi planctonici. Nick ebbe un’idea semplice e, allo stesso tempo, grandiosa: studiare la composizione isotopica dei foraminiferi bentonici. Fu un’intuizione geniale. Perché?

41 ISOTOPI E FORAMINIFERI BENTONICI PROFONDI
δ18O di un foraminifero bentonico epifaunale (cerchio aperto) e di un foraminifero planctonico (cerchio pieno) nella carota V22-108, Oceano Antartico (Charles & Fairbanks, 1990). Il δ18O dei foraminiferi bentonici (che vivono a T costante) ha la stessa variabilità di quello planctonico, per il quali T cambia gra glaciale e interglaciale. Quindi, l’effetto di T è trascurabile rispetto all’effetto glaciale, che controlla fino al 90% del δ18O oceanico.

42 RIASSUMENDO: IL 18O NEI FORAMS
Il δ18O della calcite dei foraminiferi dipende dalla temperatura e dalla composizione isotopica delle acque in cui essi vivono, poichè frazionano l’18O in equilibrio con l’oceano. La composizione isotopica delle acque varia nel tempo geologico, con modalità imprevedibili (se si esclude l’effetto glaciale). La composizione isotopica delle acque riflette il bilancio idrologico globale, in particolare a) estensione delle calotte glaciali e b) fattori locali (es. runoff costiero nei planctonici).  I foraminiferi bentonici sono (attualmente) i migliori archivi paleoclimatici e paleoambientali a scala globale.

43 FORAMINIFERI BENTONICI
E CALOTTE GLACIALI Un’altra idea di Shackleton: misurando le piccole variazioni del δ18O dei foraminiferi bentonici, è possibile “pesare” le calotte glaciali. Con un semplice bilancio di massa, possiamo calcolare quanta acqua “leggera” viene sequestrata durante una glaciazione e la relativa risposta eustatica.

44 -40‰ Sappiamo che: - Il d18O del ghiaccio polare è ca. - 40 ‰;
Il d18O oceanico medio durante il LGM era ca ‰. Ipotesi (semplificazione): tutta l’acqua sequestrata agli oceani diventa ghiaccio (conservazione della massa)

45 BILANCIO DI MASSA Il d18O totale durante il LGM è la somma dei frazionamenti relativi a ciascun componente/reservoir. Per un sistema a i componenti, tale somma è data da: Dove di è il d18O di ciascun reservoir e ni è la sua capacità, espressa in moli.

46 BILANCIO DI MASSA T = 1F1 + 2F2 T = 1F1 + 2 (1 - F1 )
In un sistema a due componenti (oceano-criosfera) è possibile usare l’abbondanza relativa (F), con F1 +F2 = 1, anzichè ni. Quindi: T = 1F1 + 2F2 Da cui T = 1F1 + 2 (1 - F1 )

47 BILANCIO DI MASSA 0 = 1.65 F1 - 40 (1 - F1)
Per la conservazione della massa, T = 0. Se 1 = d18O glaciale (+1.65 ‰) e F1 è la frazione di acqua rimasta nell’oceano, allora (1- F1) è la frazione trasformata in ghiaccio. Quindi: 0 = 1.65 F (1 - F1) F1 = 0.96  (1 - F1) = = 4 %

48 CALOTTE GLACIALI E SEA LEVEL
Durante il LGM la geometria dei bacini oceanici non è cambiata in modo importante, quindi la caduta eustatica (DSL) è il 4% della profondità oceanica media (Mean Ocean Depth, MOD): 4 % (MOD) = 4 % (~3.7 km)  DSL ≈ 0.148, ossia ~150 m. E’ una grandezza realistica (ma sovrastimata), confermata dalle quote dei terrazzi marini (Barbados, Tahiti).

49 CALOTTE GLACIALI E TEMPERATURA
La formazione di calotte implica una diminuzione di Tmedia. Se nelle acque meteoriche 0.6 ‰ (Dδ18O) ≈ 1 °C, qual’è la relazione equivalente in ambito oceanico? E’ un calcolo non banale, poichè tutti i proxy disponibili hanno dei problemi.

