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Modulo III Ripresa del fattore antropologico dello sviluppo.

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Presentazione sul tema: "Modulo III Ripresa del fattore antropologico dello sviluppo."— Transcript della presentazione:

1 Modulo III Ripresa del fattore antropologico dello sviluppo

2 L’uomo come fattore di sviluppo Siamo così risospinti al punto dal quale la ricerca dello sviluppo economico si era avviata: all’individuo umano vivente e alla inevasa domanda di senso circa le sue produzioni! (cfr.: MODULO I, slides 17+88) Ora però, nel XX sec., gli studi antropologici possono offrire alla questione quel supporto teoretico che essa non aveva trovato nella metafisica tradizionale di stampo aristotelico in fase di dissoluzione. L’antropologia filosofica può infatti documentare la fecondità evolutiva dell’essere nell’opera dell’essere umano, il quale “fa essere” in proporzione del grado di umanità conseguito.

3 Natura e natura umana Dal paesaggio concettuale dell’antropologia filosofica l’uomo emerge come un vivente che oltrepassa i limiti della diretta derivazione dall’animale, per esprimersi quale «progetto globale della natura», unico nel suo genere (A. Gehlen)*. Max Scheler* rappresenta così la condizione umana, rapportata alla condizione animale: A  A (A=animale; A=ambiente;  = metabolismo) U  M  (U=uomo; M=mondo;  =trascendenza) * Cercare su Wikipedia!

4 Natura e natura umana (1) Si riprende in ciò l’idea aristotelico-tomistica della natura umana, “estatica”, come la definisce R. Spaemann,* idea non più compresa dal tardo Medioevo in avanti. Secondo tale concezione la natura produce nell’uomo qualcosa che è “di più” (nobilior) della natura stessa e tale potenziamento avviene grazie all’amicizia, che consente di condividere e moltiplicare ciò che fa bene (Aristotele, Etica a Nicomaco; Tommaso, Summa theologiae). L’uomo non è questo “di più”, ma è colui in cui la natura ha la possibilità di trascendere se stessa per arrivare a questo “di più”, che per S. Tommaso è la beatitudine (Summa theologiae, I-II, q. 5, a. 5, ad 1) e per Aristotele (De Anima, II, 4, 415a 29-b 1) la metèxis/partecipazione “all’eterno e al divino” * R. Spaemann, Natura e ragione. Saggi di antropologia, Università della Santa Croce, Roma 2006, p. 32.

5 Auto-trascendimento della natura nell’uomo Ovvero: l’uomo, compiendo atti di trascendimento della natura sua e dell’intero cosmo, la conduce per la prima volta a se stessa e rende visibile quello che la natura è davvero, nella sua integralità potenziale e attuale. Infatti, soltanto nell’uomo la struttura tendenziale propria della natura si presenta come libero volere e riconoscimento di un motivo e di un fine oggettivi.

6 Natura e natura umana (2) Affermare che l’uomo per natura trascende la natura sua e del cosmo significa definire l’uomo non tanto in base a ciò che egli è effettivamente, come facciamo per tutti gli altri enti, quanto attraverso ciò che egli non è ancora, ma può divenire per mezzo dei suoi atti. Così facendo, emerge la qualità specifica dell’uomo che, a differenza di tutti gli altri enti-oggetto, è “soggetto” i cui atti “fanno essere”, slatentizzando anche le potenzialità inespresse sue e del mondo, in forza del suo essere sorprendentemente corrispondente all’essere naturale e incidente su di esso. Qui si esprime il paradosso dell’umano! Infatti, mentre ogni essere vivente è “centrato” sul proprio ambiente, con il quale è determinato a “metabolizzare” (A↔A), l’essere umano risulta “eccentrico” (U  M  ), in quanto non fissato ad un unico centro ma libera controparte di una molteplicità di ambienti=l’intero mondo e come trascendente anche rispetto a quest’ultimo, perché in rapporto con l’infinito e l’assoluto, attraverso le sue idee.

7 La funzione finalizzante Rispetto alla sicurezza istintuale dell’animale, fornito di un ambiente specifico e di una modalità di vita rigidamente determinata (J. Uexkühll)*, nell’uomo compare infatti una sorta di «manchevolezza», che lo costringe ad elaborare la sua stessa singola natura come «opera propria» (G. Herder)*. Proprio a causa di tale suo specifico biologico, segnato da una inadeguatezza alla vita, che esula dalle spiegazioni fornite dalle leggi evolutive della selezione e dell’adattamento (cfr.: teoria del ritardamento morfologico)*, l’uomo è dotato dalla natura della qualità speciale di porre fini a se stesso (L. Bolk)*. * cercare su Wikipedia!

8 Natura e creatività nell’uomo Si delinea in queste acquisizioni della ricerca antropologica recente, filosofica e scientifica, una specifica concezione della vita dell’uomo nel mondo: essa non è soltanto un processo secondo natura, che si possa cogliere per via di analisi oggettiva, in quanto il costruttivismo della vita umana è veicolato dall’atto creativo, che la caratterizza.

9 Natura e creatività nell’uomo «Per trovare l’indizio del vasto, apparentemente disperso eppure cogente macrocosmo dell’universo umano in mutamento», bisogna «colpire al cuore della datità-in-divenire, dove tutto si differenzia a partire dai poteri virtuali», cioè occorre sapersi attestare sul punto sintetico rappresentato dall’atto creativo dell’uomo –che è anche ciò che lo rende “umano” – perchè è quello il luogo in cui «i fattori differenziali del macrocosmo della vita si differenziano».* *A.-T. Tymieniecka, Creative Experience and the Critique of Reason, “Logos and Life”, Book 1, Kluwer Dordrecht 1988, p. 6. *Cfr. Allegato: D. Verducci, La questione dello sviluppo in prospettiva ontopoietica, in “Etica ed economia”, 1 (2007), pp. 45- 58. + Allegato: SCHEDA-TYMIE

10 Natura e creatività nell’uomo (1) Raggiungendo il livello della condizione umana, la vita consegue un grado di individualizzazione per cui prende coscienza di sé e si esplica come capacità di etero-auto- plasmazione, conferendo al vivente uomo la capacità di riconoscere, selezionare, portare a realizzazione le proprie virtualità ontologiche e di gestire in modo creativo le funzioni e gli automatismi psico-fisici, suoi e dell’ambiente che lo circonda, sia animato e inanimato che umano.

11 Natura e creatività nell’uomo (2) Il costruttivismo che promana dalla condizione umana della vita non consiste, infatti, né nel semplice «sviluppo del corso di vita [dell’uomo]» (development of his life-course), secondo il naturalismo antico, né si esaurisce nell’aggiunta del fatto che l’uomo è «un agente che conferisce significato, l’autore del suo mondo-di-vita», come il moderno cartesianesimo ha affermato. Ciò che si mostra, a ben guardare il fenomeno della comparsa della condizione umana nel corso dell’evoluzione dei viventi, è che «la vita propria [dell’uomo] è in se stessa l’effetto della sua autoindividualizzazione nell’esistenza per autointerpretazione inventiva della sua più intima movenza di vita» (Tymieniecka, op. cit., p. 5).* * Cfr.: Allegato PDF, “Etica ed Economia”, D. Verducci, cit., p. 53.

12 Natura e creatività nell’uomo (3) Se dunque ci poniamo nella prospettiva della creatività umana come fattore originale e specifico di sviluppo, guadagniamo il nuovo punto archimedeo che ci consente di cogliere l’essere nella sua evolutività non solo autopoietica (=riproduttrice di essere, cfr.: F. Varela*) ma anche ontopoietica (=produttrice di essere): l’evolutività dell’essere risulta infatti marcata da un logos che procede auto-individualizzandosi e che, senza cambiare natura, ma passando dallo statuto deterministico della natura a quello libero dell’uomo, percorre l’intero universo inorganico, organico, umano e abilita l’uomo ad operare per uno sviluppo ecologico (= armonicamente suo e di tutto il cosmo).** * Cercare su Wikipedia! ** Cfr.: Allegato PDF, “Etica ed Economia”, D. Verducci, cit., p. 51-57.

13 Il logos della vita nella vita umana Seguendo il filo conduttore del costruttivismo della vita, ci si manifesta così una teleologia ontologica, per la quale il dispiegamento della vita naturale trova il suo telos (=fine) nella vita umana; di qui si avvia, infatti, una fase di sviluppo nuova, in quanto l’auto-individualizzazione non procede più deterministicamente, ma secondo una modalità immaginativamente creativa: «the creative function guided by its own telos generates Imaginatio Creatrix in man, as the means par excellence, of specific human freedom: that is freedom to go beyond the framework of the life-world, the freedom of man to surpass himself» (Tymieniecka, op. cit., pp. 25-26).

14 Il contributo della paleo-antropologia La paleoantropologia ci offre documentazione di ciò, allorchè ci indica la rivoluzione agricola del neolitico (10.000-3.500 a. C.) come il punto di avvio della culturalità umana o l’emergere del “secondo uomo”, come lo chiama A. Gehlen,* per il quale l'ambiente naturale diventa un ambiente culturale, influenzato e plasmato cioè non solo dalla semplice presenza umana, ma soprattutto dal fattore “creativo” propriamente umano, che si intreccia inestricabilmente con il puro dato biologico in una azione combinata tanto sui singoli individui che sulle pressioni selettive che ne plasmano le linee genetiche. * A. Gehlen, Le origini dell’uomo e la tarda cultura, Il Saggiatore, Milano 1996, p. 62.