50 T = 16,5 - 4,3(δcarb - δseawater) + 0,14(δcarb - δseawater)2
PROBLEMATICHE DEL δ18O T = 16,5 - 4,3(δcarb - δseawater) + 0,14(δcarb - δseawater)2 L’equazione di Urey funziona anche sulla calcite inorganica, ma SOLO se il frazionamento avviene in equilibrio (= se dipende solo da T); è un presupposto impegnativo. Nel caso di calcite biogenica secreta in non-equilibrio (es. coccoliti, echinidi), l’equazione di Urey non è in genere rispettata. I proxy più affidabili sono alcune specie di foraminiferi (planctonici e bentonici) che presentano un offset costante, che permette correzioni “a tavolino”.

51 Per alcune specie di foraminiferi è noto il fattore di frazionamento metabolico, o effetto vitale, che dipende da numerosi fattori (T, pH, luce, etc). In particolare, se la luminosità è bassa, l’effetto vitale diventa trascurabile. L’offset HL-LL dipende dalla specie, ma in generale è inferiore al 0.5 ‰. Quindi, negli oceani 1 ‰ (Dδ18O) ≈ 4 °C

52 NON DI SOLI FORAMINIFERI
Si usano i coralli e, nel Mesozoico, le belemniti; in casi disperati si utilizzano gusci silicei (diatomee) o conodonti, con risultati discutibili. Anche l’O della materia organica (es. tessuti vegetali) porta informazioni interessanti.

53 GLI ARCHIVI MASTER Gli archivi più importanti nello studio degli isotopi dell’O sono: CAROTE DI GHIACCIO (progetti GRIP, GISP2, VOSTOK, EPICA); SEDIMENTI OCEANICI (progetti DSDP, ODP, IODP). Le carote di ghiaccio danno informazioni eccezionali per gli ultimi 800 kyr. E’ però lo studio dei sedimenti oceanici che ha rivoluzionato le nostre conoscenze, fornendo informazioni su intervalli di tempo molto lunghi (ma con minore risoluzione).

54 IL 18O NEI DUE ARCHIVI MASTER

55 δ18O E CLIMA GLOBALE In un mondo “icehouse”, le curve isotopiche della calcite dei foraminiferi (in particolare bentonici) riflettono essenzialmente le dinamiche di waxing-waning delle calotte glaciali, quindi del CLIMA GLOBALE. Le oscillazioni isotopiche possono quindi fornire correlazione, anche su grandi distanze. Serve, come sempre in Stratigrafia, un linguaggio comune.

56 RAPPRESENTAZIONE STANDARD
Tempo FASE INTERGLACIALE + - 18O FASE GLACIALE

57 MARINE ISOTOPE STAGE (MIS)
In tutte le curve isotopiche si riconoscono fasi glaciali, interglaciali e oscillazioni minori, che ne permettono la suddivisione in intervalli denominati Marine Isotope Stage (MIS). I MIS vengono numerati a ritroso partendo dall’interglaciale attuale (MIS 1); anche le oscillazioni minori sono codificate numericamente (es. MIS 15.5, 15.3, 15.1). I limiti di ciascun MIS sono definiti da Mid Termination Points (MTS).

58 MARINE ISOTOPE STAGE (MIS)
interglaciale Tempo numero dispari (es. 17) glaciale MTP numero pari (es. 18) + - 18O Standard codation degli eventi isotopici

59 LA OXYGEN ISOTOPE STRATIGRAPHY (OIS)
STRATIGRAFIA ISOTOPICA (OIS) Suddivisione del record geologico in base ai MIS. Il principio funziona a scale diverse (da globale o locale), anche su una singola sezione. In figura, un esempio “pioneristico” di OIS: lo stack SPECMAP, dei primi anni ‘80.

60 CORRELAZIONI

61 OIS: UNO STANDARD PER ALTRI RECORD
Correlazione fra la OIS e curve polliniche da laghi della Francia (sx) e della Colombia (dx)

62 CREAZIONE DI UNO STACK ISOTOPICO
1 - RACCOLTA DI RECORD 2 - OVERLAPPING DEI RECORD 3 - FILTRAGGIO DEL SEGNALE

63 RISULTATO: LO STACK ISOTOPICO LR04benthic (2005)

64 UNA STORIA CLIMATICA


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