15 L’agricoltore/allevatore del neolitico L’agricoltore/allevatore del neolitico scoprì, infatti, cioè sperimentò ed apprese che la natura, sottoposta alle sue cure di coltivazione, “fioriva”, fruttificando secondo una fecondità, impensabile nel suo stato selvaggio. A seguito dell’esperienza sorprendentemente positiva della coltivazione dei campi, quale potenziamento “artificiale” dello sviluppo naturale, gli uomini estesero la pratica della coltivazione o cura anche alla natura propria e dei propri simili (culto dei morti, educazione/formazione, lavoro).* *Cfr.: MODULO I, slides 11-16 sui Fisiocratici

16 Cultura e società La capacità di indurre sviluppo in noi e nei nostri simili, tramite la “coltivazione” dell’umano (= amicizia, cfr. MODULO III, slide 39 ), è posta all’origine della evoluzione della cognizione umana da Michael Tomasello, nel recente volume Le origini culturali della cognizione umana (1999), tr. it. di M. Ricucci, Bologna, Il Mulino 2005. M. Tomasello è uno scienziato di fama mondiale: - è Direttore a Lipsia del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology (1998) e a Monaco di Baviera del Wolfgang Köhler Primate Research Center (2001); - ha condotto confronti sistematici tra i due ambiti distinti rappresentati da conoscenza sociale e comunicazione nei primati non umani e linguaggio, conoscenza sociale e apprendimento culturale nei bambini.

17 L’ultrasocialità come qualità specie specifica della specie umana Tomasello ha osservato, filogeneticamente e ontogeneticamente, che gli esseri umani sono in grado di mettere in comune le proprie risorse cognitive in modi sconosciuti alle altre specie animali. Gli uomini sono dotati di una forma specie-specifica di cognizione sociale o ultra-socialità, che li rende capaci di comprendere i conspecifici come esseri simili a loro stessi e di mettersi nei panni mentali degli altri. Gli umani imparano dagli altri, come i non umani, + imparano tramite gli altri

18 «Perché noi (esseri umani) e non loro (scimpanzé) siamo soggetti culturali?» La domanda si pone anzitutto a livello filogenetico perchè - la differenza genetica che separa gli umani dagli scimpanzé è minima (meno dell’1%). - anche gli scimpanzè giungono ad un efficace modellamento del loro ambiente di vita, disponendo di forme incipienti di cultura e di sistemi vocali e motori di segnalazione per la comunicazione referenziale e intenzionale

19 La filogenesi umana dagli australopiteci 6.000.000 di anni fa – un evento evolutivo Una popolazione di grandi scimmie antropomorfe si trovò ad essere isolata riproduttivamente dai suoi conspecifici e diede origine al genere Australopithecus, suddiviso in varie specie. 2.000.000 di anni fa – altro evento evolutivo Una sola specie di australopitechi era sopravvissuta all’estinzione, ma si era talmente evoluta da richiedere una nuova denominazione di genere: Homo. 200.000 anni fa – nuovo evento evolutivo La popolazione africana del genere Homo spazzò via tutte le altre lasciando discendenti oggi noti come Homo sapiens.

20 Homo sapiens I membri di questa nuova specie avevano un cervello più grande dei loro antecedenti evolutivi e cominciarono - a produrre nuovi strumenti di pietra con specifiche funzioni e proprie tradizioni d’uso degli strumenti…..fino ai processi produttivi computerizzati - a usare simboli, linguistici e artistici, per comunicare e per strutturare la vita sociale…fino alla scrittura, al denaro, alla matematica, all’arte - a sviluppare nuovi tipi di pratiche e di organizzazioni sociali, dalla sepoltura cerimoniale dei morti all’addomesticamento di piante e animali…fino alle istituzioni religiose, amministrative, educative, commerciali

21 L’enigma dell’evoluzione umana I 6.000.000 di anni che separano gli esseri umani attuali dalle altre scimmie antropomorfe sono un tempo troppo breve perché la normale evoluzione biologica basata sulla variazione genetica e sulla selezione naturale producesse le abilità cognitive necessarie agli esseri umani per creare, mantenere e far progredire l’intero complesso di tecnologie, tradizioni, forme di comunicazione e di rappresentazione simbolica, istituzioni e organizzazioni sociali, di cui il mondo umano è fatto. Fino a 2.000.000 di anni fa il genere Homo non aveva abilità cognitive diverse dalle grandi scimmie Solo negli ultimi 250.000 anni sono emersi i primi vistosi segni di abilità cognitive specie-specifiche dell’Homo sapiens

22 La trasmissione sociale/culturale (1) Per spiegare l’enigma dell’evoluzione umana occorreva trovarvi all’opera un fattore di velocizzazione e potenziamento dello sviluppo naturale. A questo scopo Tomasello ha messo a fuoco la forma umana della trasmissione socio-culturale, il solo meccanismo biologico noto, che può produrre cambiamenti comportamentali e cognitivi notevoli in un tempo storico, cioè molto più breve rispetto a quello impiegato dall’evoluzione organica.

23 La trasmissione sociale/culturale (2) Tomasello ha così scoperto che gli uomini sono dotati di una forma specie-specifica di cognizione sociale ovvero l’ ultra-socialità, che li rende capaci di comprendere i conspecifici come esseri simili a loro stessi e di mettersi nei panni mentali degli altri, praticando l’immedesimazione intenzionale e l’empatia. Quanto più progredivano nel processo di ominazione, tanto più gli uomini sono stati perciò in grado di cooperare per il perseguimento di beni condivisi (= amicizia) e di produrre con la trasmissione culturale un effetto cumulativo, che ha enormemente velocizzato e potenziato il loro sviluppo naturale, oltre ogni previsione.* * Cfr.: Allegato T (vi si riporta l’esempio, addotto da Tomasello, di trasmissione culturale cumulativa, esponenzialmente potenziata negli uomini dall’impiego della immedesimazione intenzionale)

24 Condizioni per l’evoluzione culturale cumulativa la creatività l’invenzione una trasmissione sociale fedele con effetto «dente d’arresto» (ratchet effect), che impedisca slittamenti all’indietro processi di sociogenesi, nei quali una pluralità di individui crea quello che nessun individuo potrebbe creare da solo N. B. - Per i primati non umani la difficoltà maggiore non sta nel mettere in atto le prime due condizioni ma nell’ottemperare alla terza e alla quarta, indispensabili per l’effetto cumulativo.

25 La forma umana della trasmissione socio/culturale Nella forma assunta presso gli umani: La cognizione culturale si è presentata come sintesi dell’evoluzione filogenetica, della traiettoria storica e del percorso ontogenetico del soggetto. In tale intreccio tra natura e cultura, innato e acquisito, geni e ambiente, imprescindibile è apparsa la natura estatica e sociale dell’uomo E’ come se l’individuo fosse portato sulle spalle degli individui che l’hanno preceduto e a sua volta portasse sulle spalle chi verrà dopo In ciò sembra consistere la dignità dell’esperienza umana.

26 MODULO IV Verso un’ecologia dello sviluppo

27 Lo sviluppo dal punto di vista ontopoietico Dagli studi antropologici, la condizione umana emerge, teoreticamente, ampiamente ri-contestualizzata nell’ambito della «unità autoindividualizzantesi di tutto ciò che è vivente» e il divenire stesso risulta ora differenziato in 3 matrici interconnesse: - la matrice vitale del senso organico del costruttivismo della vita; - la matrice creativa dello sviluppo ontopoietico specificamente umano; - la matrice di trasformazione del divenire dal vitale naturale al creativo. Il logos ontopoietico della vita delinea un nuovo sfondo per la questione dello sviluppo umano e cosmico.* * Cfr. Allegato: D. Verducci, La questione dello sviluppo in prospettiva ontopoietica, in “Etica ed economia”, 1 (2007), p. 56

28 Ermeneutica dello sviluppo in prospettiva ontopoietica Non disponiamo della risposta immediata e diretta alla domanda: “come padroneggiare le vie dello sviluppo umano?”. Viene in evidenza tuttavia dalla concezione ontopoietica della vita un doppio effetto antropologico, per cui l’uomo risulta simultaneamente più dipendente dalla vita e più capace di dominarla. Da una lato, la condizione umana creatrice è emersa dal dispiegarsi del logos autoindividualizzantesi della vita naturale, che resta termine di continuo scambio condizionante per l’uomo, il quale dall’ambiente trae il sostentamento materiale e morale. Dall’altro lato è divenuto più chiaro che tutte le possibilità di potenziamento della vita sono deposte nell’uomo e nella sua creatività. * Cfr. Allegato: D. Verducci, La questione dello sviluppo in prospettiva ontopoietica, in “Etica ed economia”, 1 (2007), p. 57.

29 Ermeneutica ecologica dello sviluppo Possiamo trarre da quanto osservato una proporzionalità diretta tra la crescita in umanità dell’uomo e lo sviluppo della vitalità del cosmo e della società. In particolare, se l’umanità dell’uomo è principalmente affidata ai suoi atti creativi, il compito che egli si trova ora davanti consiste nell’ideare un nuovo orizzonte di senso, capace non solo di ospitare la vita, ma di ampliarsi con essa, assecondandola e sostenendola in tutta l’infinita multiformità di sviluppo delle sue individualizzazioni.* * Cfr. Allegato: D. Verducci, La questione dello sviluppo in prospettiva ontopoietica, in “Etica ed economia”, 1 (2007), p. 57.


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